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CAPITOLO I

 

Era una notte buia e tempestosa.............

..........oscure presenze vagavano non viste e malevole, protette da un'impenetrabile oscurità.

Nessuno osava avventurarsi in questo crogiolo di incubi invisibili...... nessuno tranne una giovane fanciulla dai capelli corvini. Camminava a passo spedito nel gelo di quel deserto irreale che sembrava la città. "A casa", pensava ".....voglio solo tornare a casa!", mentre rabbrividiva sgambettando per la via buia e solitaria. Il suo cuore cominciò a battere più lentamente quando scorse il cancello di casa e già pregustava il calduccio e la sicurezza delle mura famigliari, ma... fu allora che la sua vita prese una svolta assurda e irreversibile....."Buonasera madamigella". Una voce dal buio... quasi le esplose il cuore... stava per scappare urlando ma riuscì a recuperare la calma e seppure con i brividi lungo la schiena, ebbe la forza di voltarsi verso il buio da cui proveniva la voce. Lentamente, da sotto un albero che la nascondeva anche alla flebile luce dei lampioni, uscì una sagoma scura che lei non riuscì a distinguere chiaramente fino a che non le arrivò a meno di un passo... stava per fuggire sul serio quando incrociò lo sguardo di quel misterioso interlocutore. Era un ragazzo poco più giovane di lei, con i capelli neri come una notte senza luna, indossava un cappotto nero, lungo fino al ginocchio e dei jeans del medesimo colore... ma, soprattutto, aveva nello sguardo qualcosa di insolito...."Chi sei ?" riuscì a balbettare la fanciulla mentre le gambe non cessavano di tremarle. "In un certo senso, sono il tuo futuro" disse il ragazzo che, per un attimo sembrò emanare una luce lunare.

Quella fu l'ultima frase che ascoltò nella sua breve vita mortale.

Il suo corpo si risvegliò in una splendida stanza con le pareti ricoperte di finissimo broccato, rischiarata dalla luce di mille candele, dalle grandissime vetrate si vedeva il mare (...quale mare ?...) sormontato da una gigantesca luna piena... (LA TEMPESTA ERA PASSATA ) .

Al fianco del suo letto a baldacchino, su una antica sedia dorata rivestita di velluto viola c'era quel ragazzo, adesso vestiva un elegante abito di velluto nero. "Benvenuta tra il popolo oscuro mia bella Marilisa". Disse facendo balenare il fulgore di due canini innaturalmente sviluppati.

Ora sembrava tutto più chiaro, ma la fanciulla non voleva credere a una cosa tanto spaventosa e quasi in preda agli spasmi, riuscì solo a sussurrare: "Ma tu chi sei?" Con voce suadente gli venne candidamente risposto: "Beh ... piccola mia, una volta mi chiamavano Jan ".

Adesso quella voce era così famigliare! Il suo suono era caldo e rassicurante. La fanciulla, non riusciva ancora a comprendere come si trovasse in quel lussuoso appartamento d'altri tempi. Guardò attentamente il ragazzo, era bellissimo, il suo viso era bianco e luminoso come la porcellana, le sue labbra rosse ed invitanti come fragole mature, ma i canini!? Non poteva credere che ciò che vedeva fosse vero! Per tanto tempo aveva sognato l'esistenza di un essere così... divino! Ed ora era li, vicino a lei. Si alzò dal letto per avvicinarsi alla presenza, ma appena sfiorò il pavimento di legno scuro, le gambe non ressero e cadde.
Ma...! Non provò dolore, il suo amico sorrise le tese la mano...! una mano bianca perfettamente levigata, femminea. Lei l'afferrò quasi con disperazione, era calda! Come poteva essere calda? Allora era solo un trucco! Il ragazzo sembrò intuire ciò che Marilisa si chiedeva, rispose "Sono caldo perché tu mi sei dentro! La tua vita mi ha scaldato. Sei debole non riesci a camminare perché io ho la tua vita! Tu potrai avere la mia, e resteremo insieme per sempre...! Ti seguo da mesi, so' dove vivi, chi sono i tuoi amici, quali sono i tuoi desideri ed i tuoi pensieri, voglio che tu stia con me per l'eternità, ti ho tolto la vita per dartene un'altra, ho solo voluto attendere il tuo risveglio per renderti cosciente del dono che sto per farti!"
Si avvicinò ancora di più alla ragazza, le sfiorò le labbra, la strinse tra le sua braccia quasi fino a fermarle il respiro e le chiese "vuoi restare con me?". Lei era spaventata, aveva paura, ma quelle braccia erano così forti, che le sembrò di poter fare tutto per lui.
Fissò i suoi occhi in quelli di Jan e disse... "...Si!".
I canini affondarono di nuovo nel collo della ragazza, che sentì il corpo sollevarsi fino al cielo e la sua anima attraversare l'universo.
Ad un tratto lui la spinse lontano, lei cadde, ma non perse i sensi. Aveva solo sete, molta sete. Lui sorrideva mentre si avvicinava di nuovo, le porse ancora una volta la mano, ma questa volta, sul polso c'era una ferita dalla quale sgorgava sangue. Lei con un impulso felino l'afferrò e bevve!
Sembrò che una sete animalesca la spingesse verso quel sangue. Non era più in se. Esisteva solo la sete di sangue... e la sua Estasi. In ginocchio, gli occhi chiusi, le labbra sul polso di lui. Durò al massimo un paio di minuti ma per lei fu il piacere, qualcosa di infinitamente sensuale, l'estasi e l'innamoramento. In quello scampolo di magia sentì, ad un tratto, un leggero spintone, leggero ma deciso. Era lui che la scostava dalla sua mano che intanto si chiudeva e si allontanava dalla sua bocca.
Alzò gli occhi verso di lui e lentamente riconquistò la lucidità. Le sembrò che il viso del vampiro fosse diventato un po' più pallido e smagrito, ma con quell'oscurità non poteva giurarci.
Intanto gli effetti dell'Estasi stavano lentamente svanendo e in lei prendeva forma un senso di benessere e potere che lui le spiegò avrebbe accompagnato tutta la loro eterna vita oscura. "Adesso sei pronta - le disse - sei una predatrice notturna, vivrai in eterno della vita dei mortali, in eterno staremo insieme, prederemo insieme e tu resterai per sempre così, splendida e letale, un incubo nella forma di un sogno" e mentre parlava, la fece alzare sulle gambe che ora non avevano più alcuna difficoltà a sostenerla e la condusse verso la vetrata che si apriva sul mare. Lei taceva, la sua vita precedente era stata cancellata, ora era nata di nuovo, ma queste considerazioni non erano per lei motivo di inutile arrovellarsi, semplicemente sapeva da sempre che ciò che le era accaduto era il miglior destino che potesse attenderla e nel suo profondo non aveva mai desiderato altro. Così si affidava all'ombra che l'aveva condotta alla sua nuova vita come se la conoscesse da sempre. Ma come poteva non fidarsi di chi in una sola notte era stato per lei: sposo, fratello, padre, amante?
Nonostante il suo stato di sereno abbandono, a scuoterla bastò la vista del mare che si godeva dalla vetrata. Era incredibile come la luna piena colmasse d'argento il mare ... la spiaggia ... e il cielo ... sembrava che fossero abbaglianti .
Il ragazzo ancora senza proferire parola aprì la grande vetrata e la condusse sulla spiaggia bianca.
Dio !!.. sembrava di camminare sulla luna, tutto era lucente di un chiarore abbagliante in cui loro due camminavano abbracciati come se non fossero altro che due fidanzatini mortali. Arrivati sulla riva del mare entrambi, senza dirsi nulla, si voltarono l'uno verso l'altra e avvicinarono le labbra.
Dopo un leggero bacio lui si soffermò sul suo collo, la sua fronte, le sue gote .... fino a tornare a tuffarsi sulle sue labbra.
Ad un tratto, però, la magia fu spezzata !! Un'esplosione!! un'altra!!! una serie di esplosioni alla loro destra !!!!!
I due ebbero un sussulto, si scostarono e volsero lo sguardo verso il lembo di costa da cui provenivano le esplosioni.
Quello che videro li meravigliò e li fece sorridere. A qualche chilometro lungo la costa c'era un paese in festa e le esplosioni non erano altro che i fuochi d'artificio che coloravano: cielo, mare ed anche i tetti del piccolo villaggio.
Si sorrisero di nuovo e ancora in silenzio ... ripresero a baciarsi.
Ma ad un tratto lei fece uno scatto quasi felino, e rimase immobile a fissare gli alberi neri che incorniciavano la spiaggia...!
Lui l'abbracciò forte come prima che lei "nascesse", e le sussurrò, "so' a chi pensi, devi decidere cosa fare di loro!"
Lei li amava, ma ormai era morta e rinata...! Cosa avrebbe detto ai suoi genitori!? Non poteva sparire senza rivederli, sarebbero morti di dolore! Erano in viaggio in quei giorni, ma sarebbero tornati presto! Cosa Avrebbe fatto? Rimandò tutto al giorno dopo. In quel momento non poteva importarle, era felice della sua nuova vita e del suo nuovo genitore e compagno, voleva godere di quella notte, non ancora coscia di possedere l'eternità.
Non si accorse che erano tornati verso quella casa, così... strana. Era di pietra grigia, i mattoni erano leggermente aggettanti ed il tetto piatto era circondato da una corona di merli ghibellini, le grandi finestre gotiche, trifore ad arco acuto avevano i vetri colorati, le candele accese all'interno ne facevano risaltare le strane decorazioni, erano draghi, cavalieri, sembrava la storia di S. Giorgio. Rientrarono nella casa da un portone di legno nero, borchiato con spuntoni di ferro, salirono una stretta scala di pietra i cui gradini erano consumati al centro, come se avessero mille anni, Arrivarono davanti ad una porticina, il ragazzo con uno sguardo luminoso la guardò e disse, "questo angolo della mia casa è tuo!" aprì la porta... Marilisa si trovò in una stanza ottagonale, le pareti erano coperte quasi completamente da preziosi arazzi, il pavimento da un enorme tappeto consumato, ma nel quale si vedeva ancora l'antico disegno, una battaglia sulle rive di un fiume Nella stanza non vi erano finestre, (le quali per un vampiro non hanno molta importanza!), fu incuriosita dall'unico dipinto presente nella camera, era appeso su una striscia di parete, quasi l'unica scoperta dagli arazzi, si avvicinò, osservò con attenzione, rappresentava una donna bionda seduta davanti ad una spiretta, mentre assorta leggeva una lettera, sullo sfondo del dipinto figurava una carta topografica, ma cosa strana e sconvolgente per Marilisa che era un'appassionata d'arte, la fanciulla indossava una giacca gialla bordata di ermellino, sembrava un dipinto di Veermer, un incrocio tra La collana di perle e fanciulla in giallo che scrive una lettera, pensò fosse uno dei tanti falsi in giro per il mondo. Al centro della stanza c'era un divano, identico a quello che David dipinse nel ritratto di Madame Rècamier. La ragazza vi si accostò e lo sfiorò era foderato di broccato di seta dorato. Con fare lento e divertito, Jan aprì un grande armadio di legno intagliato e disse "puoi prendere quello che vuoi e quando vuoi!". Lei spalancò gli occhi, allungò la mano e sfiorò le stoffe preziose. Fino a quel momento non si era resa conto di essere sporca di sangue, prese un abito di raso nero lo carezzò e lo guardò come una bambina con la sua prima bambola, guardò il suo compagno e mentre stava per parlare, lui uscì dalla stanza dicendole "sarai ancora più bella con quello indosso amore". Infatti era vero. Il viso bianco era luminoso contro il nero colletto rigido dell'abito audacemente scollato. Lo strascico era frusciante e sensuale. Mentre si rimirava nel grandissimo specchio con la cornice di legno dorato udì arrivare una musica, era Tchaikovsky, un brano della Bella Addormentata, che lei tanto amava. Si diresse verso la porta scese le scalette, il suono veniva da sotto il pavimento. Vide un'altra scala in un angolo buio che scendeva ancora sotto una botola. Con grande timore cominciò a scendere i gradini ancora più consumati degli altri, non c'era illuminazione ma lei vedeva ugualmente come un gatto, la musica era sempre più vicina. Attraversò un corridoio strettissimo senza aria dove si sentiva un forte odore di chiuso di muffa e di ... morte. Giunse ad un'altra porta, questa era aperta, entrò, c'era Jan "Ti aspettavo... sei ancora più bella di quanto pensassi!" con una mano le indicò... un grande sarcofago di pietra. "Anche questo è tuo!"
Lei lo guardò e disse "Ma chi sei? Anzi chi eri? Da dove vieni? Perché hai scelto me e dove siamo? Che posto è questo?"
Lui sorrise e le disse "E' normale che tu sia curiosa... se non arriviamo alla follia, lo siamo tutti al nostro risveglio".
E dicendo ciò la invitò a sedersi sul coperchio del sarcofago in pietra. Facendolo la ragazza ebbe la possibilità di osservarlo più da vicino e ne rimase sbalordita. Era finemente intagliato su tutta la sua superficie e lei sembrò perdersi nei solchi che un abile scalpellino aveva segnato secoli prima. Con un colpo di tosse, volutamente forzato Jan la distolse dalle sue riflessioni. "Non credo che mancherà il tempo di perdersi in quegli intagli e nella storia del sarcofago... sai, è più antico di me e di questo palazzo, era di un nostro fratello molto antico che neppure io ho mai conosciuto". Intanto si era accomodato, col suo solito fare leggero su una rozza seggiola nell'angolo di fronte a lei ed aveva acceso una delle candele di un candelabro d'argento annerito, poggiato su una botte da vino piena di buchi.
"Lo so che non è un posto molto comodo né molto adatto a passarci l'eternità, ma è più che sufficiente ad accudirci nelle ore del sonno, tanto col buio avremo tutta la casa a nostra disposizione, ma cosa dico? Io e te avremo il mondo a disposizione !!!! ".
Lei lo ascoltava in silenzio e si guardava attorno. Alla luce della candela si notava chiaramente la struttura delle pareti, era simile a quella che aveva ammirato nelle ville romane di Pompei ... ma dove diavolo era finita? ".
"In effetti anche questo posto è molto antico, molto più di quanto sembra, Gli umani pensano che sotto la costruzione che si vede in superficie non ci sia nulla, in realtà il nucleo originario risale a periodi precedenti. Le fondamenta poggiano su una struttura risalente agli ultimi secoli dell'Impero Romano. Era un tempo di decadenza, ben si addice ad esseri come noi, dopotutto anche la letteratura umana lega le nostre figure a tempi bui e decadenti". Disse col solito sorriso.
Si fermò a fissarla come se si aspettasse qualcosa da lei. Era veramente bellissima, i suoi capelli erano ancora più lucenti e gli occhi! Erano così intensi che mettevano in soggezione anche lui che doveva sforzarsi per non darlo a vedere. Che splendida compagna si era scelto per la sua interminabile vita !!!!
Lei era stupita dal fatto di non essere per nulla spaventata, anzi... si sentiva sicura come forse mai lo era stata prima e si lasciò cullare dalla voglia che come le aveva confessato il suo compagno (.... compagno!!!! rendeva l'idea al meglio... compagno in ogni senso .... già i SENSI !!!!!! ) assaliva ogni risvegliato.
La curiosità l'attanagliava. Il mondo era del tutto diverso da come aveva creduto fino a poche ore prima. L'esistenza di esseri come lei stravolgeva ogni visione dell'universo creata dai mortali in secoli di speculazioni. Lei ora bramava la conoscenza di tutto, passato, presente e possibile futuro che la attendeva. A dispetto della vita eterna che aveva davanti a sé, voleva tutto e subito.
"Ci sono passato anch'io." La voce che la scuoteva di tanto in tanto era divenuta una costante ma.... a guardare bene il suo interlocutore era una piacevole costante.
"E' il caso che io ti avverta che non avrò tutte le risposte. Un essere eterno ha molte risposte ma è ancora troppo debole per quelle fondamentali. Ad ogni modo, tornando alla letteratura su di noi, contiene parecchie inesattezze, molte idiozie e qualche verità. Quel che conta è che siamo immortali, eterni, almeno potenzialmente, ci uccidono DEFINITIVAMENTE solo il fuoco e la luce solare. Siamo come degli umani, se non fosse per i nostri sensi più acuti, per la nostra forza e per ... l'alimentazione. Per vivere dobbiamo nutrirci del sangue dei viventi. Domani notte non potrai resistere al richiamo del sangue e avrai la tua prima caccia. Ed il tuo primo contatto con i tuoi poteri."
Marilisa non rimase affatto stupita né impaurita, addirittura le apparve immediatamente un'esistenza allettante e stimolante. Si volle però togliere immediatamente la curiosità più pressante : "Ma tu chi sei e perché vivi qui?".
Lui non resistette e pensando alla lunga conversazione che avevano di fronte si concesse subito un assaggio dell'eterna compagna. Le si gettò ai piedi e le stampò un lungo bacio prontamente ricambiato.
Ricompostosi cominciò il suo racconto.
"Innanzitutto vivo qui perché questa è casa mia. La mia famiglia ha abitato qui per secoli ed anche adesso che si sono estinti, tutti tranne me da almeno duecento anni continuo a venire qui dove passai la mia gioventù.
Ti interesserà sapere che sei nei pressi di Venezia, la città che mi diede i natali nel 1635, il 14 dicembre per l'esattezza. Naturalmente parlavo di natali mortali. La mia morte e la mia rinascita avvennero molto lontano.
Questa è una delle tenute che la famiglia Verhayden possedeva da queste parti ... Il mio nome, già! Il mio cognome è curioso in effetti! E' fiammingo, mio padre era un mercante di stoffe di Delft che si stabilì a Venezia quando sposò mia madre. Lei discendeva da una famiglia di quelle che contano antenati cardinali, principi e addirittura un doge, ma la contessa Francesca de' Moreschi a parte gli antenati non aveva più molto e un ricchissimo fiammingo era un partito da non lasciarsi sfuggire .
Si sposarono, e vissero tra L'Olanda e L'Italia, ebbero quattro figli, tre maschi ed una femmina, io ero il secondogenito. Ma quando il mio primo fratello morì di vaiolo, una malattia molto comune in quel periodo... ed in quelli seguenti...! anche Luigi XV di Francia mori di vaiolo nel 1774...! Ma questa è un'altra storia…non divaghiamo...!
Mia madre si fermò definitivamente a Venezia, in preda ad atroci tormenti, perché pensava che una vita più stabile avrebbe evitato la morte del mio adorato fratello Marco.
Io invece ero diventato il braccio destro di mio padre e lo seguivo come un'ombra nei suoi viaggi".
Ma Marilisa aveva una strana espressione, "Tuo padre era di Delft? Ma allora il dipinto della mia stanza?" Jan sorrise "Sapevo che amavi l'arte così ho voluto metterlo li! Quel quadro fu dipinto da Veermer nel 1664 su commissione di mio padre, la donna che vedi ritratta è una delle sorelle di mio padre a cui lui era molto affezionato e che vissero sempre a Delft, la cartina sullo sfondo è quella della cara città dei miei avi!" La ragazza era elettrizzata, un originale! Ma si alzò, si avvicinò alla sedia dove lui era tornato a sedere, gli prese la mano e disse "L'inizio della tua storia è meraviglioso. Io ho vissuto sognando il passato e desidero sapere ogni particolare dei mondi che hai visto trasformati attraverso i secoli, ma adesso devi dirmi una cosa, siamo a Venezia? Ma come ci siamo arrivati?"
Lui le sollevò la mano fino a baciarla e disse: "Come tutti,! con un mezzo di trasporto, un'automobile! Ero nella tua città da alcuni mesi in attesa di averti, appena ti sei addormentata ti ho messo in macchina e siamo partiti, avevo fretta di andarmene, non mi piacciono le città piccole e non vedevo l'ora di mostrarti la mia dimora."
Ad un tratto si udirono dei rintocchi, erano le sei. Jan si alzò e disse "E' ora di dormire, sta' sorgendo il sole". Sollevò il pesante coperchio di pietra senza il minimo sforzo "adesso tesoro mio devi distenderti". La ragazza guardò dentro un po' timorosa, ma...! Era bellissimo! tutto rivestito di seta viola, con finissimi ricami d'oro, dei morbidi cuscini di piume erano poggianti intorno alle pareti e sul fondo. Lei infilò un piede, ma ebbe un brivido! "non posso, ho paura! Nella mia vita non ho mai avuto paura del buio, ma adesso...! Ti prego, il sarcofago è abbastanza largo...!" Lui come se avesse letto nel suo pensiero, sollevò una gamba e la poggiò all'interno della tomba. Entrarono insieme nel letto di pietra, tirando dietro di loro il coperchio. Il ragazzo immerse il viso nei lunghi capelli di lei, mentre la vampira si strinse a lui con tutte le sue forze. Sentì un leggero torpore attanagliarla e prima di perdere i sensi ebbe una visione, vide del fuoco, del fumo in una piazza, tanta gente che urlava, chi rideva chi piangeva, ma...! al centro del fuoco c'era lei! Era un sogno, quel sogno che da anni non aveva più fatto. Ma sorse il sole e su di loro scese il riposo.

