CAPITOLO I
Era una notte buia e tempestosa.............
..........oscure presenze vagavano non viste e malevole, protette da un'impenetrabile oscurità.
Nessuno osava avventurarsi in questo crogiolo di incubi invisibili...... nessuno tranne una giovane fanciulla dai capelli corvini. Camminava a passo spedito nel gelo di quel deserto irreale che sembrava la città. "A casa", pensava ".....voglio solo tornare a casa!", mentre rabbrividiva sgambettando per la via buia e solitaria. Il suo cuore cominciò a battere più lentamente quando scorse il cancello di casa e già pregustava il calduccio e la sicurezza delle mura famigliari, ma... fu allora che la sua vita prese una svolta assurda e irreversibile....."Buonasera madamigella". Una voce dal buio... quasi le esplose il cuore... stava per scappare urlando ma riuscì a recuperare la calma e seppure con i brividi lungo la schiena, ebbe la forza di voltarsi verso il buio da cui proveniva la voce. Lentamente, da sotto un albero che la nascondeva anche alla flebile luce dei lampioni, uscì una sagoma scura che lei non riuscì a distinguere chiaramente fino a che non le arrivò a meno di un passo... stava per fuggire sul serio quando incrociò lo sguardo di quel misterioso interlocutore. Era un ragazzo poco più giovane di lei, con i capelli neri come una notte senza luna, indossava un cappotto nero, lungo fino al ginocchio e dei jeans del medesimo colore... ma, soprattutto, aveva nello sguardo qualcosa di insolito...."Chi sei ?" riuscì a balbettare la fanciulla mentre le gambe non cessavano di tremarle. "In un certo senso, sono il tuo futuro" disse il ragazzo che, per un attimo sembrò emanare una luce lunare.
Quella fu l'ultima frase che ascoltò nella sua breve vita mortale.
Il suo corpo si risvegliò in una splendida stanza con le pareti ricoperte di finissimo broccato, rischiarata dalla luce di mille candele, dalle grandissime vetrate si vedeva il mare (...quale mare ?...) sormontato da una gigantesca luna piena... (LA TEMPESTA ERA PASSATA ) .
Al fianco del suo letto a baldacchino, su una antica sedia dorata rivestita di velluto viola c'era quel ragazzo, adesso vestiva un elegante abito di velluto nero. "Benvenuta tra il popolo oscuro mia bella Marilisa". Disse facendo balenare il fulgore di due canini innaturalmente sviluppati.
Ora sembrava tutto più chiaro, ma la fanciulla non voleva credere a una cosa tanto spaventosa e quasi in preda agli spasmi, riuscì solo a sussurrare: "Ma tu chi sei?" Con voce suadente gli venne candidamente risposto: "Beh ... piccola mia, una volta mi chiamavano Jan ".
Adesso
quella voce era così famigliare! Il suo suono era caldo e
rassicurante. La fanciulla, non riusciva ancora a comprendere
come si trovasse in quel lussuoso appartamento d'altri tempi.
Guardò attentamente il ragazzo, era bellissimo, il suo viso era
bianco e luminoso come la porcellana, le sue labbra rosse ed
invitanti come fragole mature, ma i canini!? Non poteva credere
che ciò che vedeva fosse vero! Per tanto tempo aveva sognato
l'esistenza di un essere così... divino! Ed ora era li, vicino a
lei. Si alzò dal letto per avvicinarsi alla presenza, ma appena
sfiorò il pavimento di legno scuro, le gambe non ressero e
cadde.
Ma...! Non provò dolore, il suo amico sorrise le tese la
mano...! una mano bianca perfettamente levigata, femminea. Lei
l'afferrò quasi con disperazione, era calda! Come poteva essere
calda? Allora era solo un trucco! Il ragazzo sembrò intuire ciò
che Marilisa si chiedeva, rispose "Sono caldo perché tu mi
sei dentro! La tua vita mi ha scaldato. Sei debole non riesci a
camminare perché io ho la tua vita! Tu potrai avere la mia, e
resteremo insieme per sempre...! Ti seguo da mesi, so' dove vivi,
chi sono i tuoi amici, quali sono i tuoi desideri ed i tuoi
pensieri, voglio che tu stia con me per l'eternità, ti ho tolto
la vita per dartene un'altra, ho solo voluto attendere il tuo
risveglio per renderti cosciente del dono che sto per
farti!"
Si avvicinò ancora di più alla ragazza, le sfiorò le labbra,
la strinse tra le sua braccia quasi fino a fermarle il respiro e
le chiese "vuoi restare con me?". Lei era spaventata,
aveva paura, ma quelle braccia erano così forti, che le sembrò
di poter fare tutto per lui.
Fissò i suoi occhi in quelli di Jan e disse...
"...Si!".
I canini affondarono di nuovo nel collo della ragazza, che sentì
il corpo sollevarsi fino al cielo e la sua anima attraversare
l'universo.
Ad un tratto lui la spinse lontano, lei cadde, ma non perse i
sensi. Aveva solo sete, molta sete. Lui sorrideva mentre si
avvicinava di nuovo, le porse ancora una volta la mano, ma questa
volta, sul polso c'era una ferita dalla quale sgorgava sangue.
Lei con un impulso felino l'afferrò e bevve!
Sembrò che una sete animalesca la spingesse verso quel sangue.
Non era più in se. Esisteva solo la sete di sangue... e la sua
Estasi. In ginocchio, gli occhi chiusi, le labbra sul polso di
lui. Durò al massimo un paio di minuti ma per lei fu il piacere,
qualcosa di infinitamente sensuale, l'estasi e l'innamoramento.
In quello scampolo di magia sentì, ad un tratto, un leggero
spintone, leggero ma deciso. Era lui che la scostava dalla sua
mano che intanto si chiudeva e si allontanava dalla sua bocca.
Alzò gli occhi verso di lui e lentamente riconquistò la
lucidità. Le sembrò che il viso del vampiro fosse diventato un
po' più pallido e smagrito, ma con quell'oscurità non poteva
giurarci.
Intanto gli effetti dell'Estasi stavano lentamente svanendo e in
lei prendeva forma un senso di benessere e potere che lui le
spiegò avrebbe accompagnato tutta la loro eterna vita oscura.
"Adesso sei pronta - le disse - sei una predatrice notturna,
vivrai in eterno della vita dei mortali, in eterno staremo
insieme, prederemo insieme e tu resterai per sempre così,
splendida e letale, un incubo nella forma di un sogno" e
mentre parlava, la fece alzare sulle gambe che ora non avevano
più alcuna difficoltà a sostenerla e la condusse verso la
vetrata che si apriva sul mare. Lei taceva, la sua vita
precedente era stata cancellata, ora era nata di nuovo, ma queste
considerazioni non erano per lei motivo di inutile arrovellarsi,
semplicemente sapeva da sempre che ciò che le era accaduto era
il miglior destino che potesse attenderla e nel suo profondo non
aveva mai desiderato altro. Così si affidava all'ombra che
l'aveva condotta alla sua nuova vita come se la conoscesse da
sempre. Ma come poteva non fidarsi di chi in una sola notte era
stato per lei: sposo, fratello, padre, amante?
Nonostante il suo stato di sereno abbandono, a scuoterla bastò
la vista del mare che si godeva dalla vetrata. Era incredibile
come la luna piena colmasse d'argento il mare ... la spiaggia ...
e il cielo ... sembrava che fossero abbaglianti .
Il ragazzo ancora senza proferire parola aprì la grande vetrata
e la condusse sulla spiaggia bianca.
Dio !!.. sembrava di camminare sulla luna, tutto era lucente di
un chiarore abbagliante in cui loro due camminavano abbracciati
come se non fossero altro che due fidanzatini mortali. Arrivati
sulla riva del mare entrambi, senza dirsi nulla, si voltarono
l'uno verso l'altra e avvicinarono le labbra.
Dopo un leggero bacio lui si soffermò sul suo collo, la sua
fronte, le sue gote .... fino a tornare a tuffarsi sulle sue
labbra.
Ad un tratto, però, la magia fu spezzata !! Un'esplosione!!
un'altra!!! una serie di esplosioni alla loro destra !!!!!
I due ebbero un sussulto, si scostarono e volsero lo sguardo
verso il lembo di costa da cui provenivano le esplosioni.
Quello che videro li meravigliò e li fece sorridere. A qualche
chilometro lungo la costa c'era un paese in festa e le esplosioni
non erano altro che i fuochi d'artificio che coloravano: cielo,
mare ed anche i tetti del piccolo villaggio.
Si sorrisero di nuovo e ancora in silenzio ... ripresero a
baciarsi.
Ma ad un tratto lei fece uno scatto quasi felino, e rimase
immobile a fissare gli alberi neri che incorniciavano la
spiaggia...!
Lui l'abbracciò forte come prima che lei "nascesse", e
le sussurrò, "so' a chi pensi, devi decidere cosa fare di
loro!"
Lei li amava, ma ormai era morta e rinata...! Cosa avrebbe detto
ai suoi genitori!? Non poteva sparire senza rivederli, sarebbero
morti di dolore! Erano in viaggio in quei giorni, ma sarebbero
tornati presto! Cosa Avrebbe fatto? Rimandò tutto al giorno
dopo. In quel momento non poteva importarle, era felice della sua
nuova vita e del suo nuovo genitore e compagno, voleva godere di
quella notte, non ancora coscia di possedere l'eternità.
Non si accorse che erano tornati verso quella casa, così...
strana. Era di pietra grigia, i mattoni erano leggermente
aggettanti ed il tetto piatto era circondato da una corona di
merli ghibellini, le grandi finestre gotiche, trifore ad arco
acuto avevano i vetri colorati, le candele accese all'interno ne
facevano risaltare le strane decorazioni, erano draghi,
cavalieri, sembrava la storia di S. Giorgio. Rientrarono nella
casa da un portone di legno nero, borchiato con spuntoni di
ferro, salirono una stretta scala di pietra i cui gradini erano
consumati al centro, come se avessero mille anni, Arrivarono
davanti ad una porticina, il ragazzo con uno sguardo luminoso la
guardò e disse, "questo angolo della mia casa è tuo!"
aprì la porta... Marilisa si trovò in una stanza ottagonale, le
pareti erano coperte quasi completamente da preziosi arazzi, il
pavimento da un enorme tappeto consumato, ma nel quale si vedeva
ancora l'antico disegno, una battaglia sulle rive di un fiume
Nella stanza non vi erano finestre, (le quali per un vampiro non
hanno molta importanza!), fu incuriosita dall'unico dipinto
presente nella camera, era appeso su una striscia di parete,
quasi l'unica scoperta dagli arazzi, si avvicinò, osservò con
attenzione, rappresentava una donna bionda seduta davanti ad una
spiretta, mentre assorta leggeva una lettera, sullo sfondo del
dipinto figurava una carta topografica, ma cosa strana e
sconvolgente per Marilisa che era un'appassionata d'arte, la
fanciulla indossava una giacca gialla bordata di ermellino,
sembrava un dipinto di Veermer, un incrocio tra La collana di
perle e fanciulla in giallo che scrive una lettera, pensò fosse
uno dei tanti falsi in giro per il mondo. Al centro della stanza
c'era un divano, identico a quello che David dipinse nel ritratto
di Madame Rècamier. La ragazza vi si accostò e lo sfiorò era
foderato di broccato di seta dorato. Con fare lento e divertito,
Jan aprì un grande armadio di legno intagliato e disse
"puoi prendere quello che vuoi e quando vuoi!". Lei
spalancò gli occhi, allungò la mano e sfiorò le stoffe
preziose. Fino a quel momento non si era resa conto di essere
sporca di sangue, prese un abito di raso nero lo carezzò e lo
guardò come una bambina con la sua prima bambola, guardò il suo
compagno e mentre stava per parlare, lui uscì dalla stanza
dicendole "sarai ancora più bella con quello indosso
amore". Infatti era vero. Il viso bianco era luminoso contro
il nero colletto rigido dell'abito audacemente scollato. Lo
strascico era frusciante e sensuale. Mentre si rimirava nel
grandissimo specchio con la cornice di legno dorato udì arrivare
una musica, era Tchaikovsky, un brano della Bella Addormentata,
che lei tanto amava. Si diresse verso la porta scese le scalette,
il suono veniva da sotto il pavimento. Vide un'altra scala in un
angolo buio che scendeva ancora sotto una botola. Con grande
timore cominciò a scendere i gradini ancora più consumati degli
altri, non c'era illuminazione ma lei vedeva ugualmente come un
gatto, la musica era sempre più vicina. Attraversò un corridoio
strettissimo senza aria dove si sentiva un forte odore di chiuso
di muffa e di ... morte. Giunse ad un'altra porta, questa era
aperta, entrò, c'era Jan "Ti aspettavo... sei ancora più
bella di quanto pensassi!" con una mano le indicò... un
grande sarcofago di pietra. "Anche questo è tuo!"
Lei lo guardò e disse "Ma chi sei? Anzi chi eri? Da dove
vieni? Perché hai scelto me e dove siamo? Che posto è
questo?"
Lui sorrise e le disse "E' normale che tu sia curiosa... se
non arriviamo alla follia, lo siamo tutti al nostro
risveglio".
E dicendo ciò la invitò a sedersi sul coperchio del sarcofago
in pietra. Facendolo la ragazza ebbe la possibilità di
osservarlo più da vicino e ne rimase sbalordita. Era finemente
intagliato su tutta la sua superficie e lei sembrò perdersi nei
solchi che un abile scalpellino aveva segnato secoli prima. Con
un colpo di tosse, volutamente forzato Jan la distolse dalle sue
riflessioni. "Non credo che mancherà il tempo di perdersi
in quegli intagli e nella storia del sarcofago... sai, è più
antico di me e di questo palazzo, era di un nostro fratello molto
antico che neppure io ho mai conosciuto". Intanto si era
accomodato, col suo solito fare leggero su una rozza seggiola
nell'angolo di fronte a lei ed aveva acceso una delle candele di
un candelabro d'argento annerito, poggiato su una botte da vino
piena di buchi.
"Lo so che non è un posto molto comodo né molto adatto a
passarci l'eternità, ma è più che sufficiente ad accudirci
nelle ore del sonno, tanto col buio avremo tutta la casa a nostra
disposizione, ma cosa dico? Io e te avremo il mondo a
disposizione !!!! ".
Lei lo ascoltava in silenzio e si guardava attorno. Alla luce
della candela si notava chiaramente la struttura delle pareti,
era simile a quella che aveva ammirato nelle ville romane di
Pompei ... ma dove diavolo era finita? ".
"In effetti anche questo posto è molto antico, molto più
di quanto sembra, Gli umani pensano che sotto la costruzione che
si vede in superficie non ci sia nulla, in realtà il nucleo
originario risale a periodi precedenti. Le fondamenta poggiano su
una struttura risalente agli ultimi secoli dell'Impero Romano.
Era un tempo di decadenza, ben si addice ad esseri come noi,
dopotutto anche la letteratura umana lega le nostre figure a
tempi bui e decadenti". Disse col solito sorriso.
Si fermò a fissarla come se si aspettasse qualcosa da lei. Era
veramente bellissima, i suoi capelli erano ancora più lucenti e
gli occhi! Erano così intensi che mettevano in soggezione anche
lui che doveva sforzarsi per non darlo a vedere. Che splendida
compagna si era scelto per la sua interminabile vita !!!!
Lei era stupita dal fatto di non essere per nulla spaventata,
anzi... si sentiva sicura come forse mai lo era stata prima e si
lasciò cullare dalla voglia che come le aveva confessato il suo
compagno (.... compagno!!!! rendeva l'idea al meglio... compagno
in ogni senso .... già i SENSI !!!!!! ) assaliva ogni
risvegliato.
La curiosità l'attanagliava. Il mondo era del tutto diverso da
come aveva creduto fino a poche ore prima. L'esistenza di esseri
come lei stravolgeva ogni visione dell'universo creata dai
mortali in secoli di speculazioni. Lei ora bramava la conoscenza
di tutto, passato, presente e possibile futuro che la attendeva.
A dispetto della vita eterna che aveva davanti a sé, voleva
tutto e subito.
"Ci sono passato anch'io." La voce che la scuoteva di
tanto in tanto era divenuta una costante ma.... a guardare bene
il suo interlocutore era una piacevole costante.
"E' il caso che io ti avverta che non avrò tutte le
risposte. Un essere eterno ha molte risposte ma è ancora troppo
debole per quelle fondamentali. Ad ogni modo, tornando alla
letteratura su di noi, contiene parecchie inesattezze, molte
idiozie e qualche verità. Quel che conta è che siamo immortali,
eterni, almeno potenzialmente, ci uccidono DEFINITIVAMENTE solo
il fuoco e la luce solare. Siamo come degli umani, se non fosse
per i nostri sensi più acuti, per la nostra forza e per ...
l'alimentazione. Per vivere dobbiamo nutrirci del sangue dei
viventi. Domani notte non potrai resistere al richiamo del sangue
e avrai la tua prima caccia. Ed il tuo primo contatto con i tuoi
poteri."
Marilisa non rimase affatto stupita né impaurita, addirittura le
apparve immediatamente un'esistenza allettante e stimolante. Si
volle però togliere immediatamente la curiosità più pressante
: "Ma tu chi sei e perché vivi qui?".
Lui non resistette e pensando alla lunga conversazione che
avevano di fronte si concesse subito un assaggio dell'eterna
compagna. Le si gettò ai piedi e le stampò un lungo bacio
prontamente ricambiato.
Ricompostosi cominciò il suo racconto.
"Innanzitutto vivo qui perché questa è casa mia. La mia
famiglia ha abitato qui per secoli ed anche adesso che si sono
estinti, tutti tranne me da almeno duecento anni continuo a
venire qui dove passai la mia gioventù.
Ti interesserà sapere che sei nei pressi di Venezia, la città
che mi diede i natali nel 1635, il 14 dicembre per l'esattezza.
Naturalmente parlavo di natali mortali. La mia morte e la mia
rinascita avvennero molto lontano.
Questa è una delle tenute che la famiglia Verhayden possedeva da
queste parti ... Il mio nome, già! Il mio cognome è curioso in
effetti! E' fiammingo, mio padre era un mercante di stoffe di
Delft che si stabilì a Venezia quando sposò mia madre. Lei
discendeva da una famiglia di quelle che contano antenati
cardinali, principi e addirittura un doge, ma la contessa
Francesca de' Moreschi a parte gli antenati non aveva più molto
e un ricchissimo fiammingo era un partito da non lasciarsi
sfuggire .
Si sposarono, e vissero tra L'Olanda e L'Italia, ebbero quattro
figli, tre maschi ed una femmina, io ero il secondogenito. Ma
quando il mio primo fratello morì di vaiolo, una malattia molto
comune in quel periodo... ed in quelli seguenti...! anche Luigi
XV di Francia mori di vaiolo nel 1774...! Ma questa è un'altra
storia
non divaghiamo...!
Mia madre si fermò definitivamente a Venezia, in preda ad atroci
tormenti, perché pensava che una vita più stabile avrebbe
evitato la morte del mio adorato fratello Marco.
Io invece ero diventato il braccio destro di mio padre e lo
seguivo come un'ombra nei suoi viaggi".
Ma Marilisa aveva una strana espressione, "Tuo padre era di
Delft? Ma allora il dipinto della mia stanza?" Jan sorrise
"Sapevo che amavi l'arte così ho voluto metterlo li! Quel
quadro fu dipinto da Veermer nel 1664 su commissione di mio
padre, la donna che vedi ritratta è una delle sorelle di mio
padre a cui lui era molto affezionato e che vissero sempre a
Delft, la cartina sullo sfondo è quella della cara città dei
miei avi!" La ragazza era elettrizzata, un originale! Ma si
alzò, si avvicinò alla sedia dove lui era tornato a sedere, gli
prese la mano e disse "L'inizio della tua storia è
meraviglioso. Io ho vissuto sognando il passato e desidero sapere
ogni particolare dei mondi che hai visto trasformati attraverso i
secoli, ma adesso devi dirmi una cosa, siamo a Venezia? Ma come
ci siamo arrivati?"
Lui le sollevò la mano fino a baciarla e disse: "Come
tutti,! con un mezzo di trasporto, un'automobile! Ero nella tua
città da alcuni mesi in attesa di averti, appena ti sei
addormentata ti ho messo in macchina e siamo partiti, avevo
fretta di andarmene, non mi piacciono le città piccole e non
vedevo l'ora di mostrarti la mia dimora."
Ad un tratto si udirono dei rintocchi, erano le sei. Jan si alzò
e disse "E' ora di dormire, sta' sorgendo il sole".
Sollevò il pesante coperchio di pietra senza il minimo sforzo
"adesso tesoro mio devi distenderti". La ragazza
guardò dentro un po' timorosa, ma...! Era bellissimo! tutto
rivestito di seta viola, con finissimi ricami d'oro, dei morbidi
cuscini di piume erano poggianti intorno alle pareti e sul fondo.
Lei infilò un piede, ma ebbe un brivido! "non posso, ho
paura! Nella mia vita non ho mai avuto paura del buio, ma
adesso...! Ti prego, il sarcofago è abbastanza largo...!"
Lui come se avesse letto nel suo pensiero, sollevò una gamba e
la poggiò all'interno della tomba. Entrarono insieme nel letto
di pietra, tirando dietro di loro il coperchio. Il ragazzo
immerse il viso nei lunghi capelli di lei, mentre la vampira si
strinse a lui con tutte le sue forze. Sentì un leggero torpore
attanagliarla e prima di perdere i sensi ebbe una visione, vide
del fuoco, del fumo in una piazza, tanta gente che urlava, chi
rideva chi piangeva, ma...! al centro del fuoco c'era lei! Era un
sogno, quel sogno che da anni non aveva più fatto. Ma sorse il
sole e su di loro scese il riposo.
Aprì gli
occhi, era sola, con un colpo di terrore fece cadere il
coperchio, dov'era? Dopo pochi secondi ricordò la notte
precedente, sorrise, si sollevò ed uscì dalla tomba.
In quel momento entrò Jan, era bellissimo! Indossava una giacca
azzurra di raso, lunga fino al ginocchio, era una giacca
settecentesca. I ricami floreali ne definivano gli orli e le
maniche. Pizzi leggeri gli scendevano sul petto, e una spada
pendeva sul fianco sinistro, ma cosa poteva significare? Lui le
prese una mano e le disse, "adesso non fare domande e
seguimi, ho una sorpresa per te, so che hai fame ma devi
aspettare ancora un po'! "Salirono le scalette fino alla
stanza ottagonale, sul divano c'era un meraviglioso abito grigio
di velluto. Era pieno di pizzi e fiocchi di seta bianchi.
Marilisa lo prese e lo indossò. Quell'abito era ampio quanto
quello che aveva visto a Londra a Kensington palace, pensava che
non sarebbe riuscita a muoversi con tutta quella impalcatura che
aveva sui fianchi, e poi il corpetto! era così stretto, e quella
scollatura la faceva arrossire! Ma la sua vanità era talmente
compiaciuta da tacere. In pochi secondi erano in macchina. E che
Macchina! era una fiammante Ferrari nera. Capì perché avevano
impiegato così poco tempo ad arrivare a Venezia la sera prima!
Ma mentre pensava queste cose, una sete indescrivibile la
bloccò. "Lo so che stai impazzendo per la fame! ma siamo
quasi arrivati!" le disse il suo compagno. Fermò la
macchina nel cortile di una grande villa. Ma era...! La
Malcontenta! Villa Foscari! Una delle ville del Palladio,
costruita nel 1558. "E' bella vero?, vieni entriamo!"
Marilisa rispose "Ma vestiti così ci prenderanno per
pazzi!", Jan sorrise e non rispose. Della musica arrivava
dall'interno. Maraviglia delle meraviglie...! La sala era piena
di gente che danzava volteggiando come fantasmi di due secoli
prima. Erano tutti abbigliati come loro! era una festa in
maschera, e quelle persone erano tutte umane! Tutto era
scintillante, la vampira guardava quella gente come mai le era
accaduto, metteva a fuoco ogni particolare ed i suoi occhi si
fermavano sul collo con la vena pulsante, ora di una signora ora
di un giovanotto, e sentiva nell'aria il profumo del loro sangue,
stava quasi per perdere i sensi per l'estasi quando Jan la
strinse volteggiando al ritmo di un valzer, le sfiorò le labbra,
mostrando i canini brillanti e disse: "Buona cena amore
mio!" .
E così dicendo si allontanò da lei sparendo rapidamente dalla
sua vista. Lei non riuscì a fermarlo e per un istante si sentì
persa, preda della sua sete tra quegli sconosciuti. Ma
riflettendoci su per un attimo si rese conto che Jan non
l'avrebbe mai abbandonata così.... lo conosceva da appena un
giorno ma sapeva di poter contare su di lui. Era una fiducia
innata, derivante probabilmente dal suo sangue, quello che le
aveva donato quella nuova vita. Queste riflessioni riuscirono a
distrarla solo pochi secondi dalla sete, era un desiderio
incontrastabile, quasi in grado di annebbiarle la vista. Fece uno
sforzo per restare lucida e, con la certezza che Jan vegliava su
di lei da vicino pur restando invisibile, diede inizio alla sua
prima caccia.
