La leggenda di Re Artù
Il misterioso Graal, coppa che contenne il sangue regale di Cristo, o meglio vaso della Conoscenza trascendente, può essere riconquistato solo da un puro che abbia superato molte difficili prove E' una tra le più belle leggende europee e Parsifal è un modello di vita che non ha mai perduto carisma
Exalibur è stato uno dei
film di maggiore successo di alcuni anni fa. Con sorpresa di
taluno. La civiltà attuale, proiettata verso un imminente evo di
automazione integrale, ha naturalmente bisogno di coltivare sogni
antichi o senza tempo.
Non a caso anche la fantascienza più spettacolare sta
abbandonando il freddo didascalismo tecnologico per inglobare un
numero sempre maggiore è più esplicito di fattori simbolici e
fiabeschi. Si confrontino due pellicole come Guerre stellari e
L'impero colpisce ancora e si avrà riprova di quanto stiamo
dicendo. Nel primo film, difatti, i riferimenti magici erano poco
più che strizzatine d'occhio per gli intenditori. Nel secondo,
per converso, facevano irruzione personaggi che appartenevano in
tutto al regno fantasy e la cui forza era prevalentemente
mentale, derivando da una saggezza esoterica incarnata dal
riuscitissimo Yoda.
Perché si registra un fenomeno del genere e con consensi sempre
più ampi del pubblico? La psicologia spicciola potrebbe
rispondere che si è in presenza di una serpeggiante nostalgia
per un mondo, reale o irreale, non importa, in cui era dato all'individuo
di parlare alle fonti e alle stelle. Si potrebbe anche aggiungere
che il successo decretato a pellicole in cui la storia e la
leggenda si confondono (si vedano anche i casi, pur tanto
difformi, di I predatori dell'arca perduta e di Conan il barbaro)
è sempre e comunque la manifestazione di profondo disagio
interiore. Le società attuali, difatti, nessuna esclusa, tendono
ad annullare la persona nella massa, a impedirle il dialogo con
la propria coscienza.
Da tutto ciò nasce il desiderio semicosciente di proiettarsi in
una dimensione alternativa o in un passato ideale, dove il
sapiente è soprattutto un saggio e il cavaliere è votato al
Bene e tutto gli è possibile: la conquista di un castello, di un
regno o di una dama, qualora abbia bastante coraggio per
affrontare i nemici della Terra e dell'Invisibile. Tutto ciò è
vero, verissimo. Ma vi è dell'altro. L'esoterismo insegna che il
mago e il guerriero, il drago e la fata, l'orco e il coboldo e le
vicende in cui essi appaiono e si confrontano appartengono
all'Eterno Presente, possono irrompere qui, ora, e noi esserne
partecipi, per lo più inconsapevolmente.
Se ne sono accorti persino taluni studiosi della psiche.
Ovviamente a modo loro. Di recente, per esempio, lo psicologo di
orientamento transjunghiano James Hillman ha potuto sostenere che
il fine dell'inconscio è la riscoperta dell'immaginale
(dell'elemento fantastico, insomma) e che l'approccio psicologico
al mito e alla leg-genda è legittimo, a patto che non si
trasformai in riduzionismo psicologico, altri-menti si scadrebbe
nell'ingenuità sempli-cistica di quanti credono che l'economia,
la storia e la morale bastino a smontare una tradizione o a
spiegare un'opera d'arte o letteraria. Dunque riconsiderare i
grandi miti o cicli leggendari significherà non solo far
rivivere in noi la dimensione del sogno, ma ci permetterà di
percorrere una via lungo la quale ci riconosceremo ad ogni svolta
importante, poiché la nostra totalità psichica è fatta di
tanti paesaggi diversi e ognuno di essi ha i suoi personaggi.
Primo passo da compiere: riandare alle radici più profonde e,
nel nostro caso, alla nascita e al primo sviluppo dei cicli
artu-riano e della "cerca del Santo Graal". Se-condo
gli storici della letteratura, il primo, sicuro accenno alla
figura di re Artù si tro-va nell'Historia Britonum, redatta
ante-riormente all' XI secolo. Risalgono invece all'ultimo quarto
del secolo successivo i testi che per primi evocano la saga del
Graal e trascorreranno altri cento anni prima che il tema sia
inserito entro lo sce-nario arturiano. Per essere più precisi:
l'integrazione viene proposta con il poema Merlino di Robert de
Boron nella seconda metà del XIII secolo. Va d'altro canto
rile-vato che tanto la leggenda arturiana quanto la materia
graaliana avevano avuto quanto meno delle prefigurazioni in età
pagana e non erano prive di corrispettivi nelle aree mesopotamica
e iraniana
Cominciamo col considerare re Artù, la cui figura, ovviamente,
si colloca tra la storia e la leggenda, emergendo dal caotico
secolo VI d. C. Partorito da Igerna, moglie di Gorleos, duca di
Cornovaglia, dopo che Uter, detto 'Testa di Drago', favoloso capo
dei Bretoni, s'era unito a lei con l'astuzia, Artù ne divenne il
legittimo crede intorno al 516 e avrebbe poi sconfitto i Sassoni,
impedendo loro di entrare nel Galles e nella Cornovaglia. Subito
dopo, il sovrano avrebbe sposato la bella principessa Guanhura
(Ginevra), ripristinato il Cristianesimo che gli invasori avevano
cercato di estirpare e istituito l'ordine della Tavola Rotonda.