 

Aprì gli occhi, era sola, con un colpo di terrore fece cadere il coperchio, dov'era? Dopo pochi secondi ricordò la notte precedente, sorrise, si sollevò ed uscì dalla tomba.
In quel momento entrò Jan, era bellissimo! Indossava una giacca azzurra di raso, lunga fino al ginocchio, era una giacca settecentesca. I ricami floreali ne definivano gli orli e le maniche. Pizzi leggeri gli scendevano sul petto, e una spada pendeva sul fianco sinistro, ma cosa poteva significare? Lui le prese una mano e le disse, "adesso non fare domande e seguimi, ho una sorpresa per te, so che hai fame ma devi aspettare ancora un po'! "Salirono le scalette fino alla stanza ottagonale, sul divano c'era un meraviglioso abito grigio di velluto. Era pieno di pizzi e fiocchi di seta bianchi. Marilisa lo prese e lo indossò. Quell'abito era ampio quanto quello che aveva visto a Londra a Kensington palace, pensava che non sarebbe riuscita a muoversi con tutta quella impalcatura che aveva sui fianchi, e poi il corpetto! era così stretto, e quella scollatura la faceva arrossire! Ma la sua vanità era talmente compiaciuta da tacere. In pochi secondi erano in macchina. E che Macchina! era una fiammante Ferrari nera. Capì perché avevano impiegato così poco tempo ad arrivare a Venezia la sera prima!
Ma mentre pensava queste cose, una sete indescrivibile la bloccò. "Lo so che stai impazzendo per la fame! ma siamo quasi arrivati!" le disse il suo compagno. Fermò la macchina nel cortile di una grande villa. Ma era...! La Malcontenta! Villa Foscari! Una delle ville del Palladio, costruita nel 1558. "E' bella vero?, vieni entriamo!" Marilisa rispose "Ma vestiti così ci prenderanno per pazzi!", Jan sorrise e non rispose. Della musica arrivava dall'interno. Maraviglia delle meraviglie...! La sala era piena di gente che danzava volteggiando come fantasmi di due secoli prima. Erano tutti abbigliati come loro! era una festa in maschera, e quelle persone erano tutte umane! Tutto era scintillante, la vampira guardava quella gente come mai le era accaduto, metteva a fuoco ogni particolare ed i suoi occhi si fermavano sul collo con la vena pulsante, ora di una signora ora di un giovanotto, e sentiva nell'aria il profumo del loro sangue, stava quasi per perdere i sensi per l'estasi quando Jan la strinse volteggiando al ritmo di un valzer, le sfiorò le labbra, mostrando i canini brillanti e disse: "Buona cena amore mio!" .
E così dicendo si allontanò da lei sparendo rapidamente dalla sua vista. Lei non riuscì a fermarlo e per un istante si sentì persa, preda della sua sete tra quegli sconosciuti. Ma riflettendoci su per un attimo si rese conto che Jan non l'avrebbe mai abbandonata così.... lo conosceva da appena un giorno ma sapeva di poter contare su di lui. Era una fiducia innata, derivante probabilmente dal suo sangue, quello che le aveva donato quella nuova vita. Queste riflessioni riuscirono a distrarla solo pochi secondi dalla sete, era un desiderio incontrastabile, quasi in grado di annebbiarle la vista. Fece uno sforzo per restare lucida e, con la certezza che Jan vegliava su di lei da vicino pur restando invisibile, diede inizio alla sua prima caccia.
Doveva uccidere un essere umano, doveva diventare un mostro, doveva ormai convincersene: lei era un mostro....incubo in un corpo di sogno....così l'aveva definita Jan. Era una predatrice, non poteva far altro che predare per vivere e gli ospiti della festa erano niente altro che prede.
La fame montava e anche i suoi dubbi morali furono inghiottiti dal bisogno di sangue. Oramai c'era solo la Sete.
La prima fase, pensò, deve essere la scelta della preda....non lo aveva mai fatto prima ma ora era l'istinto e non la ragione a guidarla. Si avvicinò ad un giovane che beveva solo in un angolo e sembrava già piuttosto ebbro di vino. Per quella notte era un mercante arabo vestito di pregiatissime sete multicolori e con il viso celato da un turbante scarlatto e da una maschera del medesimo colore. La vampira si presentò a lui con un altisonante nome palesemente d'invenzione che voleva ricordare le nobildonne veneziane del secolo XVIII° e lui rispose emettendo un insieme di buffi suoni che nelle sue intenzioni dovevano assomigliare all'arabo.
Marilisa non ci mise molto ad ammaliarlo con lo sguardo che la sua nuova natura rendeva ipnotico ma (almeno così le piaceva pensare ) anche con le sue doti che nulla avevano a che fare con l'essere vampiri.
Lo convinse a seguirla in un'altra stanza e il giovane in preda all'alcol, all'incantamento e ad una eccitazione sessuale che non mancò di compiacere la vanità della sua bella dama, mostrò di gradire enormemente. Si lasciò così andare a divagazioni sulla sua ragazza così stupida da lasciare un così buon partito come lui, sul fatto che doveva fargliela pagare e su come invece una sconosciuta per di più mascherata riuscisse a capirlo molto più della sua ex contro la quale scagliò anche svariati pesanti insulti. Marilisa non poté trattenere un sorriso pensando a come la preda considerasse il carnefice. Intanto attraversava la sala e poi i corridoi ricoperti di affreschi scrostati cercando un luogo riparato dove consumare il suo pasto.
Aveva l'impressione di camminare sempre più velocemente in preda alla sete. Pensava di essere sul punto di iniziare a correre quando si infilò su per una scala chiusa con un cartello che ne interdiceva l'accesso ai non addetti ai lavori. Scoprì con enorme piacere che il piano superiore era ancora in fase di restauro e che era enorme e deserto, perfetto per i suoi bisogni. Trovò una stanza rischiarata solo dalla luce che proveniva dal parco attraverso le finestre. Fece entrare il suo imbambolato amico e si chiuse la porta alle spalle. Il ragazzo ridacchiando come un idiota le si gettò addosso. L'odore di carne e la vicinanza della sua vena giugulare fecero il resto. Il ragazzo se ne andò senza emettere un suono.
Il problema adesso era lei. Ormai sazia aveva riconquistato la sua parte più umana e questa si rese subito conto della gravità del suo gesto. Abbandonò lì il corpo e non resistette all'impulso di fuggire. Appena uscita dalla stanza, però, urtò contro qualcosa. Era al massimo dell'esasperazione e avrebbe urlato se Jan non le avesse messo un mano sulla bocca e non l'avesse stretta a se per tranquillizzarla. "E' andato tutto bene, é nella tua natura, non puoi evitarlo, per quanto riguarda il corpo non ti devi preoccupare, me ne occuperò io. Ora torna a goderti la festa e questo palazzo. Ti raggiungerò tra poco amore mio". Scomparve quindi oltre la soglia della stanza del suo pasto. Lei scese facendo attenzione a non farsi vedere e tornò a confondersi tra gli ospiti. Era ancora scossa. Non voleva pensare al ragazzo. Non sapeva come considerarsi....assassina....mostro......predatrice, come l'aveva definita Jan!?
Per non pensare si tuffò negli affreschi di scene mitologiche della sala principale.
Trascorse un po' di tempo ed il suo compagno non tornava, cominciò a sentirsi sola, nonostante la villa piena di gente. Nella sua esistenza mortale era sempre stata una persona dallo spirito malinconico e la cosa che più l'aveva spaventata era la solitudine! Aveva sempre cercato di circondarsi di molti amici, ma ora! Non li aveva più, forse non li avrebbe più rivisti! Le mancava il suo adorato gatto! Ed i suoi genitori, doveva vederli parlare loro! Forse per quanto l'amavano l'avrebbero voluta anche così! Appena loro sarebbero tornati lei doveva andare a casa! Ebbe un fremito e poi, li vide, erano insanguinati, vicina a loro c'era Elena, la sua cara amica che la chiamava disperatamente. A stento riuscì a non urlare. Ma perché vedeva queste cose? Era spaventoso. Poi si affacciò alla sua mente un'idea, era si un mostro, ma poteva usare il suo potere per purificare il pianeta dai malvagi!
"E' un pensiero che ha sfiorato tutti! Ma noi siamo la morte e lei colpisce indistintamente chiunque, indipendentemente dalla loro malvagità o misericordia!" Si voltò di scatto spaventata, era Jan!
Ma come conosceva i suoi pensieri? Adesso non le importava di saperlo, si buttò tra le sue braccia e disse "stringimi!" Una lacrima le rigò la guancia. Lui la guardò e disse "Non avere timore io non ti abbandonerò mai, non sarai mai sola! E non preoccuparti tra qualche giorno torneremo nella tua città e potrai risolvere i tuoi Affari! E poi partiremo, vieni godiamoci la festa" Attraversarono la sala del buffet che non li interessò più di tanto e tornarono nella sala da ballo. Erano decisamente la coppia più bella, volteggiavano tra gli altri come angeli. Ballarono per ore, poi silenziosamente mano nella mano si diressero verso l'uscita salirono in macchina ed andarono via.
"Guarda il cielo, sembra un velluto coperto di diamanti, ammira la luce splendente della luna, non è meraviglioso!" Marilisa lo guardò e rispose "Si è meraviglioso, ho sempre amato la notte, penso che però tra qualche anno il sole mi mancherà!". Il Vampiro fermò la macchina e un po' preoccupato disse "Sei pentita di essere diventata la mia compagna?"
"No!! come puoi pensarlo, io ti amo, provo per te un sentimento talmente forte! è come se una calamita mi impedisse di fare un passo nella direzione opposta alla tua, tu per me ora sei tutto! non voglio essere triste, guardami, come potrei esserlo? Ho un compagno premuroso e bellissimo, indosso un abito da regina, ho la vita eterna!" Dopo un attimo di silenzio "Continua a raccontarmi di te, della tua lunga esistenza, avrai fatto viaggi avventurosi con tuo padre?"
La macchina ripartì e lui disse" Mia adorata hai proprio indovinato, in quei tempi era tutto più complicato. Non c'erano aerei, navi a motore e treni. Viaggiavamo con carri pieni di merci, galeoni spinti dal vento a volte anche solo con un paio di cavalli. Ma la cosa peggiore erano le malattie, la Peste.
Anche per viaggi che adesso sembrano occorrere poche ore, ci volevano vari giorni e cercare un posto dove ripararsi per la notte era fondamentale, e quando l'unico paese che attraversavamo era infettato dalla peste era un guaio! Senza parlare delle navi. Una volta sul nostro galeone si diffuse un'epidemia, fu terribile, dovemmo bruciare i cadaveri di più della metà dell'equipaggio.
Ma viaggiare era bellissimo ugualmente, forse ancora di più di adesso. Scoprire nuovi posti, conoscere gente diversa, razze diverse, non c'erano i sistemi di comunicazione di oggi, si poteva solo immaginare da stampe approssimative, l'unica soluzione per saziare la sete della conoscenza era viaggiare."
"Anche io ho visto un po' di Europa!" disse Marilisa, "ma sicuramente i miei viaggi da turista del 2000 non sono interessanti come i tuoi! Voglio sapere tutto, i posti che hai visto, quando hai smesso di viaggiare e come sei diventato un..."
"La storia è lunga devi avere pazienza!
Non ho mai smesso di viaggiare! solo un anno, mi fermai avevo appena compiuto ventitré anni e mio padre decise di farmi sposare."
La macchina correva su una strada buia che costeggiava una riva del Brenta, gli alberi oscuravano la vista delle stelle e il chiarore della luna non illuminava più l'abitacolo della Ferrari. Dopo qualche secondo in cui Jan sembrò perdersi un istante nei suoi ricordi, il Vampiro ricominciò a parlare con il suo solito tono disteso.
"Come spesso accadeva a quei tempi, la mia futura sposa non l'avevo mai neppure vista. Era stato mio padre a combinare il matrimonio con la terza figlia di un rappresentante di uno dei rami della famiglia Malipiero, una delle più in vista di tutta Venezia. Ancora oggi il palazzo dove vissero nei pressi della Volta del Canal Grande porta il loro nome. Erano molto ricchi ma, soprattutto, avevano tra le fila dei parenti (una sorta di esercito) un procuratore di San Marco, godevano inoltre dei favori del Doge e della potentissima famiglia Dandolo.
Mio padre contava di usare il mio matrimonio come viatico per raggiungere un accordo con altre potenti famiglie veneziane e aprire alle sue merci dalle Fiandre la via per l'Oriente. Era quella la rotta che garantiva i maggiori guadagni ma, proprio per questo motivo, era controllata in ogni modo da poche potenti famiglie.
Mio padre, di contro, era forte dei suoi contatti con le Fiandre e cullava il sogno di possedere una linea che via mare e via terra unisse Amsterdam con Bisanzio e più a oriente con Alessandria e le terre degli Ottomani.
Allora i suoi interessi in quelle zone erano limitati a quote minime proprio dalle pressioni che famiglie come i Malipiero e i Dandolo esercitavano sulle istituzioni della Serenissima, sulle compagnie locatrici di navi, sui capi portuali eccetera. A dirla in breve, avevano in pugno da alcuni membri del Gran Consiglio ai nocchieri di porto di uno sperduto approdo nell'Egeo."
A questo punto del tragitto, lo stesso Jan si fermò un istante ad ammirare il paesaggio che si era aperto alla loro destra. Si erano appena immessi su una arteria più grande e trafficata che viaggiava verso nord seguendo la Laguna. Entrambi ammiravano il profilo della città oltre le isole di Murano e Burano. Erano inoltre tornati a immergersi nella luce lunare che permise loro di guardarsi negli occhi e scambiarsi un sorriso.
"Era fatto così mio padre......gli affari prima di tutto. Mia madre non poteva che assecondarlo visto che era comunque lui la fonte di sostentamento della famiglia. Lei poteva permettersi di vivere da gran dama accudendo il mio fratello minore, Francesco di undici anni e questo le bastava. Dal canto mio, ero affezionatissimo a Marco che era l'unico in famiglia a mostrarsi interessato a qualcosa che non fossero zecchini e ducati. Alla sua morte l' unica cosa che mi assorbisse era girovagare per il mondo. Ero felice di aiutare mio padre perché mi permetteva di farlo.
Ah!... già.... quasi dimenticavo quella sgualdrinella della mia sorellina. Herda. Era, se possibile, il peggiore elemento della famiglia. Non faceva altro che dividersi tra i letti di nobili fannulloni, guardie ducali, servi ed anche qualche simpatico prete. Ma forse esagero, in fondo sembrava l'unica in famiglia che non desiderasse altro, se era così, probabilmente ha fatto bene a .... donarvisi anima e corpo.
L'ultima cosa che desideravo era dover restare a Venezia a tessere trame e mercanteggiare favori, ad alimentare faide famigliari ed accontentare una sconosciuta che era mia moglie.
Ero quindi estremamente triste alla festa del mio fidanzamento ma fu proprio quell'infausta occasione che cambiò per sempre la mia vita.
La festa si tenne a palazzo Malipiero e molte famiglie colsero l'occasione per dare sfoggio di ricchezza e potere. I miei genitori erano visibilmente compiaciuti e mia sorella sembrava indecisa fra un conte veronese e uno dei lacchè dei Malipiero........tutto in regola.
Mi sentivo in una sorta di gabbia. Poi venne il momento di vedere la mia futura consorte.
Neanche ora mi sentirei di giudicarla, era minuta, castana, all'incirca di quindici anni.
Affatto sgradevole ma piuttosto insignificante. Non posso negare che la mia mente andò alle avventure galanti che un ricco mercante incontrava nei suoi viaggi, a certe case di piacere orientali e perfino ad una servitrice del palazzo di famiglia che mi accudiva ad ogni ritorno. Dopo le presentazioni, io e Tiziana (questo il nome della mia promessa sposa) fummo separati e assorbiti dagli oziosi discorsi dei rispettivi parenti.
Riuscii ad allontanarmi per qualche minuto dalla sala principale e andai ad appoggiarmi ad una finestra in un angolo buio di un corridoio laterale. Ero tutto preso ad autocommiserarmi e ripetermi quanto odiassi la mia famiglia che accadde...... La vidi che si avvicinava e ne rimasi pressoché folgorato. Era una donna bellissima. La sua pelle era incredibilmente candida e liscia, i suoi capelli erano del colore del miele e il suo vestito rosso rubino mostrava generosamente un seno estremamente invitante. Era esattamente quello il particolare che attirava il mio sguardo quando lei sarcastica :"Non ancora in sposo e già così concupiscente.... quella ragazza non sa a cosa va incontro!". Parlava con un evidente accento straniero.
Io non sapevo cosa dire, quasi balbettavo, nessuna donna mi aveva mai parlato così (allora eravate molto remissive). Ci pensò lei a fare le presentazioni:
"Sono la principessa Angelica Eulalia de Iriarte e tu sei Jan Verhayden",
"Sono felice di essere nata nel XX sec.!" confessò Marilisa con aria molto seria. "ho le mie idee sulla vita, su come voglio viverla e delle persone di cui voglio circondarmi, se mi avessero fatto sposare un libertino come te e che per giunta non mi amava mi sarei sicuramente suicidata!" Non pensava che le sue parole avrebbero generato una tale reazione.! La macchina si fermò di colpo, lo sguardo di Jan si infuocò d'ira, l'afferrò con le sue bianche mani la scosse fino a farle male, le lunghe unghia le ferirono le braccia e poi lui urlo" Ma cosa credi, che io non abbia sofferto? Tu sei solo una sciocca donnetta viziata del XX sec. ... ed io..."
La sua compagna cominciò ad urlare più forte di lui" Stai zitto, tu non sei altro che uno stupido ragazzotto pieno di soldi che non sa cosa significhi, vivere senza lavoro in questo secolo!" dopo un attimo di quiete, la macchina ripartì. I due erano silenziosi, Marilisa pensava che forse aveva esagerato! che forse la sua era solo gelosia di tutte quelle donne che avevano potuto godere del suo adorato, ma lui era stato così cattivo! decise che non gli avrebbe più parlato.
Ma il vampiro tornato in se riprese "scusa la mia violenza! continuerò la storia così forse mi giudicherai meno crudelmente!" Era la loro prima lite e la ragazza era molto scossa, non lo guardò ma tese l'orecchio con attenzione. "Rimasi pochi minuti con la principessa ma furono sufficienti perché m'innamorassi perdutamente. Sentivo la sua voce nel sonno, vedevo il suo volto in quello delle altre donne, arrivai al giorno del mio matrimonio, pallido e dimagrito come se fossi malato. Avevo saputo che Angelica era la vedova di un parente della mia futura moglie e che era tornata a vivere a Madrid dopo la morte del marito, aveva quarant'anni (anche se ne dimostrava venti), e se avessi sposato Tiziana avrei avuto occasione di rivederla, così ero quasi impaziente di convolare a nozze.
La Basilica di San Marco con le sue cupole d'oro rilucenti al sole, mi diede il buon giorno il 20 agosto del 1659. Entrai dall'arcone centrale con tutto il seguito della mia famiglia e con al fianco la piccola Tiziana, adesso la vedo, nel suo lussuoso abito di seta tempestato di pietre preziose, con i capelli intrecciati di perle, con i suoi piccoli occhi scuri che mi guardavano attraverso il velo pieni di fiducia e speranza,(che spezzai in poche ore), ma quel giorno per me c'era solo Angelica, sapevo che doveva essere a Venezia per il matrimonio, impazzivo di desiderio. Guardavo il pulviscolo d'oro del soffitto della basilica, cercando nel matroneo un viso tanto amato, ma non la vidi. Il giorno trascorse lento e pieno di angoscia, avevo atteso sei mesi, nella certezza che l'avrei rivista, ma lei non c'era! Ogni volta che la mia sposa mi avvicinava io fuggivo, solo adesso vedo la sua tristezza, cominciò già da quel momento a capire che nel mio cuore non c'era posto per lei. Il banchetto fu veramente lungo, trenta pietanze di ogni genere e di varie nazionalità, ma quando ormai il sole era calato e la festa volgeva al termine la vidi!... era seduta lontano da me, e mi fissava sorridendo. Il mio cuore impazzì. Vedevo il suo petto sollevarsi ed abbassarsi sotto la gorgiera inamidata. La volevo, desideravo toccarla, baciarla, amarla, provavo per lei un richiamo sessuale incontrollabile, cominciai a sudare. Ad un tratto mi alzai come ipnotizzato e cercai di andare da lei, ma mio padre mi afferrò per un braccio e disse con voce quasi perversa: "E' ora, devi ritirarti, finalmente potrai assaggiare la carne fresca, le donne che hai avuto fino ad ora non erano pure come la tua Tiziana, va e Ricordati che devi onorare la nostra famiglia.!"
Fu un attimo e non la vidi più, mentre mi spingevano verso l'alcova nuziale, continuai a cercarla, ma non c'era!
Mi ritrovai solo con mia moglie senza accorgermene. Lei mi guardava con occhi dolci ed invitanti, ma io non provavo attrazione, anzi sarei voluto correre via a cercare la mia dama. Ad un tratto la mia sposa parlò, era la prima volta che parlavamo da soli "Scusate la mia audacia mio signore, io sono vostra, so di non essere degna, ma vi prometto che sarò una moglie devota. Genererò figli per voi, sarò la vostra fedele serva e farò di tutto per compiacere i vostri desideri. Ringrazio mio padre di avermi concesso un marito come voi" A queste parole mi scossi, l'avvicinai e le dissi che non sapeva quello che diceva, ma lei mi prese la mano e la poggio sul suo petto acerbo, lo baciai e feci di lei una donna.
Purtroppo anche in quel momento la figura di Angelica mi bruciava nell'anima, tanto che pronunciai il suo nome...! Tiziana, fece finta di niente, sopportò tutto con una forza indescrivibile, era sempre dolce e gentile con me, sorrideva anche quando io la ignoravo, ma non ne ero cosciente, ero stregato, continuavo a dimagrire, non riuscivo a vivere senza la mia principessa, ma non fui io che persi la vita...! una mattina poche settimane prima che compissi 24 anni, vennero a chiamarmi nella mia stanza perché Tiziana non si trovava. Cercammo tutto il palazzo, ed anche fuori. Scesi a vedere nel portico davanti alle gondole... era li. Aveva un pugnale conficcato nel cuore.
Non venne mai chiarito se si fosse trattato di suicidio o di omicidio. Tiziana era una quindicenne senza alcun nemico. Si indagò negli ambienti ostili alla sua famiglia ma non si approdò a nulla di concreto. Alla fine tutti parlarono di suicidio. Dopo quell'evento caddi in un profondo stato di malinconia. In fondo ero quasi affezionato a Tiziana......non mi fraintendere......lei continuava a rappresentare quanto di più lontano si possa immaginare da una innamorata. Però era una persona innocente. In quel covo di vipere che era la sua famiglia (ed anche la mia) era una rarità. Sopportava devota il mio amore per un'altra e a volte sembrava quasi che le dispiacesse per me, arrivò addirittura a consolarmi quando, una notte, la mancanza di Angelica mi pesò oltre ogni sopportazione............Oh !!! ecco, siamo a Casa."
La cancellata si aprì elettronicamente e la Ferrari attraversò il giardino all'italiana andando a fermarsi accanto alla scalinata che portava al portone principale. Di fronte ad esso Jan armeggiò qualche secondo con la serratura, poi, con una spinta che sarebbe parsa leggera, spalancò metà della spessa porta borchiata di legno alta almeno tre metri e mezzo.
Da quanto erano entrati nel giardino nessuno aveva aperto bocca e Marilisa si era perduta nella contemplazione delle sculture di bosso solcate dai vialetti che formavano complesse figure geometriche.
Attraversato il portone si trovarono in un ingresso piuttosto sobrio che dava su un enorme scalone verso il piano superiore. Jan condusse la sua sposa sulla scala e poi verso una gigantesca stanza barocca tappezzata di specchi. Data la mancanza assoluta di arredi, Marilisa risolse che doveva trattarsi del salone delle feste. Oltre quella stanza attraversarono altre salette e in fondo ad un corridoio sbucarono in una sala che Jan le presentò come la sua preferita. Era effettivamente un luogo impressionante. C'erano: sarcofagi egizi, giganteschi bassorilievi babilonesi, armature cinesi, un imponente calendario Maya in pietra e poi maschere funerarie, armi, vasi....
"Il tempo !!!" disse Jan allargando teatralmente le braccia. E dopo una pausa studiata: "Noi siamo legati più di qualsiasi altro essere allo scorrere del tempo. Lo attraversiamo senza curarcene e, proprio per questo, ne siamo i più validi testimoni. Siamo immersi nel mondo ma, a modo nostro, lo osserviamo dall'esterno........ Purtroppo, però, la nostra eternità ha le sue controindicazioni. "Il vampiro parve divenire più cupo. "Si chiamano ricordi. Secoli di persone perdute, amori infiniti (in ogni senso) ma ormai lontanissimi, amici, luoghi, abitudini che non possono più tornare"
Marilisa rimase colpita da quell'inattesa fragilità e si sedette vicino a lui su un sarcofago di pietra scura raffigurante un notabile egiziano. Gli gettò le braccia al collo e rimasero abbracciati per svariati minuti. Lei avrebbe voluto dirgli qualcosa ma sapeva che non c'era nulla che potesse mascherare la verità e per di più, quella verità cominciava a pesare anche su di lei. Anche per lei non sarebbero più tornati tanti volti, la famiglia, i vecchi amici, il gatto, le sue abitudini, persino le piccole cose nella sua stanza.........
All'improvviso lui si staccò da lei e la guardò negli occhi. Marilisa a questo punto stava davvero per parlare ma appena aprì la bocca lui la baciò profondamente e lentamente la stese sul sarcofago. I loro vestiti erano piuttosto ingombranti ma loro non sembrarono curarsene. Lo sapevano entrambi, l'unica cosa che contasse in una vita oscura era la lotta alla solitudine e finché fossero rimasti insieme nulla avrebbe potuto schiacciarli.
Quando ritrovarono un contegno lei lo pregò di continuare il suo racconto. Questa volta, però, lo ascoltava con la consapevolezza di quanto dovesse essere doloroso tuffarsi indietro di tanti secoli e rivivere momenti a volte così penosi.
"Bene.......passarono un paio di mesi in cui il peso per la morte di Tiziana si unì alla mancanza della mia principessa. Furono giorni orribili, se Tiziana si fosse realmente suicidata, io ne sarei l'unico responsabile. Ancora oggi sento quella responsabilità che grava sulla mia coscienza. Allora rischiai di impazzire. Cominciai a frequentare certe bettole nelle zone più malfamate della laguna. Ero quasi sempre ebbro del vino che i mercanti portavano dai vigneti più disparati del Mediterraneo. Inoltre è un miracolo che io non sia morto di sifilide. Fatto sta che, indirettamente fu proprio mio padre che diede la svolta che mi avrebbe fatto uscire da quell'orribile momento.
Mi disse che un grosso carico delle stoffe delle Fiandre riposte nel suo magazzino erano state richieste molto lontano......... A proposito, il magazzino era dove ora sorge la parte più moderna di questo palazzo.
Comunque, meraviglia delle meraviglie, il luogo dove dovevo portare quelle stoffe era il porto di Valencia dal quale poi, via terra, avrei raggiunto Madrid, la destinazione finale. Il primo viaggio interamente sotto la mia responsabilità. Un galeone solo per me. Ma questo era solo l'inizio.
La committente era nientedimeno che la mia Angelica. Era da lei che andavo, mi avrebbe atteso a Valencia per poi proseguire insieme verso Madrid. Uscii trattenendo le lacrime di gioia. Pensavo che mio padre l'avesse fatto per tirarmi fuori dallo stato in cui ero precipitato ma, due settimane dopo, all'atto della partenza, mi confidò che era stata la mia signora a chiedere che fossi io a guidare la spedizione. Partii attraversando il Canal Grande in una mattina di fine gennaio con l'incoscienza degli innamorati che raggiungono il loro personalissimo paradiso.
Non sapevo che sarebbero passati molti anni prima del mio ritorno a Venezia.
Il viaggio non ostante la stagione fu tranquillo, quando arrivai a Valencia mi sentivo rinato, ero migliorato anche fisicamente, avevo ripreso a mangiare, non bevevo più, ed ero felice come avevo dimenticato che si potesse essere. Avevo già visto la Spagna con mio padre, ma questa volta era diverso, la vedevo come il paese più eccitante del mondo, vi avrei incontrato l'amore. Sbarcammo la mattina presto, ma al porto trovammo solo dei servitori della famiglia Iriarte, ci dissero che la signora aveva avuto degli impegni improvvisi e che aveva mandato loro per scortarci fino a Madrid. Fu una vera delusione per me, avevo bisogno di vederla altrimenti sarei morto, così senza concedere riposo ne a me ne al mio seguito partimmo il giorno stesso verso l'interno. Guardavo le immense distese di ulivi, la terra coperta di paglia anche in quella stagione e non desideravo altro che avvistare la grande città. Ci fermammo per la notte in un piccolo villaggio di dieci case, la locanda stranamente era comoda, era stato già tutto pagato dalla principessa. Non chiusi occhio, contavo le ore, i minuti. Aprivo in continuazione le imposte sperando che sorgesse il sole, finalmente partimmo. Quel viaggio mi sembrò il più lungo della mia vita! Finalmente una sera avvistai le luci della città. A quel tempo non era ancora la capitale solo l'anno dopo Filippo II vi si trasferì con la sua corte.
Stranamente ero calmo! la nostra carovana si fermò prima di entrare in città, davanti ad un villino, era buio ma con la luce della luna piena vidi che era a due piani, ed aveva un portale d'ingresso la cui cornice plateresca, arrivava fino al tetto, sentivo lo scorrere dell'acqua, mi guardai intorno e vidi che tra le nere piante alte c'erano delle fontane. "Buona sera signor Verhayden! Spero il viaggio non sia stato molto faticoso, e che la mia dimora vi sembri accogliente!" ebbi una fitta al cuore, era la sua voce, di scatto mi girai, era lei...!
Si avvicinò e mi tese la mano, la sfiorai e la baciai, fu il momento più bello della mia vita mortale. Era incantevole, indossava un abito di broccato verde con ricami dorati, la scollatura profondissima era coperta da una retina di perle e i capelli raccolti sulla nuca sotto un velo di pizzo nero che le scendeva fino alla vita, avrei voluto stringerla, ma riuscì a controllarmi, entrammo nella bellissima casa baroccheggiante, mi condusse in una stanza con un camino alto fino al soffitto, nella quale era imbandita una tavola. Eravamo soli "questa cena è per voi, ho atteso con molta impazienza il vostro arrivo, spero vi fermerete a Madrid per qualche settimana!...."
Sentirono il rintocco dell'orologio a pendolo, erano le sei, era ora di andare. Erano ancora seduti sul sarcofago. Marilisa si alzò e disse, "continueremo un'altra volta penso che non ci mancherà il tempo". Mano nella mano si avviarono verso la buia scaletta che li conduceva alla cripta. Anche quella notte entrarono nello stesso sarcofago. Si strinsero come la mattina precedente e su di loro scese il sonno.