Doveva uccidere un essere umano, doveva diventare un mostro,
doveva ormai convincersene: lei era un mostro....incubo in un
corpo di sogno....così l'aveva definita Jan. Era una predatrice,
non poteva far altro che predare per vivere e gli ospiti della
festa erano niente altro che prede.
La fame montava e anche i suoi dubbi morali furono inghiottiti
dal bisogno di sangue. Oramai c'era solo la Sete.
La prima fase, pensò, deve essere la scelta della preda....non
lo aveva mai fatto prima ma ora era l'istinto e non la ragione a
guidarla. Si avvicinò ad un giovane che beveva solo in un angolo
e sembrava già piuttosto ebbro di vino. Per quella notte era un
mercante arabo vestito di pregiatissime sete multicolori e con il
viso celato da un turbante scarlatto e da una maschera del
medesimo colore. La vampira si presentò a lui con un altisonante
nome palesemente d'invenzione che voleva ricordare le nobildonne
veneziane del secolo XVIII° e lui rispose emettendo un insieme
di buffi suoni che nelle sue intenzioni dovevano assomigliare
all'arabo.
Marilisa non ci mise molto ad ammaliarlo con lo sguardo che la
sua nuova natura rendeva ipnotico ma (almeno così le piaceva
pensare ) anche con le sue doti che nulla avevano a che fare con
l'essere vampiri.
Lo convinse a seguirla in un'altra stanza e il giovane in preda
all'alcol, all'incantamento e ad una eccitazione sessuale che non
mancò di compiacere la vanità della sua bella dama, mostrò di
gradire enormemente. Si lasciò così andare a divagazioni sulla
sua ragazza così stupida da lasciare un così buon partito come
lui, sul fatto che doveva fargliela pagare e su come invece una
sconosciuta per di più mascherata riuscisse a capirlo molto più
della sua ex contro la quale scagliò anche svariati pesanti
insulti. Marilisa non poté trattenere un sorriso pensando a come
la preda considerasse il carnefice. Intanto attraversava la sala
e poi i corridoi ricoperti di affreschi scrostati cercando un
luogo riparato dove consumare il suo pasto.
Aveva l'impressione di camminare sempre più velocemente in preda
alla sete. Pensava di essere sul punto di iniziare a correre
quando si infilò su per una scala chiusa con un cartello che ne
interdiceva l'accesso ai non addetti ai lavori. Scoprì con
enorme piacere che il piano superiore era ancora in fase di
restauro e che era enorme e deserto, perfetto per i suoi bisogni.
Trovò una stanza rischiarata solo dalla luce che proveniva dal
parco attraverso le finestre. Fece entrare il suo imbambolato
amico e si chiuse la porta alle spalle. Il ragazzo ridacchiando
come un idiota le si gettò addosso. L'odore di carne e la
vicinanza della sua vena giugulare fecero il resto. Il ragazzo se
ne andò senza emettere un suono.
Il problema adesso era lei. Ormai sazia aveva riconquistato la
sua parte più umana e questa si rese subito conto della gravità
del suo gesto. Abbandonò lì il corpo e non resistette
all'impulso di fuggire. Appena uscita dalla stanza, però, urtò
contro qualcosa. Era al massimo dell'esasperazione e avrebbe
urlato se Jan non le avesse messo un mano sulla bocca e non
l'avesse stretta a se per tranquillizzarla. "E' andato tutto
bene, é nella tua natura, non puoi evitarlo, per quanto riguarda
il corpo non ti devi preoccupare, me ne occuperò io. Ora torna a
goderti la festa e questo palazzo. Ti raggiungerò tra poco amore
mio". Scomparve quindi oltre la soglia della stanza del suo
pasto. Lei scese facendo attenzione a non farsi vedere e tornò a
confondersi tra gli ospiti. Era ancora scossa. Non voleva pensare
al ragazzo. Non sapeva come
considerarsi....assassina....mostro......predatrice, come l'aveva
definita Jan!?
Per non pensare si tuffò negli affreschi di scene mitologiche
della sala principale.
Trascorse un po' di tempo ed il suo compagno non tornava,
cominciò a sentirsi sola, nonostante la villa piena di gente.
Nella sua esistenza mortale era sempre stata una persona dallo
spirito malinconico e la cosa che più l'aveva spaventata era la
solitudine! Aveva sempre cercato di circondarsi di molti amici,
ma ora! Non li aveva più, forse non li avrebbe più rivisti! Le
mancava il suo adorato gatto! Ed i suoi genitori, doveva vederli
parlare loro! Forse per quanto l'amavano l'avrebbero voluta anche
così! Appena loro sarebbero tornati lei doveva andare a casa!
Ebbe un fremito e poi, li vide, erano insanguinati, vicina a loro
c'era Elena, la sua cara amica che la chiamava disperatamente. A
stento riuscì a non urlare. Ma perché vedeva queste cose? Era
spaventoso. Poi si affacciò alla sua mente un'idea, era si un
mostro, ma poteva usare il suo potere per purificare il pianeta
dai malvagi!
"E' un pensiero che ha sfiorato tutti! Ma noi siamo la morte
e lei colpisce indistintamente chiunque, indipendentemente dalla
loro malvagità o misericordia!" Si voltò di scatto
spaventata, era Jan!
Ma come conosceva i suoi pensieri? Adesso non le importava di
saperlo, si buttò tra le sue braccia e disse
"stringimi!" Una lacrima le rigò la guancia. Lui la
guardò e disse "Non avere timore io non ti abbandonerò
mai, non sarai mai sola! E non preoccuparti tra qualche giorno
torneremo nella tua città e potrai risolvere i tuoi Affari! E
poi partiremo, vieni godiamoci la festa" Attraversarono la
sala del buffet che non li interessò più di tanto e tornarono
nella sala da ballo. Erano decisamente la coppia più bella,
volteggiavano tra gli altri come angeli. Ballarono per ore, poi
silenziosamente mano nella mano si diressero verso l'uscita
salirono in macchina ed andarono via.
"Guarda il cielo, sembra un velluto coperto di diamanti,
ammira la luce splendente della luna, non è meraviglioso!"
Marilisa lo guardò e rispose "Si è meraviglioso, ho sempre
amato la notte, penso che però tra qualche anno il sole mi
mancherà!". Il Vampiro fermò la macchina e un po'
preoccupato disse "Sei pentita di essere diventata la mia
compagna?"
"No!! come puoi pensarlo, io ti amo, provo per te un
sentimento talmente forte! è come se una calamita mi impedisse
di fare un passo nella direzione opposta alla tua, tu per me ora
sei tutto! non voglio essere triste, guardami, come potrei
esserlo? Ho un compagno premuroso e bellissimo, indosso un abito
da regina, ho la vita eterna!" Dopo un attimo di silenzio
"Continua a raccontarmi di te, della tua lunga esistenza,
avrai fatto viaggi avventurosi con tuo padre?"
La macchina ripartì e lui disse" Mia adorata hai proprio
indovinato, in quei tempi era tutto più complicato. Non c'erano
aerei, navi a motore e treni. Viaggiavamo con carri pieni di
merci, galeoni spinti dal vento a volte anche solo con un paio di
cavalli. Ma la cosa peggiore erano le malattie, la Peste.
Anche per viaggi che adesso sembrano occorrere poche ore, ci
volevano vari giorni e cercare un posto dove ripararsi per la
notte era fondamentale, e quando l'unico paese che attraversavamo
era infettato dalla peste era un guaio! Senza parlare delle navi.
Una volta sul nostro galeone si diffuse un'epidemia, fu
terribile, dovemmo bruciare i cadaveri di più della metà
dell'equipaggio.
Ma viaggiare era bellissimo ugualmente, forse ancora di più di
adesso. Scoprire nuovi posti, conoscere gente diversa, razze
diverse, non c'erano i sistemi di comunicazione di oggi, si
poteva solo immaginare da stampe approssimative, l'unica
soluzione per saziare la sete della conoscenza era
viaggiare."
"Anche io ho visto un po' di Europa!" disse Marilisa,
"ma sicuramente i miei viaggi da turista del 2000 non sono
interessanti come i tuoi! Voglio sapere tutto, i posti che hai
visto, quando hai smesso di viaggiare e come sei diventato
un..."
"La storia è lunga devi avere pazienza!
Non ho mai smesso di viaggiare! solo un anno, mi fermai avevo
appena compiuto ventitré anni e mio padre decise di farmi
sposare."
La macchina correva su una strada buia che costeggiava una riva
del Brenta, gli alberi oscuravano la vista delle stelle e il
chiarore della luna non illuminava più l'abitacolo della
Ferrari. Dopo qualche secondo in cui Jan sembrò perdersi un
istante nei suoi ricordi, il Vampiro ricominciò a parlare con il
suo solito tono disteso.
"Come spesso accadeva a quei tempi, la mia futura sposa non
l'avevo mai neppure vista. Era stato mio padre a combinare il
matrimonio con la terza figlia di un rappresentante di uno dei
rami della famiglia Malipiero, una delle più in vista di tutta
Venezia. Ancora oggi il palazzo dove vissero nei pressi della
Volta del Canal Grande porta il loro nome. Erano molto ricchi ma,
soprattutto, avevano tra le fila dei parenti (una sorta di
esercito) un procuratore di San Marco, godevano inoltre dei
favori del Doge e della potentissima famiglia Dandolo.
Mio padre contava di usare il mio matrimonio come viatico per
raggiungere un accordo con altre potenti famiglie veneziane e
aprire alle sue merci dalle Fiandre la via per l'Oriente. Era
quella la rotta che garantiva i maggiori guadagni ma, proprio per
questo motivo, era controllata in ogni modo da poche potenti
famiglie.
Mio padre, di contro, era forte dei suoi contatti con le Fiandre
e cullava il sogno di possedere una linea che via mare e via
terra unisse Amsterdam con Bisanzio e più a oriente con
Alessandria e le terre degli Ottomani.
Allora i suoi interessi in quelle zone erano limitati a quote
minime proprio dalle pressioni che famiglie come i Malipiero e i
Dandolo esercitavano sulle istituzioni della Serenissima, sulle
compagnie locatrici di navi, sui capi portuali eccetera. A dirla
in breve, avevano in pugno da alcuni membri del Gran Consiglio ai
nocchieri di porto di uno sperduto approdo nell'Egeo."
A questo punto del tragitto, lo stesso Jan si fermò un istante
ad ammirare il paesaggio che si era aperto alla loro destra. Si
erano appena immessi su una arteria più grande e trafficata che
viaggiava verso nord seguendo la Laguna. Entrambi ammiravano il
profilo della città oltre le isole di Murano e Burano. Erano
inoltre tornati a immergersi nella luce lunare che permise loro
di guardarsi negli occhi e scambiarsi un sorriso.
"Era fatto così mio padre......gli affari prima di tutto.
Mia madre non poteva che assecondarlo visto che era comunque lui
la fonte di sostentamento della famiglia. Lei poteva permettersi
di vivere da gran dama accudendo il mio fratello minore,
Francesco di undici anni e questo le bastava. Dal canto mio, ero
affezionatissimo a Marco che era l'unico in famiglia a mostrarsi
interessato a qualcosa che non fossero zecchini e ducati. Alla
sua morte l' unica cosa che mi assorbisse era girovagare per il
mondo. Ero felice di aiutare mio padre perché mi permetteva di
farlo.
Ah!... già.... quasi dimenticavo quella sgualdrinella della mia
sorellina. Herda. Era, se possibile, il peggiore elemento della
famiglia. Non faceva altro che dividersi tra i letti di nobili
fannulloni, guardie ducali, servi ed anche qualche simpatico
prete. Ma forse esagero, in fondo sembrava l'unica in famiglia
che non desiderasse altro, se era così, probabilmente ha fatto
bene a .... donarvisi anima e corpo.
L'ultima cosa che desideravo era dover restare a Venezia a
tessere trame e mercanteggiare favori, ad alimentare faide
famigliari ed accontentare una sconosciuta che era mia moglie.
Ero quindi estremamente triste alla festa del mio fidanzamento ma
fu proprio quell'infausta occasione che cambiò per sempre la mia
vita.
La festa si tenne a palazzo Malipiero e molte famiglie colsero
l'occasione per dare sfoggio di ricchezza e potere. I miei
genitori erano visibilmente compiaciuti e mia sorella sembrava
indecisa fra un conte veronese e uno dei lacchè dei
Malipiero........tutto in regola.
Mi sentivo in una sorta di gabbia. Poi venne il momento di vedere
la mia futura consorte.
Neanche ora mi sentirei di giudicarla, era minuta, castana,
all'incirca di quindici anni.
Affatto sgradevole ma piuttosto insignificante. Non posso negare
che la mia mente andò alle avventure galanti che un ricco
mercante incontrava nei suoi viaggi, a certe case di piacere
orientali e perfino ad una servitrice del palazzo di famiglia che
mi accudiva ad ogni ritorno. Dopo le presentazioni, io e Tiziana
(questo il nome della mia promessa sposa) fummo separati e
assorbiti dagli oziosi discorsi dei rispettivi parenti.
Riuscii ad allontanarmi per qualche minuto dalla sala principale
e andai ad appoggiarmi ad una finestra in un angolo buio di un
corridoio laterale. Ero tutto preso ad autocommiserarmi e
ripetermi quanto odiassi la mia famiglia che accadde...... La
vidi che si avvicinava e ne rimasi pressoché folgorato. Era una
donna bellissima. La sua pelle era incredibilmente candida e
liscia, i suoi capelli erano del colore del miele e il suo
vestito rosso rubino mostrava generosamente un seno estremamente
invitante. Era esattamente quello il particolare che attirava il
mio sguardo quando lei sarcastica :"Non ancora in sposo e
già così concupiscente.... quella ragazza non sa a cosa va
incontro!". Parlava con un evidente accento straniero.
Io non sapevo cosa dire, quasi balbettavo, nessuna donna mi aveva
mai parlato così (allora eravate molto remissive). Ci pensò lei
a fare le presentazioni:
"Sono la principessa Angelica Eulalia de Iriarte e tu sei
Jan Verhayden",
"Sono felice di essere nata nel XX sec.!" confessò
Marilisa con aria molto seria. "ho le mie idee sulla vita,
su come voglio viverla e delle persone di cui voglio circondarmi,
se mi avessero fatto sposare un libertino come te e che per
giunta non mi amava mi sarei sicuramente suicidata!" Non
pensava che le sue parole avrebbero generato una tale reazione.!
La macchina si fermò di colpo, lo sguardo di Jan si infuocò
d'ira, l'afferrò con le sue bianche mani la scosse fino a farle
male, le lunghe unghia le ferirono le braccia e poi lui
urlo" Ma cosa credi, che io non abbia sofferto? Tu sei solo
una sciocca donnetta viziata del XX sec. ... ed io..."
La sua compagna cominciò ad urlare più forte di lui" Stai
zitto, tu non sei altro che uno stupido ragazzotto pieno di soldi
che non sa cosa significhi, vivere senza lavoro in questo
secolo!" dopo un attimo di quiete, la macchina ripartì. I
due erano silenziosi, Marilisa pensava che forse aveva esagerato!
che forse la sua era solo gelosia di tutte quelle donne che
avevano potuto godere del suo adorato, ma lui era stato così
cattivo! decise che non gli avrebbe più parlato.
Ma il vampiro tornato in se riprese "scusa la mia violenza!
continuerò la storia così forse mi giudicherai meno
crudelmente!" Era la loro prima lite e la ragazza era molto
scossa, non lo guardò ma tese l'orecchio con attenzione.
"Rimasi pochi minuti con la principessa ma furono
sufficienti perché m'innamorassi perdutamente. Sentivo la sua
voce nel sonno, vedevo il suo volto in quello delle altre donne,
arrivai al giorno del mio matrimonio, pallido e dimagrito come se
fossi malato. Avevo saputo che Angelica era la vedova di un
parente della mia futura moglie e che era tornata a vivere a
Madrid dopo la morte del marito, aveva quarant'anni (anche se ne
dimostrava venti), e se avessi sposato Tiziana avrei avuto
occasione di rivederla, così ero quasi impaziente di convolare a
nozze.
La Basilica di San Marco con le sue cupole d'oro rilucenti al
sole, mi diede il buon giorno il 20 agosto del 1659. Entrai
dall'arcone centrale con tutto il seguito della mia famiglia e
con al fianco la piccola Tiziana, adesso la vedo, nel suo
lussuoso abito di seta tempestato di pietre preziose, con i
capelli intrecciati di perle, con i suoi piccoli occhi scuri che
mi guardavano attraverso il velo pieni di fiducia e speranza,(che
spezzai in poche ore), ma quel giorno per me c'era solo Angelica,
sapevo che doveva essere a Venezia per il matrimonio, impazzivo
di desiderio. Guardavo il pulviscolo d'oro del soffitto della
basilica, cercando nel matroneo un viso tanto amato, ma non la
vidi. Il giorno trascorse lento e pieno di angoscia, avevo atteso
sei mesi, nella certezza che l'avrei rivista, ma lei non c'era!
Ogni volta che la mia sposa mi avvicinava io fuggivo, solo adesso
vedo la sua tristezza, cominciò già da quel momento a capire
che nel mio cuore non c'era posto per lei. Il banchetto fu
veramente lungo, trenta pietanze di ogni genere e di varie
nazionalità, ma quando ormai il sole era calato e la festa
volgeva al termine la vidi!... era seduta lontano da me, e mi
fissava sorridendo. Il mio cuore impazzì. Vedevo il suo petto
sollevarsi ed abbassarsi sotto la gorgiera inamidata. La volevo,
desideravo toccarla, baciarla, amarla, provavo per lei un
richiamo sessuale incontrollabile, cominciai a sudare. Ad un
tratto mi alzai come ipnotizzato e cercai di andare da lei, ma
mio padre mi afferrò per un braccio e disse con voce quasi
perversa: "E' ora, devi ritirarti, finalmente potrai
assaggiare la carne fresca, le donne che hai avuto fino ad ora
non erano pure come la tua Tiziana, va e Ricordati che devi
onorare la nostra famiglia.!"
Fu un attimo e non la vidi più, mentre mi spingevano verso
l'alcova nuziale, continuai a cercarla, ma non c'era!
Mi ritrovai solo con mia moglie senza accorgermene. Lei mi
guardava con occhi dolci ed invitanti, ma io non provavo
attrazione, anzi sarei voluto correre via a cercare la mia dama.
Ad un tratto la mia sposa parlò, era la prima volta che
parlavamo da soli "Scusate la mia audacia mio signore, io
sono vostra, so di non essere degna, ma vi prometto che sarò una
moglie devota. Genererò figli per voi, sarò la vostra fedele
serva e farò di tutto per compiacere i vostri desideri.
Ringrazio mio padre di avermi concesso un marito come voi" A
queste parole mi scossi, l'avvicinai e le dissi che non sapeva
quello che diceva, ma lei mi prese la mano e la poggio sul suo
petto acerbo, lo baciai e feci di lei una donna.
Purtroppo anche in quel momento la figura di Angelica mi bruciava
nell'anima, tanto che pronunciai il suo nome...! Tiziana, fece
finta di niente, sopportò tutto con una forza indescrivibile,
era sempre dolce e gentile con me, sorrideva anche quando io la
ignoravo, ma non ne ero cosciente, ero stregato, continuavo a
dimagrire, non riuscivo a vivere senza la mia principessa, ma non
fui io che persi la vita...! una mattina poche settimane prima
che compissi 24 anni, vennero a chiamarmi nella mia stanza
perché Tiziana non si trovava. Cercammo tutto il palazzo, ed
anche fuori. Scesi a vedere nel portico davanti alle gondole...
era li. Aveva un pugnale conficcato nel cuore.
Non venne mai chiarito se si fosse trattato di suicidio o di
omicidio. Tiziana era una quindicenne senza alcun nemico. Si
indagò negli ambienti ostili alla sua famiglia ma non si
approdò a nulla di concreto. Alla fine tutti parlarono di
suicidio. Dopo quell'evento caddi in un profondo stato di
malinconia. In fondo ero quasi affezionato a Tiziana......non mi
fraintendere......lei continuava a rappresentare quanto di più
lontano si possa immaginare da una innamorata. Però era una
persona innocente. In quel covo di vipere che era la sua famiglia
(ed anche la mia) era una rarità. Sopportava devota il mio amore
per un'altra e a volte sembrava quasi che le dispiacesse per me,
arrivò addirittura a consolarmi quando, una notte, la mancanza
di Angelica mi pesò oltre ogni sopportazione............Oh !!!
ecco, siamo a Casa."
La cancellata si aprì elettronicamente e la Ferrari attraversò
il giardino all'italiana andando a fermarsi accanto alla
scalinata che portava al portone principale. Di fronte ad esso
Jan armeggiò qualche secondo con la serratura, poi, con una
spinta che sarebbe parsa leggera, spalancò metà della spessa
porta borchiata di legno alta almeno tre metri e mezzo.
Da quanto erano entrati nel giardino nessuno aveva aperto bocca e
Marilisa si era perduta nella contemplazione delle sculture di
bosso solcate dai vialetti che formavano complesse figure
geometriche.
Attraversato il portone si trovarono in un ingresso piuttosto
sobrio che dava su un enorme scalone verso il piano superiore.
Jan condusse la sua sposa sulla scala e poi verso una gigantesca
stanza barocca tappezzata di specchi. Data la mancanza assoluta
di arredi, Marilisa risolse che doveva trattarsi del salone delle
feste. Oltre quella stanza attraversarono altre salette e in
fondo ad un corridoio sbucarono in una sala che Jan le presentò
come la sua preferita. Era effettivamente un luogo
impressionante. C'erano: sarcofagi egizi, giganteschi
bassorilievi babilonesi, armature cinesi, un imponente calendario
Maya in pietra e poi maschere funerarie, armi, vasi....
"Il tempo !!!" disse Jan allargando teatralmente le
braccia. E dopo una pausa studiata: "Noi siamo legati più
di qualsiasi altro essere allo scorrere del tempo. Lo
attraversiamo senza curarcene e, proprio per questo, ne siamo i
più validi testimoni. Siamo immersi nel mondo ma, a modo nostro,
lo osserviamo dall'esterno........ Purtroppo, però, la nostra
eternità ha le sue controindicazioni. "Il vampiro parve
divenire più cupo. "Si chiamano ricordi. Secoli di persone
perdute, amori infiniti (in ogni senso) ma ormai lontanissimi,
amici, luoghi, abitudini che non possono più tornare"
Marilisa rimase colpita da quell'inattesa fragilità e si sedette
vicino a lui su un sarcofago di pietra scura raffigurante un
notabile egiziano. Gli gettò le braccia al collo e rimasero
abbracciati per svariati minuti. Lei avrebbe voluto dirgli
qualcosa ma sapeva che non c'era nulla che potesse mascherare la
verità e per di più, quella verità cominciava a pesare anche
su di lei. Anche per lei non sarebbero più tornati tanti volti,
la famiglia, i vecchi amici, il gatto, le sue abitudini, persino
le piccole cose nella sua stanza.........
All'improvviso lui si staccò da lei e la guardò negli occhi.
Marilisa a questo punto stava davvero per parlare ma appena aprì
la bocca lui la baciò profondamente e lentamente la stese sul
sarcofago. I loro vestiti erano piuttosto ingombranti ma loro non
sembrarono curarsene. Lo sapevano entrambi, l'unica cosa che
contasse in una vita oscura era la lotta alla solitudine e
finché fossero rimasti insieme nulla avrebbe potuto
schiacciarli.
Quando ritrovarono un contegno lei lo pregò di continuare il suo
racconto. Questa volta, però, lo ascoltava con la consapevolezza
di quanto dovesse essere doloroso tuffarsi indietro di tanti
secoli e rivivere momenti a volte così penosi.
"Bene.......passarono un paio di mesi in cui il peso per la
morte di Tiziana si unì alla mancanza della mia principessa.
Furono giorni orribili, se Tiziana si fosse realmente suicidata,
io ne sarei l'unico responsabile. Ancora oggi sento quella
responsabilità che grava sulla mia coscienza. Allora rischiai di
impazzire. Cominciai a frequentare certe bettole nelle zone più
malfamate della laguna. Ero quasi sempre ebbro del vino che i
mercanti portavano dai vigneti più disparati del Mediterraneo.
Inoltre è un miracolo che io non sia morto di sifilide. Fatto
sta che, indirettamente fu proprio mio padre che diede la svolta
che mi avrebbe fatto uscire da quell'orribile momento.