La leggenda aggiunge che re Artù avrebbe gradatamente esteso i
suoi possedimenti in Scozia, nelle Orcadi, in Danimarca, Norvegia
e Islanda. Nel 540 gli si rivoltò contro il nipote Mordred e
proprio alla vigilia della sua partenza per Roma, dove avrebbe
dovuto essere incoronato "monarca universale'. Il conflitto
fu fatale al sovrano: venne ferito a morte nei pressi di York.
Due le versioni sui fatti che seguirono. L'una racconta che il re
sarebbe stato assunto in cielo, dando il nome a una stella
(Arturo della costellazione di Boote). L'altra narra che nove
fate apparvero all'improvviso su un vascello, davanti alla riva
dove giaceva ferito, e che lo chiamarono; allora il morente si
levò in piedi e sali sull'imbarcazione col suo cavallo. Il
sovrano sarebbe stato quindi condotto nell'isola di Avalon e
sanato nel corpo e nello spirito dalla scienza del regno
incantato. Da Avalon egli tornerà un giorno a restaurare
l'ordine e la giustizia. Un fatto curioso: intorno al 1189 la
tomba del re sarebbe stata individuata a Glastonbury (la 'città di vetro'
che ricorre nella mitologia celtica), sede della più antica
abbazia delle isole britanniche (il complesso degli edifici
risale almeno al VII secolo) e luogo dove era stato dapprima
conservato il Santo Graal. Non è superfluo aggiungere che sotto
un profilo esoterico i tre diversi epiloghi della vicenda di
Artù (l'assunzione in cielo, il miracoloso trasferimento
nell'Isola dei Beati e il seppellimento in una cittadina
dell'Inghilterra sudoccidentale) non sono in contraddizione l'uno
con l'altro. Se si accetta, infatti, quanto asserisce la saggezza
tradizionale sulla costituzione tripartita dell'uomo, apparirà
evidente che a Glastonbury, o ad altra località terrestre,
apparterranno le spoglie mortali del so-vrano e il suo 'doppio
astrale' (o anima vitale), ad Avalon l'anima sacrale, ovverosia
la sua dignità di re, e alle stelle, in senso traslato, il suo
Spirito eternamente vivente.
Perciò quando la leggenda parla di un ritorno del grande re
(così come gli antichi Germani erano convinti del ritorno di
Federico Barbarossa), non si allude tanto a una vera e propria
reincarnazione dì Artù, quanto alla possibilità che, nella
fase di consunzione dei tempi o di conclusione di un grande ciclo
storico, possa esservi qualcuno capace di invocare
(nell'accezio-ne di 'chiamare dentro sé') e di rivivificare le
funzioni e i poteri regali che sono custo-diti in Avalon. Avalon
o 'Isola dei Beati'. Una doppia denominazione non casuale, quando
si consideri che il vocabolo Avalon (o Avallon) deriva
presumibilmente dal cimrico afal, per cui il suo nome
significherebbe 'Isola dei Pomi', o dal celtico Ablun, per cui
essa sarebbe "l'Isola di Apollo". Il che rinvia,
ovviamente, alle nar-razioni mitiche delle Esperidi, del loro
giardino posto 'al di là dell'Oceano e del-l'Apollo iperboreo.
Soffermiamoci ora su un personaggio che risulta maggiormente
vicino alla figura di Artù e alla parabola della sua esistenza
terrena: Merlino, il saggio. Bene, secondo quanto riferisce la
letteratura storico-fan tastica del XII secolo e dei tempi
successivi, Merlino, o meglio Myrddin, sarebbe stato il maestro e
il consigliere di Artù, valendosi di virtù profetiche e di una
conoscenza della natura più che eccezionale.