 

Uno scoppiettio, puzza di fumo, la vampira spalancò gli occhi, ma vide la solita piazza piena di gente. Non poteva muoversi era legata, ad un palo, e nessuno si avvicinava per aiutarla, e lei stava per essere raggiunta dal fuoco. Provava un terrore incontenibile e cominciò ad urlare. Sentì un boato si scosse e vide Jan fuori dal sarcofago "che hai perché urli?" Lei si buttò tra le sue braccia e disse "stavano per bruciarmi...! Ho tanta paura!" Lui cambiò espressione e le disse "è solo un incubo! Non temere nessuno potrà bruciarci perché nessuno sa dell'esistenza di questa cripta e non sei una strega medioevale, sai nel passato molte donne ed anche qualche uomo, furono arsi vivi sui roghi dalla Santa inquisizione?" Marilisa spalancò gli occhi, si toccò il viso "ma io sognavo proprio...!" Lui continuò "non pensarci abbiamo un'altra bellissima notte da vivere! Ma prima voglio raccontarti una cosa: quando ero piccolo, avevo meno di tredici anni, durante il mio primo vero viaggio con mio padre, mi trovai ad assistere ad un'esecuzione capitale per stregoneria. E' stato terribile! Ero in un villaggio sulla costa inglese che avevamo raggiunto salpando dal Belgio. Ricordo che mi trovavo in una piccola piazza piena di gente cenciosa, ed al centro c'era una montagna di legna con un lungo palo, non capivo cosa sarebbe successo. Sai Venezia è sempre stata una repubblica e certe cose non erano di casa. Ad un tratto arrivò un carro, sul quale c'era una giovane fanciulla che avevo avuto occasione di conoscere nei pochi giorni che trascorsi al villaggio. Aveva lunghi capelli ramati, era stata molto bella prima che le torture l'avessero ridotta in quello stato, seppi che era stata accusata di stregoneria e sarebbe stata bruciata, li davanti a me. Ebbi come un impulso di correre a salvarla, incrociai i suoi occhi, erano scuri tristi, ma bellissimi, per la prima volta nella mia vita provai terrore. La fecero salire sulla pira e la legarono. Corsi verso di lei, ma mio padre mi fermò dicendo che non potevo aiutarla, anche se secondo lui era innocente. Ero in preda all'ira come potevano ucciderla in quel modo atroce, era così... dolce ed indifesa!... Appiccarono il fuoco, vidi i suoi occhi fissarmi terrorizzati fino a quando le fiamme non furono più alte di lei, mi sarei gettato nel fuoco per quella ragazza, se non avessi avuto il forte braccio di mio padre a trattenermi. Piansi per ore, fu l'unica volta che piansi in quel modo. Per anni ogni notte prima di dormire pregavo per lei, e vedevo i suoi occhi terrorizzati, forse in un modo particolare fu l'unica volta che amai da mortale una mortale. Quella ragazza aveva solo sedici anni!
Quando qualche minuto fa ho aperto il sarcofago tu avevi quello sguardo! Ti prego, dormi serena io veglierò su di te, non ho potuto salvare lei, ma darò tutta le felicità e la sicurezza che posso a te!"
Marilisa lo abbraccio e disse "Ti amo", dopo essersi baciati, Jan l'accompagnò nella sala ottagonale per decidere cosa fare della notte.
Salirono insieme fino alla stanza in questione e lì Marilisa poté scegliersi dei vestiti contemporanei per confondersi nella folla dei mortali. Jan notò il suo dispiacere nel dover abbandonare gli abiti settecenteschi così le promise che le avrebbe regalato tutti i vestiti che avrebbe desiderato. Dopo aver atteso che lei si provasse una mezza dozzina di antichi abiti conservati nell'armadio si decisero ad uscire. Dovevano dare l'impressione di una coppia di giovani mortali benestanti. Jan indossava un paio di jeans, un maglione grigio e una giacca di pelle nera. Lei di contro era avvolta in un lungo cappotto nero e teneva i suoi riccioli scuri in libertà. Una coppia di giovani mortali benestanti......un po' pallidi, ma passabili. Anche i loro discorsi sembrarono quelli di due mortali. Scoprirono sorprendentemente di avere gli stessi gusti musicali. Per tutto il tragitto fino a Venezia la radio della Ferrari suonò un vecchio album dei Depeche Mode. Dopo aver lasciato l'auto a Piazzale Roma si addentrarono nelle viuzze del sestiere San Polo. Il Carnevale era finito e, senza troppi turisti riuscirono a godersi Venezia, arrivarono fino al Canal Grande e sostarono nei pressi del Ponte di Rialto divertendosi ad ascoltare gli oziosi discorsi dei passanti. Quando passavano degli stranieri di cui lei non conosceva la lingua lui pensava a tradurre. Passarono varie ore a ridere delle assurdità della mente umana ma c'era qualcosa che non andava in Marilisa.
Jan lo sapeva e quando passarono due milanesi parlando della cena, lui colse la palla al balzo. "E tu dove vuoi andare a cena?" chiese senza mutare il tono scherzoso della conversazione. Lei sembrò quasi vergognarsi della sua Sete ma lui la rassicurò: "Tutti i giovani hanno una Sete pressoché incontrollabile. Bene, in qualità di tuo ospite, stasera offrirò io."E dicendo questo la prese per mano e la condusse oltre Piazza San Marco, verso il quartiere di Castello. Era una zona meno frequentata e non ebbero difficoltà ad incontrare due turisti polacchi che bighellonavano senza meta per delle calli deserte. Jan si offrì di dar loro indicazioni e usò la sua conoscenza di alcune semplici espressioni polacche per conquistarsi la loro fiducia. Così finirono per accompagnarli verso la Riva degli Schiavoni........almeno così pensavano i due sventurati. Finirono in un vicolo buio tra due palazzi senza finestre su quel lato e finirono lì anche la loro esistenza. Dopo essersi nutriti, Jan legò insieme i due corpi e i loro bagagli per appesantirli e li immerse silenziosamente in un canale in cui svanirono. Marilisa sembrava ancora scossa dall'uccisione e Jan dovette stringerla forte a sé mentre si dirigevano a passo spedito verso San Marco. Quando si trovarono di fronte alla cattedrale lei si scosse e carezzando dolcemente la guancia gelida del suo compagno: "Il luogo del tuo matrimonio". Lui gettò una occhiata al portale e annuendo la spinse via. Lei lo credette adirato e si scusò goffamente. Lui non vi badò e continuò a guidarla verso calli sempre più deserte. Arrivarono a Dorsoduro e lì raggiunsero un luogo da cui potevano ammirare in tutta tranquillità l'isola della Giudecca. Si sedettero sulla scalinata di un vecchio palazzo abbandonato e mentre lei si chiedeva se lui fosse davvero arrabbiato, questi riprese a parlare:
"Una volta giunti a Madrid il ricordo della povera Tiziana divenne talmente sfumato che lentamente sparì........ Lo so, non è molto onorevole ma ero innamorato e all'amore si perdonano anche le peggiori atrocità. Tanto più se il sentimento nasce in un animo inesperto a queste emozioni ed è talmente forte da sembrare una malia. Naturalmente accettai l'invito di Angelica a restare da lei e così mandai la mia nave a Venezia con un messaggio a mio padre che certo lo avrà reso furioso. Ma della sua collera non mi importava, come non mi importava del resto del mondo. Angelica mi lasciò rimanere in quella casa mentre lei durante il giorno sbrigava i suoi affari in città. Ogni sera poi veniva da me dopo il pranzo che preparavano due servitrici sempre al mio servizio. Mi sentivo in paradiso. Attendevo ogni sera l'arrivo della mia principessa e se tardava anche solo di qualche minuto venivo preso dal panico e la gioia alla sua vista era ancora maggiore. Di solito restavamo di fronte al camino acceso senza smettere mai di parlare. Scoprii che non era solo la donna più desiderabile del mondo ma anche una fine conversatrice. Mai nessuna donna mi era parsa tanto interessante. Questo naturalmente non vuol dire che riuscissi a distogliere lo sguardo dal suo corpo, dal suo viso e da quei suoi capelli in cui avrei tanto desiderato affondare il viso. Lei se ne accorgeva ma faceva finta di non notare nemmeno il rossore che esplodeva sul mio viso ogni volta che venivo scoperto. Ogni tanto andavamo in città assieme. Tutto pareva un enorme cantiere in preparazione del trasferimento della corte. Lei mi mostrava le costruzioni grandiose e mi spiegava i ritmi e le abitudini della vita spagnola.
Purtroppo dopo oltre un mese in casa sua non ero più riuscito a baciarle neanche la mano, quella magia tra noi due che si era creata la mia prima notte a Madrid aveva lasciato il posto ad una forma di complicità che sembrava non lasciare spazio alle mie speranze. Parlavamo e ci raccontavamo dei nostri viaggi, delle impressioni e delle avventure vissute in giro per tutti i mari che bagnano l'Europa.
Una notte di metà marzo però il destino sembrò divertirsi a sconvolgere le mie aspettative e soprattutto la mia natura. Angelica venne a prendermi per andare ad una festa, di cui non volle dirmi nulla, su uno splendido carro trainato da quattro cavalli. Io la attesi con in dosso il mio abito blu notte, il più pregiato, ero coperto dei tessuti più preziosi che si potessero immaginare. Ma quando vidi lei........!!!!!!! Se possibile era ancor più bella del solito. Indossava un abito rosso bordeaux che sottolineava le sue forme e teneva i capelli raccolti che lasciavano uscire due ciocche rosse. Era un sogno. La sua sensualità mi stordiva. Passai il viaggio ad ammirarla senza curarmi della possibilità di fare brutte figure quando ad un tratto: "Questo giovane veneziano non riesce a distogliere il suo sguardo da una donna come se non ne avesse mai vista una." Io trasalii ma prima che potessi scusarmi lei scoppiò in una risata fragorosa che non avevo mai visto sul suo viso....... Dio !!!! mi sembra di vederla, era abbagliante tanto la desideravo. Si sporse verso di me e io, quasi spaventato, affondai nel sedile. Mi poggiò una mano sul ginocchio ed io stavo per saltarle addosso perdendo ogni contegno. "Ha paura di me? Lei ha paura. Cosa pensa che possa farle io, una donna?" e mi strinse la gamba con una mano incredibilmente ferma. Ci guardammo negli occhi. Dovevo dirglielo, se non altro mi avrebbe evitato di saltarle addosso. Presi fiato e.........
"Eccoci finalmente! Siamo arrivati" Lei si allontanò e si affrettò a scendere. Io restai un istante a bocca aperta e poi la seguii. Entrammo in un antico bastione di difesa costruito almeno quattro secoli prima per difendersi dai saraceni. Alcuni servitori ci condussero per dei corridoi bui e poi per delle scale che salivano e scendevano apparentemente senza senso. Non avevo idea neppure se ci trovassimo in una torre o in una segreta quando uscimmo in un salone immenso privo di finestre ed ingombro di elegantissime presenze femminili e maschili. Angelica mi presentò a una dozzina di signori e di elegantissime dame tutti estremamente affabili. Io presi a discutere con due ragazze molto graziose che conoscevano la mia lingua. Erano molto spigliate ma sempre estremamente raffinate. Lentamente ma percettibilmente l'atmosfera diventava più informale e vari gruppi di ospiti si erano accomodati sui cuscini e sui divani sparsi in giro. Molti amoreggiavano in tutta libertà e io mi sentivo a disagio. Cominciai a cercare Angelica ma mentre mi guardavo attorno le mie due "compagne" mi presero alla sprovvista e mi gettarono ridendo su un divano. Mi trovai steso con loro due che mi baciavano e accarezzavano e si dimenavano su di me. Era un disastro !! E se mi avesse visto Angelica? Ma fu proprio lei che si avvicinò al nostro terzetto e baciò profondamente tutti e tre. "Io voglio stare con te Angelica! Io ti voglio !!!" Lei sorrise e avvicinò il suo volto al mio quasi facendo toccare i nostri nasi. "Anche io voglio te. Tu sarai mio. Ma non stanotte. Ora non deludere le tue amiche e neppure me." Poi si allontanò e io mi accorsi che tutta la sala era pervasa da una assurda euforia sessuale. Mi adeguai e godetti delle virtù di Ines dalle forme giunoniche e di Djamila, alta quasi più di me e con gambe lunghissime. Facemmo l'amore per ore e quando cademmo stremati riapparve Angelica. Era completamente nuda e recava in mano un calice di vino. Venne verso di me che quasi svenivo a quella visione e mi porse il calice dicendo che presto avrei potuto godere di lei ma che ora dovevo riprendermi. Appena terminai il mio vino sentii un improvviso torpore e feci appena in tempo a realizzare che dovevo essere stato drogato che caddi addormentato. Una cosa mi restò impressa però, un urlo di donna che accompagnò il momento in cui persi definitivamente conoscenza."
"Ma è tardi ! Meglio andare, dobbiamo attraversare tutta la città".
Si alzarono e si avviarono verso la nera automobile.
"Dicono tutti che noi giovani non abbiamo più principi, che siamo dei viziosi e che una volta era tutto diverso! Si era diverso, era molto peggio! Sai se fossi ancora un'umana avrei repulsione per te e per la tua vita così...dissipata e perversa! Anche io ho assaporato il piacere del corpo, ma ho anche amato, questo mi fa credere che quello che provavi tu era solo desiderio sessuale, tu non hai mai provato un vero sentimento d'amore, la tua era solo ossessione! Questo è molto triste. La tua Angelica era un Vampiro, non sbaglio vero? e ti aveva condotto in un covo di streghe!
In Spagna l'inquisizione era terribile, sei stato fortunato che non vi abbiano bruciato! ...oppure?"
Jan non rispondeva, era serio, quasi triste! Marilisa decise di non torturarlo oltre. Arrivarono alla macchina e ripartirono, accesero la radio, "lascia c'è il giornaleradio, voglio sapere come va il mondo adesso che lo vivo in modo così diverso.

Ho il terrore che scoprano i cadaveri e ci..." ma Mentre Marilisa parlava udì una notizia che la riguardava. "..... confine con la Germania il corpo era ricoperto di sangue, questa sera è stato identificato, è una donna di 60 anni AnnaMaria Castellammare, viaggiava con il marito del quale non si sono trovate tracce, se non di sangue...." Marilisa urlò "Fermati. Oh Dio! Sono i miei genitori! Non è possibile....Dobbiamo andare li... Devo vedere, sapere..." cominciò a tremare. Il ragazzo non sapeva che fare, "Calmati" disse "non puoi fare niente, tu sei morta come lei! Forse è andata meglio così!" Lo guardò piena di odio" Tu sei un mostro! Come puoi dire questo, i miei genitori! Io li amo come nessun altro... Sei pazzo! avevo ragione, non hai mai amato, non hai mai provato nessun tipo di amore...Ti odio...!".
Aprì la portiera e corse via, le lacrime la soffocavano, correva non sapeva verso dove, voleva solo fuggire dal dolore che provava, sua madre era morta!... morta! non riusciva a pensare ad altro e suo padre!? Il suo adorato papà! Inciampò, cadde, non riuscì ad alzarsi, rimase stesa sull'erba profumata di rugiada del mattino continuando a piangere, voleva morire, era sola! sola con un compagno che amava e odiava.
"Vieni dobbiamo andare, tra pochi minuti sorgerà il sole!" Jan la sollevò tra le sue braccia, la depose delicatamente in macchina e ripartì!" Domani ti porterò a casa se vuoi, ma sappi che io non sono crudele come credi, secoli di vita notturna mi hanno reso freddo e calcolatore, ma ho amato e so amare, perché credi che tu sia qui vicino a me?... Io ho bisogno di te, da mesi vivo per te e non saprei come fare se tu volessi lasciarmi! Non desidero solamente possedere il tuo corpo, bramo la tua presenza, compiacermi della tua voce, ascoltare i tuoi pensieri...!"
Erano davanti al cancello automatico. Il cielo cominciava a schiarirsi, dovevano fare in fretta. La vampira non parlava più, non piangeva più, era come una statua di porcellana. Jan la prese di nuovo tra le braccia, attraversò le stanze velocemente verso la cripta. "vuoi ancora che io riposi con te nel tuo sarcofago?" La ragazza annuì con il capo e tirarono sopra di loro il coperchio intarsiato.