Mi disse che un grosso carico delle stoffe delle Fiandre riposte
nel suo magazzino erano state richieste molto lontano......... A
proposito, il magazzino era dove ora sorge la parte più moderna
di questo palazzo.
Comunque, meraviglia delle meraviglie, il luogo dove dovevo
portare quelle stoffe era il porto di Valencia dal quale poi, via
terra, avrei raggiunto Madrid, la destinazione finale. Il primo
viaggio interamente sotto la mia responsabilità. Un galeone solo
per me. Ma questo era solo l'inizio.
La committente era nientedimeno che la mia Angelica. Era da lei
che andavo, mi avrebbe atteso a Valencia per poi proseguire
insieme verso Madrid. Uscii trattenendo le lacrime di gioia.
Pensavo che mio padre l'avesse fatto per tirarmi fuori dallo
stato in cui ero precipitato ma, due settimane dopo, all'atto
della partenza, mi confidò che era stata la mia signora a
chiedere che fossi io a guidare la spedizione. Partii
attraversando il Canal Grande in una mattina di fine gennaio con
l'incoscienza degli innamorati che raggiungono il loro
personalissimo paradiso.
Non sapevo che sarebbero passati molti anni prima del mio ritorno
a Venezia.
Il viaggio non ostante la stagione fu tranquillo, quando arrivai
a Valencia mi sentivo rinato, ero migliorato anche fisicamente,
avevo ripreso a mangiare, non bevevo più, ed ero felice come
avevo dimenticato che si potesse essere. Avevo già visto la
Spagna con mio padre, ma questa volta era diverso, la vedevo come
il paese più eccitante del mondo, vi avrei incontrato l'amore.
Sbarcammo la mattina presto, ma al porto trovammo solo dei
servitori della famiglia Iriarte, ci dissero che la signora aveva
avuto degli impegni improvvisi e che aveva mandato loro per
scortarci fino a Madrid. Fu una vera delusione per me, avevo
bisogno di vederla altrimenti sarei morto, così senza concedere
riposo ne a me ne al mio seguito partimmo il giorno stesso verso
l'interno. Guardavo le immense distese di ulivi, la terra coperta
di paglia anche in quella stagione e non desideravo altro che
avvistare la grande città. Ci fermammo per la notte in un
piccolo villaggio di dieci case, la locanda stranamente era
comoda, era stato già tutto pagato dalla principessa. Non chiusi
occhio, contavo le ore, i minuti. Aprivo in continuazione le
imposte sperando che sorgesse il sole, finalmente partimmo. Quel
viaggio mi sembrò il più lungo della mia vita! Finalmente una
sera avvistai le luci della città. A quel tempo non era ancora
la capitale solo l'anno dopo Filippo II vi si trasferì con la
sua corte.
Stranamente ero calmo! la nostra carovana si fermò prima di
entrare in città, davanti ad un villino, era buio ma con la luce
della luna piena vidi che era a due piani, ed aveva un portale
d'ingresso la cui cornice plateresca, arrivava fino al tetto,
sentivo lo scorrere dell'acqua, mi guardai intorno e vidi che tra
le nere piante alte c'erano delle fontane. "Buona sera
signor Verhayden! Spero il viaggio non sia stato molto faticoso,
e che la mia dimora vi sembri accogliente!" ebbi una fitta
al cuore, era la sua voce, di scatto mi girai, era lei...!
Si avvicinò e mi tese la mano, la sfiorai e la baciai, fu il
momento più bello della mia vita mortale. Era incantevole,
indossava un abito di broccato verde con ricami dorati, la
scollatura profondissima era coperta da una retina di perle e i
capelli raccolti sulla nuca sotto un velo di pizzo nero che le
scendeva fino alla vita, avrei voluto stringerla, ma riuscì a
controllarmi, entrammo nella bellissima casa baroccheggiante, mi
condusse in una stanza con un camino alto fino al soffitto, nella
quale era imbandita una tavola. Eravamo soli "questa cena è
per voi, ho atteso con molta impazienza il vostro arrivo, spero
vi fermerete a Madrid per qualche settimana!...."
Sentirono il rintocco dell'orologio a pendolo, erano le sei, era
ora di andare. Erano ancora seduti sul sarcofago. Marilisa si
alzò e disse, "continueremo un'altra volta penso che non ci
mancherà il tempo". Mano nella mano si avviarono verso la
buia scaletta che li conduceva alla cripta. Anche quella notte
entrarono nello stesso sarcofago. Si strinsero come la mattina
precedente e su di loro scese il sonno.
Uno
scoppiettio, puzza di fumo, la vampira spalancò gli occhi, ma
vide la solita piazza piena di gente. Non poteva muoversi era
legata, ad un palo, e nessuno si avvicinava per aiutarla, e lei
stava per essere raggiunta dal fuoco. Provava un terrore
incontenibile e cominciò ad urlare. Sentì un boato si scosse e
vide Jan fuori dal sarcofago "che hai perché urli?"
Lei si buttò tra le sue braccia e disse "stavano per
bruciarmi...! Ho tanta paura!" Lui cambiò espressione e le
disse "è solo un incubo! Non temere nessuno potrà
bruciarci perché nessuno sa dell'esistenza di questa cripta e
non sei una strega medioevale, sai nel passato molte donne ed
anche qualche uomo, furono arsi vivi sui roghi dalla Santa
inquisizione?" Marilisa spalancò gli occhi, si toccò il
viso "ma io sognavo proprio...!" Lui continuò
"non pensarci abbiamo un'altra bellissima notte da vivere!
Ma prima voglio raccontarti una cosa: quando ero piccolo, avevo
meno di tredici anni, durante il mio primo vero viaggio con mio
padre, mi trovai ad assistere ad un'esecuzione capitale per
stregoneria. E' stato terribile! Ero in un villaggio sulla costa
inglese che avevamo raggiunto salpando dal Belgio. Ricordo che mi
trovavo in una piccola piazza piena di gente cenciosa, ed al
centro c'era una montagna di legna con un lungo palo, non capivo
cosa sarebbe successo. Sai Venezia è sempre stata una repubblica
e certe cose non erano di casa. Ad un tratto arrivò un carro,
sul quale c'era una giovane fanciulla che avevo avuto occasione
di conoscere nei pochi giorni che trascorsi al villaggio. Aveva
lunghi capelli ramati, era stata molto bella prima che le torture
l'avessero ridotta in quello stato, seppi che era stata accusata
di stregoneria e sarebbe stata bruciata, li davanti a me. Ebbi
come un impulso di correre a salvarla, incrociai i suoi occhi,
erano scuri tristi, ma bellissimi, per la prima volta nella mia
vita provai terrore. La fecero salire sulla pira e la legarono.
Corsi verso di lei, ma mio padre mi fermò dicendo che non potevo
aiutarla, anche se secondo lui era innocente. Ero in preda
all'ira come potevano ucciderla in quel modo atroce, era così...
dolce ed indifesa!... Appiccarono il fuoco, vidi i suoi occhi
fissarmi terrorizzati fino a quando le fiamme non furono più
alte di lei, mi sarei gettato nel fuoco per quella ragazza, se
non avessi avuto il forte braccio di mio padre a trattenermi.
Piansi per ore, fu l'unica volta che piansi in quel modo. Per
anni ogni notte prima di dormire pregavo per lei, e vedevo i suoi
occhi terrorizzati, forse in un modo particolare fu l'unica volta
che amai da mortale una mortale. Quella ragazza aveva solo sedici
anni!
Quando qualche minuto fa ho aperto il sarcofago tu avevi quello
sguardo! Ti prego, dormi serena io veglierò su di te, non ho
potuto salvare lei, ma darò tutta le felicità e la sicurezza
che posso a te!"
Marilisa lo abbraccio e disse "Ti amo", dopo essersi
baciati, Jan l'accompagnò nella sala ottagonale per decidere
cosa fare della notte.
Salirono insieme fino alla stanza in questione e lì Marilisa
poté scegliersi dei vestiti contemporanei per confondersi nella
folla dei mortali. Jan notò il suo dispiacere nel dover
abbandonare gli abiti settecenteschi così le promise che le
avrebbe regalato tutti i vestiti che avrebbe desiderato. Dopo
aver atteso che lei si provasse una mezza dozzina di antichi
abiti conservati nell'armadio si decisero ad uscire. Dovevano
dare l'impressione di una coppia di giovani mortali benestanti.
Jan indossava un paio di jeans, un maglione grigio e una giacca
di pelle nera. Lei di contro era avvolta in un lungo cappotto
nero e teneva i suoi riccioli scuri in libertà. Una coppia di
giovani mortali benestanti......un po' pallidi, ma passabili.
Anche i loro discorsi sembrarono quelli di due mortali.
Scoprirono sorprendentemente di avere gli stessi gusti musicali.
Per tutto il tragitto fino a Venezia la radio della Ferrari
suonò un vecchio album dei Depeche Mode. Dopo aver lasciato
l'auto a Piazzale Roma si addentrarono nelle viuzze del sestiere
San Polo. Il Carnevale era finito e, senza troppi turisti
riuscirono a godersi Venezia, arrivarono fino al Canal Grande e
sostarono nei pressi del Ponte di Rialto divertendosi ad
ascoltare gli oziosi discorsi dei passanti. Quando passavano
degli stranieri di cui lei non conosceva la lingua lui pensava a
tradurre. Passarono varie ore a ridere delle assurdità della
mente umana ma c'era qualcosa che non andava in Marilisa.
Jan lo sapeva e quando passarono due milanesi parlando della
cena, lui colse la palla al balzo. "E tu dove vuoi andare a
cena?" chiese senza mutare il tono scherzoso della
conversazione. Lei sembrò quasi vergognarsi della sua Sete ma
lui la rassicurò: "Tutti i giovani hanno una Sete
pressoché incontrollabile. Bene, in qualità di tuo ospite,
stasera offrirò io."E dicendo questo la prese per mano e la
condusse oltre Piazza San Marco, verso il quartiere di Castello.
Era una zona meno frequentata e non ebbero difficoltà ad
incontrare due turisti polacchi che bighellonavano senza meta per
delle calli deserte. Jan si offrì di dar loro indicazioni e usò
la sua conoscenza di alcune semplici espressioni polacche per
conquistarsi la loro fiducia. Così finirono per accompagnarli
verso la Riva degli Schiavoni........almeno così pensavano i due
sventurati. Finirono in un vicolo buio tra due palazzi senza
finestre su quel lato e finirono lì anche la loro esistenza.
Dopo essersi nutriti, Jan legò insieme i due corpi e i loro
bagagli per appesantirli e li immerse silenziosamente in un
canale in cui svanirono. Marilisa sembrava ancora scossa
dall'uccisione e Jan dovette stringerla forte a sé mentre si
dirigevano a passo spedito verso San Marco. Quando si trovarono
di fronte alla cattedrale lei si scosse e carezzando dolcemente
la guancia gelida del suo compagno: "Il luogo del tuo
matrimonio". Lui gettò una occhiata al portale e annuendo
la spinse via. Lei lo credette adirato e si scusò goffamente.
Lui non vi badò e continuò a guidarla verso calli sempre più
deserte. Arrivarono a Dorsoduro e lì raggiunsero un luogo da cui
potevano ammirare in tutta tranquillità l'isola della Giudecca.
Si sedettero sulla scalinata di un vecchio palazzo abbandonato e
mentre lei si chiedeva se lui fosse davvero arrabbiato, questi
riprese a parlare:
"Una volta giunti a Madrid il ricordo della povera Tiziana
divenne talmente sfumato che lentamente sparì........ Lo so, non
è molto onorevole ma ero innamorato e all'amore si perdonano
anche le peggiori atrocità. Tanto più se il sentimento nasce in
un animo inesperto a queste emozioni ed è talmente forte da
sembrare una malia. Naturalmente accettai l'invito di Angelica a
restare da lei e così mandai la mia nave a Venezia con un
messaggio a mio padre che certo lo avrà reso furioso. Ma della
sua collera non mi importava, come non mi importava del resto del
mondo. Angelica mi lasciò rimanere in quella casa mentre lei
durante il giorno sbrigava i suoi affari in città. Ogni sera poi
veniva da me dopo il pranzo che preparavano due servitrici sempre
al mio servizio. Mi sentivo in paradiso. Attendevo ogni sera
l'arrivo della mia principessa e se tardava anche solo di qualche
minuto venivo preso dal panico e la gioia alla sua vista era
ancora maggiore. Di solito restavamo di fronte al camino acceso
senza smettere mai di parlare. Scoprii che non era solo la donna
più desiderabile del mondo ma anche una fine conversatrice. Mai
nessuna donna mi era parsa tanto interessante. Questo
naturalmente non vuol dire che riuscissi a distogliere lo sguardo
dal suo corpo, dal suo viso e da quei suoi capelli in cui avrei
tanto desiderato affondare il viso. Lei se ne accorgeva ma faceva
finta di non notare nemmeno il rossore che esplodeva sul mio viso
ogni volta che venivo scoperto. Ogni tanto andavamo in città
assieme. Tutto pareva un enorme cantiere in preparazione del
trasferimento della corte. Lei mi mostrava le costruzioni
grandiose e mi spiegava i ritmi e le abitudini della vita
spagnola.
Purtroppo dopo oltre un mese in casa sua non ero più riuscito a
baciarle neanche la mano, quella magia tra noi due che si era
creata la mia prima notte a Madrid aveva lasciato il posto ad una
forma di complicità che sembrava non lasciare spazio alle mie
speranze. Parlavamo e ci raccontavamo dei nostri viaggi, delle
impressioni e delle avventure vissute in giro per tutti i mari
che bagnano l'Europa.
Una notte di metà marzo però il destino sembrò divertirsi a
sconvolgere le mie aspettative e soprattutto la mia natura.
Angelica venne a prendermi per andare ad una festa, di cui non
volle dirmi nulla, su uno splendido carro trainato da quattro
cavalli. Io la attesi con in dosso il mio abito blu notte, il
più pregiato, ero coperto dei tessuti più preziosi che si
potessero immaginare. Ma quando vidi lei........!!!!!!! Se
possibile era ancor più bella del solito. Indossava un abito
rosso bordeaux che sottolineava le sue forme e teneva i capelli
raccolti che lasciavano uscire due ciocche rosse. Era un sogno.
La sua sensualità mi stordiva. Passai il viaggio ad ammirarla
senza curarmi della possibilità di fare brutte figure quando ad
un tratto: "Questo giovane veneziano non riesce a
distogliere il suo sguardo da una donna come se non ne avesse mai
vista una." Io trasalii ma prima che potessi scusarmi lei
scoppiò in una risata fragorosa che non avevo mai visto sul suo
viso....... Dio !!!! mi sembra di vederla, era abbagliante tanto
la desideravo. Si sporse verso di me e io, quasi spaventato,
affondai nel sedile. Mi poggiò una mano sul ginocchio ed io
stavo per saltarle addosso perdendo ogni contegno. "Ha paura
di me? Lei ha paura. Cosa pensa che possa farle io, una
donna?" e mi strinse la gamba con una mano incredibilmente
ferma. Ci guardammo negli occhi. Dovevo dirglielo, se non altro
mi avrebbe evitato di saltarle addosso. Presi fiato e.........
"Eccoci finalmente! Siamo arrivati" Lei si allontanò e
si affrettò a scendere. Io restai un istante a bocca aperta e
poi la seguii. Entrammo in un antico bastione di difesa costruito
almeno quattro secoli prima per difendersi dai saraceni. Alcuni
servitori ci condussero per dei corridoi bui e poi per delle
scale che salivano e scendevano apparentemente senza senso. Non
avevo idea neppure se ci trovassimo in una torre o in una segreta
quando uscimmo in un salone immenso privo di finestre ed ingombro
di elegantissime presenze femminili e maschili. Angelica mi
presentò a una dozzina di signori e di elegantissime dame tutti
estremamente affabili. Io presi a discutere con due ragazze molto
graziose che conoscevano la mia lingua. Erano molto spigliate ma
sempre estremamente raffinate. Lentamente ma percettibilmente
l'atmosfera diventava più informale e vari gruppi di ospiti si
erano accomodati sui cuscini e sui divani sparsi in giro. Molti
amoreggiavano in tutta libertà e io mi sentivo a disagio.
Cominciai a cercare Angelica ma mentre mi guardavo attorno le mie
due "compagne" mi presero alla sprovvista e mi
gettarono ridendo su un divano. Mi trovai steso con loro due che
mi baciavano e accarezzavano e si dimenavano su di me. Era un
disastro !! E se mi avesse visto Angelica? Ma fu proprio lei che
si avvicinò al nostro terzetto e baciò profondamente tutti e
tre. "Io voglio stare con te Angelica! Io ti voglio
!!!" Lei sorrise e avvicinò il suo volto al mio quasi
facendo toccare i nostri nasi. "Anche io voglio te. Tu sarai
mio. Ma non stanotte. Ora non deludere le tue amiche e neppure
me." Poi si allontanò e io mi accorsi che tutta la sala era
pervasa da una assurda euforia sessuale. Mi adeguai e godetti
delle virtù di Ines dalle forme giunoniche e di Djamila, alta
quasi più di me e con gambe lunghissime. Facemmo l'amore per ore
e quando cademmo stremati riapparve Angelica. Era completamente
nuda e recava in mano un calice di vino. Venne verso di me che
quasi svenivo a quella visione e mi porse il calice dicendo che
presto avrei potuto godere di lei ma che ora dovevo riprendermi.
Appena terminai il mio vino sentii un improvviso torpore e feci
appena in tempo a realizzare che dovevo essere stato drogato che
caddi addormentato. Una cosa mi restò impressa però, un urlo di
donna che accompagnò il momento in cui persi definitivamente
conoscenza."
"Ma è tardi ! Meglio andare, dobbiamo attraversare tutta la
città".
Si alzarono e si avviarono verso la nera automobile.
"Dicono tutti che noi giovani non abbiamo più principi, che
siamo dei viziosi e che una volta era tutto diverso! Si era
diverso, era molto peggio! Sai se fossi ancora un'umana avrei
repulsione per te e per la tua vita così...dissipata e perversa!
Anche io ho assaporato il piacere del corpo, ma ho anche amato,
questo mi fa credere che quello che provavi tu era solo desiderio
sessuale, tu non hai mai provato un vero sentimento d'amore, la
tua era solo ossessione! Questo è molto triste. La tua Angelica
era un Vampiro, non sbaglio vero? e ti aveva condotto in un covo
di streghe!
In Spagna l'inquisizione era terribile, sei stato fortunato che
non vi abbiano bruciato! ...oppure?"
Jan non rispondeva, era serio, quasi triste! Marilisa decise di
non torturarlo oltre. Arrivarono alla macchina e ripartirono,
accesero la radio, "lascia c'è il giornaleradio, voglio
sapere come va il mondo adesso che lo vivo in modo così diverso.
Ho il
terrore che scoprano i cadaveri e ci..." ma Mentre Marilisa
parlava udì una notizia che la riguardava. "..... confine
con la Germania il corpo era ricoperto di sangue, questa sera è
stato identificato, è una donna di 60 anni AnnaMaria
Castellammare, viaggiava con il marito del quale non si sono
trovate tracce, se non di sangue...." Marilisa urlò
"Fermati. Oh Dio! Sono i miei genitori! Non è
possibile....Dobbiamo andare li... Devo vedere, sapere..."
cominciò a tremare. Il ragazzo non sapeva che fare,
"Calmati" disse "non puoi fare niente, tu sei
morta come lei! Forse è andata meglio così!" Lo guardò
piena di odio" Tu sei un mostro! Come puoi dire questo, i
miei genitori! Io li amo come nessun altro... Sei pazzo! avevo
ragione, non hai mai amato, non hai mai provato nessun tipo di
amore...Ti odio...!".
Aprì la portiera e corse via, le lacrime la soffocavano, correva
non sapeva verso dove, voleva solo fuggire dal dolore che
provava, sua madre era morta!... morta! non riusciva a pensare ad
altro e suo padre!? Il suo adorato papà! Inciampò, cadde, non
riuscì ad alzarsi, rimase stesa sull'erba profumata di rugiada
del mattino continuando a piangere, voleva morire, era sola! sola
con un compagno che amava e odiava.
"Vieni dobbiamo andare, tra pochi minuti sorgerà il
sole!" Jan la sollevò tra le sue braccia, la depose
delicatamente in macchina e ripartì!" Domani ti porterò a
casa se vuoi, ma sappi che io non sono crudele come credi, secoli
di vita notturna mi hanno reso freddo e calcolatore, ma ho amato
e so amare, perché credi che tu sia qui vicino a me?... Io ho
bisogno di te, da mesi vivo per te e non saprei come fare se tu
volessi lasciarmi! Non desidero solamente possedere il tuo corpo,
bramo la tua presenza, compiacermi della tua voce, ascoltare i
tuoi pensieri...!"
Erano davanti al cancello automatico. Il cielo cominciava a
schiarirsi, dovevano fare in fretta. La vampira non parlava più,
non piangeva più, era come una statua di porcellana. Jan la
prese di nuovo tra le braccia, attraversò le stanze velocemente
verso la cripta. "vuoi ancora che io riposi con te nel tuo
sarcofago?" La ragazza annuì con il capo e tirarono sopra
di loro il coperchio intarsiato.
Quando il
sole tramontò, di nuovo intorno a Marilisa si sollevarono le
fiamme, ma questa volta si svegliò senza urlare e senza terrore,
era come atrofizzata. Era sola, Jan si svegliava sempre prima di
lei. Fece scivolare il coperchio, uscì e cominciò a pensare:
aveva avuto delle premonizioni, aveva visto i suoi pieni di
sangue, allora anche lei sarebbe morta. Vedeva il rogo, come
aveva visto loro. Forse questo era uno dei suoi poteri di
vampira! Avrebbe voluto chiedere a Jan ma dopo la sera prima non
ne aveva il coraggio.
Salì le scalette consumate fino alla stanza ottagonale, non
aveva "fame". Aprì l'armadio indossò l'abito nero
della prima sera e si sdraiò sul divano fissando il soffitto. Il
dolore era svanito, aveva sempre pensato che alla morte dei suoi
genitori, sarebbe impazzita, ma adesso! Lei era una creatura
degli inferi, e forse era stato meglio che i suoi non l'avessero
saputo, ma non dovevano morire! Non li avrebbe più visti, è
questa volta era definitiva la loro separazione. Non sapeva cosa
fare e neanche cosa pensare.
Si sentirono girare i cardini dell'antica porta, Jan entrò con
una rosa rossa in una mano. La depose sul grembo della ragazza e
disse "Vuoi tornare a casa?" Lei rispose di no, gli
buttò le braccia al collo e pianse amaramente per molto tempo.
Quella sera non volle uscire e ripeteva in continuazione che
l'avrebbero bruciata.
La sera seguente Marilisa appariva veramente pallida e magra, era
la figura di uno spettro, doveva nutrirsi! Si recò nella stanza
ottagonale, indossò il lungo cappotto nero e salì in macchina
con il suo compagno.
Era di nuovo tranquilla, aveva capito che era Jan il suo futuro,
proprio come lui le aveva detto la prima sera, e doveva vivere,
doveva liberarsi dai legami con la sua esistenza passata.
Voleva sapere tutta la storia del suo compagno, forse l'avrebbe
aiutata ad imparare qualche cosa sulla sua nuova vita da
immortale e a combattere contro le sue visioni.
La fame era più forte della prima sera, si fermarono quasi
subito in un accampamento di nomadi. "Voglio cenare da
sola" e si allontanò con uno scatto felino. In realtà
aveva timore della sua immensa sete e si vergognava dello
spettacolo che avrebbe offerto, non pensò che il suo amico era
l'unico che poteva capirla. Si avvicinò ad una roulotte e bussò
alla porta. Aprì una grassa signora coperta di gioielli, disse
qualche cosa in una strana lingua, e la fece entrare. Era sola
con due bambini che dormivano in un angolo.
La vampira le carezzò il viso grasso poi con un sorriso si
avvicinò per abbracciarla, e i canini s'immersero nel grosso
collo. Il viso di Marilisa, in un attimo tornò bello e lumino,
ma la sete non era placata. Come in preda ad un estasi
incontrollabile, fece scivolare il cadavere sul pavimento e si
gettò sui bambini, succhiando la loro vita come un ghiacciolo in
piena estate.
Sedette pochi minuti contemplando i tre corpi sazia ed appagata,
non poteva lasciarli li! Doveva imparare e liberarsene, quale
compito più semplice! Aprì la bombola del gas e mentre si
chiudeva la porta alle spalle gettò un fiammifero acceso sul
tappetino d'ingresso.
Non si voltò quando sentì l'esplosione. Pensò solo ad
allontanarsi e a non lasciare tracce del suo operato. Jan stesso
rimase stupito dall'abilità nella caccia della sua amica. Era
una creatura meravigliosa, meravigliosa e terribile. Una perfetta
compagna.