Era stato generato da una fanciulla della Caledonia, sedotta dal
diavolo in persona, e la madre, nel concepirlo, l'aveva subito
votato a Dio, per sottrarlo all'influsso del padre infernale. Ma
un certo marchio sul fureo rimase sulla sua personalità: la sua
chiaroveggenza, quando si slanciava verso il futuro, era ispirata
dal Cielo, ma quando si volgeva al passato era l'inferno a
suggerirgli le visioni che cercava. Perché codesta intima
duplicità, in un personaggio tanto positivo?, La risposta è
semplice e significativa: Myrddin ha tutti i caratteri del dio
Lug (in gallese Llen), il Mercurio-Hermes degli antichi Celti.
Anche questo, difatti, nelle saghe irlandesi e nelle leggende
delle isole britanniche, è mago, guerriero e arti sta e, pur
combattendo contro le potenze delle Tenebre e i loro eserciti, è
imparentato con esse (per linea materna, nel suo caso).
E' comprensibile, perciò, che gli scrittori cristiani
considerassero il consigliere di Artù con un briciolo di
sospetto: la sua figura è più quella di un pagano che di un
cristiano. D'altronde, come aveva acquisito i grandi poteri di
veggenza? Dopo avere attraversato il regno della follia. Narrano
infatti le cronache, riferendosi al bardo Myrddin, forse
realmente esistito, che egli era già stato al servizio del padre
di Artù, Uter Pandragone, e che dopo la di lui morte in
battaglia, Myrddin aveva perso la ragione, riducendosi a vivere
come un selvaggio nel profondo delle foreste e che solo
gradatamente aveva potuto ricuperare il senno, avendo appreso a
dialogare con gli spiriti della Natura e con gli animali della
terra, dell'aria e del cielo; il che riconduce alla conoscenza e
al dominio del Drago.
Anche la sua fine (ma secondo i testi che si riferiscono al
Merlino leggendario) sarebbe altrettanto ambigua ed enigmatica.
Innamoratosi della 'Dama del lago', o Viviana, a essa aveva
rivelato tutti i suoi segreti. Fiducia più che mal riposta: la
Dama,
con l'inganno, riuscii a imprigionarlo nella 'tomba fatata' che
egli aveva preparato per entrambi, per quando fosse giunta la
giusta ora. Così rinchiuso, Merlino sarebbe tuttora vivente e
nel sepolcro attenderebbe il giorno del giudizio, per poter
completare la sua missione profetica. Sino a qui le rievocazioni
poetiche. Ma bisogna saper scavare nel tessuto narrativo. Ci si
accorgerà, allora, che anche in questo caso il groviglio di
riferimenti mitici, di frammenti storici e amplificazioni
letterarie ha una segreta coerenza che va al di là delle vicende
esteriori e può persino contraddirle.
Ci spieghiamo. La saggezza acquisita attraverso il mondo
allucinato della gran-de nevrosi non è un fatto letterario o
fan-tastico. Come i moderni studi di etnologia hanno accertato,
il procedimento è pres-soché uguale nelle aree dello
sciamani-smo: non può esservi anzi consacrazione sciamanica
senza che il candidato abbia affrontato e vinto la propria
malattia mentale e, pure in codesto caso, il cammi-no nel regno
delle ombre psichiche e l'u-scita da esso comporta l'acquisizione
di poteri di veggenza. Trova dunque riprova che il personaggio
Myrddin ha tratti pre-cristiani e anzi può considerarsi una vera
e propria proiezione delle divinità celtiche entro l'orizzonte
cristiano. Certo, è Merlino a suggerire la costituzione
dell'Ordine dei Cavalieri della Tavola Rotonda, ma noi sappiamo,
e lo si vedrà ancora meglio in un prossimo capitolo, che la
cerca del Graal e il Graal stesso sono di natura
sovraconfes-sionale.
Secondo punto: l'imprigionamento, lo scacco infertogli da una
donna. Non c'è dubbio che sotto un profilo morale la leggenda
voglia ammonire sui pericoli della passione, quando essa divenga
cecità, obbedendo alle sole esigenze dei sensi. E' altrettanto
vero però che, nell'ispirazione degli artisti, Myrddin non è
più rinchiuso nel sepolcro incantato. Nello spazio
sovratemporale disegnato da J. R. R. Tolkien nell'imponente
trilogia Il Signore degli anelli, il mago Gandalf è chiamato
anche dagli elfi Mithrandir ('Il Grigio Pellegrino'), prima che
diventi il capo del 'Bianco Consiglio', e il nome di Myrradim
(Merlino, in inglese) è il nome dello smeriglio, un piccolo
'falco grigio'.