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ATTRAVERSAMENTI 2001
una generazione di mezzo
Casa Olla [Quartu S.E.], 19 maggio, 26 giugno 2001

 
     
 
ARNALDO SANNA

Se l'eleganza classica potesse sintetizzarsi in una forma del presente, questa la si potrebbe indicare nelle opere di Arnaldo Sanna. Con lui l'oggetto estetico torna a porsi come valore, contenuto della coscienza, modello di un'idea del mondo. Arnaldo Sanna ha scelto infatti di lavorare sulla pura forma, sul dato atemporale, che significa imboccare la strada della riflessione sulle strutture primarie dell'essere per porsi, inevitabilmente, su una dimensione metafisica. Gli esordi dell'artista si collocano a metà degli anni '70, quando, nel suo lavoro, erano ancora presenti tracce di una realtà filtrata dalla memoria e concretizzata in elementi riconoscibili di un vissuto dato per frammenti. Man mano gli aspetti narrativi si sono rarefatti fino alla completa astrazione pur senza perdere il valore evocativo che, soprattutto le carte intelate, conservano nell'intensità del segno pittorico. A Casa Olla Arnaldo Sanna ha presentato le ultime sculture in tavola con tracce di tela applicata su cui i passaggi ripetuti di olio conferiscono luminosità serica alle nude superfici. Gli oggetti, minimali e spesso concepiti in sequenza, si flettono docilmente adattandosi allo spazio di cui diventano archetipi e segnali della propria presenza fattasi, appunto, spazio.

Le sculture-installazioni di Sanna sono principalmente opere curve o, comunque, forme che si tendono, si piegano, si chiudono sulla parete o si aprono alla luce: mai statiche o rigide le superfici flessibili ed elastiche si precisano come oggetti senza ansie, senza sfide, placati e sospesi nel moto sinuoso che li ha investiti e plasmati. In effetti queste forme sembrano passate attraverso il vaglio della ragione che, spogliatele dal superfluo le riduce ad un geometrismo fluido e ritmico dove l'immagine strutturale appare risultato di un ponderato processo di sintesi. Sanna si muove dunque alla ricerca di una verità che affonda le radici nella vasta tradizione dell'astrattismo novecentesco fondendo insieme le due anime di quel linguaggio, razionale ed emotivo. Di fatto egli sembra non accorgersi del caotico e rumoroso mondo che contrassegna l'arte di questo fine secolo e nemmeno di quel fronte della ricerca contemporanea che ricicla, assembla, riflette il reale ripetendo la realtà stessa. Per Sanna, al contrario, il fare artistico consiste in un procedimento di essenzializzazione del visibile, che diventa pensiero strutturale, metafora silenziosa di un mondo come si vorrebbe che fosse. Da qui il recupero delle poetiche concettualiste e minimaliste, non per rimetterle in circolazione quanto per verificarne la tenuta potenziandola con una nuova complessa espressività.
Come a dire che certi linguaggi non smettono di significare e semmai, nel tempo, possono solo arricchirsi acquistando universalità e profondità. Così, accanto alle ragioni analitiche di questo lavoro non si può non cogliere una sottesa condizione emozionale che, se pur controllata, emerge animando la forma e restituendola al presente. Le superfici rese sensibili alla luce, le sottili ombre generate dalla forma stessa, la smaterializzazione delle strutture diventano messaggio poetico: l'opera è il luogo dell'interiorità, dell'attesa, del respiro trattenuto. Si fa strada, solo allora, il referente lontano di un paesaggio della memoria, di una forma plasmata dal vento e dal tempo, di un segno lasciato nello spazio dell'immaginario. Una sorta di poetica dell'assenza, della lontananza, di spazi deserti, di linee d'orizzonte senza confini riassorbite nell'armonia della materia stratificata e modulata in spessori minimi ed elegantemente definiti.
Il sentimento del tempo può incarnarsi nelle forme dello spazio e l'arte si sofferma ad indagare non l'essere ma il divenire.