phantazéin

racconto per immagini corpo

e suoni

 

da un'idea di massimo iudicone

immagini marco amorini

corpo gabriela corini

suoni giancarlo schiaffini


Danza, musica e video. Una triade perfetta. Dal teatro sintetico futurista, dalla tradizione dei balletti russi, dall'impostazione scenico-plastica di Schlemmer fino alla videodanza degli anni '80 e '90, il percorso è in realtà molto breve. E' solo una questione di rendere il corpo una macchina generatrice di visioni. Il medium elettronico in Phantazein non fa che amplificare, modificandola in diretta, i termini della performance. Il corpo è poi in realtà lo stesso video, un corpo espanso che si spazializza, che conquista le pareti. Il corpo reale, commentato in simultanea dalle immagini, da un altro corpo virtuale. Ma il dialogo non finisce qui. C'è infatti anche la musica. Così la camera di Marco Amorini, il corpo di Gabriela Corini e i suoni di Giancarlo Schiaffini diventano un unico dispositivo elettro-fisico inserito in una struttura a scatole cinesi. La performer entra ed esce dallo schermo, entra ed esce dalla scena. Il video è una macchina che documenta in tempo reale il movimento ma, in alcuni punti, è protagonista assoluto, quando sullo schermo compaiono immagini di altri tape di Amorini, Discensore e Città continua, non a caso due opere basate sullo scorrimento orizzontale o verticale. La metropoli - evocata in Phantazein anche attraverso le vedute parigine di Les Halles, non-luogo o spazio trasformato nel tempo per eccellenza - è il contesto dove il corpo trova il suo alveo naturale. Corini aveva già abitato la città in Miraggi, contrapponendola ad una desertica cava di sabbia e percorrendola come uno strumento iniziatico.

Certo non possiamo leggere Phantazein come un musical tecnologico, ma piuttosto come una serie di "quadri" dinamici, realizzati attraverso una mescolanza tra diretta video e ricontestualizzazione di due opere di arte elettronica che funzionano bene anche come installazioni, come fondali pregni di senso, ma pronti ad aprirsi a nuove suggestioni e significati.

La triade Amorini-Corini-Schiaffini ripensano dunque, come dicevamo in apertura, la forma del teatro totale, aggiornandola all'era digitale, senza tuttavia abbandonare un approccio "analogico" dato da un'assoluta improvvisazione, da un sentire materiale della scena, da un appropriarsi sciamanico della messa in scena.

Bruno Di Marino

 

venerdì 11 maggio 2001 ore 22.30

CLASSICO VILLAGE - via libetta, 3 - roma

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