Se
l'eleganza classica potesse sintetizzarsi in una forma del presente,
questa la si potrebbe indicare nelle opere di Arnaldo Sanna. Con
lui l'oggetto estetico torna a porsi come valore, contenuto della
coscienza, modello di un'idea del mondo. Arnaldo Sanna ha scelto
infatti di lavorare sulla pura forma, sul dato atemporale, che
significa imboccare la strada della riflessione sulle strutture
primarie dell'essere per porsi, inevitabilmente, su una dimensione
metafisica. Gli esordi dell'artista si collocano a metà
degli anni '70, quando, nel suo lavoro, erano ancora presenti
tracce di una realtà filtrata dalla memoria e concretizzata
in elementi riconoscibili di un vissuto dato per frammenti. Man
mano gli aspetti narrativi si sono rarefatti fino alla completa
astrazione pur senza perdere il valore evocativo che, soprattutto
le carte intelate, conservano nell'intensità del segno
pittorico. A Casa Olla Arnaldo Sanna ha presentato le ultime sculture
in tavola con tracce di tela applicata su cui i passaggi ripetuti
di olio conferiscono luminosità serica alle nude superfici.
Gli oggetti, minimali e spesso concepiti in sequenza, si flettono
docilmente adattandosi allo spazio di cui diventano archetipi
e segnali della propria presenza fattasi, appunto, spazio.
Le
sculture-installazioni di Sanna sono principalmente opere curve
o, comunque, forme che si tendono, si piegano, si chiudono sulla
parete o si aprono alla luce: mai statiche o rigide le superfici
flessibili ed elastiche si precisano come oggetti senza ansie,
senza sfide, placati e sospesi nel moto sinuoso che li ha investiti
e plasmati. In effetti queste forme sembrano passate attraverso
il vaglio della ragione che, spogliatele dal superfluo le riduce
ad un geometrismo fluido e ritmico dove l'immagine strutturale
appare risultato di un ponderato processo di sintesi. Sanna si
muove dunque alla ricerca di una verità che affonda le
radici nella vasta tradizione dell'astrattismo novecentesco fondendo
insieme le due anime di quel linguaggio, razionale ed emotivo.
Di fatto egli sembra non accorgersi del caotico e rumoroso mondo
che contrassegna l'arte di questo fine secolo e nemmeno di quel
fronte della ricerca contemporanea che ricicla, assembla, riflette
il reale ripetendo la realtà stessa. Per Sanna, al contrario,
il fare artistico consiste in un procedimento di essenzializzazione
del visibile, che diventa pensiero strutturale, metafora silenziosa
di un mondo come si vorrebbe che fosse. Da qui il recupero delle
poetiche concettualiste e minimaliste, non per rimetterle in circolazione
quanto per verificarne la tenuta potenziandola con una nuova complessa
espressività.
Come a dire che certi linguaggi non smettono di significare e
semmai, nel tempo, possono solo arricchirsi acquistando universalità
e profondità. Così, accanto alle ragioni analitiche
di questo lavoro non si può non cogliere una sottesa condizione
emozionale che, se pur controllata, emerge animando la forma e
restituendola al presente. Le superfici rese sensibili alla luce,
le sottili ombre generate dalla forma stessa, la smaterializzazione
delle strutture diventano messaggio poetico: l'opera è
il luogo dell'interiorità, dell'attesa, del respiro trattenuto.
Si fa strada, solo allora, il referente lontano di un paesaggio
della memoria, di una forma plasmata dal vento e dal tempo, di
un segno lasciato nello spazio dell'immaginario. Una sorta di
poetica dell'assenza, della lontananza, di spazi deserti, di linee
d'orizzonte senza confini riassorbite nell'armonia della materia
stratificata e modulata in spessori minimi ed elegantemente definiti.
Il sentimento del tempo può incarnarsi nelle forme dello
spazio e l'arte si sofferma ad indagare non l'essere ma il divenire.