Tutto era stato piuttosto rapido e quando furono a distanza di
sicurezza dal luogo del "pasto" non era ancora
mezzanotte. Entrambi sembravano persi nei propri pensieri e Jan
propose di andare a chiacchierare in un luogo tranquillo.
Marilisa acconsentì e si diressero verso l'interno. Presero
l'autostrada e in un'ora arrivarono a Sirmione.
Mentre Jan la conduceva per mano lungo la passeggiata che
costeggiava il lago non incontrarono nessuno e lui incominciò a
parlarle: "Mi dispiace per quel che è successo alla tua
famiglia. Non sono insensibile come dici. Vorrei essere in grado
di darti la felicità ma so che questo non è solo un mio potere.
Devi superare le difficoltà della tua nuova vita e allontanarti
da quella passata fino a tagliare qualsiasi contatto.......lo so,
è doloroso ma non c'è alcuna scelta"
Marilisa teneva gli occhi bassi e aveva una espressione
immensamente triste. Jan sembrava soffrire della sua impotenza
nel contrastare le pene dell'amata. Probabilmente ad un altro
vampiro sarebbe parsa lei il non morto più antico e lui il
novizio. Arrivati alle Grotte di Catullo, un complesso di ville,
terme e negozi romani del I secolo a.C., scavalcarono abilmente
le recinzioni e si sedettero su delle rovine da cui si vedeva il
lago. In un'altra occasione questo avrebbe acceso la curiosità
della vampira ma altri problemi premevano su di lei. Fu ancora
lui a parlare: "Mi dispiace doverti parlare di queste
cose...forse ti sembrerò ancora più insensibile....devi
seppellire tua madre e poi sparire dalla vita dei mortali. E' una
situazione molto complessa ma con l'aiuto di un legale dovremmo
riuscire a tenere il funerale con l'oscurità e a sbrigare tutte
le formalità senza apparire durante il giorno: di questo posso
occuparmi io ma tu devi fare qualche telefonata e comportarti
come se non mi avessi mai incontrato". Detto questo si
voltò verso destra e fissò la massa oscura del lago e le luci
dei paesi sulla costa.
Marilisa non parlò subito, attese un paio di minuti che le erano
necessari per ordinare i pensieri poi: "Non ho scelta, lo
so. Tu però devi aiutarmi a......vivere la mia nuova esistenza.
Sei il mio creatore e sento che sei sincero quando dici di volere
il mio bene. Non mi dispiace di essere diventata quel che sono e
mi affido a te per superare questo momento".
Jan si stupì della lucidità ma soprattutto della fiducia di
Marilisa e non poté evitare di stringerla forte e di affondare
il volto nei suoi capelli. Restarono così per alcuni minuti
dopodiché raggiunsero una cabina telefonica e Jan chiamò
qualcuno a cui affidò l'organizzazione di tutto ciò che serviva
a permettere alla sua compagna di non destare alcun sospetto.
Uscendo dalla cabina disse a Marilisa che quasi tutto era
sistemato. Lei se ne stupì e lui si affrettò a spiegarle che
vivendo per secoli si imparavano certi trucchi e si creavano
contatti molto molto utili.
Tornarono sui loro passi e alle cinque circa furono al palazzo.
Durante il viaggio e prima di tornare nel sarcofago Jan le
ricordò che loro non erano gli unici vampiri del mondo e le
spiegò che negli anni accadeva spesso che ci si scambiassero
favori o informazioni. Lei era molto incuriosita ma l'alba pose
fine alla discussione. Mentre scendevano nella stanza del
sarcofago lui le disse che i contatti con altri della loro specie
erano a volte simili a quelli tra umani, quasi assimilabili
all'amicizia, altre volte erano ostili e ci si odiava come solo
chi vive per secoli può odiare.
Anche se questi tragici eventi avevano frenato la curiosità e lo
spirito di Marilisa, niente impedì alla sua mente di produrre le
solite strane immagini! Poco prima che il sole tramontasse, lei
cominciò a vedere la piazza del rogo. Tutto era più nitido del
solito, il fuoco era spento, ma era ugualmente preda del terrore,
non riusciva a muovere le mani e i piedi legati al palo, vedeva
distintamente le persone, una ad una. Le case, i vetri piombati
delle finestre rotte ed i tetti con le tegole mal messe, era un
paese molto povero! Ma tra la folla spiccava un gruppo di
gentiluomini elegantissimi, tutti avevano la gorgiera inamidata
tipica del seicento, ma in un istante le fiamme furono alte...!
Urlò con tutto il fiato che aveva nei polmoni, tanto che il
coperchio della tomba ebbe un tremito. Si svegliò... era sera.
Jan già
sveglio, era li vicino a lei con i suoi jeans e la sua giacca di
pelle "Sono quasi le sette dobbiamo andare, domani sera ci
sarà il funerale, e prima dell'alba dovremo essere a
Pescara!"
La ragazza si alzò "Ho fatto di nuovo quel brutto sogno, ne
dobbiamo parlare, prima o poi! ho bisogno di sapere alcune
cose!" Attraversarono il corridoio buio e salirono fino alla
stanza di Marilisa. Lei indossò dei pantaloni neri ed un golfino
di lana grigio, si guardò allo specchio! Era un'umana, se non
fosse stato per pochi particolari, neanche lei avrebbe detto che
era un ...cadavere...!
Scesero nella camera di Jan da dove si vedeva il mare, sedettero
sul lettone a baldacchino e Marilisa piena di timore sollevò la
cornetta del telefono di legno d'inizio secolo che gli porse il
suo amore. Compose un numero fissando il suo compagno che disse
"Non puoi evitarlo, devi avvisare che stai tornando!"
Quella telefonata fu veloce, ma dolorosa! Era come se si fosse
infilata un pugnale nel cuore e lo girasse senza pietà! Poi
finalmente chiamò la sua amica Elena. Sapeva che avrebbe dovuto
farlo prima! La trovò disperata ...! Quella ragazza, oltre al
suo gatto sarebbe stata la prima a mancarle nella sua nuova vita!
In pochi minuti infilò un caldo piumino nero e furono
sull'automobile, come una freccia verso la sua città. Jan le
prese la mano "Vedrai andrà tutto bene non avere paura, il
mio legale è una persona fidata, e poi abbiamo già un posto
sicuro dove dormire!" Marilisa avvicinò la sua testa a
quella dell'altro vampiro e con le labbra gli sfiorò la guancia.
"Mio adorato, come è cominciato tutto questo? Cosa ti è
successo a Madrid?"
"D'accordo....allora dov'ero rimasto?.....Già...il
risveglio dopo la festa. Mi svegliai nel mio letto nel palazzo di
Angelica fuori Madrid. Il sole era già alto ed io ero spossato e
confuso. Avevo inddosso la mia veste da notte e tutto avrebbe
fatto pensare ad un risveglio come gli altri. Pensai addirittura
di aver sognato i fatti della notte precedente, altrimenti come
avrei fatto a svegliarmi nel mio letto? Pensandoci bene però
scartai questa ipotesi. Non era poi così strano essere stato
portato a casa da qualcuno mentre ero sotto l'effetto di qualche
droga. Un sogno non mi avrebbe fatto svegliare ben oltre
mezzogiorno. Mi sentivo preso in giro. Il mio grande amore si era
presa gioco di me e si era divertita ad osservare le mie reazioni
di fronte a quella situazione tanto assurda. Ero furioso. Più
ripensavo all'accaduto e più montava in me la rabbia. Non ero un
bambino né tantomeno uno sprovveduto. Non doveva assolutamente
trattarmi a quel modo. In preda all'ira, non attesi il suo
consueto arrivo serale ma presi un cavallo e mi lanciai verso il
suo palazzo in città. Le avrei parlato chiaro. L'amavo,
evidentemente lo sapeva, e non doveva trattarmi così. Cavalcai
per circa un'ora e arrivai da lei poco prima del tramonto. Il suo
palazzo era nei pressi della Plaza Mayor e passando di lì notai
una grande agitazione e una continua affluenza di dignitari e
popolani che non sapevo spiegarmi. Non vi badai più di tanto e
proseguii fino al portone del palazzo. All'ingresso affidai il
mio cavallo ai domestici e nonostante loro volessero impedirmelo,
salii di corsa l'imponente scalinata e mi misi a cercare
Angelica. Attraversai molteplici stanze senza trovarne traccia.
Ora era sceso il buio ed io ero talmente esasperato che, in preda
ad un eccesso di ira presi una statuetta da un tavolo e mi
apprestai a sbatterla contro il muro. Fu allora che lei apparve
alle mie spalle. Dapprima sentii la sua voce: "Non mi
aspettavo un atteggiamento tanto scortese da parte sua signor
Verhayden. Dicono che voi veneziani brilliate per raffinatezza ed
invece......." . Lentamente poggiai la statuetta e mi
voltai. Poi non resistetti più ed esplosi: "Strega !!!!
come avete osato prendervi gioco di me!?!? Eravate a conoscenza
dei miei sentimenti verso di voi e mi avete coinvolto in
quella.......cosa dell'altra notte. Vi siete divertita alle mie
spalle e mi avete costretto a prender parte ad un rito di
stregoneria. Ho sentito delle urla di donna. Voi........
Se.....se non vi amassi mi augurerei di vedervi
bruciare!!!!!" Ero un fiume in piena ma lei mi interruppe,
eccome se lo fece. Mi colpì in pieno viso scagliandomi al suolo
quasi privo di sensi. Me la trovai subito addosso con il viso
deturpato dalla rabbia. "Tu!!!! Stupido ragazzino!!! potrei
ucciderti ora e punirti per la tua insolenza ma soprattutto per
la tua stupidità!!!!!" Intanto mi serrava la gola con una
stretta così possente che ero completamente in sua balìa. Mi
accorsi allora che ero innamorato di una creatura che non aveva
quasi più nulla di umano."
Ero disperato. Scoppiai a piangere e lei mi gettò al suolo
dandomi del codardo. Ormai il mio senno stava vacillando. In
ginocchio, ai suoi piedi, feci un ultimo sforzo. Smisi di
singhiozzare e la guardai negli occhi. "Chi sei? Non mi
interessa morire! Ormai hai distrutto i miei sogni! Voglio solo
sapere per quale diabolica creatura il mio cuore continua a
battere. Neanche ora mi riesce di smettere di amarti maledetta
creatura del demonio!!!!!!" Detto questo caddi all'indietro
con la schiena contro il muro e rimasi a fissarla aspettando che
mi strappasse la vita come mi aveva strappato il cuore........Hai
capito bene mia cara Marilisa.......quello che avevo detto era
vero, ero ancora perdutamente innamorato di Angelica.
Lei reagì alle mie parole come non mi sarei mai aspettato. Il
suo viso tornò tranquillo, mi parve addirittura triste. Poi si
avvicinò a me e con un sorriso impertinente mi sussurrò:
"Sei un giovane piuttosto volubile ma a me le persone
passionali piacciono e non mi ero sbagliata sul tuo conto. Forse
dovresti vivere ancora un po'." Mi aiutò ad alzarmi. Ero
come un automa e la seguii giù per le scale senza fiatare. Mi
condusse fuori, verso la Plaza Mayor. Solo allora notai le sue
vesti ancor più ricche del solito. C'era una enorme agitazione
nella piazza. Erano state montate delle tribune su tutti i lati e
al centro trovavano posto degli scranni. Alcuni gendarmi,
vedendoci, ci fecero strada verso dei posti rivestiti di velluto
rosso sul palco che evidentemente erano riservati alla nobiltà.
Solo all'arrivo di alcuni alti prelati che presero posto al
centro della piazza nel silenzio provocato dal loro passaggio, io
capii. Era l'Inquisizione. Un processo di quelli detti
auto-da-fè. Ma perché Angelica mi aveva portato lì? Ben presto
fu lei stessa a dirmelo:
"Ora vedrai cosa significa essere bruciati sul rogo.
Riconosci l'uomo che entra nella piazza?" Lo riconobbi
immediatamente. era uno degli ospiti della festa .
"Si chiama Francisco Manzanares e la sua unica colpa è
lottare contro l'oscurantismo di questi tempi."
"Ma tu sei sul serio un......una creatura......."
"Sono un VAMPIRO, una LAMIA, come le chiamate voi?"
Ma ecco le luci della città, i grandi alberghi di Montesilvano!
Per Marilisa erano così famigliari! In alcuni momenti durante
quei pochi giorni, aveva pensato che non avrebbe mai più rivisto
quei posti! Era a casa! Ma quella era ancora casa sua?
Uscirono al casello dell'autostrada a Pescara Nord, erano
entrambi ammutoliti, la tensione saliva! Jan imboccò la strada
della riviera. Il mare era mosso, la bianca spuma copriva gli
scogli, ma il cielo era sereno, "Ho fame!" disse
Marilisa. "Che ne dici di banchettare nella mia
città?" Il suo compagno fu quasi sconvolto da quella frase,
non riusciva a capire la freddezza della vampira, alcune volte
aveva quasi paura dell'espressione diabolica che le compariva sul
viso, sembrava come posseduta dall'odio! Quando era una mortale
l'aveva seguita, l'aveva molto desiderata, ma aveva impiegato
mesi per prenderla, perché si chiedeva se una fanciulla
sensibile come lei, potesse sopportare l'idea di vivere
uccidendo! Invece...!
Marilisa non capì come, ma udì nella sua mente queste
riflessioni, sorrise, lo guardò e disse " Noi non siamo
peggio degli umani, loro allevano amorevolmente intere greggi, ma
con inganno, perché prendono i loro piccoli figli e li mangiano!
Noi invece uccidiamo come Dio, lo dicesti tu ricordi!" Il
ragazzo rispose che ormai era solo un suo servo e che tutto ciò
che lei desiderava sarebbe stato fatto. La ragazza continuò
"Guarda che squallore! Una spiaggia così bella piena di
povere ragazze costrette a prostituirsi, che ne dici di nutrirci
dei loro carnefici?". Fermarono la macchina vicino ad una
giovinetta sui diciassette anni, era carina anche se
cicciottella, aspettarono che qualche malcapitato la facesse
salire e li seguirono fino alla pineta dove si fermarono. Neanche
il tempo che l'uomo grasso sulla cinquantina, realizzasse quello
che succedeva, fu afferrato per la gola e divenne il pasto di due
"Angeli neri" che lasciarono fuggire la ragazza, la
quale per tanto terrore e velocità non li vide neanche!.
Gettato il cadavere nel fiume, erano appena le tre del mattino,
avevano ancora del tempo, Marilisa ormai sazia e lucida chiese al
suo compagno di portarla a casa, sentiva il bisogno di andare,
ora che i suoi non c'erano più, quell'appartamento sarebbe
rimasto vuoto, e prima che altri vi entrassero, voleva prendere
degli oggetti, ma c'era una cosa in particolare che da qualche
ora la impensieriva: la sua dolce Micia!
In meno di cinque minuti, infilava la chiave alla serratura. Era
come se mancasse da decenni! Dopo che lei era andata via, solo la
donna che si occupava del gatto era entrata, tutto era al suo
posto... anche Micia. Il cuore gli scoppiava di gioia! Era lì!
Si avvicinò per accarezzarla, ma la gatta si rizzò sulle zampe
e con un miagolio lamentoso si nascose sotto il mobile della TV.
"Perché, scappi sono io! Io che tanto ti amo!" Jan le
poggiò una mano sulla spalla e le disse " Sente che non sei
più tu... sei un vampiro!" La ragazza, come se d'un tratto
aprisse gli occhi cominciò a piangere "No! non è possibile
lei deve venire con noi, non posso lasciarla qui!" Si
inginocchiò per terra e continuando a singhiozzare infilò la
mano sotto il mobile. Finalmente riuscì ad afferrare il gatto,
lo strinse al petto. Il povero animaletto tremava, Marilisa
sentiva il suo cuoricino impazzito, e vedeva i suoi occhi gialli
fissarla impauriti. Ma forse l'amore è più forte dell'istinto!
Micia dopo pochi minuti smise di tremare e come faceva da anni,
con la sua padroncina, le leccò la mano.
Un singhiozzo di gioia fermò le lacrime, in quel momento Jan
disse "Dobbiamo andare!". Marilisa, continuando a
stringere il gatto con un braccio, prese un borsone da un mobile
dell'ingresso e correndo per casa vi infilò delle foto, qualche
oggetto, pochi indumenti, le scatolette del cibo del suo gatto
nero ed imboccò la porta, girandosi un attimo a guardare quelle
stanze in cui era cresciuta e che non avrebbe mai più
attraversato. Vide i volti dei suoi cari e un dolore
incontenibile sembrò spaccarle il cuore in mille pezzi! Il suo
fedele amico la spinse in macchina. La ragazza aveva gli occhi
pieni di lacrime non vide la strada, si ritrovò davanti ad una
villetta tra i colli di Pescara e Spoltore che non aveva mai
notata, entrarono. Jan aprì una botola nel pavimento della sala
da pranzo, scesero dopo aver lasciato Micia a regnare nella casa
e a godere di un ricco pasto. In quella specie di cantina c'erano
due bare, "E' questo il nostro letto!" il ragazzo
sorrise e sollevò uno dei coperchi. Le stelle sparirono e
diedero il posto ad uno splendido sole.
Quando
tramontò Marilisa ebbe delle nuove visioni: una vecchia cenciosa
e maleodorante che le carezzava la mano, il suo sorriso era
dolcissimo, mentre anche lei stava per sorridere si sollevarono
le fiamme che inghiottirono l'anziana donna.
In quell'istante la ragazza sentì una mano stringerle il
braccio, aprì gli occhi, era il suo compagno che le diceva
"Dai devi svegliarti! Dobbiamo correre al funerale!"
Davanti alla casa c'era un ragazzo quasi sulla trentina che li
aspettava, era elegante, portava un paio di occhiali da
intellettuale e sorrise un po' viscidamente vedendoli
"Buonasera signorina... Marilisa, se non sbaglio! Io sono
uno dei legali del suo... amico! E da questo momento anche il
suo, il mio none è Ivan Dell'Arca. Vi accompagnerò
personalmente al funerale, ricordi che lei adesso ha un impiego a
Venezia e per questo non vive più qui! Cerchi di non parlare
molto con nessuno e controlli più che può il suo dolore! So che
sarà difficile, ma renderà le cose molto più semplici! Jan mi
ha spiegato la sua situazione, penserò a tutto io, lei non si
preoccupi di nulla!". Marilisa, mentre salivano sul BMW
grigio metallizzato di Ivan, si chiedeva quale fosse la sua
situazione, era curiosa di sapere che cosa aveva inventato Jan.
Il suo compagno era un mago, un genio, aveva la soluzione a
tutto, sicuramente avrebbe spiegato anche le sue visioni.
Appena vide la chiesa bianca, dove avrebbe avuto luogo la
funzione funebre, la sua mente fu vuota da ogni pensiero e si
riempì ancora una volta di dolore! Micia era ormai l'unica cosa
rimasta del suo passato.
Jan fece fermare la macchina poco lontano e la lasciò andare da
sola incontro alla piccola folla che attendeva davanti alla
chiesa. Lei avrebbe voluto ad ogni costo averlo vicino per
confortarla, ma lui la convinse che sarebbe stato più prudente
se fosse rimasto in disparte. La vampira attraversò quei pochi
metri in preda ai singhiozzi e alle lacrime. Ora era sola con
davanti ciò che più aveva amato in vita e che adesso era
irrimediabilmente perduto. Arrivata alla chiesa si lasciò
assorbire dal calore delle persone più care, abbracciata alla
sua amica Elena entrò nella cappella. Ormai non era più in
grado di controllarsi, non era rimasto nulla della cacciatrice,
ora c'era solo la fragile ragazza rimasta orfana. Abbracciò e
baciò la bara, ascoltò immobile la funzione, si lasciò
confortare da una miriade di amici e parenti, si perse nei
ricordi della sua vita passata.......Tutto, però, si sarebbe
confuso nei suoi ricordi. Il dolore era talmente totalizzante che
si spandeva su tutti i suoi pensieri annullando ogni capacità di
razionalizzare. Quando fu il momento di uscire dalla chiesa si
sentì quasi mancare, dovettero sorreggerla.
Dopo alcuni minuti all'aria aperta ricominciò a tornare se
stessa. Si era addirittura dimenticata di essere una
vampira.......
Tutti le erano attorno per invitarla a passare la notte in
compagnia di qualche amica, zia, cugina ecc. Non sapeva come
rispondere ma ci pensò Jan a risolvere la questione. Arrivò dal
nulla e si presentò come un parente tedesco che tornando dalla
Germania le aveva dato un passaggio. Raccontò di averle
prenotato una stanza in albergo per tenerla lontana dai luoghi
conosciuti che le avrebbero ricordato le persone scomparse. Si
affrettarono poi ad allontanarsi.
Marilisa aveva oramai riacquistato la padronanza di se stessa e
lottava per lasciarsi tutto il suo passato La sua umanità
l'avrebbe sempre accompagnata con un velo di malinconica
nostalgia ma non le avrebbe impedito di essere una predatrice.
Finalmente erano soli! Anzi non sarebbero più stati soli! Con
passo svelto appena entrarono, Marilisa corse a stringere Micia,
si buttò sul divano del salotto e cominciò a carezzarle il pelo
nero e lucido, guardò il suo ragazzo e lo invitò "vieni
amore siedi vicino a noi adesso siamo una famiglia
completa!". Jan si avvicinò le guardò e disse "Sono
un po' geloso, non pensavo di doverti dividere con qualcun'
altro!" la ragazza rispose "Ho sempre avuto un gatto!
Con questi animali ho una forte intesa! Quasi tutti preferiscono
i cani, ma io sono affine ai felini, sono più indipendenti,
eleganti, furbi, il loro modo di amare è totale, ma sono anche
molto gelosi, ed io adoro essere amata in questo modo! Tu sei
un'altra cosa, tu sei... mia madre, mio padre, il mio amante, il
mio tutto! Non puoi essere geloso ne di lei ne di nessun
altro!".
La casa era carina, ma il palazzo di Venezia era un'altra cosa,
"Voglio tornare al castello" disse Marilisa e continuò
"domani sera voglio ripartire, ma questa notte, domineremo
la mia città, usciamo ho fame!". Si recarono in centro,
l'aria era fredda, ma c'era molta gente in giro, era venerdì.
Passeggiarono per il corso, la ragazza guardava le belle vetrine
illuminate, sapeva che non avrebbe sentito la loro mancanza,
mentre le sarebbe sempre rimasta nel cuore la gente che l'aveva
amata, l'odore del mare e perfino quell'aria umida che da mortale
tanto l'aveva infastidita. Cercò di pensare con chi cenare, ma
non odiava nessuno in particolare, era una persona che perdonava
sempre, anche se molto lentamente. Pensò al suo ex ragazzo, alla
sua nuova fiamma, all'ultimo datore di lavoro, ma nessuno
meritava di morire...! Allora le venne un'idea, il caso avrebbe
deciso! "Tesoro" disse al suo compagno "andiamo in
un locale che conosco, questa sera sarà pieno di gente!"
Jan sorrise e acconsentì. Arrivarono davanti all'ingresso
affollato. La musica dall'interno inondava tutta la zona del
porto, abitata da poche persone. Ecco arrivare una ragazza con un
gruppo di amici, aveva un'aria superba ed altezzosa, Marilisa la
odiò da subito e decise che quella sarebbe stata la sua preda.
Tutta la sera ballò vicino al gruppo di giovani prescelto ed
invitò il suo accompagnatore a fare la stessa cosa, si
divertirono e nello stesso tempo si procurarono il pasto. Verso
le tre la ragazza uscì dal locale insieme ad una sua sfortunata
amica, i vampiri le seguirono e con molta eleganza e gentilezza
le invitarono a salire sulla loro automobile per un giro della
città, le fanciulle molto venali e superficiali, visto che si
trattava di una Ferrari nera, non si fecero pregare convinte che
avrebbero fatto un figurone agl'occhi dei loro amici. Ma invece
di andare verso il corso, Jan imboccò la circonvallazione. I
resti delle due malcapitate furono ritrovati alcuni giorni dopo
sparpagliati, sotto il ponte più alto della superstrada. Si
parlò di suicidio volontario dato che la loro automobile fu
ritrovata correttamente parcheggiata nelle vicinanze.
Dopo la cena i due vampiri, tornarono a casa da Micia che li
accolse affettuosamente. Dopo una buona dose di coccole, i due
vampiri scesero nella cantina per il loro quotidiano riposo.
Prima che Marilisa prendesse sonno vide ancora una volta il viso
della vecchia. Questa aveva in mano un grande libro manoscritto,
le cui pagine spesse erano di pergamena e la copertina finemente
cesellata, doveva essere molto pesante, ma dal volume di colpo si
accesero le fiamme che avvolsero tutto.