 

Quando il sole tramontò, di nuovo intorno a Marilisa si sollevarono le fiamme, ma questa volta si svegliò senza urlare e senza terrore, era come atrofizzata. Era sola, Jan si svegliava sempre prima di lei. Fece scivolare il coperchio, uscì e cominciò a pensare: aveva avuto delle premonizioni, aveva visto i suoi pieni di sangue, allora anche lei sarebbe morta. Vedeva il rogo, come aveva visto loro. Forse questo era uno dei suoi poteri di vampira! Avrebbe voluto chiedere a Jan ma dopo la sera prima non ne aveva il coraggio.
Salì le scalette consumate fino alla stanza ottagonale, non aveva "fame". Aprì l'armadio indossò l'abito nero della prima sera e si sdraiò sul divano fissando il soffitto. Il dolore era svanito, aveva sempre pensato che alla morte dei suoi genitori, sarebbe impazzita, ma adesso! Lei era una creatura degli inferi, e forse era stato meglio che i suoi non l'avessero saputo, ma non dovevano morire! Non li avrebbe più visti, è questa volta era definitiva la loro separazione. Non sapeva cosa fare e neanche cosa pensare.
Si sentirono girare i cardini dell'antica porta, Jan entrò con una rosa rossa in una mano. La depose sul grembo della ragazza e disse "Vuoi tornare a casa?" Lei rispose di no, gli buttò le braccia al collo e pianse amaramente per molto tempo.
Quella sera non volle uscire e ripeteva in continuazione che l'avrebbero bruciata.
La sera seguente Marilisa appariva veramente pallida e magra, era la figura di uno spettro, doveva nutrirsi! Si recò nella stanza ottagonale, indossò il lungo cappotto nero e salì in macchina con il suo compagno.
Era di nuovo tranquilla, aveva capito che era Jan il suo futuro, proprio come lui le aveva detto la prima sera, e doveva vivere, doveva liberarsi dai legami con la sua esistenza passata.
Voleva sapere tutta la storia del suo compagno, forse l'avrebbe aiutata ad imparare qualche cosa sulla sua nuova vita da immortale e a combattere contro le sue visioni.
La fame era più forte della prima sera, si fermarono quasi subito in un accampamento di nomadi. "Voglio cenare da sola" e si allontanò con uno scatto felino. In realtà aveva timore della sua immensa sete e si vergognava dello spettacolo che avrebbe offerto, non pensò che il suo amico era l'unico che poteva capirla. Si avvicinò ad una roulotte e bussò alla porta. Aprì una grassa signora coperta di gioielli, disse qualche cosa in una strana lingua, e la fece entrare. Era sola con due bambini che dormivano in un angolo.
La vampira le carezzò il viso grasso poi con un sorriso si avvicinò per abbracciarla, e i canini s'immersero nel grosso collo. Il viso di Marilisa, in un attimo tornò bello e lumino, ma la sete non era placata. Come in preda ad un estasi incontrollabile, fece scivolare il cadavere sul pavimento e si gettò sui bambini, succhiando la loro vita come un ghiacciolo in piena estate.
Sedette pochi minuti contemplando i tre corpi sazia ed appagata, non poteva lasciarli li! Doveva imparare e liberarsene, quale compito più semplice! Aprì la bombola del gas e mentre si chiudeva la porta alle spalle gettò un fiammifero acceso sul tappetino d'ingresso.
Non si voltò quando sentì l'esplosione. Pensò solo ad allontanarsi e a non lasciare tracce del suo operato. Jan stesso rimase stupito dall'abilità nella caccia della sua amica. Era una creatura meravigliosa, meravigliosa e terribile. Una perfetta compagna.
Tutto era stato piuttosto rapido e quando furono a distanza di sicurezza dal luogo del "pasto" non era ancora mezzanotte. Entrambi sembravano persi nei propri pensieri e Jan propose di andare a chiacchierare in un luogo tranquillo. Marilisa acconsentì e si diressero verso l'interno. Presero l'autostrada e in un'ora arrivarono a Sirmione.
Mentre Jan la conduceva per mano lungo la passeggiata che costeggiava il lago non incontrarono nessuno e lui incominciò a parlarle: "Mi dispiace per quel che è successo alla tua famiglia. Non sono insensibile come dici. Vorrei essere in grado di darti la felicità ma so che questo non è solo un mio potere. Devi superare le difficoltà della tua nuova vita e allontanarti da quella passata fino a tagliare qualsiasi contatto.......lo so, è doloroso ma non c'è alcuna scelta"
Marilisa teneva gli occhi bassi e aveva una espressione immensamente triste. Jan sembrava soffrire della sua impotenza nel contrastare le pene dell'amata. Probabilmente ad un altro vampiro sarebbe parsa lei il non morto più antico e lui il novizio. Arrivati alle Grotte di Catullo, un complesso di ville, terme e negozi romani del I secolo a.C., scavalcarono abilmente le recinzioni e si sedettero su delle rovine da cui si vedeva il lago. In un'altra occasione questo avrebbe acceso la curiosità della vampira ma altri problemi premevano su di lei. Fu ancora lui a parlare: "Mi dispiace doverti parlare di queste cose...forse ti sembrerò ancora più insensibile....devi seppellire tua madre e poi sparire dalla vita dei mortali. E' una situazione molto complessa ma con l'aiuto di un legale dovremmo riuscire a tenere il funerale con l'oscurità e a sbrigare tutte le formalità senza apparire durante il giorno: di questo posso occuparmi io ma tu devi fare qualche telefonata e comportarti come se non mi avessi mai incontrato". Detto questo si voltò verso destra e fissò la massa oscura del lago e le luci dei paesi sulla costa.
Marilisa non parlò subito, attese un paio di minuti che le erano necessari per ordinare i pensieri poi: "Non ho scelta, lo so. Tu però devi aiutarmi a......vivere la mia nuova esistenza. Sei il mio creatore e sento che sei sincero quando dici di volere il mio bene. Non mi dispiace di essere diventata quel che sono e mi affido a te per superare questo momento".
Jan si stupì della lucidità ma soprattutto della fiducia di Marilisa e non poté evitare di stringerla forte e di affondare il volto nei suoi capelli. Restarono così per alcuni minuti dopodiché raggiunsero una cabina telefonica e Jan chiamò qualcuno a cui affidò l'organizzazione di tutto ciò che serviva a permettere alla sua compagna di non destare alcun sospetto. Uscendo dalla cabina disse a Marilisa che quasi tutto era sistemato. Lei se ne stupì e lui si affrettò a spiegarle che vivendo per secoli si imparavano certi trucchi e si creavano contatti molto molto utili.
Tornarono sui loro passi e alle cinque circa furono al palazzo. Durante il viaggio e prima di tornare nel sarcofago Jan le ricordò che loro non erano gli unici vampiri del mondo e le spiegò che negli anni accadeva spesso che ci si scambiassero favori o informazioni. Lei era molto incuriosita ma l'alba pose fine alla discussione. Mentre scendevano nella stanza del sarcofago lui le disse che i contatti con altri della loro specie erano a volte simili a quelli tra umani, quasi assimilabili all'amicizia, altre volte erano ostili e ci si odiava come solo chi vive per secoli può odiare.
Anche se questi tragici eventi avevano frenato la curiosità e lo spirito di Marilisa, niente impedì alla sua mente di produrre le solite strane immagini! Poco prima che il sole tramontasse, lei cominciò a vedere la piazza del rogo. Tutto era più nitido del solito, il fuoco era spento, ma era ugualmente preda del terrore, non riusciva a muovere le mani e i piedi legati al palo, vedeva distintamente le persone, una ad una. Le case, i vetri piombati delle finestre rotte ed i tetti con le tegole mal messe, era un paese molto povero! Ma tra la folla spiccava un gruppo di gentiluomini elegantissimi, tutti avevano la gorgiera inamidata tipica del seicento, ma in un istante le fiamme furono alte...! Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, tanto che il coperchio della tomba ebbe un tremito. Si svegliò... era sera.

 

 

 

Jan già sveglio, era li vicino a lei con i suoi jeans e la sua giacca di pelle "Sono quasi le sette dobbiamo andare, domani sera ci sarà il funerale, e prima dell'alba dovremo essere a Pescara!"
La ragazza si alzò "Ho fatto di nuovo quel brutto sogno, ne dobbiamo parlare, prima o poi! ho bisogno di sapere alcune cose!" Attraversarono il corridoio buio e salirono fino alla stanza di Marilisa. Lei indossò dei pantaloni neri ed un golfino di lana grigio, si guardò allo specchio! Era un'umana, se non fosse stato per pochi particolari, neanche lei avrebbe detto che era un ...cadavere...!
Scesero nella camera di Jan da dove si vedeva il mare, sedettero sul lettone a baldacchino e Marilisa piena di timore sollevò la cornetta del telefono di legno d'inizio secolo che gli porse il suo amore. Compose un numero fissando il suo compagno che disse "Non puoi evitarlo, devi avvisare che stai tornando!"
Quella telefonata fu veloce, ma dolorosa! Era come se si fosse infilata un pugnale nel cuore e lo girasse senza pietà! Poi finalmente chiamò la sua amica Elena. Sapeva che avrebbe dovuto farlo prima! La trovò disperata ...! Quella ragazza, oltre al suo gatto sarebbe stata la prima a mancarle nella sua nuova vita!
In pochi minuti infilò un caldo piumino nero e furono sull'automobile, come una freccia verso la sua città. Jan le prese la mano "Vedrai andrà tutto bene non avere paura, il mio legale è una persona fidata, e poi abbiamo già un posto sicuro dove dormire!" Marilisa avvicinò la sua testa a quella dell'altro vampiro e con le labbra gli sfiorò la guancia. "Mio adorato, come è cominciato tutto questo? Cosa ti è successo a Madrid?"
"D'accordo....allora dov'ero rimasto?.....Già...il risveglio dopo la festa. Mi svegliai nel mio letto nel palazzo di Angelica fuori Madrid. Il sole era già alto ed io ero spossato e confuso. Avevo inddosso la mia veste da notte e tutto avrebbe fatto pensare ad un risveglio come gli altri. Pensai addirittura di aver sognato i fatti della notte precedente, altrimenti come avrei fatto a svegliarmi nel mio letto? Pensandoci bene però scartai questa ipotesi. Non era poi così strano essere stato portato a casa da qualcuno mentre ero sotto l'effetto di qualche droga. Un sogno non mi avrebbe fatto svegliare ben oltre mezzogiorno. Mi sentivo preso in giro. Il mio grande amore si era presa gioco di me e si era divertita ad osservare le mie reazioni di fronte a quella situazione tanto assurda. Ero furioso. Più ripensavo all'accaduto e più montava in me la rabbia. Non ero un bambino né tantomeno uno sprovveduto. Non doveva assolutamente trattarmi a quel modo. In preda all'ira, non attesi il suo consueto arrivo serale ma presi un cavallo e mi lanciai verso il suo palazzo in città. Le avrei parlato chiaro. L'amavo, evidentemente lo sapeva, e non doveva trattarmi così. Cavalcai per circa un'ora e arrivai da lei poco prima del tramonto. Il suo palazzo era nei pressi della Plaza Mayor e passando di lì notai una grande agitazione e una continua affluenza di dignitari e popolani che non sapevo spiegarmi. Non vi badai più di tanto e proseguii fino al portone del palazzo. All'ingresso affidai il mio cavallo ai domestici e nonostante loro volessero impedirmelo, salii di corsa l'imponente scalinata e mi misi a cercare Angelica. Attraversai molteplici stanze senza trovarne traccia. Ora era sceso il buio ed io ero talmente esasperato che, in preda ad un eccesso di ira presi una statuetta da un tavolo e mi apprestai a sbatterla contro il muro. Fu allora che lei apparve alle mie spalle. Dapprima sentii la sua voce: "Non mi aspettavo un atteggiamento tanto scortese da parte sua signor Verhayden. Dicono che voi veneziani brilliate per raffinatezza ed invece......." . Lentamente poggiai la statuetta e mi voltai. Poi non resistetti più ed esplosi: "Strega !!!! come avete osato prendervi gioco di me!?!? Eravate a conoscenza dei miei sentimenti verso di voi e mi avete coinvolto in quella.......cosa dell'altra notte. Vi siete divertita alle mie spalle e mi avete costretto a prender parte ad un rito di stregoneria. Ho sentito delle urla di donna. Voi........ Se.....se non vi amassi mi augurerei di vedervi bruciare!!!!!" Ero un fiume in piena ma lei mi interruppe, eccome se lo fece. Mi colpì in pieno viso scagliandomi al suolo quasi privo di sensi. Me la trovai subito addosso con il viso deturpato dalla rabbia. "Tu!!!! Stupido ragazzino!!! potrei ucciderti ora e punirti per la tua insolenza ma soprattutto per la tua stupidità!!!!!" Intanto mi serrava la gola con una stretta così possente che ero completamente in sua balìa. Mi accorsi allora che ero innamorato di una creatura che non aveva quasi più nulla di umano."
Ero disperato. Scoppiai a piangere e lei mi gettò al suolo dandomi del codardo. Ormai il mio senno stava vacillando. In ginocchio, ai suoi piedi, feci un ultimo sforzo. Smisi di singhiozzare e la guardai negli occhi. "Chi sei? Non mi interessa morire! Ormai hai distrutto i miei sogni! Voglio solo sapere per quale diabolica creatura il mio cuore continua a battere. Neanche ora mi riesce di smettere di amarti maledetta creatura del demonio!!!!!!" Detto questo caddi all'indietro con la schiena contro il muro e rimasi a fissarla aspettando che mi strappasse la vita come mi aveva strappato il cuore........Hai capito bene mia cara Marilisa.......quello che avevo detto era vero, ero ancora perdutamente innamorato di Angelica.
Lei reagì alle mie parole come non mi sarei mai aspettato. Il suo viso tornò tranquillo, mi parve addirittura triste. Poi si avvicinò a me e con un sorriso impertinente mi sussurrò: "Sei un giovane piuttosto volubile ma a me le persone passionali piacciono e non mi ero sbagliata sul tuo conto. Forse dovresti vivere ancora un po'." Mi aiutò ad alzarmi. Ero come un automa e la seguii giù per le scale senza fiatare. Mi condusse fuori, verso la Plaza Mayor. Solo allora notai le sue vesti ancor più ricche del solito. C'era una enorme agitazione nella piazza. Erano state montate delle tribune su tutti i lati e al centro trovavano posto degli scranni. Alcuni gendarmi, vedendoci, ci fecero strada verso dei posti rivestiti di velluto rosso sul palco che evidentemente erano riservati alla nobiltà.
Solo all'arrivo di alcuni alti prelati che presero posto al centro della piazza nel silenzio provocato dal loro passaggio, io capii. Era l'Inquisizione. Un processo di quelli detti auto-da-fè. Ma perché Angelica mi aveva portato lì? Ben presto fu lei stessa a dirmelo:
"Ora vedrai cosa significa essere bruciati sul rogo. Riconosci l'uomo che entra nella piazza?" Lo riconobbi immediatamente. era uno degli ospiti della festa .
"Si chiama Francisco Manzanares e la sua unica colpa è lottare contro l'oscurantismo di questi tempi."
"Ma tu sei sul serio un......una creatura......."
"Sono un VAMPIRO, una LAMIA, come le chiamate voi?"
Ma ecco le luci della città, i grandi alberghi di Montesilvano! Per Marilisa erano così famigliari! In alcuni momenti durante quei pochi giorni, aveva pensato che non avrebbe mai più rivisto quei posti! Era a casa! Ma quella era ancora casa sua?
Uscirono al casello dell'autostrada a Pescara Nord, erano entrambi ammutoliti, la tensione saliva! Jan imboccò la strada della riviera. Il mare era mosso, la bianca spuma copriva gli scogli, ma il cielo era sereno, "Ho fame!" disse Marilisa. "Che ne dici di banchettare nella mia città?" Il suo compagno fu quasi sconvolto da quella frase, non riusciva a capire la freddezza della vampira, alcune volte aveva quasi paura dell'espressione diabolica che le compariva sul viso, sembrava come posseduta dall'odio! Quando era una mortale l'aveva seguita, l'aveva molto desiderata, ma aveva impiegato mesi per prenderla, perché si chiedeva se una fanciulla sensibile come lei, potesse sopportare l'idea di vivere uccidendo! Invece...!
Marilisa non capì come, ma udì nella sua mente queste riflessioni, sorrise, lo guardò e disse " Noi non siamo peggio degli umani, loro allevano amorevolmente intere greggi, ma con inganno, perché prendono i loro piccoli figli e li mangiano! Noi invece uccidiamo come Dio, lo dicesti tu ricordi!" Il ragazzo rispose che ormai era solo un suo servo e che tutto ciò che lei desiderava sarebbe stato fatto. La ragazza continuò "Guarda che squallore! Una spiaggia così bella piena di povere ragazze costrette a prostituirsi, che ne dici di nutrirci dei loro carnefici?". Fermarono la macchina vicino ad una giovinetta sui diciassette anni, era carina anche se cicciottella, aspettarono che qualche malcapitato la facesse salire e li seguirono fino alla pineta dove si fermarono. Neanche il tempo che l'uomo grasso sulla cinquantina, realizzasse quello che succedeva, fu afferrato per la gola e divenne il pasto di due "Angeli neri" che lasciarono fuggire la ragazza, la quale per tanto terrore e velocità non li vide neanche!.
Gettato il cadavere nel fiume, erano appena le tre del mattino, avevano ancora del tempo, Marilisa ormai sazia e lucida chiese al suo compagno di portarla a casa, sentiva il bisogno di andare, ora che i suoi non c'erano più, quell'appartamento sarebbe rimasto vuoto, e prima che altri vi entrassero, voleva prendere degli oggetti, ma c'era una cosa in particolare che da qualche ora la impensieriva: la sua dolce Micia!
In meno di cinque minuti, infilava la chiave alla serratura. Era come se mancasse da decenni! Dopo che lei era andata via, solo la donna che si occupava del gatto era entrata, tutto era al suo posto... anche Micia. Il cuore gli scoppiava di gioia! Era lì! Si avvicinò per accarezzarla, ma la gatta si rizzò sulle zampe e con un miagolio lamentoso si nascose sotto il mobile della TV. "Perché, scappi sono io! Io che tanto ti amo!" Jan le poggiò una mano sulla spalla e le disse " Sente che non sei più tu... sei un vampiro!" La ragazza, come se d'un tratto aprisse gli occhi cominciò a piangere "No! non è possibile lei deve venire con noi, non posso lasciarla qui!" Si inginocchiò per terra e continuando a singhiozzare infilò la mano sotto il mobile. Finalmente riuscì ad afferrare il gatto, lo strinse al petto. Il povero animaletto tremava, Marilisa sentiva il suo cuoricino impazzito, e vedeva i suoi occhi gialli fissarla impauriti. Ma forse l'amore è più forte dell'istinto! Micia dopo pochi minuti smise di tremare e come faceva da anni, con la sua padroncina, le leccò la mano.
Un singhiozzo di gioia fermò le lacrime, in quel momento Jan disse "Dobbiamo andare!". Marilisa, continuando a stringere il gatto con un braccio, prese un borsone da un mobile dell'ingresso e correndo per casa vi infilò delle foto, qualche oggetto, pochi indumenti, le scatolette del cibo del suo gatto nero ed imboccò la porta, girandosi un attimo a guardare quelle stanze in cui era cresciuta e che non avrebbe mai più attraversato. Vide i volti dei suoi cari e un dolore incontenibile sembrò spaccarle il cuore in mille pezzi! Il suo fedele amico la spinse in macchina. La ragazza aveva gli occhi pieni di lacrime non vide la strada, si ritrovò davanti ad una villetta tra i colli di Pescara e Spoltore che non aveva mai notata, entrarono. Jan aprì una botola nel pavimento della sala da pranzo, scesero dopo aver lasciato Micia a regnare nella casa e a godere di un ricco pasto. In quella specie di cantina c'erano due bare, "E' questo il nostro letto!" il ragazzo sorrise e sollevò uno dei coperchi. Le stelle sparirono e diedero il posto ad uno splendido sole.

 

 

 

Quando tramontò Marilisa ebbe delle nuove visioni: una vecchia cenciosa e maleodorante che le carezzava la mano, il suo sorriso era dolcissimo, mentre anche lei stava per sorridere si sollevarono le fiamme che inghiottirono l'anziana donna.
In quell'istante la ragazza sentì una mano stringerle il braccio, aprì gli occhi, era il suo compagno che le diceva "Dai devi svegliarti! Dobbiamo correre al funerale!"
Davanti alla casa c'era un ragazzo quasi sulla trentina che li aspettava, era elegante, portava un paio di occhiali da intellettuale e sorrise un po' viscidamente vedendoli "Buonasera signorina... Marilisa, se non sbaglio! Io sono uno dei legali del suo... amico! E da questo momento anche il suo, il mio none è Ivan Dell'Arca. Vi accompagnerò personalmente al funerale, ricordi che lei adesso ha un impiego a Venezia e per questo non vive più qui! Cerchi di non parlare molto con nessuno e controlli più che può il suo dolore! So che sarà difficile, ma renderà le cose molto più semplici! Jan mi ha spiegato la sua situazione, penserò a tutto io, lei non si preoccupi di nulla!". Marilisa, mentre salivano sul BMW grigio metallizzato di Ivan, si chiedeva quale fosse la sua situazione, era curiosa di sapere che cosa aveva inventato Jan. Il suo compagno era un mago, un genio, aveva la soluzione a tutto, sicuramente avrebbe spiegato anche le sue visioni.
Appena vide la chiesa bianca, dove avrebbe avuto luogo la funzione funebre, la sua mente fu vuota da ogni pensiero e si riempì ancora una volta di dolore! Micia era ormai l'unica cosa rimasta del suo passato.
Jan fece fermare la macchina poco lontano e la lasciò andare da sola incontro alla piccola folla che attendeva davanti alla chiesa. Lei avrebbe voluto ad ogni costo averlo vicino per confortarla, ma lui la convinse che sarebbe stato più prudente se fosse rimasto in disparte. La vampira attraversò quei pochi metri in preda ai singhiozzi e alle lacrime. Ora era sola con davanti ciò che più aveva amato in vita e che adesso era irrimediabilmente perduto. Arrivata alla chiesa si lasciò assorbire dal calore delle persone più care, abbracciata alla sua amica Elena entrò nella cappella. Ormai non era più in grado di controllarsi, non era rimasto nulla della cacciatrice, ora c'era solo la fragile ragazza rimasta orfana. Abbracciò e baciò la bara, ascoltò immobile la funzione, si lasciò confortare da una miriade di amici e parenti, si perse nei ricordi della sua vita passata.......Tutto, però, si sarebbe confuso nei suoi ricordi. Il dolore era talmente totalizzante che si spandeva su tutti i suoi pensieri annullando ogni capacità di razionalizzare. Quando fu il momento di uscire dalla chiesa si sentì quasi mancare, dovettero sorreggerla.
Dopo alcuni minuti all'aria aperta ricominciò a tornare se stessa. Si era addirittura dimenticata di essere una vampira.......
Tutti le erano attorno per invitarla a passare la notte in compagnia di qualche amica, zia, cugina ecc. Non sapeva come rispondere ma ci pensò Jan a risolvere la questione. Arrivò dal nulla e si presentò come un parente tedesco che tornando dalla Germania le aveva dato un passaggio. Raccontò di averle prenotato una stanza in albergo per tenerla lontana dai luoghi conosciuti che le avrebbero ricordato le persone scomparse. Si affrettarono poi ad allontanarsi.
Marilisa aveva oramai riacquistato la padronanza di se stessa e lottava per lasciarsi tutto il suo passato La sua umanità l'avrebbe sempre accompagnata con un velo di malinconica nostalgia ma non le avrebbe impedito di essere una predatrice.
Finalmente erano soli! Anzi non sarebbero più stati soli! Con passo svelto appena entrarono, Marilisa corse a stringere Micia, si buttò sul divano del salotto e cominciò a carezzarle il pelo nero e lucido, guardò il suo ragazzo e lo invitò "vieni amore siedi vicino a noi adesso siamo una famiglia completa!". Jan si avvicinò le guardò e disse "Sono un po' geloso, non pensavo di doverti dividere con qualcun' altro!" la ragazza rispose "Ho sempre avuto un gatto! Con questi animali ho una forte intesa! Quasi tutti preferiscono i cani, ma io sono affine ai felini, sono più indipendenti, eleganti, furbi, il loro modo di amare è totale, ma sono anche molto gelosi, ed io adoro essere amata in questo modo! Tu sei un'altra cosa, tu sei... mia madre, mio padre, il mio amante, il mio tutto! Non puoi essere geloso ne di lei ne di nessun altro!".
La casa era carina, ma il palazzo di Venezia era un'altra cosa, "Voglio tornare al castello" disse Marilisa e continuò "domani sera voglio ripartire, ma questa notte, domineremo la mia città, usciamo ho fame!". Si recarono in centro, l'aria era fredda, ma c'era molta gente in giro, era venerdì. Passeggiarono per il corso, la ragazza guardava le belle vetrine illuminate, sapeva che non avrebbe sentito la loro mancanza, mentre le sarebbe sempre rimasta nel cuore la gente che l'aveva amata, l'odore del mare e perfino quell'aria umida che da mortale tanto l'aveva infastidita. Cercò di pensare con chi cenare, ma non odiava nessuno in particolare, era una persona che perdonava sempre, anche se molto lentamente. Pensò al suo ex ragazzo, alla sua nuova fiamma, all'ultimo datore di lavoro, ma nessuno meritava di morire...! Allora le venne un'idea, il caso avrebbe deciso! "Tesoro" disse al suo compagno "andiamo in un locale che conosco, questa sera sarà pieno di gente!" Jan sorrise e acconsentì. Arrivarono davanti all'ingresso affollato. La musica dall'interno inondava tutta la zona del porto, abitata da poche persone. Ecco arrivare una ragazza con un gruppo di amici, aveva un'aria superba ed altezzosa, Marilisa la odiò da subito e decise che quella sarebbe stata la sua preda. Tutta la sera ballò vicino al gruppo di giovani prescelto ed invitò il suo accompagnatore a fare la stessa cosa, si divertirono e nello stesso tempo si procurarono il pasto. Verso le tre la ragazza uscì dal locale insieme ad una sua sfortunata amica, i vampiri le seguirono e con molta eleganza e gentilezza le invitarono a salire sulla loro automobile per un giro della città, le fanciulle molto venali e superficiali, visto che si trattava di una Ferrari nera, non si fecero pregare convinte che avrebbero fatto un figurone agl'occhi dei loro amici. Ma invece di andare verso il corso, Jan imboccò la circonvallazione. I resti delle due malcapitate furono ritrovati alcuni giorni dopo sparpagliati, sotto il ponte più alto della superstrada. Si parlò di suicidio volontario dato che la loro automobile fu ritrovata correttamente parcheggiata nelle vicinanze.
Dopo la cena i due vampiri, tornarono a casa da Micia che li accolse affettuosamente. Dopo una buona dose di coccole, i due vampiri scesero nella cantina per il loro quotidiano riposo. Prima che Marilisa prendesse sonno vide ancora una volta il viso della vecchia. Questa aveva in mano un grande libro manoscritto, le cui pagine spesse erano di pergamena e la copertina finemente cesellata, doveva essere molto pesante, ma dal volume di colpo si accesero le fiamme che avvolsero tutto.

