Clara Coïsson:
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“Oltre a essere opera di civiltà e di pace, tradurre può dare gratificazioni
uniche; il traduttore è il solo che legga veramente un testo, lo legga in profondità,
in tutte le sue pieghe, pesando e apprezzando ogni parola e ogni immagine, o
magari scoprendone i vuoti e i falsi.
Quando
gli riesce di trovare, o anche di inventare, la soluzione di un nodo, si sente
«sicut deus» senza per questo dover reggere il carico della responsabilità che
grava sulla schiena dell'autore: in questo senso, le gioie e le fatiche del
tradurre stanno a quelle dello scrivere creativo come quelle dei nonni stanno a
quelle dei genitori.[ 1]”
Clara Coïsson (Torino, 1972 ca.)
“Le traduzioni dal russo di
Clara Coïsson compaiono dapprima presso la Frassinelli di Torino (nel 1946 sia
M. Saltykov, I signori Golovljòv, sia A. Fedin, Le città e
gli anni), poi, dal ’49 all’81, sono sistematicamente pubblicate dall’Einaudi.
Per
Einaudi Clara Coïsson traduce i principali autori russi diffusi in quegli anni
in Italia: nel 1949, V. J. Propp (Le radici storiche dei racconti di fate),
poi è la volta di I. Turgenev (Memorie d’un cacciatore, 1950), L.
Tolstoj (Resurrezione, 1952), B. Pasternak (L’infanzia di
Ženia Ljuvers ed altri racconti, 1960, a cui seguirà nel 1967 Lettere
agli amici georgiani), V. Tendrjakov (Tre sette asso e altri
racconti, 1962, in collaborazione con V. Strada), F. Dostoevskij (Umiliati
e offesi, 1965), e ancora V. Sëmin, A. Platonov, J. Oleša, M.
Zoščenko, M. Bulgakov, K. Vaghinov, fino all’ultimo F. Dostoevskij (L’eterno
marito, 1981).[ 2]”
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09/01/01