Quando il
sole tramontò la ragazza si svegliò molto stanca, certo il
giorno precedente era stato stressante, ma una nuova vita
l'attendeva. Sollevò il coperchio, e nello stesso istante Micia
le saltò in grembo, aveva dormito sulla sua bara, "che
cara!" disse accarezzando la bellissima gatta nera. Salì
nella sala da pranzo, Jan non c'era. Allora si sdraiò sul divano
ed accese la TV, vide il telegiornale, il teleabruzzo, ed Un
posto al sole, come ai vecchi tempi, alle nove mentre si
stiracchiava in compagnia della sua gattina, sentì aprire la
pota. "Ciao amore mio, ti sei svegliata bene?" Lei si
alzò e corse incontro al suo compagno stringendolo a se,
"dov'eri mi sei mancato!", "Sono andato da Ivan a
portargli del denaro, ed a sistemare le ultime cose, non volevi
partire questa sera?". "Si! ma volevo passare..."
Jan sorrise prendendo in braccio Micia "Certo prima di
andare via passeremo al cimitero."
Scavalcarono il muro di cinta con la stessa abilità del loro
gatto, il quale li condusse direttamente davanti alla tomba di
Anna. Tutti e tre rimasero immobili per una mezz'ora, poi
Marilisa asciugando le lacrime disse "Mio padre, chi sa dove
è finito il suo corpo? Forse è ancora vivo..."
"Basta" disse Jan "non devi più pensare a queste
cose, dobbiamo andare"
Salirono in macchina, e sfrecciarono velocissimi sull'autostrada
verso Nord. Micia dormiva raggomitolata sulle gambe della
ragazza, tutto era calmo e tranquillo, la solita musica dei
Depeche Mode dominava il momento. Rimasero in silenzio ascoltando
i brani più di un'ora poi Marilisa disse "Com'è stato
vedere bruciare un uomo? Già ti era successo da bambino, ma da
adulto devi aver ricevuto un'altra impressione!"
"Si, è stato diverso! Vedevo con gli occhi dell'esperienza
e della maturità...
Quell'uomo non mi ha mai guardato mentre moriva, vidi che fissava
Angelica. Invece la ragazza inglese...! Lei mi implorò con gli
occhi! A Madrid, non ho visto il rogo di Francisco, ma ho
rivissuto quello di tanti anni prima! ho odiato la chiesa è Dio
come mai avrei pensato possibile. Sai in quel periodo non era
come adesso, la religione era vissuta intensamente, chi non lo
faceva era considerato un eretico, ed io in quella piazza ero
diventato tale! Mi sentivo come Giordano Bruno, volevo girare il
mondo per professare una nuova fede, volevo urlare a tutti che
stavano sbagliando, che anche la fanciulla inglese era una
creatura di Dio come Francisco, ed è un peccato incommensurabile
uccidere i propri fratelli, e loro ...!"
Marilisa sfiorò la mano del suo compagno e disse "Ogni
volta che mi sveglio, o quando vado a riposare, faccio sempre
quel sogno del quale ho cercato di dirti l'altro giorno! Vedo il
rogo, adesso ho cominciato a vedere anche una vecchia, forse una
strega, oggi aveva un libro. Cosa può significare?",
"Non lo so, forse ti ho influenzata con i miei racconti,
oppure... Noi vampiri abbiamo una sensibilità superiore agli
umani, forse ti è successo qualche cosa che non ricordi ed il
tuo inconscio sta' per riportarlo a galla! Non preoccuparti,
vedrai che tutto si chiarirà con il tempo, è solo da pochi
giorni che hai una nuova natura, non puoi pretendere di capire
tutto in una settimana!" Scese di nuovo il silenzio.
Divoravano la strada come lupi affamati. Le stelle e la luna
splendevano illuminando il paesaggio pianeggiante che stavano
attraversando. Fattorie sparse qua e la, paesi lontani con poche
luci. Tutto il mondo sembrava dormire tranne loro due. Il viaggio
sembrò breve, il cancello elettrico si chiuse alle loro spalle,
erano a casa. Micia sembrò subito a suo agio tra i giardini
all'italiana ed i bei vialetti, e lo fu ancora di più quando
vide lo scalone dove poter correre su e giù senza che nessuno la
sgridasse.
Jan fu felice nel percepire che la sua compagna già aveva
imparato ad amare quella casa. La prese per mano e disse,
"vieni devo farti vedere una cosa!" attraversarono il
salone delle feste, la sala del tempo ed infilarono una porta
d'orata sulla destra, meraviglia delle meraviglie...!! Marilisa
si sentì mancare... era immensa... una biblioteca immensa!
Guardò il suo compagno che sorrideva e corse verso il centro del
salone circolare. Delle alte colonne di marmo sorreggevano il
soffitto affrescato alla Tiepolo, e su due piani tra un intreccio
di ringhiere e scale scorrevoli, facevano bella mostra migliaia
di libri.
Marilisa era come ipnotizzata, cominciò a scorrere gli scaffali
con gli occhi, riusciva a leggere i titoli sulle copertine da una
distanza notevole. Ad un tratto notò uno scaffale
particolarmente interessante. Salì la scala di legno di noce che
conduceva al secondo piano e si avvicinò, conteneva dei libri
enormi, come quelli che si vedono nei musei. Allungò una mano e
cominciò a toccarli scorrendo con l'indice da uno all'altro
sentì ad un tratto come una fitta. La sua mano era poggiata su
un libro con la copertina di pelle nera con inciso in lettere
d'oro a caratteri gotici librari il titolo : Malleus Maleficarum.
Lo tirò giù dallo scaffale e lo aprì. Non era un manoscritto
era stampato, sentiva che tra lei e quel libro c'era qualche
cosa. Lesse i nomi degli autori tal Jacob Sprenger e tal Heinrich
Kramer. "Hai preso il libro giusto! Fu un dono di
Angelica" disse Jan che l'aveva raggiunta. "Quello è
il martello delle streghe è il manuale con il quale si
identificavano, le maleficae. Li c'è scritto non solo come si
riconoscevano, ma anche come punirle, cosa facevano, chi erano!
quel libro è in parte responsabile delle migliaia di persone
morte per stregoneria! E' ovviamente una copia posteriore
all'originale. Puoi leggerlo se vuoi, ma ci sono libri più
interessanti e poi questo mi porta alla mente tristi
ricordi." Marilisa chiuse il libro lo rimise al suo posto e
rispose "Non so perché ma quando l'ho sfiorato ho ricevuto
come una scossa, troppe cose non riesco a capire e certe volte mi
sembra di impazzire!" Jan capiva il tormento che provava la
giovane vampira che doveva ancora imparare e sapere molto ed
indicando la stanza disse "Sono tutti tuoi amore mio, qui
potrai sicuramente saziare la tua sete di cultura e forse
troverai anche qualche risposta inaspettata!"
A proposito di sete! La ragazza come tornata nella realtà per un
istante disse "Non ho fame, com'è possibile? Questa notte
non abbiamo cenato!" Il ragazzo rispose "E' così che
vanno le cose, più si è forti e vecchi meno si ha bisogno di
sangue! Anche se per te è forse un po' presto per non bere ogni
notte...! Una settimana è veramente troppo poco! Non so
spiegarti come sia possibile una cosa simile! O sono diventato
molto potente io e tu essendo una mia creatura lo sei di
conseguenza, oppure hai un tuo dono particolare che accelera il
progresso dei tuoi poteri! In ogni caso meglio così non credi,
abbiamo più tempo per noi!" Si avvicinò alla sua amica, si
strinsero in un abbraccio da amanti, le labbra si incontrarono e
ad un tratto Marilisa sentì i denti del suo compagno penetrarle
nel collo.... provava un piacere ed un abbandono indescrivibile,
il suo Jan non aveva resistito all'attrazione fatale che lo
spingeva ad unirsi nuovamente alla sua compagna, la quale in
seguito ad un impulso istintivo preda dell'estasi, a sua volta
premette i suoi canini nell'arterea del collo del compagno. Le
loro anime furono una sola per un istante, ma era ormai tardi la
loro estasi fu spezzata dal rintocco dell'orologio. Dopo due
giorni di nuovo dormirono nel loro sarcofago di pietra stretti in
un abbraccio immortale.
Per la prima
notte si svegliarono insieme. Jan aiutò Marilisa ad uscire dal
sarcofago e, dopo averle augurato la buonanotte con un leggero
bacio sulle labbra, la condusse in una saletta del piano
superiore. Era una piccola stanza con delle ampie vetrate che
davano sul mare su cui splendeva una falce di luna. Si
comportarono come due umani. Jan accese il fuoco nel camino
mentre Marilisa ammirava le porcellane cinesi nelle vetrine che
coprivano la parete di fronte. Era appena passata ad osservare
incuriosita una raccolta di spade, stiletti, pugnali ed altre
lame tutte molto antiche che Jan la strinse a sé dalle spalle e
disse: "Cosa desidera fare di questa notte mia
signora?" Marilisa si voltò e gli accarezzò dolcemente la
guancia: "Vorrei che tu continuassi la tua storia. Sono
molto curiosa amore mio." "E sia mia cara.
Accomodiamoci sul divano vicino al fuoco." Si sedettero
abbracciati l'uno all'altra di fronte al camino acceso e lui
continuò il racconto "Bene..... Nella Plaza Mayor Angelica
mi confessò la sua vera natura. A quelle parole ebbi il
desiderio di fuggire, ma qualcosa me lo impedì. Non c'era solo
il mio amore per lei che era stato appena scalfito dalla recente
scoperta. C'era anche curiosità verso il suo mondo. Proprio ieri
ti ho detto quanto lontano fosse il mio cuore dalla religione e
il processo a cui stavo assistendo non faceva altro che
esasperare il mio sentimento di rifiuto. Quell'uomo, Francisco,
era in catene al centro di una corte di alti prelati che con
l'aiuto di vari gendarmi continuavano a interrogarlo con
l'ausilio di efferate tecniche di tortura.
Era uno spettacolo talmente orribile che la confessione di
Angelica, il suo status di mostro mi pareva una facezia di fronte
alle sofferenza di quell'uomo, ai volti atterriti del popolo
accorso allo spettacolo, all'assurdo contegno dei nobili.....Ma,
soprattutto, a far vacillare il mio autocontrollo era la
sistematicità dell'operato degli inquisitori, il loro distacco
dalle sofferenze di un essere umano in nome di un'autorità
superiore conferita da null'altro che un altro uomo ancor più
ambizioso.
In me montava il disgusto e quando lessero la condanna al rogo di
quel poveraccio io esplosi. Diedi uno scossone ad Angelica che si
voltò di scatto verso di me. Aveva uno sguardo del tutto diverso
dal solito. Era evidente la pena che provava per quell'uomo. Le
urlai di aiutarlo, di intervenire. Lei si accorse che le mie
parole erano sincere ma non poteva certo mostrare il suo potere
di fronte ad una simile folla. Mi strattonò a sé e quando il
mio viso fu a pochi centimetri dalla mia bocca mi disse:
"Stai buono maledizione! Ormai non possiamo fare nulla per
il povero Francisco. Purtroppo neppure il mio potere può fare
nulla in certi casi. Saprai tutto tra poco ma ora guarda a cosa
volevi che fossi condannata. E' così che mi hai detto. Un
mostro, una strega deve essere bruciata. Ora guarda! Guarda chi
sono i veri mostri".
Avevano issato una trave e stavano legandoci il condannato.
Francisco aveva una espressione terrorizzata e a tratti sembrava
scosso dagli spasmi del pianto. Quando terminarono l'opera
diedero fuoco alle fascine alla base ed alle prime urla dell'uomo
io non riuscii a sopportare oltre. Fuggii. Nessuno se ne accorse,
tutti guardavano il fuoco. Corsi e corsi. Volevo allontanarmi il
più possibile, non sopportavo i canti dei fedeli. Sembrava che
festeggiassero. Li odiavo. Odiavo tutto e tutti. Mi tornò alla
mente l'esecuzione che vidi da bambino in Inghilterra. Allora non
comprendevo la pena, la sofferenza...... ma ora......
Quando non ebbi più fiato caddi con la schiena appoggiata al
muro esterno di una villa. Seduto, con la testa tra le mani,
piansi. Non so per quanto tempo. Quando alzai lo sguardo vidi
Angelica. Era appoggiata al muro di fronte e mi fissava con
espressione sofferente. Le chiesi perchè, perché non lo avesse
aiutato.
"L'inquisizione è una piaga troppo potente anche per me. Se
tu solo sapessi cosa ho visto fare ai miei cari, ai miei
amici.....Sono forti perché il popolo umano è cieco. Considera
queste esecuzioni una vittoria della fede quando non sono altro
che un inno alla loro stupidità."
"Loro sono dei mostri. Ma anche tu, in modo differente lo
sei. Io non vorrei essere complice di nessuna nefandezza, né
quelle di una vampira né quelle di quei pazzi in tonaca
nera". A queste mie parole le apparve un sorriso triste
sulle labbra.
Il sorriso si accentuò ancor di più quando aggiunsi: "C'è
però un altro
problema......io....io.....-singhiozzai....io.....TI AMO
!!!!.....amo un vampiro".
Angelica si chinò su di me mi baciò. Questa volta però fu un
bacio dolcissimo. Nel buio di quella strada deserta, mentre
baciavo la donna dei miei sogni, la mia visione delle cose stava
mutando radicalmente. Naturalmente non me ne accorsi lì per lì.
Ero troppo preso da quel bacio, strinsi Angelica che ricambiò il
mio abbraccio.
Quando staccammo le nostre labbra la guardai. Sembrava una
ragazzina spaurita. Mi resi conto che quel rogo l'aveva sconvolta
almeno quanto me. Mi venne spontaneo accarezzarle la guancia. Mi
persi nella tristezza dei suoi occhi. Quel mostro si era mostrato
più umano e sensibile di qualsiasi umano in quella maledetta
piazza. Era così ..... razionale, illuminata........ molto più
anche di un uomo per quei tempi.
E poi era l'unica donna che avessi mai amato fino ad allora.
Volevo stare con lei. Non mi interessava altro. Stare con
lei......PER SEMPRE.
"Voglio stare per sempre con te - le dissi - fammi diventare
come te".
Lei si staccò improvvisamente da me, si alzò e si voltò a
testa bassa. Dopo un paio di secondi disse: "Non sai quel
che dici. L'amore non è abbastanza. L'eternità nella notte è
un peso che reggono in pochi. E poi in questi tempi bui la nostra
esistenza è combattuta da forze che neanche immagineresti"
.
"Non ho paura - risposi - Anzi una paura ce l'ho. E' quella
di tornare uno di quelli che erano nella piazza ad ammirare
quello scempio. Voglio chiamarmi fuori da questa assurdità che
è l'umanità. Sono pronto a qualsiasi rinuncia pur di stare
insieme a te e rifiutare un mondo fatto solo di inquisitori e
inquisiti. "
Intanto mi ero tirato su ed ero di fronte ad Angelica. Lei teneva
gli occhi bassi. La scossi, parlò: "Lo sai? All'inizio
volevo solo giocare con te. Eri un bel giovane che poteva
diventare un interessante modo per passare qualche tempo, anni
magari, ma nulla più. Adesso però.....Hai dimostrato di essere
più libero di tanti stupidi umani che popolano questi tempi bui.
Augurati di credere davvero a quello che hai detto perché ho
fatto la mia scelta!".
Mi gettò a terra. Iniziammo a baciarci famelicamente. Con la
labbra cercavamo le nostre bocche e con le mani i nostri corpi.
Non ero mai stato tanto eccitato prima di allora. Non consideravo
la possibilità che ci vedessero. Non ero più nella stradina
buia ma in un limbo luminoso dove non esisteva neppure il tempo
ma solo Angelica e il suo corpo.
Ad un tratto Angelica si staccò da me e corse verso la strada
principale. Chiamò il suo carro e salimmo insieme. Dopo aver
chiuso le tende il carro partì e noi con un sorriso
ricominciammo ad amoreggiare. Mentre il carro percorreva le vie
della città realizzai il mio sogno. Feci l'amore con Angelica la
vampira, la donna dei miei sogni. Ti lascio immaginare l'estasi
che provai in quel carro che traballava alle sconnessioni del
selciato mentre godevo del corpo della donna che per mesi avevo
agognato.
Quando arrivammo al suo palazzo ci eravamo appena ricomposti e
lei mi trascinò letteralmente in una splendida sala barocca del
piano superiore, mi gettò su una sorta di divano e, dopo aver
chiuso le porte si inginocchiò al mio fianco. La baciai e lei mi
carezzò la guancia. Ci sorridemmo e comprendemmo che era giunto
il momento.
Fu dolcissimo. Abbandonai la mia vita mortale e abbracciai la mia
nuova esistenza tra le spire della creatura che più desideravo
al mondo.
E fu così che divenni un essere di tenebra.......Ma è tardi e
tu devi essere affamata......presto alla macchina......anche
questa notte celebrerà i nuovi re del buio!!!!
CAPITOLO II
In poco meno
di un'ora erano sazi, tornati sull'automobile, Marilisa che aveva
taciuto per tutto il tempo guardò sorridendo il suo compagno e
disse"E' stato come per me!" Jan si girò e rispose
"Cosa?". Finalmente il silenzio era spezzato "la
tua rinascita a vita di vampiro! Avevo cominciato a temere che la
tua Angelica fosse diabolica e che ti avesse fatto soffrire
immensamente, invece lei è stata premurosa come lo sei stato tu
con me!" "Non credere" sorrise l'altro vampiro,
"La storia non è finita! mancano più di trecento anni, in
tutto questo tempo ne accadono di cose!... che vuoi fare amore,
dove vuoi che ti porti?" "A casa, voglio vedere nella
nostra biblioteca se trovo qualche indizio che possa aiutarmi a
svelare il mistero dei miei incubi diurni! oggi per esempio, ho
visto di nuovo le fiamme, ma una cosa mi ha colpito, c'era un po'
di vento i miei capelli svolazzavano tra il fumo, erano
rossi!" Jan fu lesto ed affermare "E' sicuramente
perché pensavi alla mia storia e ad Angelica dai folti capelli
color del miele!" "No, ne sono sicura, ero io non lei!
E poi i miei sogni sono cominciati tanti anni fa! da quando ero
una mortale, da quando ero una bambina! Non ricordo di aver mai
raccontato a nessuno questa cosa seriamente!" "Dilla a
me" disse il ragazzo con aria pensierosa ed un po'
preoccupata! "Certo avevo deciso da qualche giorno di
parlartene, sta' diventando veramente una cosa insostenibile,
alcune volte non vedo l'ora di dormire nella speranza di capire
di più, altre volte ho il terrore di chiudere gli occhi perché
non voglio bruciare..." dopo un attimo di silenzio erano a
casa. Micia li riempì di fusa, e con loro salì nella stanza
ottagonale. Jan era curioso voleva sapere dei sogni cosi, prima
di andare in biblioteca, invitò la sua compagna a sedere sul
divano. "Da bambina ho cominciato ad avere degli strani
incubi, erano consecutivi! Terminavano al mattino e la sera
quando andavo a letto riprendevano da dove erano finiti, era come
un film a puntate, è stata proprio questa la spiegazione che ne
ho tratto. La mia mente influenzata da qualche cosa che da
piccina avevo visto, aveva elaborato questa storia. Ma adesso non
regge più! C'è sicuramente un altro motivo! Sognavo
periodicamente, quasi ogni settimana di essere adulta, vivevo in
un paese che nella realtà non ho mai visto, e prima che
cominciassi a compiacermi di non essere una bambina, venivo presa
da un gruppo di uomini vestiti di nero che mi rinchiudevano in
una specie di torre, incatenandomi ad una parete, e mi svegliavo.
Quando il sogno riprendeva ero in una sala buia senza finestre
piena di fumo di puzza e di uomini con i soliti vestiti neri.
Vedevo macchinari strani che solo successivamente, a scuola,
imparai essere strumenti di tortura. Da li mi conducevano fuori,
era quasi buio e mi svegliavo. Alcune volte ero curiosa di andare
a dormire per vedere se il sogno sarebbe continuato uguale alla
serie dei sogni precedenti, ed era sempre così!"
"Vuoi dire che per anni hai sognato sempre le stesse cose,
senza che cambiasse una virgola?" interruppe Jan stupito.
"Si fino a qualche anno fa! Non vuoi sapere come
finiva?" senza attendere risposta la ragazza continuò
"mi conducevano in una piazza con al centro una pira di
legna....con un palo alto, venivo legata senza che proferissi
parola, e prima che potessi rendermi conto si sollevavano le
fiamme. Non sono mai morta nel sogno, mi sono sempre svegliata
prima e ricominciava da capo!"
"Certo è scioccante che tu abbia ripreso a fare questi
sogni dopo essere diventata un vampiro, pensavo fosse solo una
tua fissa, ma adesso è tutto più complesso! non hai mai pensato
ad una reincarnazione?" Marilisa sorrise "Ma che dici!
Io non credo a queste cose!..." si fece silenzio nella
stanza. Non credeva a quelle cose! Ma era un vampiro.....!!!
Cominciò a sudare, ma no! Non era una semplice reincarnazione
come molti umani credevano funzionasse il mondo, c'era
sicuramente qualche cosa di più misterioso! E lei doveva
scoprirlo.
Era voluta salire in quella stanza per cambiarsi, aprì l'armadio
tirò fuori un ampio vestito bianco di organza, era sicuramente
della metà dell'ottocento. Lo indossò pavoneggiandosi davanti
allo specchio, aveva sempre avuto una passione smodata per i
costumi d'epoca e poterne indossare di autentici era sicuramente
la realizzazione di uno dei suoi sogni. Il corsetto poi!
Stringendo metteva in evidenza il suo seno in realtà poco
prosperoso e rendeva molto seducente il suo decoltè, tanto che
Jan le si accostò sfiorando il nastro di seta azzurra che le
fasciava la vita e le baciò il seno al centro della scollatura.
Le dita scivolarono lungo il busto della ragazza, sulle spalle
scoperte fino ai capelli. Il vampiro li raccolse in una mano e
con l'altra cominciò a carezzarle il collo. Le poggiò le labbra
su una guancia e disse "Ti adoro mia piccola strega, forse
una fata buona ti ha fatto attraversare il tempo per metterti al
mio fianco!" Un sorriso illuminò il viso di Marilisa che
gettò le braccia al collo del suo amore. Insieme scesero nella
biblioteca poi si separarono imboccando corridoi diversi tra i
migliaia di libri.
Marilisa tornò allo scaffale del Malleus, quando lo sfiorò ebbe
di nuovo una scossa. Non lo prese continuò a frugare tra vecchie
carte e pergamene senza sapere cosa cercasse.
Mentre frugava tra i volumi di stregoneria, Marilisa sentì la
voce di Jan alle sue spalle. "Forse è il caso che ti
racconti di certi avvenimenti di cui sono al corrente. Potrebbe
esserti utile conoscerli nella la tua ricerca".
Marilisa si votò e lo pregò di continuare. Jan le sembrava
quasi un bambino sullo sfondo di un immenso scaffale di libri che
coprivano vari secoli di conoscenze umane oltre che svariati
metri quadri di libreria. Il ragazzo prese a parlarle in tono
pacato: "Negli anni che seguirono la mia vampirizzazione
imparai molte cose da Angelica. Da lei e da altre creature sia
umane che non morte. Ho imparato che non esistono solo i reami di
luce degli uomini, non c'è solo il mondo che tu hai conosciuto
nella vita mortale. Sotto di esso, attraverso di esso si muovono
forze che sembrano uscite dalle vecchie leggende che ormai sono
credute nient'altro che favole....Anche noi siamo una leggenda,
ma non solo quella, visto che siamo qui!!! ". Jan sorrise.
Marilisa lo guardò per qualche secondo in cui sembrava stesse
riordinando i suoi pensieri. Jan però la anticipò affermando:
"Quello che rivivi ogni volta che piombi nel sonno potrebbe
essere qualcosa di molto più complesso di quel che sembra"
"Non parlare per enigmi - proruppe Marilisa - spiegati
meglio. Cosa ti ha insegnato Angelica?" . Era diventata
evidentemente impaziente. "Non ho imparato nulla di preciso
ma ho scoperto che esistono possibilità che non possiamo
scartare. Io ho visto con i miei occhi delle donne e a volte
degli uomini in grado di fare quelli che chiameresti incantesimi.
Si trattava di persone dotate di capacità particolari che erano
anche custodi di sapienze che comprendevano l'esistenza di noi
vampiri. A quei tempi erano frequenti i contatti fra questi umani
superiori e la nostra razza. Questo era dovuto innanzitutto
all'apparizione di un nemico comune. L'inquisizione."
"L'inquisizione sapeva dei vampiri? "chiese la ragazza.
"Non solo. Sapeva di noi e c'erano alcuni.......rinnegati,
vampiri che collaboravano con loro sia per ottenere l'immunità
dalle loro persecuzioni sia per sfruttarne il potere per i loro
scopi. Ad ogni modo, negli anni a Madrid assistetti a varie
dimostrazioni del potere di questi umani e posso assicurarti che
l'idea di un significato recondito dei tuoi sogni non è affatto
da escludere.