Quando il sole tramontò la ragazza si svegliò molto stanca, certo il giorno precedente era stato stressante, ma una nuova vita l'attendeva. Sollevò il coperchio, e nello stesso istante Micia le saltò in grembo, aveva dormito sulla sua bara, "che cara!" disse accarezzando la bellissima gatta nera. Salì nella sala da pranzo, Jan non c'era. Allora si sdraiò sul divano ed accese la TV, vide il telegiornale, il teleabruzzo, ed Un posto al sole, come ai vecchi tempi, alle nove mentre si stiracchiava in compagnia della sua gattina, sentì aprire la pota. "Ciao amore mio, ti sei svegliata bene?" Lei si alzò e corse incontro al suo compagno stringendolo a se, "dov'eri mi sei mancato!", "Sono andato da Ivan a portargli del denaro, ed a sistemare le ultime cose, non volevi partire questa sera?". "Si! ma volevo passare..." Jan sorrise prendendo in braccio Micia "Certo prima di andare via passeremo al cimitero."
Scavalcarono il muro di cinta con la stessa abilità del loro gatto, il quale li condusse direttamente davanti alla tomba di Anna. Tutti e tre rimasero immobili per una mezz'ora, poi Marilisa asciugando le lacrime disse "Mio padre, chi sa dove è finito il suo corpo? Forse è ancora vivo..." "Basta" disse Jan "non devi più pensare a queste cose, dobbiamo andare"
Salirono in macchina, e sfrecciarono velocissimi sull'autostrada verso Nord. Micia dormiva raggomitolata sulle gambe della ragazza, tutto era calmo e tranquillo, la solita musica dei Depeche Mode dominava il momento. Rimasero in silenzio ascoltando i brani più di un'ora poi Marilisa disse "Com'è stato vedere bruciare un uomo? Già ti era successo da bambino, ma da adulto devi aver ricevuto un'altra impressione!"
"Si, è stato diverso! Vedevo con gli occhi dell'esperienza e della maturità...
Quell'uomo non mi ha mai guardato mentre moriva, vidi che fissava Angelica. Invece la ragazza inglese...! Lei mi implorò con gli occhi! A Madrid, non ho visto il rogo di Francisco, ma ho rivissuto quello di tanti anni prima! ho odiato la chiesa è Dio come mai avrei pensato possibile. Sai in quel periodo non era come adesso, la religione era vissuta intensamente, chi non lo faceva era considerato un eretico, ed io in quella piazza ero diventato tale! Mi sentivo come Giordano Bruno, volevo girare il mondo per professare una nuova fede, volevo urlare a tutti che stavano sbagliando, che anche la fanciulla inglese era una creatura di Dio come Francisco, ed è un peccato incommensurabile uccidere i propri fratelli, e loro ...!"
Marilisa sfiorò la mano del suo compagno e disse "Ogni volta che mi sveglio, o quando vado a riposare, faccio sempre quel sogno del quale ho cercato di dirti l'altro giorno! Vedo il rogo, adesso ho cominciato a vedere anche una vecchia, forse una strega, oggi aveva un libro. Cosa può significare?", "Non lo so, forse ti ho influenzata con i miei racconti, oppure... Noi vampiri abbiamo una sensibilità superiore agli umani, forse ti è successo qualche cosa che non ricordi ed il tuo inconscio sta' per riportarlo a galla! Non preoccuparti, vedrai che tutto si chiarirà con il tempo, è solo da pochi giorni che hai una nuova natura, non puoi pretendere di capire tutto in una settimana!" Scese di nuovo il silenzio.
Divoravano la strada come lupi affamati. Le stelle e la luna splendevano illuminando il paesaggio pianeggiante che stavano attraversando. Fattorie sparse qua e la, paesi lontani con poche luci. Tutto il mondo sembrava dormire tranne loro due. Il viaggio sembrò breve, il cancello elettrico si chiuse alle loro spalle, erano a casa. Micia sembrò subito a suo agio tra i giardini all'italiana ed i bei vialetti, e lo fu ancora di più quando vide lo scalone dove poter correre su e giù senza che nessuno la sgridasse.
Jan fu felice nel percepire che la sua compagna già aveva imparato ad amare quella casa. La prese per mano e disse, "vieni devo farti vedere una cosa!" attraversarono il salone delle feste, la sala del tempo ed infilarono una porta d'orata sulla destra, meraviglia delle meraviglie...!! Marilisa si sentì mancare... era immensa... una biblioteca immensa! Guardò il suo compagno che sorrideva e corse verso il centro del salone circolare. Delle alte colonne di marmo sorreggevano il soffitto affrescato alla Tiepolo, e su due piani tra un intreccio di ringhiere e scale scorrevoli, facevano bella mostra migliaia di libri.
Marilisa era come ipnotizzata, cominciò a scorrere gli scaffali con gli occhi, riusciva a leggere i titoli sulle copertine da una distanza notevole. Ad un tratto notò uno scaffale particolarmente interessante. Salì la scala di legno di noce che conduceva al secondo piano e si avvicinò, conteneva dei libri enormi, come quelli che si vedono nei musei. Allungò una mano e cominciò a toccarli scorrendo con l'indice da uno all'altro sentì ad un tratto come una fitta. La sua mano era poggiata su un libro con la copertina di pelle nera con inciso in lettere d'oro a caratteri gotici librari il titolo : Malleus Maleficarum. Lo tirò giù dallo scaffale e lo aprì. Non era un manoscritto era stampato, sentiva che tra lei e quel libro c'era qualche cosa. Lesse i nomi degli autori tal Jacob Sprenger e tal Heinrich Kramer. "Hai preso il libro giusto! Fu un dono di Angelica" disse Jan che l'aveva raggiunta. "Quello è il martello delle streghe è il manuale con il quale si identificavano, le maleficae. Li c'è scritto non solo come si riconoscevano, ma anche come punirle, cosa facevano, chi erano! quel libro è in parte responsabile delle migliaia di persone morte per stregoneria! E' ovviamente una copia posteriore all'originale. Puoi leggerlo se vuoi, ma ci sono libri più interessanti e poi questo mi porta alla mente tristi ricordi." Marilisa chiuse il libro lo rimise al suo posto e rispose "Non so perché ma quando l'ho sfiorato ho ricevuto come una scossa, troppe cose non riesco a capire e certe volte mi sembra di impazzire!" Jan capiva il tormento che provava la giovane vampira che doveva ancora imparare e sapere molto ed indicando la stanza disse "Sono tutti tuoi amore mio, qui potrai sicuramente saziare la tua sete di cultura e forse troverai anche qualche risposta inaspettata!"
A proposito di sete! La ragazza come tornata nella realtà per un istante disse "Non ho fame, com'è possibile? Questa notte non abbiamo cenato!" Il ragazzo rispose "E' così che vanno le cose, più si è forti e vecchi meno si ha bisogno di sangue! Anche se per te è forse un po' presto per non bere ogni notte...! Una settimana è veramente troppo poco! Non so spiegarti come sia possibile una cosa simile! O sono diventato molto potente io e tu essendo una mia creatura lo sei di conseguenza, oppure hai un tuo dono particolare che accelera il progresso dei tuoi poteri! In ogni caso meglio così non credi, abbiamo più tempo per noi!" Si avvicinò alla sua amica, si strinsero in un abbraccio da amanti, le labbra si incontrarono e ad un tratto Marilisa sentì i denti del suo compagno penetrarle nel collo.... provava un piacere ed un abbandono indescrivibile, il suo Jan non aveva resistito all'attrazione fatale che lo spingeva ad unirsi nuovamente alla sua compagna, la quale in seguito ad un impulso istintivo preda dell'estasi, a sua volta premette i suoi canini nell'arterea del collo del compagno. Le loro anime furono una sola per un istante, ma era ormai tardi la loro estasi fu spezzata dal rintocco dell'orologio. Dopo due giorni di nuovo dormirono nel loro sarcofago di pietra stretti in un abbraccio immortale.

 

Per la prima notte si svegliarono insieme. Jan aiutò Marilisa ad uscire dal sarcofago e, dopo averle augurato la buonanotte con un leggero bacio sulle labbra, la condusse in una saletta del piano superiore. Era una piccola stanza con delle ampie vetrate che davano sul mare su cui splendeva una falce di luna. Si comportarono come due umani. Jan accese il fuoco nel camino mentre Marilisa ammirava le porcellane cinesi nelle vetrine che coprivano la parete di fronte. Era appena passata ad osservare incuriosita una raccolta di spade, stiletti, pugnali ed altre lame tutte molto antiche che Jan la strinse a sé dalle spalle e disse: "Cosa desidera fare di questa notte mia signora?" Marilisa si voltò e gli accarezzò dolcemente la guancia: "Vorrei che tu continuassi la tua storia. Sono molto curiosa amore mio." "E sia mia cara. Accomodiamoci sul divano vicino al fuoco." Si sedettero abbracciati l'uno all'altra di fronte al camino acceso e lui continuò il racconto "Bene..... Nella Plaza Mayor Angelica mi confessò la sua vera natura. A quelle parole ebbi il desiderio di fuggire, ma qualcosa me lo impedì. Non c'era solo il mio amore per lei che era stato appena scalfito dalla recente scoperta. C'era anche curiosità verso il suo mondo. Proprio ieri ti ho detto quanto lontano fosse il mio cuore dalla religione e il processo a cui stavo assistendo non faceva altro che esasperare il mio sentimento di rifiuto. Quell'uomo, Francisco, era in catene al centro di una corte di alti prelati che con l'aiuto di vari gendarmi continuavano a interrogarlo con l'ausilio di efferate tecniche di tortura.
Era uno spettacolo talmente orribile che la confessione di Angelica, il suo status di mostro mi pareva una facezia di fronte alle sofferenza di quell'uomo, ai volti atterriti del popolo accorso allo spettacolo, all'assurdo contegno dei nobili.....Ma, soprattutto, a far vacillare il mio autocontrollo era la sistematicità dell'operato degli inquisitori, il loro distacco dalle sofferenze di un essere umano in nome di un'autorità superiore conferita da null'altro che un altro uomo ancor più ambizioso.
In me montava il disgusto e quando lessero la condanna al rogo di quel poveraccio io esplosi. Diedi uno scossone ad Angelica che si voltò di scatto verso di me. Aveva uno sguardo del tutto diverso dal solito. Era evidente la pena che provava per quell'uomo. Le urlai di aiutarlo, di intervenire. Lei si accorse che le mie parole erano sincere ma non poteva certo mostrare il suo potere di fronte ad una simile folla. Mi strattonò a sé e quando il mio viso fu a pochi centimetri dalla mia bocca mi disse: "Stai buono maledizione! Ormai non possiamo fare nulla per il povero Francisco. Purtroppo neppure il mio potere può fare nulla in certi casi. Saprai tutto tra poco ma ora guarda a cosa volevi che fossi condannata. E' così che mi hai detto. Un mostro, una strega deve essere bruciata. Ora guarda! Guarda chi sono i veri mostri".
Avevano issato una trave e stavano legandoci il condannato. Francisco aveva una espressione terrorizzata e a tratti sembrava scosso dagli spasmi del pianto. Quando terminarono l'opera diedero fuoco alle fascine alla base ed alle prime urla dell'uomo io non riuscii a sopportare oltre. Fuggii. Nessuno se ne accorse, tutti guardavano il fuoco. Corsi e corsi. Volevo allontanarmi il più possibile, non sopportavo i canti dei fedeli. Sembrava che festeggiassero. Li odiavo. Odiavo tutto e tutti. Mi tornò alla mente l'esecuzione che vidi da bambino in Inghilterra. Allora non comprendevo la pena, la sofferenza...... ma ora......
Quando non ebbi più fiato caddi con la schiena appoggiata al muro esterno di una villa. Seduto, con la testa tra le mani, piansi. Non so per quanto tempo. Quando alzai lo sguardo vidi Angelica. Era appoggiata al muro di fronte e mi fissava con espressione sofferente. Le chiesi perchè, perché non lo avesse aiutato.
"L'inquisizione è una piaga troppo potente anche per me. Se tu solo sapessi cosa ho visto fare ai miei cari, ai miei amici.....Sono forti perché il popolo umano è cieco. Considera queste esecuzioni una vittoria della fede quando non sono altro che un inno alla loro stupidità."
"Loro sono dei mostri. Ma anche tu, in modo differente lo sei. Io non vorrei essere complice di nessuna nefandezza, né quelle di una vampira né quelle di quei pazzi in tonaca nera". A queste mie parole le apparve un sorriso triste sulle labbra.
Il sorriso si accentuò ancor di più quando aggiunsi: "C'è però un altro problema......io....io.....-singhiozzai....io.....TI AMO !!!!.....amo un vampiro".
Angelica si chinò su di me mi baciò. Questa volta però fu un bacio dolcissimo. Nel buio di quella strada deserta, mentre baciavo la donna dei miei sogni, la mia visione delle cose stava mutando radicalmente. Naturalmente non me ne accorsi lì per lì. Ero troppo preso da quel bacio, strinsi Angelica che ricambiò il mio abbraccio.
Quando staccammo le nostre labbra la guardai. Sembrava una ragazzina spaurita. Mi resi conto che quel rogo l'aveva sconvolta almeno quanto me. Mi venne spontaneo accarezzarle la guancia. Mi persi nella tristezza dei suoi occhi. Quel mostro si era mostrato più umano e sensibile di qualsiasi umano in quella maledetta piazza. Era così ..... razionale, illuminata........ molto più anche di un uomo per quei tempi.
E poi era l'unica donna che avessi mai amato fino ad allora. Volevo stare con lei. Non mi interessava altro. Stare con lei......PER SEMPRE.
"Voglio stare per sempre con te - le dissi - fammi diventare come te".
Lei si staccò improvvisamente da me, si alzò e si voltò a testa bassa. Dopo un paio di secondi disse: "Non sai quel che dici. L'amore non è abbastanza. L'eternità nella notte è un peso che reggono in pochi. E poi in questi tempi bui la nostra esistenza è combattuta da forze che neanche immagineresti" .
"Non ho paura - risposi - Anzi una paura ce l'ho. E' quella di tornare uno di quelli che erano nella piazza ad ammirare quello scempio. Voglio chiamarmi fuori da questa assurdità che è l'umanità. Sono pronto a qualsiasi rinuncia pur di stare insieme a te e rifiutare un mondo fatto solo di inquisitori e inquisiti. "
Intanto mi ero tirato su ed ero di fronte ad Angelica. Lei teneva gli occhi bassi. La scossi, parlò: "Lo sai? All'inizio volevo solo giocare con te. Eri un bel giovane che poteva diventare un interessante modo per passare qualche tempo, anni magari, ma nulla più. Adesso però.....Hai dimostrato di essere più libero di tanti stupidi umani che popolano questi tempi bui. Augurati di credere davvero a quello che hai detto perché ho fatto la mia scelta!".
Mi gettò a terra. Iniziammo a baciarci famelicamente. Con la labbra cercavamo le nostre bocche e con le mani i nostri corpi. Non ero mai stato tanto eccitato prima di allora. Non consideravo la possibilità che ci vedessero. Non ero più nella stradina buia ma in un limbo luminoso dove non esisteva neppure il tempo ma solo Angelica e il suo corpo.
Ad un tratto Angelica si staccò da me e corse verso la strada principale. Chiamò il suo carro e salimmo insieme. Dopo aver chiuso le tende il carro partì e noi con un sorriso ricominciammo ad amoreggiare. Mentre il carro percorreva le vie della città realizzai il mio sogno. Feci l'amore con Angelica la vampira, la donna dei miei sogni. Ti lascio immaginare l'estasi che provai in quel carro che traballava alle sconnessioni del selciato mentre godevo del corpo della donna che per mesi avevo agognato.
Quando arrivammo al suo palazzo ci eravamo appena ricomposti e lei mi trascinò letteralmente in una splendida sala barocca del piano superiore, mi gettò su una sorta di divano e, dopo aver chiuso le porte si inginocchiò al mio fianco. La baciai e lei mi carezzò la guancia. Ci sorridemmo e comprendemmo che era giunto il momento.
Fu dolcissimo. Abbandonai la mia vita mortale e abbracciai la mia nuova esistenza tra le spire della creatura che più desideravo al mondo.
E fu così che divenni un essere di tenebra.......Ma è tardi e tu devi essere affamata......presto alla macchina......anche questa notte celebrerà i nuovi re del buio!!!!

 

 

 

CAPITOLO II

 

 

In poco meno di un'ora erano sazi, tornati sull'automobile, Marilisa che aveva taciuto per tutto il tempo guardò sorridendo il suo compagno e disse"E' stato come per me!" Jan si girò e rispose "Cosa?". Finalmente il silenzio era spezzato "la tua rinascita a vita di vampiro! Avevo cominciato a temere che la tua Angelica fosse diabolica e che ti avesse fatto soffrire immensamente, invece lei è stata premurosa come lo sei stato tu con me!" "Non credere" sorrise l'altro vampiro, "La storia non è finita! mancano più di trecento anni, in tutto questo tempo ne accadono di cose!... che vuoi fare amore, dove vuoi che ti porti?" "A casa, voglio vedere nella nostra biblioteca se trovo qualche indizio che possa aiutarmi a svelare il mistero dei miei incubi diurni! oggi per esempio, ho visto di nuovo le fiamme, ma una cosa mi ha colpito, c'era un po' di vento i miei capelli svolazzavano tra il fumo, erano rossi!" Jan fu lesto ed affermare "E' sicuramente perché pensavi alla mia storia e ad Angelica dai folti capelli color del miele!" "No, ne sono sicura, ero io non lei! E poi i miei sogni sono cominciati tanti anni fa! da quando ero una mortale, da quando ero una bambina! Non ricordo di aver mai raccontato a nessuno questa cosa seriamente!" "Dilla a me" disse il ragazzo con aria pensierosa ed un po' preoccupata! "Certo avevo deciso da qualche giorno di parlartene, sta' diventando veramente una cosa insostenibile, alcune volte non vedo l'ora di dormire nella speranza di capire di più, altre volte ho il terrore di chiudere gli occhi perché non voglio bruciare..." dopo un attimo di silenzio erano a casa. Micia li riempì di fusa, e con loro salì nella stanza ottagonale. Jan era curioso voleva sapere dei sogni cosi, prima di andare in biblioteca, invitò la sua compagna a sedere sul divano. "Da bambina ho cominciato ad avere degli strani incubi, erano consecutivi! Terminavano al mattino e la sera quando andavo a letto riprendevano da dove erano finiti, era come un film a puntate, è stata proprio questa la spiegazione che ne ho tratto. La mia mente influenzata da qualche cosa che da piccina avevo visto, aveva elaborato questa storia. Ma adesso non regge più! C'è sicuramente un altro motivo! Sognavo periodicamente, quasi ogni settimana di essere adulta, vivevo in un paese che nella realtà non ho mai visto, e prima che cominciassi a compiacermi di non essere una bambina, venivo presa da un gruppo di uomini vestiti di nero che mi rinchiudevano in una specie di torre, incatenandomi ad una parete, e mi svegliavo. Quando il sogno riprendeva ero in una sala buia senza finestre piena di fumo di puzza e di uomini con i soliti vestiti neri. Vedevo macchinari strani che solo successivamente, a scuola, imparai essere strumenti di tortura. Da li mi conducevano fuori, era quasi buio e mi svegliavo. Alcune volte ero curiosa di andare a dormire per vedere se il sogno sarebbe continuato uguale alla serie dei sogni precedenti, ed era sempre così!"
"Vuoi dire che per anni hai sognato sempre le stesse cose, senza che cambiasse una virgola?" interruppe Jan stupito. "Si fino a qualche anno fa! Non vuoi sapere come finiva?" senza attendere risposta la ragazza continuò "mi conducevano in una piazza con al centro una pira di legna....con un palo alto, venivo legata senza che proferissi parola, e prima che potessi rendermi conto si sollevavano le fiamme. Non sono mai morta nel sogno, mi sono sempre svegliata prima e ricominciava da capo!"
"Certo è scioccante che tu abbia ripreso a fare questi sogni dopo essere diventata un vampiro, pensavo fosse solo una tua fissa, ma adesso è tutto più complesso! non hai mai pensato ad una reincarnazione?" Marilisa sorrise "Ma che dici! Io non credo a queste cose!..." si fece silenzio nella stanza. Non credeva a quelle cose! Ma era un vampiro.....!!!
Cominciò a sudare, ma no! Non era una semplice reincarnazione come molti umani credevano funzionasse il mondo, c'era sicuramente qualche cosa di più misterioso! E lei doveva scoprirlo.
Era voluta salire in quella stanza per cambiarsi, aprì l'armadio tirò fuori un ampio vestito bianco di organza, era sicuramente della metà dell'ottocento. Lo indossò pavoneggiandosi davanti allo specchio, aveva sempre avuto una passione smodata per i costumi d'epoca e poterne indossare di autentici era sicuramente la realizzazione di uno dei suoi sogni. Il corsetto poi! Stringendo metteva in evidenza il suo seno in realtà poco prosperoso e rendeva molto seducente il suo decoltè, tanto che Jan le si accostò sfiorando il nastro di seta azzurra che le fasciava la vita e le baciò il seno al centro della scollatura. Le dita scivolarono lungo il busto della ragazza, sulle spalle scoperte fino ai capelli. Il vampiro li raccolse in una mano e con l'altra cominciò a carezzarle il collo. Le poggiò le labbra su una guancia e disse "Ti adoro mia piccola strega, forse una fata buona ti ha fatto attraversare il tempo per metterti al mio fianco!" Un sorriso illuminò il viso di Marilisa che gettò le braccia al collo del suo amore. Insieme scesero nella biblioteca poi si separarono imboccando corridoi diversi tra i migliaia di libri.
Marilisa tornò allo scaffale del Malleus, quando lo sfiorò ebbe di nuovo una scossa. Non lo prese continuò a frugare tra vecchie carte e pergamene senza sapere cosa cercasse.
Mentre frugava tra i volumi di stregoneria, Marilisa sentì la voce di Jan alle sue spalle. "Forse è il caso che ti racconti di certi avvenimenti di cui sono al corrente. Potrebbe esserti utile conoscerli nella la tua ricerca".
Marilisa si votò e lo pregò di continuare. Jan le sembrava quasi un bambino sullo sfondo di un immenso scaffale di libri che coprivano vari secoli di conoscenze umane oltre che svariati metri quadri di libreria. Il ragazzo prese a parlarle in tono pacato: "Negli anni che seguirono la mia vampirizzazione imparai molte cose da Angelica. Da lei e da altre creature sia umane che non morte. Ho imparato che non esistono solo i reami di luce degli uomini, non c'è solo il mondo che tu hai conosciuto nella vita mortale. Sotto di esso, attraverso di esso si muovono forze che sembrano uscite dalle vecchie leggende che ormai sono credute nient'altro che favole....Anche noi siamo una leggenda, ma non solo quella, visto che siamo qui!!! ". Jan sorrise.
Marilisa lo guardò per qualche secondo in cui sembrava stesse riordinando i suoi pensieri. Jan però la anticipò affermando: "Quello che rivivi ogni volta che piombi nel sonno potrebbe essere qualcosa di molto più complesso di quel che sembra"
"Non parlare per enigmi - proruppe Marilisa - spiegati meglio. Cosa ti ha insegnato Angelica?" . Era diventata evidentemente impaziente. "Non ho imparato nulla di preciso ma ho scoperto che esistono possibilità che non possiamo scartare. Io ho visto con i miei occhi delle donne e a volte degli uomini in grado di fare quelli che chiameresti incantesimi. Si trattava di persone dotate di capacità particolari che erano anche custodi di sapienze che comprendevano l'esistenza di noi vampiri. A quei tempi erano frequenti i contatti fra questi umani superiori e la nostra razza. Questo era dovuto innanzitutto all'apparizione di un nemico comune. L'inquisizione."
"L'inquisizione sapeva dei vampiri? "chiese la ragazza.
"Non solo. Sapeva di noi e c'erano alcuni.......rinnegati, vampiri che collaboravano con loro sia per ottenere l'immunità dalle loro persecuzioni sia per sfruttarne il potere per i loro scopi. Ad ogni modo, negli anni a Madrid assistetti a varie dimostrazioni del potere di questi umani e posso assicurarti che l'idea di un significato recondito dei tuoi sogni non è affatto da escludere.
Di solito erano donne che avevano questi poteri. La stessa Angelica mi raccontò che prima di approdare in Spagna viveva nelle isole britanniche, era nata lì. Nella sua stessa famiglia c'erano donne in grado di compiere veri e propri prodigi. Questo era risaputo nella popolazione e li costringeva ad una vita girovaga. Fino a che anche loro caddero vittime dell'inquisizione. Angelica si salvò e dopo un lungo peregrinare che forse un giorno ti racconterò abbracciò la sua vita oscura."
Marilisa era allibita. "Tu....tu mi stai dicendo che esistevano le streghe?"
"No. Io ti sto dicendo che, fino a prova contraria, le streghe esistono ancora. Come esistiamo noi! Adesso ti lascio sola. Devo andare in città per sbrigare alcune faccende noiose. Tu puoi fare le tue ricerche da sola, la casa è tutta tua, lo sai vero?" Si salutarono con un bacio sulle labbra dopodiché lui uscì dalla stanza.
Marilisa si promise di chiedergli dove spariva ed anche cosa facesse quando si svegliava prima di lei. Adesso, però non era quello il problema, doveva cercare notizie sul significato dei suoi sogni alla luce delle rivelazioni di Jan. Si sarebbe detta leggermente sconvolta per le possibilità che le si aprivano davanti e ad un tratto quella biblioteca che le era parsa il luogo più affascinante del mondo incombeva opprimente su di lei e sembrava che l'immensa mole della massa di libri la soffocasse. Si sedette ugualmente al grande tavolo al centro della stanza e cominciò a spulciare alcuni volumi.
Jan stava guidando senza meta. Lo faceva spesso quando aveva bisogno di pensare e in quel momento doveva tuffarsi nei ricordi per tirare fuori qualcosa in grado di aiutare Marilisa. Ne era convinto, doveva esserci qualcosa di vero nel sogno. Non poteva esserci altra spiegazione al fatto che il sogno persistesse anche nella sua vita vampirica. Era entrato in contatto con le...streghe, come le chiamava Marilisa, quando era al fianco di Angelica. Da allora più nulla. doveva ricordare le storie, i volti, gli avvenimenti di tre secoli prima. E non sempre erano ricordi piacevoli, anzi.........
Marilisa intanto si era cimentata con la letteratura sulle streghe, aveva letto dei racconti ed aveva trovato una vasta documentazione sul processo che ebbe luogo a Salem, una città del Massachusetts nel 1692. Quello fu l'unico processo che portò alla morte per stregoneria negli Stati Uniti, ma furono giustiziate ben 32 persone con metodi diversi dal rogo, quindi a lei non interessava! Lesse di Urbain Grandiner accusato di aver stregato la monache di Loudun ed arso vivo, ma era un uomo, chiuse il libro e ne aprì un altro era la storia di un' italiana Anna Lanfranchino, accusata di stregoneria, ma fu salvata dal figlio. Passò in Inghilterra con la storia di Alice Samuel di Warboys, nel 1593 fu giustiziata con la figlia ed il marito, ma furono impiccati. Lesse qualche pagina di una ristampa del Magia Naturalis dello scienziato Giambattista della Porta pubblicato la prima volta nel 1558, ma non trovò nulla che potesse esserle utile alla sua causa. Un po' scoraggiata, ripose i volumi al loro posto. Era stanca, si lasciò cadere su una poltrona vittoriana posta tra gli scaffali del secondo piano e cominciò a pensare, forse doveva cercare diversamente, in quelle ore aveva solo imparato tante storie, ma non era approdata a nulla.
Trasalì al tonfo di un libro sul pavimento, si voltò e vide Micia seduta su un volume. Sorridendo si alzò e con mille coccole prese la sua gattina fra le braccia. Si chinò verso il libro, lo raccolse, tornò a sedere con il felino sulle ginocchia e aprì il libro senza titolo. Era un manoscritto, non ne aveva mai visti di così piccoli. La grandezza era quella di un normale volume dei nostri tempi. Era scritto in gotico corsivo pieno di svolazzi e decorazioni. Per lei era praticamente impossibile leggerlo, non solo per la complicatezza delle lettere ma anche perché era in inglese. Lo sfogliò vide che vi erano anche degli strani disegni, stelle a cinque punte con strani simboli ai vertici, era sicuramente un libro di magia, all'ultima pagina c'era un nome Angelica Holbein. aveva lo stesso nome di .... ma il resto era diverso, era sicuramente solo una stupida coincidenza! C'era anche scritto un anno, forse quello in cui era stato manoscritto! Era 1640.
Avrebbe chiesto a Jan di leggerglielo, intanto pensò di vedere se trovava qualche altro libro di magia, forse leggendo degli incantesimi di cui aveva parlato Jan la sua mente si sarebbe aperta a nuove soluzioni. Girò per molto tempo, ma non trovò altro che moderni libri di fattucchiere e prestigiatori.
"Hai trovato quello che cercavi?" Il suo compagno era tornato. Lei si precipitò ad abbracciarlo, "No! Ma Micia ha trovato questo!" Porse il libro a Jan. Il quale sorrise dicendo "Ancora! Anche questo mi fu donato da Angelica, lo scrisse lei prima di lasciare il suo paese per fuggire in Spagna. Quello che vedi scritto sull'ultima pagina è il suo vero nome! Non credo possa esserti d'aiuto, è solo una specie di manuale di stregoneria, ci sono scritti dei procedimenti per fare fatture, malocchi e robbavaria, proprio come quelli che stavi consultando quando sono entrato! Ora tesoro mio è ora di andare a nanna, il sole sta per sorgere, non vorrei che dimenticassi che sei una creatura della notte!" La sollevò tra le braccia e con passi di danza e canticchiando la melodia di un walzer si diresse verso la cripta. La ragazza stupita chiese "Ma dove sei stato? Perché sei così felice?" "Sono felice perché sei qui con me! Ho girato tutta la notte in automobile, dopo un po' mi sono sentito solo, appena ti ho vista seduta su quella poltrona, la mia tristezza è svanita, devo a te questa gioia, alla tua presenza, mai nessuno ci separerà!" Dopo un lungo bacio sorrise, i canini scintillarono alla luce della candela che illuminava la stanza del sarcofago. Non era ancora giorno, ma i due si coricarono nel loro letto e abbracciati aspettarono il sonno.
Una nuova giornata trascorse frettolosa per gli umani schiavi del tempo che vola.