Di solito erano donne che avevano questi poteri. La stessa
Angelica mi raccontò che prima di approdare in Spagna viveva
nelle isole britanniche, era nata lì. Nella sua stessa famiglia
c'erano donne in grado di compiere veri e propri prodigi. Questo
era risaputo nella popolazione e li costringeva ad una vita
girovaga. Fino a che anche loro caddero vittime
dell'inquisizione. Angelica si salvò e dopo un lungo peregrinare
che forse un giorno ti racconterò abbracciò la sua vita
oscura."
Marilisa era allibita. "Tu....tu mi stai dicendo che
esistevano le streghe?"
"No. Io ti sto dicendo che, fino a prova contraria, le
streghe esistono ancora. Come esistiamo noi! Adesso ti lascio
sola. Devo andare in città per sbrigare alcune faccende noiose.
Tu puoi fare le tue ricerche da sola, la casa è tutta tua, lo
sai vero?" Si salutarono con un bacio sulle labbra
dopodiché lui uscì dalla stanza.
Marilisa si promise di chiedergli dove spariva ed anche cosa
facesse quando si svegliava prima di lei. Adesso, però non era
quello il problema, doveva cercare notizie sul significato dei
suoi sogni alla luce delle rivelazioni di Jan. Si sarebbe detta
leggermente sconvolta per le possibilità che le si aprivano
davanti e ad un tratto quella biblioteca che le era parsa il
luogo più affascinante del mondo incombeva opprimente su di lei
e sembrava che l'immensa mole della massa di libri la soffocasse.
Si sedette ugualmente al grande tavolo al centro della stanza e
cominciò a spulciare alcuni volumi.
Jan stava guidando senza meta. Lo faceva spesso quando aveva
bisogno di pensare e in quel momento doveva tuffarsi nei ricordi
per tirare fuori qualcosa in grado di aiutare Marilisa. Ne era
convinto, doveva esserci qualcosa di vero nel sogno. Non poteva
esserci altra spiegazione al fatto che il sogno persistesse anche
nella sua vita vampirica. Era entrato in contatto con
le...streghe, come le chiamava Marilisa, quando era al fianco di
Angelica. Da allora più nulla. doveva ricordare le storie, i
volti, gli avvenimenti di tre secoli prima. E non sempre erano
ricordi piacevoli, anzi.........
Marilisa intanto si era cimentata con la letteratura sulle
streghe, aveva letto dei racconti ed aveva trovato una vasta
documentazione sul processo che ebbe luogo a Salem, una città
del Massachusetts nel 1692. Quello fu l'unico processo che portò
alla morte per stregoneria negli Stati Uniti, ma furono
giustiziate ben 32 persone con metodi diversi dal rogo, quindi a
lei non interessava! Lesse di Urbain Grandiner accusato di aver
stregato la monache di Loudun ed arso vivo, ma era un uomo,
chiuse il libro e ne aprì un altro era la storia di un' italiana
Anna Lanfranchino, accusata di stregoneria, ma fu salvata dal
figlio. Passò in Inghilterra con la storia di Alice Samuel di
Warboys, nel 1593 fu giustiziata con la figlia ed il marito, ma
furono impiccati. Lesse qualche pagina di una ristampa del Magia
Naturalis dello scienziato Giambattista della Porta pubblicato la
prima volta nel 1558, ma non trovò nulla che potesse esserle
utile alla sua causa. Un po' scoraggiata, ripose i volumi al loro
posto. Era stanca, si lasciò cadere su una poltrona vittoriana
posta tra gli scaffali del secondo piano e cominciò a pensare,
forse doveva cercare diversamente, in quelle ore aveva solo
imparato tante storie, ma non era approdata a nulla.
Trasalì al tonfo di un libro sul pavimento, si voltò e vide
Micia seduta su un volume. Sorridendo si alzò e con mille
coccole prese la sua gattina fra le braccia. Si chinò verso il
libro, lo raccolse, tornò a sedere con il felino sulle ginocchia
e aprì il libro senza titolo. Era un manoscritto, non ne aveva
mai visti di così piccoli. La grandezza era quella di un normale
volume dei nostri tempi. Era scritto in gotico corsivo pieno di
svolazzi e decorazioni. Per lei era praticamente impossibile
leggerlo, non solo per la complicatezza delle lettere ma anche
perché era in inglese. Lo sfogliò vide che vi erano anche degli
strani disegni, stelle a cinque punte con strani simboli ai
vertici, era sicuramente un libro di magia, all'ultima pagina
c'era un nome Angelica Holbein. aveva lo stesso nome di .... ma
il resto era diverso, era sicuramente solo una stupida
coincidenza! C'era anche scritto un anno, forse quello in cui era
stato manoscritto! Era 1640.
Avrebbe chiesto a Jan di leggerglielo, intanto pensò di vedere
se trovava qualche altro libro di magia, forse leggendo degli
incantesimi di cui aveva parlato Jan la sua mente si sarebbe
aperta a nuove soluzioni. Girò per molto tempo, ma non trovò
altro che moderni libri di fattucchiere e prestigiatori.
"Hai trovato quello che cercavi?" Il suo compagno era
tornato. Lei si precipitò ad abbracciarlo, "No! Ma Micia ha
trovato questo!" Porse il libro a Jan. Il quale sorrise
dicendo "Ancora! Anche questo mi fu donato da Angelica, lo
scrisse lei prima di lasciare il suo paese per fuggire in Spagna.
Quello che vedi scritto sull'ultima pagina è il suo vero nome!
Non credo possa esserti d'aiuto, è solo una specie di manuale di
stregoneria, ci sono scritti dei procedimenti per fare fatture,
malocchi e robbavaria, proprio come quelli che stavi consultando
quando sono entrato! Ora tesoro mio è ora di andare a nanna, il
sole sta per sorgere, non vorrei che dimenticassi che sei una
creatura della notte!" La sollevò tra le braccia e con
passi di danza e canticchiando la melodia di un walzer si diresse
verso la cripta. La ragazza stupita chiese "Ma dove sei
stato? Perché sei così felice?" "Sono felice perché
sei qui con me! Ho girato tutta la notte in automobile, dopo un
po' mi sono sentito solo, appena ti ho vista seduta su quella
poltrona, la mia tristezza è svanita, devo a te questa gioia,
alla tua presenza, mai nessuno ci separerà!" Dopo un lungo
bacio sorrise, i canini scintillarono alla luce della candela che
illuminava la stanza del sarcofago. Non era ancora giorno, ma i
due si coricarono nel loro letto e abbracciati aspettarono il
sonno.
Una nuova giornata trascorse frettolosa per gli umani schiavi del
tempo che vola.
Quando il
cielo si tinse di porpora Marilisa vide il libro di Angelica
trasformarsi lentamente in quel pesante volume intarsiato dei
suoi incubi precedenti. Lentamente si materializzarono le scarne
mani rugose della vecchia. La quale prima carezzò il viso di
Marilisa poi con la stessa mano indicò verso un punto lontano...
degli alberi, tanti alberi secolari, la ragazza fissò meglio il
punto indicato e vide una baracca di legno, ad un tratto tutto fu
avvolto dal fuoco. La vecchia donna venne raggiunta dalle fiamme,
Marilisa urlò fece cadere il coperchio del sarcofago e come
ancora schiava del sogno saltò fuori e corse attraverso il
corridoio puzzolente verso le scale dove era Jan che si era
appena alzato e stava salendo. Raggiunto il compagno riacquistò
la lucidità "Stò impazzendo! Ne sono sicura!" Lui
l'abbraccio e disse "No, non è vero! Sei troppo forte per
cedere, vedrai che scopriremo tutto, e saremo la coppia di
predatori più felice ed invidiata del mondo!" Salirono
insieme
"Devi nutrirti amore mio - continuò Jan conducendola alla
macchina - Ti farà bene distrarti e recuperare le forze. Poi ci
dedicheremo alla ricerca del senso dei tuoi sogni".
Marilisa annuì e durante il tragitto in macchina raccontò al
suo compagno del sogno più recente. Neppure lui riuscì a
comprenderne il significato.
Oramai erano piuttosto affiatati e la ragazza era divenuta una
ottima predatrice. In poco più di un'ora avevano banchettato di
due vecchi vagabondi e ne avevano fatto sparire i corpi. Non
persero tempo e tornarono nella biblioteca della loro dimora.
Quando si furono accomodati sulle comode poltrone di fronte al
grande camino acceso Marilisa chiese: "Parlami ancora di
quel libro. Quello di Angelica. Io non riesco neppure a
leggerlo".
Jan prese il vecchio volume con entrambe le mani e lo rigirò per
qualche secondo studiandone la copertina di pelle consunta. Ad un
tratto alzò gli occhi guardando Marilisa e spiegò: "Ti ho
già detto che la famiglia di Angelica annoverava numerose
componenti dotate di........ poteri piuttosto particolari. Lei
non ne possedeva ma questo, almeno così mi raccontò, non la
rendeva inferiore a nessuna nella famiglia. Lei aveva gli stessi
diritti e valeva come le altre. Solo che non possedeva la chiave
per accedere al mondo degli spiriti. Non era questo un demerito,
semplicemente il fato aveva scelto altri. E spesso questa scelta
si rivelò una iattura più che un dono.
Il clima di uguaglianza e solidarietà che regnava nel suo clan
le permetteva di avere accesso alle conoscenze delle sue sorelle
che possedevano il Dono. Furono loro stesse che le chiesero di
raccogliere in un libro tutti i segreti accumulati nel corso di
generazioni di guaritrici, streghe, fattucchiere o come altro le
vuoi definire. Era una scelta obbligata, essendo Angelica l'unica
che sapesse scrivere. La ragione di questo improvviso bisogno di
preservare la memoria era, come al solito, l'inquisizione. Quelle
donne temevano che i roghi che infiammavano le isole britanniche
in quegli anni inghiottissero anche il loro sapere. O forse erano
stati gli spiriti, il demonio o non so cosa a
chiederglielo."
Marilisa sembrava sbalordita. Le pareva di essere finita in un
cerchio di avvenimenti che comprendevano lei stessa, Jan,
Angelica, il sogno, le sue paure e che ruotavano tutti attorno al
fuoco dell'inquisizione. Ma una cosa non le fu chiara. Chiese
quindi: "Ma perché, se era tanto importante, lo ha dato a
te che non sai che fartene?"
"E' una domanda che mi sono fatto anch'io più volte nel
corso dei secoli. Angelica mi diede il libro prima che ci
lasciassimo, parecchio tempo dopo i fatti di Madrid di cui ti ho
raccontato. Non me ne aveva mai parlato prima. Mi chiese di
custodirlo fino a che lei o qualcun altro che di certo avrei
saputo riconoscere fosse venuto a reclamarlo. I motivi per cui
scelse me come custode non volle spiegarmeli. Ho concluso che uno
è di certo il fatto che io, appunto, non so cosa farmene non
essendo in grado di comunicare con gli spiriti e avendo perso
ogni contatto con chi era in potere di farlo. Questo non è però
sufficiente visto che al momento del nostro addio (anche se fra
vampiri è quasi sempre più probabile un arrivederci), al
momento dell'addio, dicevo, i rapporti fra noi due non erano più
idilliaci come nei primi anni spagnoli. Ci era già accaduto di
lasciarci per periodi di anche qualche anno ma allora era
diverso, lo sapevamo entrambi, e infatti non ci siamo mai più
incontrati e da parecchi anni non ho più neppure notizie
indirette sul suo conto. E' una storia molto.........umana se ci
rifletti !! ". Dicendo questo le sorrise ma lei notò un
velo di tristezza nel suo sguardo. Dopo aver represso un brivido
di gelosia pensò che anche questo sembrava molto umano.
Conclusero entrambi che era come se ci fosse un filo che legava
quegli avvenimenti apparentemente così lontani. Era un filo che
però appariva privo di senso logico ed era evidente che a
mancare fosse una chiave decisiva. Restarono in silenzio persi
nei propri pensieri. Ad un tratto Marilisa balzò in piedi e
fissando Jan che trasalì disse con decisione: "devo saperne
di più su quelle streghe e su quei roghi. Sento che potrebbe
essere lì la soluzione. Non chiedermi come ma so che devo andare
dove quelle donne hanno vissuto e hanno........bruciato.
Raccontami tutto ciò che sai su di loro e poi portami dove
nacque Angelica. Chiamalo istinto femminile ma sono certa che la
soluzione è lì". Appena smise di parlare crollò sulla
poltrona con l'aria sfinita.
Jan era stupito ma soprattutto divertito. "Bene. Voglio
fidarmi di te. E poi sono sempre stato talmente curioso che
un'avventura simile non posso lasciarmela scappare. Domani notte
preparerò tutto per la nostra partenza per Londra".
"Londra?" Marilisa si alzò nuovamente dalla poltrona e
con uno dei suoi scatti felini si gettò tra le braccia del
compagno "E' la città che adoro di più al mondo, ci sono
andata qualche anno fa e me ne sono innamorata, ho desiderato
tanto poterci tornare!
. Non pensavo fosse così semplice
muoverci! Adesso siamo dei vampiri e se il sole sorgesse mentre
siamo ancora in viaggio?" Jan accennò un sorriso,
"L'Inghilterra è talmente vicina che sarebbe praticamente
impossibile non riuscire ad arrivare durante un intera notte!
Andremo con un piccolo
aereo privato, e poi all'occorrenza...viaggio sempre in compagnia
di un grande baule
!" il suo sorriso divenne una risata
"Piccola mia preparati a notti travolgenti! Ci divertiremo
come matti in quella città, ti farò conoscere dei miei
amici
mi sembrano secoli che non li rivedo
forse lo
sono!" diventò pensieroso. Avvicinò la mano alla guancia
della ragazza, la sfiorò e disse "Quando ti ho fatta
pensavo saresti stata un lenitivo per la mia solitudine, invece
adesso sei diventata l'unico scopo della mia esistenza, mi hai
stregato farei tutto per te! Ho conosciuto donne che furono
accusate di stregoneria per aver provocato questi sentimenti in
uomini illustri! Ricordo addirittura che Angelica mi parlò di
una sua parente, una ragazza molto giovane che fu bruciata per un
motivo del genere!" Per qualche minuto regnò il silenzio,
entrambi erano assorti nei loro pensieri. Poi Jan si alzò dalla
poltrona e lasciò la stanza stringendo la giacca nera sul petto.
"Dove stai andando?" Chiese la vampira, ma inutilmente
la porta si era chiusa alle spalle del suo compagno. Era felice
di quell'amore che lui le dimostrava, ma l'eccitazione per il
viaggio prese il sopravvento e trascorse qualche ora cercando
materiale su Londra. Analizzò la piantina della città, della
metropolitana, riportò alla mente i ricordi del suo precedente
viaggio, per un po' dimenticò il motivo che li conduceva in
quelle terre.
La notte trascorse senza particolari eventi. Come quella
precedente Jan verso le cinque tornò nella biblioteca per
invitare la sua compagna a ritirarsi per il giorno, la trovò
immersa nei libri, con la gatta accovacciata sul suo grembo,
senza aver scoperto nulla che potesse essere utile.
Insieme nel sarcofago divisero il loro sonno immortale.
Ecco ancora il sogno.
Questa volta c'era una giovane donna dal viso sorridente che
cullava tra le braccia Marilisa come fosse una neonata,
canticchiava una canzoncina dolcissima, ma prima che Marilisa
fissasse in mente i bei lineamenti della signora essa era
sparita. Un terribile senso di abbandono avvolse la vampira che
si ritrovò in un bosco quello dalla notte precedente, cominciò
a correre in preda alla paura, non sapeva dove andasse e cosa
cercasse, il bosco diventava una foresta, quando ad un tratto si
fermò, era alla capanna di legno, si avvicinò lentamente, era
costruita a ridosso di una grande roccia che ne costituiva la
parete posteriore, il tetto era a punta e le finestre erano
veramente piccole. Avvicinò la mano per bussare alla porta
quando un terribile boato fece alzare le
fiamme
."Svegliati, svegliati
" Aprì gli
occhi e vide Jan.
Raccontò il sogno mentre salivano al piano superiore. C'erano
delle valige vuote "Queste sono tue devi riempirle!"
sorridendo il ragazzo la condusse alla stanza ottagonale. C'era
una gabbia rossa oltre a molti abiti sparsi disordinatamente. La
ragazza indicando la gabbia disse "Allora anche Micia verrà
con noi? Sono felice avevo paura che sarei stata costretta a
separarmi nuovamente da lei
e tutti questi vestiti? Hai
fatto spese la notte scorsa!" Jan sorrise nuovamente dicendo
"Ho pensato di fare bene! Non potevi partire con un baule
pieno di velluti e broccato!" Marilisa lo baciò piena di
riconoscenza e amore! In poco tempo, tutti quegli indumenti erano
stati ripiegati e riposti nelle valige.
Mentre il vampiro faceva delle telefonate, la sua compagna si
preoccupò di infilare il libro di Angelica nell'ultimo bagaglio.
Cosa avrebbe scoperto in Inghilterra! Se stava sbagliando tutto?
Forse quella storia non centrava niente con lei! Oppure poteva
porre fine ai suoi incubi!
"Ora possiamo uscire! Per l'ultima scorrazzata veneziana, ho
sistemato tutto, partiremo domani sera alle nove".
Arrivarono a Venezia ad ora tarda, ma c'era ugualmente della
gente in giro, si avvicinava la primavera e la temperatura era
mite. Salirono su una gondola rivestita di rosso, sedettero
abbracciati come due innamorati in luna di miele ed il gondoliere
col cappello di paglia cominciò a remare. Le luci si
riflettevano tremolanti sulle acque dei canali. Il vociare della
poca gente cullava la mente dei due giovani amanti che ammiravano
la bellezza e la magnificenza di antichi palazzi. Passarono
davanti alla Ca' d'Oro, "ormai non è rimasto nulla del
rivestimento dorato, ma Jan forse l'aveva vista com'era in
origine?!" pensò Marilisa stringendosi forte al suo
ragazzo. In quel momento era felice, aveva dimenticato gli
incubi, la madre, la sua nuova natura, ma
"dobbiamo
cenare amore mio! Domani forse non potremo!" le disse il
compagno. Il giro in gondola era finito, pagarono la tariffa e si
inoltrarono nelle vie strette e buie, la scena si ripeté
.
Incontrarono due turisti, questa volta erano russi che
bighellonavano senza meta per quelle calli deserte. Jan si offrì
di dar loro indicazioni e usò la sua conoscenza di alcune
semplici espressioni russe per conquistarsi la loro fiducia.
Così finirono per accompagnarli verso una meta fittizia. Li
condusse nel solito vicolo buio tra due palazzi senza finestre e
la cena fu servita. Dopo essersi nutriti, Jan legò ancora una
volta insieme i due corpi con un pesante calcinaccio e li immerse
silenziosamente in un canale nel quale svanirono. Quella scena
ricordò a Marilisa le terribili sensazioni che aveva provato la
prime volte che aveva ucciso, ma ora dopo così poco tempo era
già abituata, era sicuramente una creatura malvagia, si sentiva
perfida, ma se ne compiaceva perché altrimenti come avrebbe
potuto vivere in quella nuova condizione di
essere
vivente
?
Dopo un altro giorno di
sonno immortale arrivò finalmente il momento della partenza. Con
un taxi raggiunsero l'aeroporto e dopo alcune formalità si
avviarono verso una uscita secondaria. appena fuori
dell'aerostazione trovarono il jet che Jan aveva preso in affitto
per il viaggio. Era un bimotore da dodici posti tutto dipinto di
bianco e con una piccola insegna della compagnia di aeronoleggio.
Marilisa non aveva mai volato su un aereo simile e la curiosità
non faceva altro che accrescere l'eccitazione per il futuro che
la attendeva. Avrebbe scoperto il senso dei sogni che da sempre
turbavano le sue notti, ma avrebbe anche approfondito la
conoscenza del suo nuovo stato di esistenza e poi.... c'erano Jan
e Londra e quell'eccitante sensazione di andare incontro ad una
stimolante avventura che attraversava i secoli e lo spazio.
L'interno dell'aereo era estremamente sobrio. Tutto era in un
rilassante tono di grigio tenue. Si accomodarono sui sedili in
pelle e attesero il decollo. In quel momento a Marilisa venne in
mente un particolare che non aveva ancora considerato. Si
affrettò a rivolgersi a Jan: "Ma......a Londra dove
passeremo il giorno, dove riposeremo? Non possiamo mica andare in
un hotel !!!!!".
Jan la guardò beffardo mentre si allacciava la cintura di
sicurezza e poi le rispose: "Ma per chi mi hai preso? Secoli
di vita ed esperienza serviranno pure a qualche cosa, mia
adorata. Staremo a casa mia. Possiedo una casa a Londra dai tempi
della regina Vittoria. Non si poteva non stare a Londra in quegli
anni. Era il centro del mondo. Potevi trovarvi ogni cosa, era
come se ogni luogo del pianeta avesse una rappresentanza in
quella città. A Londra vissi un periodo piuttosto intenso e
conobbi umani e vampiri tra i più interessanti che mai mi
capitò di incontrare.
L'aereo intanto stava iniziando la corsa verso il decollo.
Accelerava portentosamente mentre i suoi due passeggeri se ne
stavano in silenzio come spesso capita ai normali passeggeri in
quel frangente. Marilisa però non era ammutolita per la paura
del decollo, era immersa nei suoi pensieri. Fantasticava sulla
Londra in cui aveva vissuto il suo compagno, sugli artisti, i
nobili, gli avventurieri.......
Quando il jet si fu stabilizzato in quota si risolse a chiedere a
Jan notizie sui suoi anni in Inghilterra. Lui sorrise e iniziò:
"Arrivai in Inghilterra all'inizio del XIX° secolo. Avevo
vissuto gli anni della rivoluzione a Parigi con una certa
eccitazione ma avevo voglia di cambiare aria. Decisi che non
potevo che scegliermi Londra come nuova dimora. Mi affascinava il
suo clima che oggi definireste cosmopolita ma c'era anche
un'altra ragione. Mi ero invaghito di una giovinetta che avevo
deciso di avere ad ogni costo. Era tuttavia nulla più che un
capriccio, infatti, oltre alla sua bellezza non c'era molto di
lei che fosse degno di nota. Era una scostante, capricciosa,
egocentrica ma bellissima figlia di un conte svedese. Volevo
farla mia almeno per una notte poiché il suo animo tanto
immaturo non rendeva possibile la sua trasformazione in un
vampiro. In quel periodo era di gran moda giocare all'amante
sfortunato, al giovane maudit e bohemièn ed io non ero diverso,
in ciò, dai mortali che sognavano di essere come il Werther di
Goethe."
"Mmmmmm......Sono un po' gelosa - disse Marilisa in tono
finto-adirato - eri un bel farabutto lo sai?"
"Amavo vivere la vita come solo un non morto sa fare"
rispose lui a tono.
Il viaggio trascorse così tra scherzi e battute sulla vita nella
Londra vittoriana. Dopo tre ore di volo erano all'aeroporto di
Stansted, il più piccolo ma anche il più comodo degli scali
internazionali di Londra. Dopo il ceck-in e il ritiro dei bagagli
presero uno dei tradizionali black-cab e Jan ordinò all'autista
di condurli nel quartiere di Chelsea. Durante il tragitto
Marilisa sembrava una bambina, sempre con il naso appiccicato al
finestrino per ammirare le strade di quella splendida città.
Attraversato Albert Bridge, si ritrovarono finalmente
nell'elegante quartiere di Chelsea. La casa di Jan era in Upper
Cheyne Row, una tranquilla stradina tra Kings Road ed il Tamigi.
Era una splendida casa in stile vittoriano. e Marilisa non poté
non restare a bocca aperta quando Jan le annunciò:
"Benvenuta nella sua dimora inglese mia regina!"
Lei sorrise ma all'improvviso, sull'uscio di casa si fermò con
l'espressione estremamente enigmatica. Jan la guardò preoccupato
ma lei esplose in un sorriso e disse: "Ma con la contessina
svedese come andò mio impunito don Giovanni?"
"A posteriori posso dire che fu un'avventura molto
divertente, fu la prima dopo la separazione da Angelica... Senza
la mia creatrice mi sentivo solo e abbandonato, ma nello stesso
tempo dopo quasi duecento anni, cominciavo ad assaporare
l'indipendenza nella mia vita da vampiro. Potevo fare ciò che
volevo senza rendere conto a nessuno, vagare solo per il mondo
era una cosa stimolante, ma come gli umani, il mio spirito era
inconsciamente incline alla ricerca della compagnia. Fu così che
segui la contessina Gretel dalla Francia all'Inghilterra."
Intanto erano entrati nella casa. Una scalinata di legno forse
verniciata di bianco saliva al piano superiore, il colore era
nascosto da una fitta coltre di ragnatele, l'ingresso era piccolo
ma molto accogliente, anche se un manto di polvere dava un tono
opaco ai tappeti, alle pareti e a tutto quello che riempiva il
piccolo ambiente. "Entriamo nel soggiorno, non fare caso
allo sporco mia cara, domani mattina verranno a pulire, non sono
riuscito a farlo fare prima!" La sala che si trovava a
sinistra della porta d'ingresso era grande e spaziosa, un grande
tappeto rosso come le pesanti tende, copriva tutta la superficie
del pavimento. Si accomodarono su un divano coperto da un
lenzuolo, davanti ad un grande camino bianco, nel quale da più
di un secolo non era più stato acceso il fuoco. "Questa
casa è disabitata da moltissimi anni, ma ho cercato di curarla
alla meglio anche da lontano! la comprai nel 1845 da una strana
donna.......!
Gretel la svedese si era sposata bramosa di denaro con un Lord
che aveva una trentina d'anni in più di lei, il suo vecchio
marito era spesso in viaggio, ricopriva importanti funzioni in
Australia, ed io ero riuscito ad avvicinarla ed a fare capolino
nelle sue stanze in quelle notti per lei così solitarie...! Il
suo corpo così giovane e bello era sempre un invito
irresistibile, i suoi lunghi capelli biondi...! ma la sua
personalità era così insignificante...! La sete di vampiro,
durante una di quelle visite notturne le fu fatale. Una mattina
la trovarono galleggiare nel Tamigi con la gola squarciata. Non
provavo rimorso, per la prima volta non provavo rimorso per un
mio delitto! Ero cresciuto, la separazione da Angelica mi aveva
dato quella forza e quella scaltrezza che sono fondamentali per
la sopravvivenza di un vampiro. Comprai questa casa qualche
giorno dopo. Fu tutto molto strano...Mentre passeggiavo solitario
vidi un cartello che metteva in vendita questa abitazione
ristrutturata da poco. Suonai alla porta e mi venne ad aprire una
giovane donna dai rossi capelli. In poco meno di un'ora la casa
fu mia. La donna che si chiamava Margaret Holbein si offrì di
essere la mia domestica, la sua famiglia l'aveva lasciata
nell'indigenza, lo dimostrava la povertà del suo abbigliamento e
dell'arredamento della casa. Io acconsentii a patto che venisse
sempre e solo di mattina quando io ero a lavoro" Marilisa
interruppe il compagno "Ma come hai detto che si chiamava?
Ti rendi conto che quella donna aveva lo stesso nome della
famiglia di Angelica!" Jan sorrise" Si lo notai subito,
forse era una sua discendente ma certo non potevo dirle di aver
conosciuto una sua parente vissuta duecento anni prima! e poi non
mi andava di pensare a quello che mi ero lasciato alle spalle!
così dopo un paio di giorni, vivevo qui. La casa era sempre in
ordine, Meg (chiamavo così la mia domestica) era una perfetta
donna di casa. Il nostro patto non fu rispettato a lungo! Dopo un
paio di settimane da che mi ero trasferito nella sua ex casa, una
sera bussò alla mia porta, avevo appena cenato e sicuramente
avevo un bell'aspetto. Lei entrò con la scusa di chiedermi se
ero soddisfatto del suo lavoro e rimase per tre ore a parlare con
me seduti su questo stesso divano...! da quella sera ci vedemmo
sempre. Andavamo all'opera, a Teatro, o semplicemente restavamo a
parlare seduti davanti al fuoco, Meg non aveva molti amici, tutti
la consideravano un po' bizzarra e forse si era innamorata del
mio aspetto enigmatico. Trascorsero dei mesi che non
dimenticherò mai. Lei mi faceva sentire un umano, potevo
parlarle di tutto, tra noi c'era come un legame fraterno,
riuscivo perfino a controllare la mia sete in sua presenza. Una
sera mi portò un regalo, ...." Il ragazzo si alzò aprì
una vetrina, ne trasse un pezzo di pietra grigia e lo porse a
Marilisa, lei lo guardò meglio era una croce celtica, era grande
quasi mezzo metro, allungò la mano per toccarla e.... provò una
forte scossa... Rimase sbalordita ma non disse nulla continuò ad
ascoltare il racconto "Mi regalò questa, anzi mi disse che
avrei dovuto tenerla con molta cura, come se fossi il custode di
un segreto, perché così le era stato detto in sogno. Aggiunse
che neanche lei sapeva spiegarsi il significato del gesto, che
quella pietra era sicuramente la croce tombale di un suo avo che
era stata conservata dalla sua famiglia per secoli. Non volle
raccontarmi nulla del suo sogno e dalla sua famiglia, mi disse
che era troppo scossa e che me ne avrebbe parlato in qulch'una
delle sue prossime visite. Mi ero affezionato a quella donna
umana in un modo impensabile. Avrei potuto trasformarla in un
vampiro, ma ogni volta che cercavo di farlo, sentivo che non
dovevo, che non era lei la mia compagna, adesso so cosa
aspettavo...! Aspettavo te amore mio!" Un lungo bacio
accompagnò il silenzio che avvolse i due giovani nella loro
nuova dimora, poi Jan continuò "purtroppo sbagliai senza
volerlo. Quella fu l'ultima volta che vidi Meg viva. Quando
lasciò casa mia per tornare nella sua stanzetta nel palazzo che
in quei tempi era qui di fronte, un vampiro la segui e si cibò
di lei!..." Una lacrima solcò la guancia del ragazzo "
Fu colpa mia, il suo carnefice era un mio amico...! Lo fece
convinto che Meg fosse un pericolo, che potesse scoprire la mia
natura. Secondo lui un vampiro non può essere unito in modo
così personale ed intimo con un umano senza scatenare una
catastrofe! volevo bene a quella donna, la consideravo come la
mia famiglia!" Marilisa consolò il suo Jan e poi prese in
mano la croce. Sentiva che la pietra fredda le bruciava le dita,
avrebbe voluto gettarla via, ma nello stesso tempo era come se le
sue mani fossero incollate a quell'oggetto inconsueto.
"Miaooo...!!!" si erano dimenticati di far pranzare
Micia. Così tornarono alla realtà, e videro che era ormai ora
di andare a nanna. Presa per mano la compagna Jan la condusse nel
sottoscala, da li aprì una botola e scesero in una specie di
cantina. In un angolo buio c'era un busto di un angioletto. Il
ragazzo prese dalla tasca una chiave e la infilò nell'orecchio
del cupido, la parete si aprì, i due vampiri entrarono e li
c'era una grossa cassa, "Questo è il nostro letto!"
Jan sollevò il coperchio ed insieme si coricarono nella cassa
piena di cuscini di piume.
Durante il profondo sonno
diurno, Marilisa vide la croce di Meg. Era piantata nel terreno,
la ragazza vi si avvicinò
quando! sentì una voce che
diceva "Sei viva! allora sei Viva?" si girò e vide un
ragazzo che le correva incontro, era Jan!
"C'eri tu!! Eri tu il ragazzo del mio sogno!! Eri tu
Jan!!" la vampira sembrava sconvolta. Il sole era appena
tramontato. Jan come al solito si era svegliato qualche minuto
prima della sua compagna ed era andato di sopra a controllare se
la casa fosse stata ripulita come aveva ordinato. Al suo ritorno
aveva trovato Marilisa in uno stato di febbrile agitazione.
Cercò di calmarla stringendola a se e portandola fuori da
quell'angusta cripta. La distese sul divano del salotto e si fece
raccontare il sogno. Rassicurò la sua compagna dicendole che
spesso accade che la realtà si fonda con i sogni e che
probabilmente la sua presenza nel sogno di quel giorno era solo
un caso. Marilisa sembrò recuperare la propria lucidità anche
se non aveva l'aria di essere troppo convinta. E in verità non
lo era neppure Jan.
"Hai fame amore mio? Ti va di mangiare inglese
stasera?"
"Si!! Potremmo approfittarne per godere un po' di questa
città" Rispose la ragazza entusiasta.
Si vestirono e presero un taxi che li accompagnò in centro.
Sembravano due giovanotti come tanti, inglesi che affollavano la
notte londinese in cerca di divertimento e trasgressione.
Trascorsero qualche ora passeggiando lungo il Tamigi e ammirando
il Tower Bridge, mentre Jan appariva spesso sbalordito dai
cambiamenti che la città aveva subito in tutti gli anni
trascorsi dal suo ultimo soggiorno. Si nutrirono senza
difficoltà di un barbone che trovarono lungo il fiume e che fra
le sue acque svanì per sempre. A quel punto Marilisa si ricordò
di un museo che aveva visto nella sua precedente visita a Londra.
Si avviarono così, verso una strada che costeggiava il fiume dal
lato destro. Arrivati di fronte all'ingresso non poterono
trattenersi dallo scambiarsi un sorriso di complicità. Il museo
sorgeva dove un tempo c'erano le prigioni cittadine. La porta
aveva la volta a sesto acuto e si stagliava sulla parete di
pietra quasi del tutto priva di finestre. Come se non bastasse,
ai suoi lati, due gigantesche statue incappucciate reggevano due
torce e l'insegna non era da meno: "London Dungeon".
Risero per l'improbabile situazione di avere due esseri come loro
davanti ad un posto come quello, una sorta di feticcio per
esorcizzare paure ancestrali di cui essi erano gli esempi più
fulgidi. Continuarono la loro passeggiata notturna che comprese
la city con i suoi grattacieli che formavano la corona
all'immutata maestosità della cattedrale di Saint Paul. In
quello scenario irreale, tra quelle strade vuote che si sarebbero
animate al mattino con migliaia di impiegati, manager e
quant'altro, i due vampiri non smettevano di baciarsi,
abbracciarsi e giocare come due innamorati. Marilisa spesso
rideva allo stupore di Jan e alla sua leggera tristezza nel
vedere un colosso di vetro e cemento al posto di un palazzo in
cui aveva vissuto favolosi balli nel secolo passato.
Mezzora dopo la mezzanotte, un po' stanchi, decisero di entrare
in un locale di Soho. Era un club ricolmo di ragazzi di ogni
parte del mondo che ballavano e saltavano alla musica di una band
che da un piccolo palco in un angolo suonava pezzi punk-rock. Si
divertirono un mondo a ballare per ore e fecero anche amicizia
con altri avventori a cui offrirono da bere e con cui
chiacchierarono del più e del meno. Alle 4 di notte il locale
chiuse i battenti. Così, dopo aver salutato i simpatici amici di
quella notte (visibilmente avvinazzati) presero un taxi per
tornare nella casa di Chelsea.
Appena entrati in salotto, gli occhi di Marilisa si soffermarono
sulla croce celtica nella vetrinetta. "Hai detto che fu un
dono di Meg. Hai poi scoperto il suo significato?".
"Purtroppo no. La croce è simile a molte altre usate in
Scozia nel XVII secolo e non porta alcuna iscrizione che la
colleghi ad un personaggio preciso. Per quanto riguarda la sua
famiglia, i suoi avi, non trovai nulla che potesse aiutarmi a
risalire più indietro di un paio di generazioni. Forse, però,
le informazioni che raccolsi sono ancora in un incartamento da
qualche parte in biblioteca."
"E del suo assalitore? Il tuo........amico?".
"Era un vampiro di recente trasformazione ma piuttosto
arguto e intelligente. Nonostante una sorta di paranoia che lo
portava spesso a vedere pericoli ovunque. Fu questo sentimento
che lo portò a eliminare Meg. Lo fece perché pensava fosse
pericoloso intrattenere rapporti tanto stretti con una umana. La
colpa, tuttavia, fu mia e di nessun altro. Avrei dovuto
trasformarla." Jan rimase per un attimo assorto nei ricordi.
La compagna se ne accorse e lo abbracciò baciandolo teneramente.
Gli piaceva l'umanità celata dalle tristezze di quell'essere
immortale e ben poco umano. "Che fine ha fatto il tuo amico?
Come si chiamava?" Chiese per spezzare quella tristezza.
"Si chiamava Arthur, Arthur Fenton. Non ho idea di dove sia
finito. Non si mosse mai da Londra e, per quanto ne so, potrebbe
essere ancora qui! Ma è tardi! Andiamo a riposare, domani notte
dovremo occuparci delle ricerche. Non possiamo divertirci per
sempre.....o forse si!!!".
Un altro giorno frettoloso
trascorse. Il sole si abbassò lentamente sui tetti della città
londinese. Marilisa vide la vecchia megera del libro piantare la
croce di Meg in un cimitero, sotto un cielo grigio carico di
tempesta. Quando si svegliò era calma. Arrivò frettolosa nella
piccola stanza della biblioteca dove Jan era già all'opera,
cercava le carte che parlavano di Meg. C'erano poche centinaia di
libri in quella stanza con le pareti rigate dalla carta da parati
che riprendeva il verdone delle tende di velluto. Non era certo
paragonabile a quella del palazzo di Venezia! Sui due tavolini
per la lettura c'erano ancora le lampade a olio che aveva usate
Jan nella sua precedente permanenza. Mentre Marilisa toccava qua
e la gli oggetti vittoriani sparsi nella stanza ed ora sgombri
dalla polvere, il suo compagno urlò "Eccole
! eccole
le ho trovate!" Da un mobile di elegante ebanisteria
secentesca trasse dei fogli ingialliti e muffiti, legati da un
nastro di raso nero. Si sedette sul pavimento coperto da un
grande tappeto persiano invitando la compagna a fare lo stesso.
Insieme cominciarono a sfogliare le carte. Margaret Elisabet
Holbein era nata ad Edimburgo nel marzo del 1817, figlia
illegittima di una donna di nome Mary Elisabet Holbein. Appena
grande a sufficienza aveva lasciato la città per recarsi a
Londra città di provenienza della madre, dove nessuno avrebbe
saputo delle sue oscure origini, a parte la nonna, tale Lady
Annie Elisabet Holbein Gray seconda moglie di un lord, che però
la allontanò dalla sua casa per paura che la presenza della
nipote potesse turbare il prestigio del marito ed il suo. Fu
così che Mag finì a vivere nella casa di Chelsea, unico dono
della nonna la quale aveva nascosto al mondo di aver avuto una
figlia, Mary Elisabet Holbein nel 1799, appena nata l'aveva
spedita in Scozia dove da molti anni si era trasferito un ramo
della sua famiglia.
Per estrema povertà Meg vendette a Jan nel 1845 la casa. Era
tutto qui! Niente altro sul conto di Meg. Unico tentativo era
quello di indagare sul passato di Lady Gray
! Oppure andare
in Scozia
scoprire perché erano andati via! Ma forse era
tutto inutile! Unico indizio a spingere le ricerche in questa
direzione era la sensazione che in Marilisa veniva scatenata
dalla croce celtica. Ed il curioso ripetersi del nome Elisabet
nelle donne della famiglia Holbein. Anche Angelica si chiamava
Angelica Elisabet Holbein
! "Cosa ne pensi amore
mio?" chiese Jan guardando la sua compagna. "Sono
sicura che c'è un collegamento! Dobbiamo scoprire qualche cosa
si Lady Gray!
ma adesso ho troppa fame per pensare
usciamo!" Dopo la solita dose di coccole per il gatto, in
poco tempo erano vestiti a puntino entrambi con giacche di pelle
colorata e stivali neri, unica differenza era che la ragazza
invece dei Jeans indossava una vertiginosa minigonna nera,
anch'essa di pelle. Arrivarono davanti alla National Gallery,
girovagarono un po' per Trafalgar square, fino a quando non
puntarono due prede
dopo cena a mente lucida, la vampira
propose uno svago che da molti anni era un suo desiderio e che
nel suo precedente breve soggiorno londinese non aveva potuto
soddisfare "Andiamo a ballare al Ministry of Sound?" Il
ragazzo storse il naso, non era certo il suo genere di locale, ma
come dire di no ad una compagna così seducente? Con uno dei
vecchi taxi arrivarono nello strano quartiere, scesero davanti al
capannone che doveva essere quella discoteca tanto famosa tra i
ragazzi mortali del ventunesimo secolo, come lo era stata
Marilisa fino a poche settimane prima. C'erano molti giovani,
tutti con capelli variopinti e orecchini ovunque, anche nelle
unghie. Jan era impressionato, lui non era certo un tipo così
appariscente! Aveva sempre cercato di nascondersi ma si fece
travolgere dalla carica esplosiva che esibì la sua compagna al
ritmo di quella musica che per lui era incomprensibile, lei
sembrava estasiata come se stesse bevendo del sangue d'infante.
Se non ci fosse stato lui Marilisa sarebbe stata sorpresa
dall'alba, a fatica riuscì a trascinarla via e metterla sul taxi
verso casa. Sembrava impazzita, continuava a ballare anche in
macchina come se nella sua testa rimbombasse ancora quella musica
elettronica. "Grazie amore, grazie sei un tesoro! Sono
felice " non faceva altro che parlare della serata in
discoteca sembrava aver dimenticato il motivo della loro
permanenza a Londra. Quando chiuse gli occhi per il quotidiano
riposo vedeva ancora le luci psicadelice trasformare i colori.
Questo non impedì ai suoi sogni di tornare alla ribalta, era al
centro del rogo, ormai erano un po' di notti che non l'aveva più
visto ed il terrore era agghiacciante, tra le fiamme che stavano
per sopprimerla intravedeva la folla, rivide il gruppo di
gentiluomini in gorgiera, con un viso famigliare tra essi, ma non
riusciva a distinguere bene. Ad un tratto udì un forte boato e
vide la croce di Meg piantata sul terreno al centro della piazza
dove prima cera il suo rogo.
Quando si alzò era tornata
se stessa, condusse Jan nel salotto, sedettero sul divano davanti
al camino dove adesso il fuoco era acceso e Micia pisolava
placidamente. Cominciò "dobbiamo trovare la famiglia Gray!
Questi nobili hanno documentazioni sui propri avi, devo sapere da
dove veniva la nonna di Meg, Ho cominciato a pensare che se io
fossi la reincarnazione di qualcuno questa pietra forse è... è
... quella della...mia tomba! Forse non è così, ma non so
perché l'ho pensato..." In quel momento suonò il
campanello. Il ragazzo con un sorriso ed un bacio si alzò
"Vado io!". Chi poteva essere? Aveva pagato in anticipo
l'impresa delle pulizie, tramite banca... aprì la porta sicuro
che chiunque fosse, lui era il più forte...
"Arthur...!"
"Arthur!! Arthur Fenton!!!" Marilisa non aveva ancora
mai sentito Jan parlare in stato di così evidente eccitazione.
"Già! Proprio il vecchio Arthur!! E' un'eternità che non
ci si vede italiano" La voce dell'interlocutore di Jan
tradiva l'accento inglese ed era squillante come quella di un
giovane. Marilisa era troppo curiosa per restare in salotto.
Schizzò letteralmente all'ingresso e si trovò di fronte il
carnefice di Meg.
"Vedo che continui a trattarti bene in fatto di
donne!!!" Arthur era un ragazzo dall'apparente età di non
più di venti, ventidue anni. Aveva una zazzera di capelli biondi
che gli scendeva sulla fronte e gli occhi azzurro-grigio.
Indossava una giacca di pelle rossa e un paio di pantaloni neri.
Tutti particolari che Marilisa notò mentre Arthur si impegnava
in un inchino alla vecchia maniera per salutare il suo ingresso
nella stanza. Jan chiuse la porta e fece le presentazioni
ufficiali. "La mia compagna Marilisa. Una delle predatrici
più affascinanti che tu abbia mai conosciuto. Te lo garantisco
mio caro Arthur!". "Non ne dubito Jan: Non ne
dubito." Intanto Arthur la scrutava da capo a piedi con
espressione compiaciuta. Lei si sentì un po' a disagio ma ci
pensò Jan a spezzare l'imbarazzo spingendoli entrambi verso il
salotto dove si accomodarono e dove i due vampiri come due
semplici amici umani si diedero al racconto degli accadimenti
degli ultimi 130 anni!!!!. Marilisa seduta al fianco di Jan
ascoltò per ore le avventure vissute dai due compagni vampiri
nella Londra del secolo passato. Era affascinata dalle
descrizioni delle feste, dei locali malfamati nei Docks, delle
navi cariche di spezie della compagnia delle Indie. E poi c'erano
gli incontri con i personaggi che avevano fatto la storia e che
animavano i salotti vittoriani. Arthur era un abile conversatore
e fu così gentile da parlare sempre in italiano per far godere
anche Marilisa dei racconti. Vedeva il suo Jan in abiti
ottocenteschi che attraversava quell'epoca decadente e
meravigliosa come un bellissimo angelo della morte che ammaliava
le sue vittime con le raffinatezze più sfrenate per poi godere
della loro vita. Si stringeva a lui e ogni tanto non resisteva
dallo sfiorargli il viso con le labbra. Arthur, nel vedere
quell'atteggiamento, non riuscì a trattenersi da qualche battuta
sull'imborghesimento di un nobile perverso come era stato Jan.
Questi senza riuscire a celare un certo imbarazzo si spiegava con
il passare degli anni e il cambiamento dei tempi, con l'età
insomma! Risero spesso durante quella sera e presto a Marilisa
sembrò di conoscere Arthur da secoli. Era un tipo
affascinante....se non fosse stata pazza del suo Jan......ma lei
aveva occhi solo per l'italo-olandese che le aveva donato
l'immortalità. Lo strinse ancora di più e gli stampò un bacio
sulle labbra mentre la stanza risuonava delle fragorose risa di
Arthur. Quel che Marilisa notò subito fu che sia Arthur che Jan
avevano conservato lo stile del ceto da cui provenivano. Ai suoi
occhi Jan era spesso ancora un nobile veneziano mentre Arthur
sembrava voler conservare con fierezza il suo passato di ragazzo
di strada che in piena rivoluzione industriale si affaccendava
nei sobborghi della grande città per portare qualche soldo a sua
madre alcolizzata e ai suoi fratellini. Suo padre era morto in
una miniera gallese in una delle tante esplosioni di grisou.
Questo non aveva mai impedito ai due di andare d'accordo. La
differenza stava semmai nel diverso....stile di vita (si fa per
dire) condotto dai due. Tanto Jan era inquieto e sempre in
viaggio alla ricerca di un impossibile personale Graal, tanto
Arthur era legato alla sua città da cui si era separato
rarissime volte e di cui ormai conosceva ogni segreto. Era stato
questo probabilmente a dividerli. Ma senza alcun rancore. Anzi,
sembrava che non si fossero mai lasciati.
Poco dopo mezzanotte Jan si fece più serio. Guardò un istante
Marilisa che capì immediatamente le sue intenzioni e che annuì
e cominciò a parlare in tono meno disteso: "Credo di
doverti raccontare qualcosa circa il motivo che mi ha riportato
qui a Londra." Arthur si fece più attento e si sporse
leggermente in avanti sulla sua poltrona. "Vai avanti....lo
sai che....Beh.....ti devo una cosa importante" Marilisa
capì immediatamente che si riferiva a Meg. Vedendo Jan farsi un
po' più cupo, decise di prendere in mano la situazione e
raccontò di getto ad Arthur tutto ciò che le era successo,
sogni visioni e misteriose coincidenze. Né Jan né Arthur la
interruppero. Raccontò tutta la storia, comprese le sue ipotesi
e la sensazione che tutto ruotasse attorno alla famiglia Holbein.
Alla fine del racconto i due vampiri rimasero in silenzio. Lei,
che non lo aveva ancora fatto, ripensò all'accuratezza del
racconto e si risolse che era stato meglio parlarne di getto
senza panegirici, dopotutto anche il suo stato d'animo poteva
essere un elemento rivelatore.
Arthur parlò per primo e disse: "E' una situazione
piuttosto complicata ma non posso fare a meno di promettervi il
mio aiuto. Chiedetemi pure qualsiasi cosa in mio potere. Me lo
impone la mia amicizia per Jan, ma anche la mia colpa. Questo mi
aiuterà forse a cancellarla" Marilisa aveva notato che in
effetti quando era arrivata a parlare della lapide di Meg, Arthur
non aveva potuto reprimere una smorfia di: dolore, vergogna,
imbarazzo, non lo aveva capito bene.
"Allora adesso siamo in tre a correre dietro a questa
follia. - disse Jan - Dobbiamo festeggiare!!!!". Scattò al
pianoforte e cominciò a suonare un allegro minuetto. Arthur si
avvicinò alla ragazza, le fece un inchino e la invitò a
danzare. Lei era impacciatissima. Disse che era più da Ministry
of Sound che da balli ottocenteschi. Arthur promise allora di
portarli nei club più trendy di Londra. Si diede il cambio con
Jan e continuarono a ridere della sua goffaggine in certi balli
come lei aveva fatto con Jan la sera precedente.
Si lasciarono poco prima dell'alba. Arthur diede loro
appuntamento in un locale in centro per le dieci della notte
seguente.