Quando il cielo si tinse di porpora Marilisa vide il libro di Angelica trasformarsi lentamente in quel pesante volume intarsiato dei suoi incubi precedenti. Lentamente si materializzarono le scarne mani rugose della vecchia. La quale prima carezzò il viso di Marilisa poi con la stessa mano indicò verso un punto lontano... degli alberi, tanti alberi secolari, la ragazza fissò meglio il punto indicato e vide una baracca di legno, ad un tratto tutto fu avvolto dal fuoco. La vecchia donna venne raggiunta dalle fiamme, Marilisa urlò fece cadere il coperchio del sarcofago e come ancora schiava del sogno saltò fuori e corse attraverso il corridoio puzzolente verso le scale dove era Jan che si era appena alzato e stava salendo. Raggiunto il compagno riacquistò la lucidità "Stò impazzendo! Ne sono sicura!" Lui l'abbraccio e disse "No, non è vero! Sei troppo forte per cedere, vedrai che scopriremo tutto, e saremo la coppia di predatori più felice ed invidiata del mondo!" Salirono insieme
"Devi nutrirti amore mio - continuò Jan conducendola alla macchina - Ti farà bene distrarti e recuperare le forze. Poi ci dedicheremo alla ricerca del senso dei tuoi sogni".
Marilisa annuì e durante il tragitto in macchina raccontò al suo compagno del sogno più recente. Neppure lui riuscì a comprenderne il significato.
Oramai erano piuttosto affiatati e la ragazza era divenuta una ottima predatrice. In poco più di un'ora avevano banchettato di due vecchi vagabondi e ne avevano fatto sparire i corpi. Non persero tempo e tornarono nella biblioteca della loro dimora.
Quando si furono accomodati sulle comode poltrone di fronte al grande camino acceso Marilisa chiese: "Parlami ancora di quel libro. Quello di Angelica. Io non riesco neppure a leggerlo".
Jan prese il vecchio volume con entrambe le mani e lo rigirò per qualche secondo studiandone la copertina di pelle consunta. Ad un tratto alzò gli occhi guardando Marilisa e spiegò: "Ti ho già detto che la famiglia di Angelica annoverava numerose componenti dotate di........ poteri piuttosto particolari. Lei non ne possedeva ma questo, almeno così mi raccontò, non la rendeva inferiore a nessuna nella famiglia. Lei aveva gli stessi diritti e valeva come le altre. Solo che non possedeva la chiave per accedere al mondo degli spiriti. Non era questo un demerito, semplicemente il fato aveva scelto altri. E spesso questa scelta si rivelò una iattura più che un dono.
Il clima di uguaglianza e solidarietà che regnava nel suo clan le permetteva di avere accesso alle conoscenze delle sue sorelle che possedevano il Dono. Furono loro stesse che le chiesero di raccogliere in un libro tutti i segreti accumulati nel corso di generazioni di guaritrici, streghe, fattucchiere o come altro le vuoi definire. Era una scelta obbligata, essendo Angelica l'unica che sapesse scrivere. La ragione di questo improvviso bisogno di preservare la memoria era, come al solito, l'inquisizione. Quelle donne temevano che i roghi che infiammavano le isole britanniche in quegli anni inghiottissero anche il loro sapere. O forse erano stati gli spiriti, il demonio o non so cosa a chiederglielo."
Marilisa sembrava sbalordita. Le pareva di essere finita in un cerchio di avvenimenti che comprendevano lei stessa, Jan, Angelica, il sogno, le sue paure e che ruotavano tutti attorno al fuoco dell'inquisizione. Ma una cosa non le fu chiara. Chiese quindi: "Ma perché, se era tanto importante, lo ha dato a te che non sai che fartene?"
"E' una domanda che mi sono fatto anch'io più volte nel corso dei secoli. Angelica mi diede il libro prima che ci lasciassimo, parecchio tempo dopo i fatti di Madrid di cui ti ho raccontato. Non me ne aveva mai parlato prima. Mi chiese di custodirlo fino a che lei o qualcun altro che di certo avrei saputo riconoscere fosse venuto a reclamarlo. I motivi per cui scelse me come custode non volle spiegarmeli. Ho concluso che uno è di certo il fatto che io, appunto, non so cosa farmene non essendo in grado di comunicare con gli spiriti e avendo perso ogni contatto con chi era in potere di farlo. Questo non è però sufficiente visto che al momento del nostro addio (anche se fra vampiri è quasi sempre più probabile un arrivederci), al momento dell'addio, dicevo, i rapporti fra noi due non erano più idilliaci come nei primi anni spagnoli. Ci era già accaduto di lasciarci per periodi di anche qualche anno ma allora era diverso, lo sapevamo entrambi, e infatti non ci siamo mai più incontrati e da parecchi anni non ho più neppure notizie indirette sul suo conto. E' una storia molto.........umana se ci rifletti !! ". Dicendo questo le sorrise ma lei notò un velo di tristezza nel suo sguardo. Dopo aver represso un brivido di gelosia pensò che anche questo sembrava molto umano.
Conclusero entrambi che era come se ci fosse un filo che legava quegli avvenimenti apparentemente così lontani. Era un filo che però appariva privo di senso logico ed era evidente che a mancare fosse una chiave decisiva. Restarono in silenzio persi nei propri pensieri. Ad un tratto Marilisa balzò in piedi e fissando Jan che trasalì disse con decisione: "devo saperne di più su quelle streghe e su quei roghi. Sento che potrebbe essere lì la soluzione. Non chiedermi come ma so che devo andare dove quelle donne hanno vissuto e hanno........bruciato. Raccontami tutto ciò che sai su di loro e poi portami dove nacque Angelica. Chiamalo istinto femminile ma sono certa che la soluzione è lì". Appena smise di parlare crollò sulla poltrona con l'aria sfinita.
Jan era stupito ma soprattutto divertito. "Bene. Voglio fidarmi di te. E poi sono sempre stato talmente curioso che un'avventura simile non posso lasciarmela scappare. Domani notte preparerò tutto per la nostra partenza per Londra".
"Londra?" Marilisa si alzò nuovamente dalla poltrona e con uno dei suoi scatti felini si gettò tra le braccia del compagno "E' la città che adoro di più al mondo, ci sono andata qualche anno fa e me ne sono innamorata, ho desiderato tanto poterci tornare!…. Non pensavo fosse così semplice muoverci! Adesso siamo dei vampiri e se il sole sorgesse mentre siamo ancora in viaggio?" Jan accennò un sorriso, "L'Inghilterra è talmente vicina che sarebbe praticamente impossibile non riuscire ad arrivare durante un intera notte!

 

 

 

Andremo con un piccolo aereo privato, e poi all'occorrenza...viaggio sempre in compagnia di un grande baule…!" il suo sorriso divenne una risata "Piccola mia preparati a notti travolgenti! Ci divertiremo come matti in quella città, ti farò conoscere dei miei amici… mi sembrano secoli che non li rivedo… forse lo sono!" diventò pensieroso. Avvicinò la mano alla guancia della ragazza, la sfiorò e disse "Quando ti ho fatta pensavo saresti stata un lenitivo per la mia solitudine, invece adesso sei diventata l'unico scopo della mia esistenza, mi hai stregato farei tutto per te! Ho conosciuto donne che furono accusate di stregoneria per aver provocato questi sentimenti in uomini illustri! Ricordo addirittura che Angelica mi parlò di una sua parente, una ragazza molto giovane che fu bruciata per un motivo del genere!" Per qualche minuto regnò il silenzio, entrambi erano assorti nei loro pensieri. Poi Jan si alzò dalla poltrona e lasciò la stanza stringendo la giacca nera sul petto. "Dove stai andando?" Chiese la vampira, ma inutilmente la porta si era chiusa alle spalle del suo compagno. Era felice di quell'amore che lui le dimostrava, ma l'eccitazione per il viaggio prese il sopravvento e trascorse qualche ora cercando materiale su Londra. Analizzò la piantina della città, della metropolitana, riportò alla mente i ricordi del suo precedente viaggio, per un po' dimenticò il motivo che li conduceva in quelle terre.
La notte trascorse senza particolari eventi. Come quella precedente Jan verso le cinque tornò nella biblioteca per invitare la sua compagna a ritirarsi per il giorno, la trovò immersa nei libri, con la gatta accovacciata sul suo grembo, senza aver scoperto nulla che potesse essere utile.
Insieme nel sarcofago divisero il loro sonno immortale.

 

 

Ecco ancora il sogno. Questa volta c'era una giovane donna dal viso sorridente che cullava tra le braccia Marilisa come fosse una neonata, canticchiava una canzoncina dolcissima, ma prima che Marilisa fissasse in mente i bei lineamenti della signora essa era sparita. Un terribile senso di abbandono avvolse la vampira che si ritrovò in un bosco quello dalla notte precedente, cominciò a correre in preda alla paura, non sapeva dove andasse e cosa cercasse, il bosco diventava una foresta, quando ad un tratto si fermò, era alla capanna di legno, si avvicinò lentamente, era costruita a ridosso di una grande roccia che ne costituiva la parete posteriore, il tetto era a punta e le finestre erano veramente piccole. Avvicinò la mano per bussare alla porta quando un terribile boato fece alzare le fiamme…."Svegliati, svegliati…" Aprì gli occhi e vide Jan.
Raccontò il sogno mentre salivano al piano superiore. C'erano delle valige vuote "Queste sono tue devi riempirle!" sorridendo il ragazzo la condusse alla stanza ottagonale. C'era una gabbia rossa oltre a molti abiti sparsi disordinatamente. La ragazza indicando la gabbia disse "Allora anche Micia verrà con noi? Sono felice avevo paura che sarei stata costretta a separarmi nuovamente da lei…e tutti questi vestiti? Hai fatto spese la notte scorsa!" Jan sorrise nuovamente dicendo "Ho pensato di fare bene! Non potevi partire con un baule pieno di velluti e broccato!" Marilisa lo baciò piena di riconoscenza e amore! In poco tempo, tutti quegli indumenti erano stati ripiegati e riposti nelle valige.
Mentre il vampiro faceva delle telefonate, la sua compagna si preoccupò di infilare il libro di Angelica nell'ultimo bagaglio. Cosa avrebbe scoperto in Inghilterra! Se stava sbagliando tutto? Forse quella storia non centrava niente con lei! Oppure poteva porre fine ai suoi incubi!
"Ora possiamo uscire! Per l'ultima scorrazzata veneziana, ho sistemato tutto, partiremo domani sera alle nove".
Arrivarono a Venezia ad ora tarda, ma c'era ugualmente della gente in giro, si avvicinava la primavera e la temperatura era mite. Salirono su una gondola rivestita di rosso, sedettero abbracciati come due innamorati in luna di miele ed il gondoliere col cappello di paglia cominciò a remare. Le luci si riflettevano tremolanti sulle acque dei canali. Il vociare della poca gente cullava la mente dei due giovani amanti che ammiravano la bellezza e la magnificenza di antichi palazzi. Passarono davanti alla Ca' d'Oro, "ormai non è rimasto nulla del rivestimento dorato, ma Jan forse l'aveva vista com'era in origine?!" pensò Marilisa stringendosi forte al suo ragazzo. In quel momento era felice, aveva dimenticato gli incubi, la madre, la sua nuova natura, ma… "dobbiamo cenare amore mio! Domani forse non potremo!" le disse il compagno. Il giro in gondola era finito, pagarono la tariffa e si inoltrarono nelle vie strette e buie, la scena si ripeté…. Incontrarono due turisti, questa volta erano russi che bighellonavano senza meta per quelle calli deserte. Jan si offrì di dar loro indicazioni e usò la sua conoscenza di alcune semplici espressioni russe per conquistarsi la loro fiducia. Così finirono per accompagnarli verso una meta fittizia. Li condusse nel solito vicolo buio tra due palazzi senza finestre e la cena fu servita. Dopo essersi nutriti, Jan legò ancora una volta insieme i due corpi con un pesante calcinaccio e li immerse silenziosamente in un canale nel quale svanirono. Quella scena ricordò a Marilisa le terribili sensazioni che aveva provato la prime volte che aveva ucciso, ma ora dopo così poco tempo era già abituata, era sicuramente una creatura malvagia, si sentiva perfida, ma se ne compiaceva perché altrimenti come avrebbe potuto vivere in quella nuova condizione di essere…vivente…?

 