Alle dieci erano insieme,
avevano già cenato. Il locale era pieno di gente, Artuhr
conosceva bene la vita mondana della città! E sicuramente quello
non era il luogo migliore per cominciare le indagini. Ma i suoi
amici erano a Londra da pochi giorni e sicuramente desideravano
anche girare e godere della città.
Marilisa dalla sera prima aveva maturato una convinzione; Artuhr
viveva a Londra forse da più di duecentocinquant'anni e
sicuramente avrebbe saputo come intrufolarsi in alcuni musei che
lei desiderava tanto visitare e che la sua condizione di vampiro
gli impediva. Rivelò le sue idee con un po' di timore, ma il
nuovo amico fu entusiasta di poter mostrare le sue infinite
risorse, fu così che promise di organizzare per la sera seguente
una visita notturna alla National Gallery.
Era rimasto sempre devoto al ricordo del suo grande amico Jan,
avrebbe fatto di tutto per lui e per la sua nuova ed incantevole
compagna, si era già mobilitato alla ricerca di indizi su Lady
Annie Elisabet Holbein Gray. Aveva scoperto vari ceppi della
famiglia sparsi per l'Inghilterra, adesso doveva risalire a
quello che interessava loro.
Nonostante le proteste, i due italiani, furono spediti a casa a
coccolare il loro gatto, mentre Artuhr proseguiva le sue
indagini.
Il resto della notte per Jan e Marilisa trascorse un po' in
ansia, sia per la bella gita che li attendeva, ma in particolare
per le eventuali scoperte del loro amico.
Durante il sonno diurno
Marilisa fece il sogno del giorno precedente: vide la vecchia
strega alzarsi in volo dalla baracca nel bosco e posarsi su un
palazzo grigio in stile palladiano, immerso in vaste distese di
prati verdi il cui ingresso era costituito da un enorme cancello
in ferro battuto coronato da una grande "G" dorata. Al
risveglio si ripropose di raccontare tutto ai suoi due cavalieri,
dato che non l'aveva fatto la sera prima, ma l'eccitazione della
visita alla National Gallery prese il sopravvento!
Poco dopo le venti un taxi li conduceva all'appuntamento.
La loro guida li attendeva all'ingresso della galleria in Orange
Street, Artuhr appena li vide si illuminò con un sorriso ed i
canini rivelarono un pasto appena consumato! Entrarono tutti e
tre nel museo preceduti da una signora piuttosto anziana, la
quale aveva un cartellino appuntato sul petto con la foto e la
scritta Sally, Marilisa anche se aveva studiato inglese nei
cinque anni di scuola superiore, non riusciva a capire quasi
nulla di ciò che la signora magra diceva, ma nella sua vita
mortale si era dilettata di pittura e storia dell'arte tanto da
riuscire a non avere bisogno di nessuna guida. Ammirarono le
serie dei comico-tragici quadri di Willian Hogarth, i ritratti di
Gainsborough quelli di Ingres, questi ultimi dipinti proprio
quando Jan viveva a Londra, furono uno spunto per riportare alla
memoria altri ricordi, sorridere degli abiti delle donne che
sembravano mongolfiere, di quella cameriera dai capelli corvini,
di quell'artista di cui si cibarono nel tal posto, ma quando
giunsero davanti ad un dipinto del pittore Egbert van der Poel
che rappresentava una veduta di Delft del 1654 Jan divenne
pensieroso. Prese la mano della sua amata e disse "Avrei
voluto che anche tu l'avessi potuta vedere così! Era una città
bellissima, sai a Venezia, a casa, ho una veduta dipinta da
Veermer...!" arrivarono alla donna in piedi davanti alla
spiretta, dopo un quindici minuti di contemplazione, proseguirono
ammutoliti. Il tempo...i secoli... Marilisa era triste si sentiva
esclusa dai due accompagnatori a causa della sua esistenza così
recente! Le sembrava di essere inghiottita da Pioggia, vento e
velocità di Turner, si sentiva sola e persa nel romantico
Sublime della natura, non poteva farci nulla, lei non aveva un
passato così...!
"Guarda ...! Holbein! Questi dipinti sono di un pittore con
lo stesso nome delle donne!" Artuhr gridò preso
dall'euforia! Questo li riportò ad una dimensione spazio
temporale attuale, il ragazzo continuò "penso che sia ora
di uscire da questo museo e darci da fare! Dobbiamo fare un
piano!"
Riferì di aver trovato tre indirizzi possibili, dovevano
assolutamente intrufolarsi nelle biblioteche delle nobili
famiglie per analizzare i loro alberi genealogici, e scoprire da
dove proveniva lady Gray per poi andare sul posto e controllare
eventuali tracce. Intanto erano saliti su un taxi. In macchina
Marilisa raccontò del suo sogno: della villa e Jan fu pronto ad
affermare che secondo lui quella poteva essere la casa che
cercavano ed Artuhr indirizzò la vettura verso l'unica delle tre
abitazioni indiziate che si trovasse in campagna, fuori dal
centro abitato.
Jan era convinto ormai che la sua amata fosse vissuta in passato,
era la reincarnazione di una delle parenti di Angelica e
sicuramente l'averla trasformata in vampiro aveva portato a galla
i ricordi dell'anima, ma era tutto così misterioso e confuso, il
libro, la croce...
Se fosse stato una semplice reincarnazione, per lui sarebbe stato
una grande delusione perché quello dell'immortalità non sarebbe
più stato un dono esclusivo del vampiro ma di tutti, anche se la
mente umana non riusciva a ricordare.
Erano ormai fuori dalla città, la luna illuminava le colline
deserte, di giorno piene di animali al pascolo. Ormai la
malinconia era scesa sull'animo del vampiro. Immaginava quei
prati color smeraldo brillare al sole, le nuvole grigie arrivare
da Nord, non le vedeva da secoli e non le avrebbe più viste, se
la reincarnazione umana fosse stata una realtà lui sarebbe
impazzito!
Guardò la sua compagna, era bella, i suoi occhi scuri brillavano
del riflesso della luna, No!... lei era diversa dagli altri, un
segreto si celava dietro la sua persona, l'immortalità era solo
loro!
Si fermarono davanti ad un grande cancello sormontato da
una grande "G" che qualche tempo prima doveva essere
d'orata, scesero dall'automobile che li avrebbe attesi li ed
entrarono. Marilisa era sconvolta! Per la prima volta i suoi
sogni avevano un riscontro reale! Adesso era tutto certo! Tutto
vero! Erano sulla strada giusta. Lei aveva dentro di se un
qualche mistero! Era una creatura magica per eccellenza, un
vampiro che racchiudeva un segreto, in fondo ne era compiaciuta,
la tristezza provata nel museo era scomparsa ora si sentiva
importante. I cani che erano a guardia della casa, quando li
videro corsero a rifugiarsi nelle loro cucce, così la ragazza
ebbe modo di notare anche il potere che hanno i vampiri sugli
animali e le sembrò quasi di essere onnipotente. Ma dopo pochi
passi si trovarono davanti alla villa...era quella del sogno! la
facciata a tre piani piena di finestre, l'ingresso con portico a
sei colonne di ordine composito, era proprio nel posto giusto!
Come ipnotizzata si lasciò condurre all'interno da una porta
secondaria, con la loro leggerezza e agilità riuscirono ad
arrivare alla biblioteca senza essere visti. Non avevano molto
tempo, cercarono come invasati, dopo qualche ora Jan disse che
aveva trovato qualche cosa e che potevano andare via.
Avevano rubato un volume enorme con migliaia di pagine, non
avrebbero mai potuto consultarlo in breve tempo, sarebbero
servite ore.
Infatti tutto fu rimandato alla notte seguente. Dopo essersi
congedati dal loro investigatore privato Jan e Marilisa cercarono
il loro pasto e andarono a riposare.
Al loro risveglio erano
entrambi molto eccitati per la curiosità di scoprire cosa
nascondesse il volume portato via da villa Gray la sera
precedente. Erano sulla pista giusta, gli elementi in loro
possesso iniziavano finalmente a collimare, le loro supposizioni
trovavano riscontro nelle visioni di Marilisa e, soprattutto, nei
fatti. La sua compagna era già vissuta secoli prima, in
Inghilterra, aveva a che fare con gli Holbein e con la loro
stregoneria.
Marilisa si accomodò sul divano del salotto e, con Micia sulle
gambe, si immerse nella lettura dell'antico volume. La prima cosa
che fece fu far notare a Jan la differenza di scrittura delle
varie parti che componevano il libro. Innumerevoli mani lo
avevano scritto in epoche lontanissime fino all'anno 1972 quando
le cronache si bloccavano bruscamente.
Arthur aveva promesso di passare la sera a cercare notizie sugli
attuali discendenti degli Holbein e Jan pensò che l'esplorazione
del libro fosse da affidare a Marilisa visto che la possibilità
di risvegliare in lei qualche immagine o addirittura un ricordo
era piuttosto concreta. Lui avrebbe potuto dedicarsi ad una
ricerca diversa. L'idea lo aveva sfiorato più volte ma aveva
dato lei scarsa importanza, sembrava che i problemi fossero
altri. Ma ora...... Era chiaro che il maggiore filo conduttore
nella vicenda era la famiglia Holbein. Lo era per la sua compagna
per cui lui penava quando scorgeva in lei lo sguardo terrorizzato
che seguiva i risvegli dai sogni....ammesso che fosse possibile
dare loro quel nome.
Ma gli Holbein, anzi le Holbein erano state un punto focale della
sua esistenza. A pensarci bene lui stesso sarebbe ora un
mucchietto di polvere se non fosse stato per Angelica. Con lei
era iniziata la sua vita immortale ed era proseguita con
l'incontro di un'altra Holbein, Meg, che di certo era sua
discendente, almeno alla luce degli ultimi fatti. Ed ora c'era
Marilisa, la sua bellissima compagna che non avrebbe voluto veder
soffrire per nulla al mondo. C'era un modo concreto di aiutarla a
riconciliarsi col suo passato e chi poteva aiutarla era la sua
creatrice, Angelica.
Per Marilisa decise di mettere da parte il suo orgoglio e tentare
una disperata ricerca di colei che forse era in potere di
spiegare loro come stavano le cose. Mentre guardava la sua
splendida compagna passare dolcemente le mani sul pelo della loro
gattina decise.
"Amore - disse - qui puoi continuare da sola. Io ho avuto
una idea per aiutarti. Andrò fuori da solo stanotte. Devo
cercare di parlare con alcuni vecchi amici".
Lei parve stranirsi a questa affermazione e provò timidamente a
chiedergli di farle compagnia, ma bastò farle notare che lui era
l'unico che quella sera rischiava di starsene con le mani in mano
per farla alzare dal divano per baciarlo teneramente e augurargli
una buona fortuna.
Si immerse nella notte fredda di Londra e si diresse verso un
posto che gli aveva indicato Arthur. Non chiamò nessun taxi
perché pensava che camminare gli avrebbe dato tempo per pensare.
Non sapeva da dove iniziare nella ricerca di Angelica. Il mondo
in cui si erano visti per l'ultima volta era stato stravolto ed
in quegli sconvolgimenti una persona come Angelica poteva essere
finita ovunque. Pensava di andare in un locale che gli aveva
indicato Arthur e in cui si riunivano molti vampiri sia londinesi
che di passaggio. Lì avrebbe cercato di ottenere informazioni ma
era piuttosto scettico sulle sue possibilità. D'altronde era
questa l'unica cosa che poteva fare, con la speranza, magari di
incontrare qualche vecchia conoscenza.
Mentre costeggiava il Tamigi, gli venne alla mente un problema
che lo spaventava più della possibilità di non riuscire a
rintracciare Angelica. Il problema era la reazione dell'uno alla
vista dell'altro. Il loro addio era stato burrascoso per motivi
che potevano essere tutti ricondotti alla loro diversità. Un
misto di gelosia, voglia di libertà e inadeguatezza aveva fatto
esplodere un rapporto che era già logoro per colpa dell'assurda
lotta che Angelica conduceva contro gli inquisitori. Ad esser
chiari Jan non aveva nulla in contrario a tentare di salvare
chiunque, umano o immortale, da quei fanatici.
Il fatto era che anche Angelica e i suoi amici erano diventati
fanatici. Lui voleva scoprire il mondo, quello umano e quello
oscuro, voleva sfruttare a pieno la sua condizione e lei voleva
solo tenerlo lì come se fosse stato una specie di
giocattolo......comunque ciò che conta è che tutto ciò
disintegrò il loro rapporto.
"Angelica....Angelica....chissà se corri ancora dietro ai
preti troppo zelanti" pensò Jan senza riuscire a nascondere
un sorriso che lo fece scambiare per un mezzo pazzo da un gruppo
di ragazzini in abiti "hip-hop" ( "li chiamano
così no?" ) che gli passarono a fianco.
Intanto a casa Marilisa scorreva le pagine del volume con
attenzione ed interesse. Quella famiglia era più vecchia di Jan,
il primo componente era Sir John Riccard Gray nato nel 1280 e
investito del titolo nobiliare dal re Edoardo I, che lo nominò
membro del parlamento. Erano elencati uomini e donne vissuti
durante le numerose guerre con la Francia e con la Scozia, ogni
tanto in miniatura erano accennati anche dei ritratti, e figurava
anche qualche nome straniero, per Esempio francese, la ragazza
immaginava struggenti storie d'amore tra i due appartenenti a
famiglie in guerra, vedeva dei Romeo e Giulietta fuggire tra i
boschi, Trovò anche una Maryanne Stuart nata nel 1501, chi sa
forse era una parente della regina di Scozia! Erano trascorse
delle ore, ma non c'era niente che potesse interessarle, un po'
stanca si rilassò sul divano, e si assopì, quando ad un tratto
udì una voce di donna che chiama "Elisabeth!
Elisabeth
!". Di scatto aprì gli occhi e pensò di
trovare qualcuno vicino a lei, ma non vide nulla. Pensò che il
suo udito da vampiro le avesse fatto ascoltare cose dette fuori
dalla sua abitazione e con rinnovato zelo continuò a sfogliare
il volume. Dalla prima persona elencata nata nel XVIII sec. il
libro non era più manoscritto ma stampato. Ad un tratto arrivò
alla pagina tanto cercata Annie Elisabeth Holbein nata a Londra
il 15 novembre 1784 da Margaret Elisabeth Holbein vedova Steel
nata a sua volta nel 1760 nello Yorkschire. Da questo momento
ogni generazione aveva la sua Elisabeth. Nel 1806 la signora Gray
aveva dato alla luce un'altra bambina che aveva chiamato con lo
stesso nome della prima Mary Elisabet Gray, proprio come la mamma
di Meg. Da Mary era nata un'altra Annie Elisabeth nel 1827, nel
1857 un'altra Mary Elisabet da questa nel 1880 Margaret
Elisabeth, nel 1910 Emily Elisabeth, nel 1932 Mary Elisabeth, nel
1950 Emily Elisabeth e nel 1972 era inserita una pagina bianca
sulla quale era scritto "Dear Elisabeth, we love" qui
finivano le pagine scritte del volume.
La vampira aveva la testa piena di nomi, che infondo erano senza
senso, un certo avvilimento si impadronì di lei, le ricerche
erano lente e così confuse, cosa poteva avere a che fare lei,
figlia di una famiglia di lavoratori emigrati, abruzzesi,
italiani con questa nobile famiglia o con la stirpe delle strane
Holbein?
In quel momento suonò il campanello, era Artuhr. Entrò
porgendole un gran mazzo di tulipani variopinti "Ben trovata
cara amica, vedo che il tuo cavaliere ti ha lasciata sola alle
prese con l'albero genealogico della nostra illustre
famiglia!" La ragazza annuì con il capo e tornò a sedere
sul divano del salotto. Il nuovo arrivato le si avvicinò le
prese la mano e disse: "So' cosa pensi. Ma non preoccuparti
arriveremo alla soluzione, Jan si sta' impegnando come non l'ho
mai visto fare ed io, la stessa cosa." Si impegnò a trovare
Lady Emily Elisabeth Gray, ed invitò Marilisa a sorridere. Era
quasi arrivata l'alba quando Jan entrò nella stanza, fu un po'
sconcertato nel vedere i
due vampiri seduti vicini
sul divano. Una gelosia quasi dolorosa gli strinse il cuore. Si
avvicinò accennando un finto sorriso chiedendo come mai Artuhr
fosse ancora li. Quando finalmente riuscì a liberarsi
dell'amico, si getto tra le braccia della ragazza dicendole
"Sono geloso, non voglio che tu ti allontani da me, è stato
difficile dividerti con Micia, ma adesso non voglio combattere
contro Artuhr! Tu non sai come sono forti i legami e i contrasti
tra i vampiri, provi attrazione per lui? Vuoi lasciarmi per
lui?" Marilisa sorrise, non poteva negare a se stessa di
sentire una certa attrazione per quel vampiro proletario era
felice quando lo vedeva, lo sentiva uguale a lei, ma il suo Jan
era un'altra cosa "No! come ti vengono in mente certe idee?
Certo è molto bello, provo per lui ammirazione, ma a te ti
amo!" Un forte abbraccio chiuse la discussione.
La sera seguente appena svegli seguirono il forte richiamo del
sangue, dopo essersi saziati, Marilisa chiese a Jan della sera
prima, ma lui fu evasivo e disse che avrebbe parlato solo quando
avesse avuto delle certezze.
Con i visi coloriti dal vigore del pasto andarono a sedersi a
Piccadilly Circus. Le luci erano colorate la gente allegra e
festante, era pieno di italiani in vacanza. Marilisa fece
conoscenza con varie persone e per un po' dimenticò tutto il
resto. Ma appena arrivati vicino casa incontrarono Artuhr
euforico, aveva trovato lady Emily E. Gray. Viveva in campagna ed
era l'ultima discendente della famiglia Gray ed ovviamente anche
delle Holbein. Lui aveva organizzato tutto per la sera seguente,
con un taxi l'avrebbero raggiunta e forse chi sa...! Avrebbero
scoperto qualche cosa!
Poco dopo si separarono, Marilisa trascorse la notte girando per
le vie della città assorta nei suoi paranoici pensieri. Arrivò
a Victoria Station, si diresse verso George's Drive, dove aveva
soggiornato nella sua visita da umana alla città. Ripensò alle
persone che non avrebbe più visto, ai suoi genitori ad Elena.
Entrò in una delle rosse cabine telefoniche londinesi e compose
il numero. L'amica rispose... una lacrima solcò il viso della
vampira che non riuscì a parlare e riagganciò! Non capiva il
motivo di quell'angoscia, o forse non voleva capire. Cominciò a
correre, era veloce, anzi velocissima, le poche persone che erano
ancora in giro quasi non si accorgevano di quella figura che li
sfiorava, si ritrovò in pochissimo tempo davanti alla casa di
Chelsea. Sedette sui gradini della porta al chiarore della luna
mentre Micia faceva brillare i suoi grandi occhi gialli in
contemplazione della pallida padroncina. Ancora qualche lacrima
le solcava il viso quando tornò il suo compagno, con il quale si
ritirò per il quotidiano riposo.
Quel giorno sognò la bella donna che la cullava che ad un tratto
la guardò e disse "sei diventata proprio bella, sorellina
mia".
La sera dopo tutti e tre elegantissimi Jan ed Artuhr in smoking,
Marilisa con un lungo fasciante abito di tulle nero, si
apprestarono al fatidico incontro. Anche Jan aveva sospeso la sua
solitaria ricerca per accompagnare gli altri due, forse anche
perché troppo geloso per permettere che Marilisa dividesse un
incontro così importante solo con Artuhr.
Dopo un'ora di viaggio la macchina si fermò davanti ad una
specie di cottage, era tardi per una visita di cortesia, ma
evidentemente c'era una festa in corso. Dalla casa proveniva
della musica e un vociare allegro. La ragazza era terrorizzata,
come sarebbe stata la Lady? Cosa avrebbe dovuto dire lei?
Una cameriera li fece accomodare nel salotto, era sobrio con
pochi mobili stile impero e una ventina di persone elegantissime
si aggiravano nella stanza, stuzzicando da un ricco buffè.
L'agitazione dei tre non era visibile, ma sempre in crescendo,
quando ad un tratto una signora sorridente si avvicinò a
Marilisa e le disse in quasi perfetto italiano "Buonasera
signorina, lei è la giornalista italiana che è stata inviata
per l'intervista?" Artuhr si introdusse prontamente baciando
la mano della donna "Buonasera e buon compleanno signora
Gray. Si! Siamo i giornalisti venuti per l'intervista!"
Molto gentilmente la signora alta di bell'aspetto anche se
dimostrava i suoi cinquanta anni, li fece accomodare in un
piccolo salottino laterale. "Da cosa vogliamo cominciare?
Posso offrirvi dei biscottini inglesi, miei cari ospiti?" I
vampiri si scambiarono uno sguardo di disappunto e Jan un po'
alterato per il fatto che Artuhr non li avesse preparati alla
situazione fu il primo a parlare "Dunque lady Gray, noi
sappiamo che lei è l'ultima discendente della sua famiglia, e
quindi abbiamo pensato di rivolgerci a lei per il nostro articolo
su
.! Su
! Stiamo scrivendo un articolo sull'evoluzione
del costume nelle famiglie nobili del paese
" Il
colloquio per una buona mezz'ora non approdò a nulla, fino a
quando Marilisa non pose una domanda decisiva "Come mai
nella sua famiglia da Lady Annie Elisabeth Holbein, ogni donna ha
avuto sempre per secondo nome Elisabeth?" La signora divenne
pallida, seria ed il sorriso che aveva sempre illuminato il suo
volto si oscurò. Disse che era sicuramente una coincidenza e che
non aveva più voglia di parlare. Si alzò e tornò nell'altra
stanza lasciando i tre amici un po' turbati. Per tutta la serata
la signora fu triste e seria. Marilisa cercò più volte di
avvicinarla ma lei sfuggiva. Quando tutti andarono via, la Lady
si lasciò cadere sulla poltrona vicino al camino e guardando i
tre disse: "Potete andare via, non vi dirò nulla!"
Dopo una pausa di silenzio, la vampira si avvicinò alla signora
Gray dicendo "Siamo venuti dall'Italia solo per sapere della
vostra famiglia, perché non vuole aiutarci!" La signora
lesse la disperazione negli occhi di quella strana ragazza così
pallida, ma incantevole e non riuscì a resistere, come
ipnotizzata cominciò a parlare: Io
! Io
! Non so
molto
! Ho saputo da mia nonna Emily, che aveva il mio
stesso nome che in me si univano due stirpi importanti, quella
dei Gray che tutti conoscevano e quella delle Holbein sconosciute
al mondo moderno, ma che nel seicento avevano avuto una certa
importanza. Elisabeth è forse una delle capostipiti, so' che
morì molto giovane e fu uccisa, per questo il suo nome è stato
tramandato suppongo, mi diede un libro manoscritto che disse
essere l'unica eredità tramandata dalla famiglia Holbein da
madre in figlia e che io avrei dovuto dare alla mia.",
"Un libro? E dov'è adesso? Non potrei vederlo?"
Marilisa scattò come una molla, forse era il libro che aveva
sognato! "E' a Londra nella biblioteca di famiglia, io non
entrerò mai più in quella casa e quindi non credo sia molto
facile per voi poterlo vedere! Non ho mai capito cosa contenesse,
era scritto in un modo per me illeggibile!" Artuhr
interruppe il discorso "Avete una figlia?" La donna non
riusciva a smettere di parlare, non avrebbe voluto, ma quei tre
erano irresistibili, i loro sguardi la ipnotizzavano ed era come
se la sua volontà non contasse più "No! Non ho mai avuto
una figlia perché non mi sono mai sposata
.nel
nel
1972 ebbi una
una visione che fu decisiva per la mia
vita
vidi un fantasma!" La donna guardò i suoi
interlocutori pensando che avrebbero sorriso, e fu stupita nel
vedere che invece erano molto interessati e seri "Ma chi
siete? Cosa volete?" Marilisa carezzò la guancia di lady
Gray rassicurandola "Scriviamo per un giornale che tratta
argomenti paranormali! Quindi parli liberamente, noi le
crediamo!".
La sua gelida mano diede una scossa alla signora, ma la donna
pensò che era solo un contatto con la pelle fredda quello che
aveva sentito e continuò "Quella notte
! non ho mai
capito se stavo sognando o se
Vidi una donna molto anziana
che mi si avvicinò e mi disse che io non avrei avuto figli
perché
! Perché la maledizione si era compiuta in modo
diverso, ma di non disperare perché la nostra stirpe avrebbe
vinto e sarebbe durata in eterno, e che l'amata Elisabeth avrebbe
dovuto avere un posto migliore di tutte le Holbein, così la
mattina dopo feci stampare l'ultima pagina dell'albero
genealogico della famiglia e lasciai per sempre la villa che
aveva ospitato per secoli la mia famiglia."