Dopo un altro giorno di sonno immortale arrivò finalmente il momento della partenza. Con un taxi raggiunsero l'aeroporto e dopo alcune formalità si avviarono verso una uscita secondaria. appena fuori dell'aerostazione trovarono il jet che Jan aveva preso in affitto per il viaggio. Era un bimotore da dodici posti tutto dipinto di bianco e con una piccola insegna della compagnia di aeronoleggio. Marilisa non aveva mai volato su un aereo simile e la curiosità non faceva altro che accrescere l'eccitazione per il futuro che la attendeva. Avrebbe scoperto il senso dei sogni che da sempre turbavano le sue notti, ma avrebbe anche approfondito la conoscenza del suo nuovo stato di esistenza e poi.... c'erano Jan e Londra e quell'eccitante sensazione di andare incontro ad una stimolante avventura che attraversava i secoli e lo spazio.
L'interno dell'aereo era estremamente sobrio. Tutto era in un rilassante tono di grigio tenue. Si accomodarono sui sedili in pelle e attesero il decollo. In quel momento a Marilisa venne in mente un particolare che non aveva ancora considerato. Si affrettò a rivolgersi a Jan: "Ma......a Londra dove passeremo il giorno, dove riposeremo? Non possiamo mica andare in un hotel !!!!!".
Jan la guardò beffardo mentre si allacciava la cintura di sicurezza e poi le rispose: "Ma per chi mi hai preso? Secoli di vita ed esperienza serviranno pure a qualche cosa, mia adorata. Staremo a casa mia. Possiedo una casa a Londra dai tempi della regina Vittoria. Non si poteva non stare a Londra in quegli anni. Era il centro del mondo. Potevi trovarvi ogni cosa, era come se ogni luogo del pianeta avesse una rappresentanza in quella città. A Londra vissi un periodo piuttosto intenso e conobbi umani e vampiri tra i più interessanti che mai mi capitò di incontrare.
L'aereo intanto stava iniziando la corsa verso il decollo. Accelerava portentosamente mentre i suoi due passeggeri se ne stavano in silenzio come spesso capita ai normali passeggeri in quel frangente. Marilisa però non era ammutolita per la paura del decollo, era immersa nei suoi pensieri. Fantasticava sulla Londra in cui aveva vissuto il suo compagno, sugli artisti, i nobili, gli avventurieri.......
Quando il jet si fu stabilizzato in quota si risolse a chiedere a Jan notizie sui suoi anni in Inghilterra. Lui sorrise e iniziò: "Arrivai in Inghilterra all'inizio del XIX° secolo. Avevo vissuto gli anni della rivoluzione a Parigi con una certa eccitazione ma avevo voglia di cambiare aria. Decisi che non potevo che scegliermi Londra come nuova dimora. Mi affascinava il suo clima che oggi definireste cosmopolita ma c'era anche un'altra ragione. Mi ero invaghito di una giovinetta che avevo deciso di avere ad ogni costo. Era tuttavia nulla più che un capriccio, infatti, oltre alla sua bellezza non c'era molto di lei che fosse degno di nota. Era una scostante, capricciosa, egocentrica ma bellissima figlia di un conte svedese. Volevo farla mia almeno per una notte poiché il suo animo tanto immaturo non rendeva possibile la sua trasformazione in un vampiro. In quel periodo era di gran moda giocare all'amante sfortunato, al giovane maudit e bohemièn ed io non ero diverso, in ciò, dai mortali che sognavano di essere come il Werther di Goethe."
"Mmmmmm......Sono un po' gelosa - disse Marilisa in tono finto-adirato - eri un bel farabutto lo sai?"
"Amavo vivere la vita come solo un non morto sa fare" rispose lui a tono.
Il viaggio trascorse così tra scherzi e battute sulla vita nella Londra vittoriana. Dopo tre ore di volo erano all'aeroporto di Stansted, il più piccolo ma anche il più comodo degli scali internazionali di Londra. Dopo il ceck-in e il ritiro dei bagagli presero uno dei tradizionali black-cab e Jan ordinò all'autista di condurli nel quartiere di Chelsea. Durante il tragitto Marilisa sembrava una bambina, sempre con il naso appiccicato al finestrino per ammirare le strade di quella splendida città. Attraversato Albert Bridge, si ritrovarono finalmente nell'elegante quartiere di Chelsea. La casa di Jan era in Upper Cheyne Row, una tranquilla stradina tra Kings Road ed il Tamigi. Era una splendida casa in stile vittoriano. e Marilisa non poté non restare a bocca aperta quando Jan le annunciò: "Benvenuta nella sua dimora inglese mia regina!"
Lei sorrise ma all'improvviso, sull'uscio di casa si fermò con l'espressione estremamente enigmatica. Jan la guardò preoccupato ma lei esplose in un sorriso e disse: "Ma con la contessina svedese come andò mio impunito don Giovanni?"
"A posteriori posso dire che fu un'avventura molto divertente, fu la prima dopo la separazione da Angelica... Senza la mia creatrice mi sentivo solo e abbandonato, ma nello stesso tempo dopo quasi duecento anni, cominciavo ad assaporare l'indipendenza nella mia vita da vampiro. Potevo fare ciò che volevo senza rendere conto a nessuno, vagare solo per il mondo era una cosa stimolante, ma come gli umani, il mio spirito era inconsciamente incline alla ricerca della compagnia. Fu così che segui la contessina Gretel dalla Francia all'Inghilterra." Intanto erano entrati nella casa. Una scalinata di legno forse verniciata di bianco saliva al piano superiore, il colore era nascosto da una fitta coltre di ragnatele, l'ingresso era piccolo ma molto accogliente, anche se un manto di polvere dava un tono opaco ai tappeti, alle pareti e a tutto quello che riempiva il piccolo ambiente. "Entriamo nel soggiorno, non fare caso allo sporco mia cara, domani mattina verranno a pulire, non sono riuscito a farlo fare prima!" La sala che si trovava a sinistra della porta d'ingresso era grande e spaziosa, un grande tappeto rosso come le pesanti tende, copriva tutta la superficie del pavimento. Si accomodarono su un divano coperto da un lenzuolo, davanti ad un grande camino bianco, nel quale da più di un secolo non era più stato acceso il fuoco. "Questa casa è disabitata da moltissimi anni, ma ho cercato di curarla alla meglio anche da lontano! la comprai nel 1845 da una strana donna.......!
Gretel la svedese si era sposata bramosa di denaro con un Lord che aveva una trentina d'anni in più di lei, il suo vecchio marito era spesso in viaggio, ricopriva importanti funzioni in Australia, ed io ero riuscito ad avvicinarla ed a fare capolino nelle sue stanze in quelle notti per lei così solitarie...! Il suo corpo così giovane e bello era sempre un invito irresistibile, i suoi lunghi capelli biondi...! ma la sua personalità era così insignificante...! La sete di vampiro, durante una di quelle visite notturne le fu fatale. Una mattina la trovarono galleggiare nel Tamigi con la gola squarciata. Non provavo rimorso, per la prima volta non provavo rimorso per un mio delitto! Ero cresciuto, la separazione da Angelica mi aveva dato quella forza e quella scaltrezza che sono fondamentali per la sopravvivenza di un vampiro. Comprai questa casa qualche giorno dopo. Fu tutto molto strano...Mentre passeggiavo solitario vidi un cartello che metteva in vendita questa abitazione ristrutturata da poco. Suonai alla porta e mi venne ad aprire una giovane donna dai rossi capelli. In poco meno di un'ora la casa fu mia. La donna che si chiamava Margaret Holbein si offrì di essere la mia domestica, la sua famiglia l'aveva lasciata nell'indigenza, lo dimostrava la povertà del suo abbigliamento e dell'arredamento della casa. Io acconsentii a patto che venisse sempre e solo di mattina quando io ero a lavoro" Marilisa interruppe il compagno "Ma come hai detto che si chiamava? Ti rendi conto che quella donna aveva lo stesso nome della famiglia di Angelica!" Jan sorrise" Si lo notai subito, forse era una sua discendente ma certo non potevo dirle di aver conosciuto una sua parente vissuta duecento anni prima! e poi non mi andava di pensare a quello che mi ero lasciato alle spalle! così dopo un paio di giorni, vivevo qui. La casa era sempre in ordine, Meg (chiamavo così la mia domestica) era una perfetta donna di casa. Il nostro patto non fu rispettato a lungo! Dopo un paio di settimane da che mi ero trasferito nella sua ex casa, una sera bussò alla mia porta, avevo appena cenato e sicuramente avevo un bell'aspetto. Lei entrò con la scusa di chiedermi se ero soddisfatto del suo lavoro e rimase per tre ore a parlare con me seduti su questo stesso divano...! da quella sera ci vedemmo sempre. Andavamo all'opera, a Teatro, o semplicemente restavamo a parlare seduti davanti al fuoco, Meg non aveva molti amici, tutti la consideravano un po' bizzarra e forse si era innamorata del mio aspetto enigmatico. Trascorsero dei mesi che non dimenticherò mai. Lei mi faceva sentire un umano, potevo parlarle di tutto, tra noi c'era come un legame fraterno, riuscivo perfino a controllare la mia sete in sua presenza. Una sera mi portò un regalo, ...." Il ragazzo si alzò aprì una vetrina, ne trasse un pezzo di pietra grigia e lo porse a Marilisa, lei lo guardò meglio era una croce celtica, era grande quasi mezzo metro, allungò la mano per toccarla e.... provò una forte scossa... Rimase sbalordita ma non disse nulla continuò ad ascoltare il racconto "Mi regalò questa, anzi mi disse che avrei dovuto tenerla con molta cura, come se fossi il custode di un segreto, perché così le era stato detto in sogno. Aggiunse che neanche lei sapeva spiegarsi il significato del gesto, che quella pietra era sicuramente la croce tombale di un suo avo che era stata conservata dalla sua famiglia per secoli. Non volle raccontarmi nulla del suo sogno e dalla sua famiglia, mi disse che era troppo scossa e che me ne avrebbe parlato in qulch'una delle sue prossime visite. Mi ero affezionato a quella donna umana in un modo impensabile. Avrei potuto trasformarla in un vampiro, ma ogni volta che cercavo di farlo, sentivo che non dovevo, che non era lei la mia compagna, adesso so cosa aspettavo...! Aspettavo te amore mio!" Un lungo bacio accompagnò il silenzio che avvolse i due giovani nella loro nuova dimora, poi Jan continuò "purtroppo sbagliai senza volerlo. Quella fu l'ultima volta che vidi Meg viva. Quando lasciò casa mia per tornare nella sua stanzetta nel palazzo che in quei tempi era qui di fronte, un vampiro la segui e si cibò di lei!..." Una lacrima solcò la guancia del ragazzo " Fu colpa mia, il suo carnefice era un mio amico...! Lo fece convinto che Meg fosse un pericolo, che potesse scoprire la mia natura. Secondo lui un vampiro non può essere unito in modo così personale ed intimo con un umano senza scatenare una catastrofe! volevo bene a quella donna, la consideravo come la mia famiglia!" Marilisa consolò il suo Jan e poi prese in mano la croce. Sentiva che la pietra fredda le bruciava le dita, avrebbe voluto gettarla via, ma nello stesso tempo era come se le sue mani fossero incollate a quell'oggetto inconsueto.
"Miaooo...!!!" si erano dimenticati di far pranzare Micia. Così tornarono alla realtà, e videro che era ormai ora di andare a nanna. Presa per mano la compagna Jan la condusse nel sottoscala, da li aprì una botola e scesero in una specie di cantina. In un angolo buio c'era un busto di un angioletto. Il ragazzo prese dalla tasca una chiave e la infilò nell'orecchio del cupido, la parete si aprì, i due vampiri entrarono e li c'era una grossa cassa, "Questo è il nostro letto!" Jan sollevò il coperchio ed insieme si coricarono nella cassa piena di cuscini di piume.

 

 

Durante il profondo sonno diurno, Marilisa vide la croce di Meg. Era piantata nel terreno, la ragazza vi si avvicinò… quando! sentì una voce che diceva "Sei viva! allora sei Viva?" si girò e vide un ragazzo che le correva incontro, era Jan!
"C'eri tu!! Eri tu il ragazzo del mio sogno!! Eri tu Jan!!" la vampira sembrava sconvolta. Il sole era appena tramontato. Jan come al solito si era svegliato qualche minuto prima della sua compagna ed era andato di sopra a controllare se la casa fosse stata ripulita come aveva ordinato. Al suo ritorno aveva trovato Marilisa in uno stato di febbrile agitazione. Cercò di calmarla stringendola a se e portandola fuori da quell'angusta cripta. La distese sul divano del salotto e si fece raccontare il sogno. Rassicurò la sua compagna dicendole che spesso accade che la realtà si fonda con i sogni e che probabilmente la sua presenza nel sogno di quel giorno era solo un caso. Marilisa sembrò recuperare la propria lucidità anche se non aveva l'aria di essere troppo convinta. E in verità non lo era neppure Jan.
"Hai fame amore mio? Ti va di mangiare inglese stasera?"
"Si!! Potremmo approfittarne per godere un po' di questa città" Rispose la ragazza entusiasta.
Si vestirono e presero un taxi che li accompagnò in centro. Sembravano due giovanotti come tanti, inglesi che affollavano la notte londinese in cerca di divertimento e trasgressione. Trascorsero qualche ora passeggiando lungo il Tamigi e ammirando il Tower Bridge, mentre Jan appariva spesso sbalordito dai cambiamenti che la città aveva subito in tutti gli anni trascorsi dal suo ultimo soggiorno. Si nutrirono senza difficoltà di un barbone che trovarono lungo il fiume e che fra le sue acque svanì per sempre. A quel punto Marilisa si ricordò di un museo che aveva visto nella sua precedente visita a Londra. Si avviarono così, verso una strada che costeggiava il fiume dal lato destro. Arrivati di fronte all'ingresso non poterono trattenersi dallo scambiarsi un sorriso di complicità. Il museo sorgeva dove un tempo c'erano le prigioni cittadine. La porta aveva la volta a sesto acuto e si stagliava sulla parete di pietra quasi del tutto priva di finestre. Come se non bastasse, ai suoi lati, due gigantesche statue incappucciate reggevano due torce e l'insegna non era da meno: "London Dungeon". Risero per l'improbabile situazione di avere due esseri come loro davanti ad un posto come quello, una sorta di feticcio per esorcizzare paure ancestrali di cui essi erano gli esempi più fulgidi. Continuarono la loro passeggiata notturna che comprese la city con i suoi grattacieli che formavano la corona all'immutata maestosità della cattedrale di Saint Paul. In quello scenario irreale, tra quelle strade vuote che si sarebbero animate al mattino con migliaia di impiegati, manager e quant'altro, i due vampiri non smettevano di baciarsi, abbracciarsi e giocare come due innamorati. Marilisa spesso rideva allo stupore di Jan e alla sua leggera tristezza nel vedere un colosso di vetro e cemento al posto di un palazzo in cui aveva vissuto favolosi balli nel secolo passato.
Mezzora dopo la mezzanotte, un po' stanchi, decisero di entrare in un locale di Soho. Era un club ricolmo di ragazzi di ogni parte del mondo che ballavano e saltavano alla musica di una band che da un piccolo palco in un angolo suonava pezzi punk-rock. Si divertirono un mondo a ballare per ore e fecero anche amicizia con altri avventori a cui offrirono da bere e con cui chiacchierarono del più e del meno. Alle 4 di notte il locale chiuse i battenti. Così, dopo aver salutato i simpatici amici di quella notte (visibilmente avvinazzati) presero un taxi per tornare nella casa di Chelsea.
Appena entrati in salotto, gli occhi di Marilisa si soffermarono sulla croce celtica nella vetrinetta. "Hai detto che fu un dono di Meg. Hai poi scoperto il suo significato?".
"Purtroppo no. La croce è simile a molte altre usate in Scozia nel XVII secolo e non porta alcuna iscrizione che la colleghi ad un personaggio preciso. Per quanto riguarda la sua famiglia, i suoi avi, non trovai nulla che potesse aiutarmi a risalire più indietro di un paio di generazioni. Forse, però, le informazioni che raccolsi sono ancora in un incartamento da qualche parte in biblioteca."
"E del suo assalitore? Il tuo........amico?".
"Era un vampiro di recente trasformazione ma piuttosto arguto e intelligente. Nonostante una sorta di paranoia che lo portava spesso a vedere pericoli ovunque. Fu questo sentimento che lo portò a eliminare Meg. Lo fece perché pensava fosse pericoloso intrattenere rapporti tanto stretti con una umana. La colpa, tuttavia, fu mia e di nessun altro. Avrei dovuto trasformarla." Jan rimase per un attimo assorto nei ricordi. La compagna se ne accorse e lo abbracciò baciandolo teneramente. Gli piaceva l'umanità celata dalle tristezze di quell'essere immortale e ben poco umano. "Che fine ha fatto il tuo amico? Come si chiamava?" Chiese per spezzare quella tristezza.
"Si chiamava Arthur, Arthur Fenton. Non ho idea di dove sia finito. Non si mosse mai da Londra e, per quanto ne so, potrebbe essere ancora qui! Ma è tardi! Andiamo a riposare, domani notte dovremo occuparci delle ricerche. Non possiamo divertirci per sempre.....o forse si!!!".

 

Un altro giorno frettoloso trascorse. Il sole si abbassò lentamente sui tetti della città londinese. Marilisa vide la vecchia megera del libro piantare la croce di Meg in un cimitero, sotto un cielo grigio carico di tempesta. Quando si svegliò era calma. Arrivò frettolosa nella piccola stanza della biblioteca dove Jan era già all'opera, cercava le carte che parlavano di Meg. C'erano poche centinaia di libri in quella stanza con le pareti rigate dalla carta da parati che riprendeva il verdone delle tende di velluto. Non era certo paragonabile a quella del palazzo di Venezia! Sui due tavolini per la lettura c'erano ancora le lampade a olio che aveva usate Jan nella sua precedente permanenza. Mentre Marilisa toccava qua e la gli oggetti vittoriani sparsi nella stanza ed ora sgombri dalla polvere, il suo compagno urlò "Eccole…! eccole le ho trovate!" Da un mobile di elegante ebanisteria secentesca trasse dei fogli ingialliti e muffiti, legati da un nastro di raso nero. Si sedette sul pavimento coperto da un grande tappeto persiano invitando la compagna a fare lo stesso. Insieme cominciarono a sfogliare le carte. Margaret Elisabet Holbein era nata ad Edimburgo nel marzo del 1817, figlia illegittima di una donna di nome Mary Elisabet Holbein. Appena grande a sufficienza aveva lasciato la città per recarsi a Londra città di provenienza della madre, dove nessuno avrebbe saputo delle sue oscure origini, a parte la nonna, tale Lady Annie Elisabet Holbein Gray seconda moglie di un lord, che però la allontanò dalla sua casa per paura che la presenza della nipote potesse turbare il prestigio del marito ed il suo. Fu così che Mag finì a vivere nella casa di Chelsea, unico dono della nonna la quale aveva nascosto al mondo di aver avuto una figlia, Mary Elisabet Holbein nel 1799, appena nata l'aveva spedita in Scozia dove da molti anni si era trasferito un ramo della sua famiglia.
Per estrema povertà Meg vendette a Jan nel 1845 la casa. Era tutto qui! Niente altro sul conto di Meg. Unico tentativo era quello di indagare sul passato di Lady Gray…! Oppure andare in Scozia…scoprire perché erano andati via! Ma forse era tutto inutile! Unico indizio a spingere le ricerche in questa direzione era la sensazione che in Marilisa veniva scatenata dalla croce celtica. Ed il curioso ripetersi del nome Elisabet nelle donne della famiglia Holbein. Anche Angelica si chiamava Angelica Elisabet Holbein…! "Cosa ne pensi amore mio?" chiese Jan guardando la sua compagna. "Sono sicura che c'è un collegamento! Dobbiamo scoprire qualche cosa si Lady Gray!… ma adesso ho troppa fame per pensare usciamo!" Dopo la solita dose di coccole per il gatto, in poco tempo erano vestiti a puntino entrambi con giacche di pelle colorata e stivali neri, unica differenza era che la ragazza invece dei Jeans indossava una vertiginosa minigonna nera, anch'essa di pelle. Arrivarono davanti alla National Gallery, girovagarono un po' per Trafalgar square, fino a quando non puntarono due prede… dopo cena a mente lucida, la vampira propose uno svago che da molti anni era un suo desiderio e che nel suo precedente breve soggiorno londinese non aveva potuto soddisfare "Andiamo a ballare al Ministry of Sound?" Il ragazzo storse il naso, non era certo il suo genere di locale, ma come dire di no ad una compagna così seducente? Con uno dei vecchi taxi arrivarono nello strano quartiere, scesero davanti al capannone che doveva essere quella discoteca tanto famosa tra i ragazzi mortali del ventunesimo secolo, come lo era stata Marilisa fino a poche settimane prima. C'erano molti giovani, tutti con capelli variopinti e orecchini ovunque, anche nelle unghie. Jan era impressionato, lui non era certo un tipo così appariscente! Aveva sempre cercato di nascondersi ma si fece travolgere dalla carica esplosiva che esibì la sua compagna al ritmo di quella musica che per lui era incomprensibile, lei sembrava estasiata come se stesse bevendo del sangue d'infante. Se non ci fosse stato lui Marilisa sarebbe stata sorpresa dall'alba, a fatica riuscì a trascinarla via e metterla sul taxi verso casa. Sembrava impazzita, continuava a ballare anche in macchina come se nella sua testa rimbombasse ancora quella musica elettronica. "Grazie amore, grazie sei un tesoro! Sono felice " non faceva altro che parlare della serata in discoteca sembrava aver dimenticato il motivo della loro permanenza a Londra. Quando chiuse gli occhi per il quotidiano riposo vedeva ancora le luci psicadelice trasformare i colori. Questo non impedì ai suoi sogni di tornare alla ribalta, era al centro del rogo, ormai erano un po' di notti che non l'aveva più visto ed il terrore era agghiacciante, tra le fiamme che stavano per sopprimerla intravedeva la folla, rivide il gruppo di gentiluomini in gorgiera, con un viso famigliare tra essi, ma non riusciva a distinguere bene. Ad un tratto udì un forte boato e vide la croce di Meg piantata sul terreno al centro della piazza dove prima cera il suo rogo.

 

Quando si alzò era tornata se stessa, condusse Jan nel salotto, sedettero sul divano davanti al camino dove adesso il fuoco era acceso e Micia pisolava placidamente. Cominciò "dobbiamo trovare la famiglia Gray! Questi nobili hanno documentazioni sui propri avi, devo sapere da dove veniva la nonna di Meg, Ho cominciato a pensare che se io fossi la reincarnazione di qualcuno questa pietra forse è... è ... quella della...mia tomba! Forse non è così, ma non so perché l'ho pensato..." In quel momento suonò il campanello. Il ragazzo con un sorriso ed un bacio si alzò "Vado io!". Chi poteva essere? Aveva pagato in anticipo l'impresa delle pulizie, tramite banca... aprì la porta sicuro che chiunque fosse, lui era il più forte... "Arthur...!"
"Arthur!! Arthur Fenton!!!" Marilisa non aveva ancora mai sentito Jan parlare in stato di così evidente eccitazione.
"Già! Proprio il vecchio Arthur!! E' un'eternità che non ci si vede italiano" La voce dell'interlocutore di Jan tradiva l'accento inglese ed era squillante come quella di un giovane. Marilisa era troppo curiosa per restare in salotto. Schizzò letteralmente all'ingresso e si trovò di fronte il carnefice di Meg.
"Vedo che continui a trattarti bene in fatto di donne!!!" Arthur era un ragazzo dall'apparente età di non più di venti, ventidue anni. Aveva una zazzera di capelli biondi che gli scendeva sulla fronte e gli occhi azzurro-grigio. Indossava una giacca di pelle rossa e un paio di pantaloni neri.
Tutti particolari che Marilisa notò mentre Arthur si impegnava in un inchino alla vecchia maniera per salutare il suo ingresso nella stanza. Jan chiuse la porta e fece le presentazioni ufficiali. "La mia compagna Marilisa. Una delle predatrici più affascinanti che tu abbia mai conosciuto. Te lo garantisco mio caro Arthur!". "Non ne dubito Jan: Non ne dubito." Intanto Arthur la scrutava da capo a piedi con espressione compiaciuta. Lei si sentì un po' a disagio ma ci pensò Jan a spezzare l'imbarazzo spingendoli entrambi verso il salotto dove si accomodarono e dove i due vampiri come due semplici amici umani si diedero al racconto degli accadimenti degli ultimi 130 anni!!!!. Marilisa seduta al fianco di Jan ascoltò per ore le avventure vissute dai due compagni vampiri nella Londra del secolo passato. Era affascinata dalle descrizioni delle feste, dei locali malfamati nei Docks, delle navi cariche di spezie della compagnia delle Indie. E poi c'erano gli incontri con i personaggi che avevano fatto la storia e che animavano i salotti vittoriani. Arthur era un abile conversatore e fu così gentile da parlare sempre in italiano per far godere anche Marilisa dei racconti. Vedeva il suo Jan in abiti ottocenteschi che attraversava quell'epoca decadente e meravigliosa come un bellissimo angelo della morte che ammaliava le sue vittime con le raffinatezze più sfrenate per poi godere della loro vita. Si stringeva a lui e ogni tanto non resisteva dallo sfiorargli il viso con le labbra. Arthur, nel vedere quell'atteggiamento, non riuscì a trattenersi da qualche battuta sull'imborghesimento di un nobile perverso come era stato Jan.
Questi senza riuscire a celare un certo imbarazzo si spiegava con il passare degli anni e il cambiamento dei tempi, con l'età insomma! Risero spesso durante quella sera e presto a Marilisa sembrò di conoscere Arthur da secoli. Era un tipo affascinante....se non fosse stata pazza del suo Jan......ma lei aveva occhi solo per l'italo-olandese che le aveva donato l'immortalità. Lo strinse ancora di più e gli stampò un bacio sulle labbra mentre la stanza risuonava delle fragorose risa di Arthur. Quel che Marilisa notò subito fu che sia Arthur che Jan avevano conservato lo stile del ceto da cui provenivano. Ai suoi occhi Jan era spesso ancora un nobile veneziano mentre Arthur sembrava voler conservare con fierezza il suo passato di ragazzo di strada che in piena rivoluzione industriale si affaccendava nei sobborghi della grande città per portare qualche soldo a sua madre alcolizzata e ai suoi fratellini. Suo padre era morto in una miniera gallese in una delle tante esplosioni di grisou.
Questo non aveva mai impedito ai due di andare d'accordo. La differenza stava semmai nel diverso....stile di vita (si fa per dire) condotto dai due. Tanto Jan era inquieto e sempre in viaggio alla ricerca di un impossibile personale Graal, tanto Arthur era legato alla sua città da cui si era separato rarissime volte e di cui ormai conosceva ogni segreto. Era stato questo probabilmente a dividerli. Ma senza alcun rancore. Anzi, sembrava che non si fossero mai lasciati.
Poco dopo mezzanotte Jan si fece più serio. Guardò un istante Marilisa che capì immediatamente le sue intenzioni e che annuì e cominciò a parlare in tono meno disteso: "Credo di doverti raccontare qualcosa circa il motivo che mi ha riportato qui a Londra." Arthur si fece più attento e si sporse leggermente in avanti sulla sua poltrona. "Vai avanti....lo sai che....Beh.....ti devo una cosa importante" Marilisa capì immediatamente che si riferiva a Meg. Vedendo Jan farsi un po' più cupo, decise di prendere in mano la situazione e raccontò di getto ad Arthur tutto ciò che le era successo, sogni visioni e misteriose coincidenze. Né Jan né Arthur la interruppero. Raccontò tutta la storia, comprese le sue ipotesi e la sensazione che tutto ruotasse attorno alla famiglia Holbein. Alla fine del racconto i due vampiri rimasero in silenzio. Lei, che non lo aveva ancora fatto, ripensò all'accuratezza del racconto e si risolse che era stato meglio parlarne di getto senza panegirici, dopotutto anche il suo stato d'animo poteva essere un elemento rivelatore.
Arthur parlò per primo e disse: "E' una situazione piuttosto complicata ma non posso fare a meno di promettervi il mio aiuto. Chiedetemi pure qualsiasi cosa in mio potere. Me lo impone la mia amicizia per Jan, ma anche la mia colpa. Questo mi aiuterà forse a cancellarla" Marilisa aveva notato che in effetti quando era arrivata a parlare della lapide di Meg, Arthur non aveva potuto reprimere una smorfia di: dolore, vergogna, imbarazzo, non lo aveva capito bene.
"Allora adesso siamo in tre a correre dietro a questa follia. - disse Jan - Dobbiamo festeggiare!!!!". Scattò al pianoforte e cominciò a suonare un allegro minuetto. Arthur si avvicinò alla ragazza, le fece un inchino e la invitò a danzare. Lei era impacciatissima. Disse che era più da Ministry of Sound che da balli ottocenteschi. Arthur promise allora di portarli nei club più trendy di Londra. Si diede il cambio con Jan e continuarono a ridere della sua goffaggine in certi balli come lei aveva fatto con Jan la sera precedente.
Si lasciarono poco prima dell'alba. Arthur diede loro appuntamento in un locale in centro per le dieci della notte seguente.

 

Alle dieci erano insieme, avevano già cenato. Il locale era pieno di gente, Artuhr conosceva bene la vita mondana della città! E sicuramente quello non era il luogo migliore per cominciare le indagini. Ma i suoi amici erano a Londra da pochi giorni e sicuramente desideravano anche girare e godere della città.
Marilisa dalla sera prima aveva maturato una convinzione; Artuhr viveva a Londra forse da più di duecentocinquant'anni e sicuramente avrebbe saputo come intrufolarsi in alcuni musei che lei desiderava tanto visitare e che la sua condizione di vampiro gli impediva. Rivelò le sue idee con un po' di timore, ma il nuovo amico fu entusiasta di poter mostrare le sue infinite risorse, fu così che promise di organizzare per la sera seguente una visita notturna alla National Gallery.
Era rimasto sempre devoto al ricordo del suo grande amico Jan, avrebbe fatto di tutto per lui e per la sua nuova ed incantevole compagna, si era già mobilitato alla ricerca di indizi su Lady Annie Elisabet Holbein Gray. Aveva scoperto vari ceppi della famiglia sparsi per l'Inghilterra, adesso doveva risalire a quello che interessava loro.
Nonostante le proteste, i due italiani, furono spediti a casa a coccolare il loro gatto, mentre Artuhr proseguiva le sue indagini.
Il resto della notte per Jan e Marilisa trascorse un po' in ansia, sia per la bella gita che li attendeva, ma in particolare per le eventuali scoperte del loro amico.

 

Durante il sonno diurno Marilisa fece il sogno del giorno precedente: vide la vecchia strega alzarsi in volo dalla baracca nel bosco e posarsi su un palazzo grigio in stile palladiano, immerso in vaste distese di prati verdi il cui ingresso era costituito da un enorme cancello in ferro battuto coronato da una grande "G" dorata. Al risveglio si ripropose di raccontare tutto ai suoi due cavalieri, dato che non l'aveva fatto la sera prima, ma l'eccitazione della visita alla National Gallery prese il sopravvento!
Poco dopo le venti un taxi li conduceva all'appuntamento.
La loro guida li attendeva all'ingresso della galleria in Orange Street, Artuhr appena li vide si illuminò con un sorriso ed i canini rivelarono un pasto appena consumato! Entrarono tutti e tre nel museo preceduti da una signora piuttosto anziana, la quale aveva un cartellino appuntato sul petto con la foto e la scritta Sally, Marilisa anche se aveva studiato inglese nei cinque anni di scuola superiore, non riusciva a capire quasi nulla di ciò che la signora magra diceva, ma nella sua vita mortale si era dilettata di pittura e storia dell'arte tanto da riuscire a non avere bisogno di nessuna guida. Ammirarono le serie dei comico-tragici quadri di Willian Hogarth, i ritratti di Gainsborough quelli di Ingres, questi ultimi dipinti proprio quando Jan viveva a Londra, furono uno spunto per riportare alla memoria altri ricordi, sorridere degli abiti delle donne che sembravano mongolfiere, di quella cameriera dai capelli corvini, di quell'artista di cui si cibarono nel tal posto, ma quando giunsero davanti ad un dipinto del pittore Egbert van der Poel che rappresentava una veduta di Delft del 1654 Jan divenne pensieroso. Prese la mano della sua amata e disse "Avrei voluto che anche tu l'avessi potuta vedere così! Era una città bellissima, sai a Venezia, a casa, ho una veduta dipinta da Veermer...!" arrivarono alla donna in piedi davanti alla spiretta, dopo un quindici minuti di contemplazione, proseguirono ammutoliti. Il tempo...i secoli... Marilisa era triste si sentiva esclusa dai due accompagnatori a causa della sua esistenza così recente! Le sembrava di essere inghiottita da Pioggia, vento e velocità di Turner, si sentiva sola e persa nel romantico Sublime della natura, non poteva farci nulla, lei non aveva un passato così...!
"Guarda ...! Holbein! Questi dipinti sono di un pittore con lo stesso nome delle donne!" Artuhr gridò preso dall'euforia! Questo li riportò ad una dimensione spazio temporale attuale, il ragazzo continuò "penso che sia ora di uscire da questo museo e darci da fare! Dobbiamo fare un piano!"
Riferì di aver trovato tre indirizzi possibili, dovevano assolutamente intrufolarsi nelle biblioteche delle nobili famiglie per analizzare i loro alberi genealogici, e scoprire da dove proveniva lady Gray per poi andare sul posto e controllare eventuali tracce. Intanto erano saliti su un taxi. In macchina Marilisa raccontò del suo sogno: della villa e Jan fu pronto ad affermare che secondo lui quella poteva essere la casa che cercavano ed Artuhr indirizzò la vettura verso l'unica delle tre abitazioni indiziate che si trovasse in campagna, fuori dal centro abitato.
Jan era convinto ormai che la sua amata fosse vissuta in passato, era la reincarnazione di una delle parenti di Angelica e sicuramente l'averla trasformata in vampiro aveva portato a galla i ricordi dell'anima, ma era tutto così misterioso e confuso, il libro, la croce...
Se fosse stato una semplice reincarnazione, per lui sarebbe stato una grande delusione perché quello dell'immortalità non sarebbe più stato un dono esclusivo del vampiro ma di tutti, anche se la mente umana non riusciva a ricordare.
Erano ormai fuori dalla città, la luna illuminava le colline deserte, di giorno piene di animali al pascolo. Ormai la malinconia era scesa sull'animo del vampiro. Immaginava quei prati color smeraldo brillare al sole, le nuvole grigie arrivare da Nord, non le vedeva da secoli e non le avrebbe più viste, se la reincarnazione umana fosse stata una realtà lui sarebbe impazzito!
Guardò la sua compagna, era bella, i suoi occhi scuri brillavano del riflesso della luna, No!... lei era diversa dagli altri, un segreto si celava dietro la sua persona, l'immortalità era solo loro!
Si fermarono davanti ad un grande cancello sormontato da… una grande "G" che qualche tempo prima doveva essere d'orata, scesero dall'automobile che li avrebbe attesi li ed entrarono. Marilisa era sconvolta! Per la prima volta i suoi sogni avevano un riscontro reale! Adesso era tutto certo! Tutto vero! Erano sulla strada giusta. Lei aveva dentro di se un qualche mistero! Era una creatura magica per eccellenza, un vampiro che racchiudeva un segreto, in fondo ne era compiaciuta, la tristezza provata nel museo era scomparsa ora si sentiva importante. I cani che erano a guardia della casa, quando li videro corsero a rifugiarsi nelle loro cucce, così la ragazza ebbe modo di notare anche il potere che hanno i vampiri sugli animali e le sembrò quasi di essere onnipotente. Ma dopo pochi passi si trovarono davanti alla villa...era quella del sogno! la facciata a tre piani piena di finestre, l'ingresso con portico a sei colonne di ordine composito, era proprio nel posto giusto!
Come ipnotizzata si lasciò condurre all'interno da una porta secondaria, con la loro leggerezza e agilità riuscirono ad arrivare alla biblioteca senza essere visti. Non avevano molto tempo, cercarono come invasati, dopo qualche ora Jan disse che aveva trovato qualche cosa e che potevano andare via.
Avevano rubato un volume enorme con migliaia di pagine, non avrebbero mai potuto consultarlo in breve tempo, sarebbero servite ore.
Infatti tutto fu rimandato alla notte seguente. Dopo essersi congedati dal loro investigatore privato Jan e Marilisa cercarono il loro pasto e andarono a riposare.

 

 

Al loro risveglio erano entrambi molto eccitati per la curiosità di scoprire cosa nascondesse il volume portato via da villa Gray la sera precedente. Erano sulla pista giusta, gli elementi in loro possesso iniziavano finalmente a collimare, le loro supposizioni trovavano riscontro nelle visioni di Marilisa e, soprattutto, nei fatti. La sua compagna era già vissuta secoli prima, in Inghilterra, aveva a che fare con gli Holbein e con la loro stregoneria.
Marilisa si accomodò sul divano del salotto e, con Micia sulle gambe, si immerse nella lettura dell'antico volume. La prima cosa che fece fu far notare a Jan la differenza di scrittura delle varie parti che componevano il libro. Innumerevoli mani lo avevano scritto in epoche lontanissime fino all'anno 1972 quando le cronache si bloccavano bruscamente.
Arthur aveva promesso di passare la sera a cercare notizie sugli attuali discendenti degli Holbein e Jan pensò che l'esplorazione del libro fosse da affidare a Marilisa visto che la possibilità di risvegliare in lei qualche immagine o addirittura un ricordo era piuttosto concreta. Lui avrebbe potuto dedicarsi ad una ricerca diversa. L'idea lo aveva sfiorato più volte ma aveva dato lei scarsa importanza, sembrava che i problemi fossero altri. Ma ora...... Era chiaro che il maggiore filo conduttore nella vicenda era la famiglia Holbein. Lo era per la sua compagna per cui lui penava quando scorgeva in lei lo sguardo terrorizzato che seguiva i risvegli dai sogni....ammesso che fosse possibile dare loro quel nome.
Ma gli Holbein, anzi le Holbein erano state un punto focale della sua esistenza. A pensarci bene lui stesso sarebbe ora un mucchietto di polvere se non fosse stato per Angelica. Con lei era iniziata la sua vita immortale ed era proseguita con l'incontro di un'altra Holbein, Meg, che di certo era sua discendente, almeno alla luce degli ultimi fatti. Ed ora c'era Marilisa, la sua bellissima compagna che non avrebbe voluto veder soffrire per nulla al mondo. C'era un modo concreto di aiutarla a riconciliarsi col suo passato e chi poteva aiutarla era la sua creatrice, Angelica.
Per Marilisa decise di mettere da parte il suo orgoglio e tentare una disperata ricerca di colei che forse era in potere di spiegare loro come stavano le cose. Mentre guardava la sua splendida compagna passare dolcemente le mani sul pelo della loro gattina decise.
"Amore - disse - qui puoi continuare da sola. Io ho avuto una idea per aiutarti. Andrò fuori da solo stanotte. Devo cercare di parlare con alcuni vecchi amici".
Lei parve stranirsi a questa affermazione e provò timidamente a chiedergli di farle compagnia, ma bastò farle notare che lui era l'unico che quella sera rischiava di starsene con le mani in mano per farla alzare dal divano per baciarlo teneramente e augurargli una buona fortuna.
Si immerse nella notte fredda di Londra e si diresse verso un posto che gli aveva indicato Arthur. Non chiamò nessun taxi perché pensava che camminare gli avrebbe dato tempo per pensare. Non sapeva da dove iniziare nella ricerca di Angelica. Il mondo in cui si erano visti per l'ultima volta era stato stravolto ed in quegli sconvolgimenti una persona come Angelica poteva essere finita ovunque. Pensava di andare in un locale che gli aveva indicato Arthur e in cui si riunivano molti vampiri sia londinesi che di passaggio. Lì avrebbe cercato di ottenere informazioni ma era piuttosto scettico sulle sue possibilità. D'altronde era questa l'unica cosa che poteva fare, con la speranza, magari di incontrare qualche vecchia conoscenza.
Mentre costeggiava il Tamigi, gli venne alla mente un problema che lo spaventava più della possibilità di non riuscire a rintracciare Angelica. Il problema era la reazione dell'uno alla vista dell'altro. Il loro addio era stato burrascoso per motivi che potevano essere tutti ricondotti alla loro diversità. Un misto di gelosia, voglia di libertà e inadeguatezza aveva fatto esplodere un rapporto che era già logoro per colpa dell'assurda lotta che Angelica conduceva contro gli inquisitori. Ad esser chiari Jan non aveva nulla in contrario a tentare di salvare chiunque, umano o immortale, da quei fanatici.
Il fatto era che anche Angelica e i suoi amici erano diventati fanatici. Lui voleva scoprire il mondo, quello umano e quello oscuro, voleva sfruttare a pieno la sua condizione e lei voleva solo tenerlo lì come se fosse stato una specie di giocattolo......comunque ciò che conta è che tutto ciò disintegrò il loro rapporto.
"Angelica....Angelica....chissà se corri ancora dietro ai preti troppo zelanti" pensò Jan senza riuscire a nascondere un sorriso che lo fece scambiare per un mezzo pazzo da un gruppo di ragazzini in abiti "hip-hop" ( "li chiamano così no?" ) che gli passarono a fianco.
Intanto a casa Marilisa scorreva le pagine del volume con attenzione ed interesse. Quella famiglia era più vecchia di Jan, il primo componente era Sir John Riccard Gray nato nel 1280 e investito del titolo nobiliare dal re Edoardo I, che lo nominò membro del parlamento. Erano elencati uomini e donne vissuti durante le numerose guerre con la Francia e con la Scozia, ogni tanto in miniatura erano accennati anche dei ritratti, e figurava anche qualche nome straniero, per Esempio francese, la ragazza immaginava struggenti storie d'amore tra i due appartenenti a famiglie in guerra, vedeva dei Romeo e Giulietta fuggire tra i boschi, Trovò anche una Maryanne Stuart nata nel 1501, chi sa forse era una parente della regina di Scozia! Erano trascorse delle ore, ma non c'era niente che potesse interessarle, un po' stanca si rilassò sul divano, e si assopì, quando ad un tratto udì una voce di donna che chiama "Elisabeth! Elisabeth…!". Di scatto aprì gli occhi e pensò di trovare qualcuno vicino a lei, ma non vide nulla. Pensò che il suo udito da vampiro le avesse fatto ascoltare cose dette fuori dalla sua abitazione e con rinnovato zelo continuò a sfogliare il volume. Dalla prima persona elencata nata nel XVIII sec. il libro non era più manoscritto ma stampato. Ad un tratto arrivò alla pagina tanto cercata Annie Elisabeth Holbein nata a Londra il 15 novembre 1784 da Margaret Elisabeth Holbein vedova Steel nata a sua volta nel 1760 nello Yorkschire. Da questo momento ogni generazione aveva la sua Elisabeth. Nel 1806 la signora Gray aveva dato alla luce un'altra bambina che aveva chiamato con lo stesso nome della prima Mary Elisabet Gray, proprio come la mamma di Meg. Da Mary era nata un'altra Annie Elisabeth nel 1827, nel 1857 un'altra Mary Elisabet da questa nel 1880 Margaret Elisabeth, nel 1910 Emily Elisabeth, nel 1932 Mary Elisabeth, nel 1950 Emily Elisabeth e nel 1972 era inserita una pagina bianca sulla quale era scritto "Dear Elisabeth, we love" qui finivano le pagine scritte del volume.
La vampira aveva la testa piena di nomi, che infondo erano senza senso, un certo avvilimento si impadronì di lei, le ricerche erano lente e così confuse, cosa poteva avere a che fare lei, figlia di una famiglia di lavoratori emigrati, abruzzesi, italiani con questa nobile famiglia o con la stirpe delle strane Holbein?
In quel momento suonò il campanello, era Artuhr. Entrò porgendole un gran mazzo di tulipani variopinti "Ben trovata cara amica, vedo che il tuo cavaliere ti ha lasciata sola alle prese con l'albero genealogico della nostra illustre famiglia!" La ragazza annuì con il capo e tornò a sedere sul divano del salotto. Il nuovo arrivato le si avvicinò le prese la mano e disse: "So' cosa pensi. Ma non preoccuparti arriveremo alla soluzione, Jan si sta' impegnando come non l'ho mai visto fare ed io, la stessa cosa." Si impegnò a trovare Lady Emily Elisabeth Gray, ed invitò Marilisa a sorridere. Era quasi arrivata l'alba quando Jan entrò nella stanza, fu un po' sconcertato nel vedere i

due vampiri seduti vicini sul divano. Una gelosia quasi dolorosa gli strinse il cuore. Si avvicinò accennando un finto sorriso chiedendo come mai Artuhr fosse ancora li. Quando finalmente riuscì a liberarsi dell'amico, si getto tra le braccia della ragazza dicendole "Sono geloso, non voglio che tu ti allontani da me, è stato difficile dividerti con Micia, ma adesso non voglio combattere contro Artuhr! Tu non sai come sono forti i legami e i contrasti tra i vampiri, provi attrazione per lui? Vuoi lasciarmi per lui?" Marilisa sorrise, non poteva negare a se stessa di sentire una certa attrazione per quel vampiro proletario era felice quando lo vedeva, lo sentiva uguale a lei, ma il suo Jan era un'altra cosa "No! come ti vengono in mente certe idee? Certo è molto bello, provo per lui ammirazione, ma a te ti amo!" Un forte abbraccio chiuse la discussione.
La sera seguente appena svegli seguirono il forte richiamo del sangue, dopo essersi saziati, Marilisa chiese a Jan della sera prima, ma lui fu evasivo e disse che avrebbe parlato solo quando avesse avuto delle certezze.
Con i visi coloriti dal vigore del pasto andarono a sedersi a Piccadilly Circus. Le luci erano colorate la gente allegra e festante, era pieno di italiani in vacanza. Marilisa fece conoscenza con varie persone e per un po' dimenticò tutto il resto. Ma appena arrivati vicino casa incontrarono Artuhr euforico, aveva trovato lady Emily E. Gray. Viveva in campagna ed era l'ultima discendente della famiglia Gray ed ovviamente anche delle Holbein. Lui aveva organizzato tutto per la sera seguente, con un taxi l'avrebbero raggiunta e forse chi sa...! Avrebbero scoperto qualche cosa!
Poco dopo si separarono, Marilisa trascorse la notte girando per le vie della città assorta nei suoi paranoici pensieri. Arrivò a Victoria Station, si diresse verso George's Drive, dove aveva soggiornato nella sua visita da umana alla città. Ripensò alle persone che non avrebbe più visto, ai suoi genitori ad Elena. Entrò in una delle rosse cabine telefoniche londinesi e compose il numero. L'amica rispose... una lacrima solcò il viso della vampira che non riuscì a parlare e riagganciò! Non capiva il motivo di quell'angoscia, o forse non voleva capire. Cominciò a correre, era veloce, anzi velocissima, le poche persone che erano ancora in giro quasi non si accorgevano di quella figura che li sfiorava, si ritrovò in pochissimo tempo davanti alla casa di Chelsea. Sedette sui gradini della porta al chiarore della luna mentre Micia faceva brillare i suoi grandi occhi gialli in contemplazione della pallida padroncina. Ancora qualche lacrima le solcava il viso quando tornò il suo compagno, con il quale si ritirò per il quotidiano riposo.

Quel giorno sognò la bella donna che la cullava che ad un tratto la guardò e disse "sei diventata proprio bella, sorellina mia".
La sera dopo tutti e tre elegantissimi Jan ed Artuhr in smoking, Marilisa con un lungo fasciante abito di tulle nero, si apprestarono al fatidico incontro. Anche Jan aveva sospeso la sua solitaria ricerca per accompagnare gli altri due, forse anche perché troppo geloso per permettere che Marilisa dividesse un incontro così importante solo con Artuhr.
Dopo un'ora di viaggio la macchina si fermò davanti ad una specie di cottage, era tardi per una visita di cortesia, ma evidentemente c'era una festa in corso. Dalla casa proveniva della musica e un vociare allegro. La ragazza era terrorizzata, come sarebbe stata la Lady? Cosa avrebbe dovuto dire lei?
Una cameriera li fece accomodare nel salotto, era sobrio con pochi mobili stile impero e una ventina di persone elegantissime si aggiravano nella stanza, stuzzicando da un ricco buffè. L'agitazione dei tre non era visibile, ma sempre in crescendo, quando ad un tratto una signora sorridente si avvicinò a Marilisa e le disse in quasi perfetto italiano "Buonasera signorina, lei è la giornalista italiana che è stata inviata per l'intervista?" Artuhr si introdusse prontamente baciando la mano della donna "Buonasera e buon compleanno signora Gray. Si! Siamo i giornalisti venuti per l'intervista!"
Molto gentilmente la signora alta di bell'aspetto anche se dimostrava i suoi cinquanta anni, li fece accomodare in un piccolo salottino laterale. "Da cosa vogliamo cominciare? Posso offrirvi dei biscottini inglesi, miei cari ospiti?" I vampiri si scambiarono uno sguardo di disappunto e Jan un po' alterato per il fatto che Artuhr non li avesse preparati alla situazione fu il primo a parlare "Dunque lady Gray, noi sappiamo che lei è l'ultima discendente della sua famiglia, e quindi abbiamo pensato di rivolgerci a lei per il nostro articolo su….! Su…! Stiamo scrivendo un articolo sull'evoluzione del costume nelle famiglie nobili del paese…" Il colloquio per una buona mezz'ora non approdò a nulla, fino a quando Marilisa non pose una domanda decisiva "Come mai nella sua famiglia da Lady Annie Elisabeth Holbein, ogni donna ha avuto sempre per secondo nome Elisabeth?" La signora divenne pallida, seria ed il sorriso che aveva sempre illuminato il suo volto si oscurò. Disse che era sicuramente una coincidenza e che non aveva più voglia di parlare. Si alzò e tornò nell'altra stanza lasciando i tre amici un po' turbati. Per tutta la serata la signora fu triste e seria. Marilisa cercò più volte di avvicinarla ma lei sfuggiva. Quando tutti andarono via, la Lady si lasciò cadere sulla poltrona vicino al camino e guardando i tre disse: "Potete andare via, non vi dirò nulla!" Dopo una pausa di silenzio, la vampira si avvicinò alla signora Gray dicendo "Siamo venuti dall'Italia solo per sapere della vostra famiglia, perché non vuole aiutarci!" La signora lesse la disperazione negli occhi di quella strana ragazza così pallida, ma incantevole e non riuscì a resistere, come ipnotizzata cominciò a parlare: Io…! Io…! Non so molto…! Ho saputo da mia nonna Emily, che aveva il mio stesso nome che in me si univano due stirpi importanti, quella dei Gray che tutti conoscevano e quella delle Holbein sconosciute al mondo moderno, ma che nel seicento avevano avuto una certa importanza. Elisabeth è forse una delle capostipiti, so' che morì molto giovane e fu uccisa, per questo il suo nome è stato tramandato suppongo, mi diede un libro manoscritto che disse essere l'unica eredità tramandata dalla famiglia Holbein da madre in figlia e che io avrei dovuto dare alla mia.", "Un libro? E dov'è adesso? Non potrei vederlo?" Marilisa scattò come una molla, forse era il libro che aveva sognato! "E' a Londra nella biblioteca di famiglia, io non entrerò mai più in quella casa e quindi non credo sia molto facile per voi poterlo vedere! Non ho mai capito cosa contenesse, era scritto in un modo per me illeggibile!" Artuhr interruppe il discorso "Avete una figlia?" La donna non riusciva a smettere di parlare, non avrebbe voluto, ma quei tre erano irresistibili, i loro sguardi la ipnotizzavano ed era come se la sua volontà non contasse più "No! Non ho mai avuto una figlia perché non mi sono mai sposata….nel… nel 1972 ebbi una… una visione che fu decisiva per la mia vita…vidi un fantasma!" La donna guardò i suoi interlocutori pensando che avrebbero sorriso, e fu stupita nel vedere che invece erano molto interessati e seri "Ma chi siete? Cosa volete?" Marilisa carezzò la guancia di lady Gray rassicurandola "Scriviamo per un giornale che tratta argomenti paranormali! Quindi parli liberamente, noi le crediamo!".
La sua gelida mano diede una scossa alla signora, ma la donna pensò che era solo un contatto con la pelle fredda quello che aveva sentito e continuò "Quella notte…! non ho mai capito se stavo sognando o se … Vidi una donna molto anziana che mi si avvicinò e mi disse che io non avrei avuto figli perché…! Perché la maledizione si era compiuta in modo diverso, ma di non disperare perché la nostra stirpe avrebbe vinto e sarebbe durata in eterno, e che l'amata Elisabeth avrebbe dovuto avere un posto migliore di tutte le Holbein, così la mattina dopo feci stampare l'ultima pagina dell'albero genealogico della famiglia e lasciai per sempre la villa che aveva ospitato per secoli la mia famiglia."