Prima parte dell’intervista di Piero Bianucci su “La guerra degli altri” |
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- Signora Jarre, come è nato il racconto La guerra degli altri?
«È nato da un atto di volontà. Ero già madre di due bambini e ho
sentito il bisogno di riprendere a scrivere. Prima di sposarmi avevo scritto un
testo teatrale e alcuni racconti. L’occasione è venuta dal Premio Pancrazi. Il
bando del concorso prevedeva un tema fisso: la Liberazione. Mi ha fatto piacere
vincere anche perché il mio racconto era fuori tema, della Liberazione c’è’ben
poco. In un momento in cui si stava diventando tutti eroici, ho trovato
interessante rivivere la guerra partigiana nella sua dimensione quotidiana e
attraverso l’esperienza di un ragazzo».
- Che cosa intende per «atto di volontà»?
«Tutti i miei libri nascono da atti di volontà, non perché non
abbia delle “ispirazioni”, come si usa dire, ma perché fino a quando non sono
andata in pensione scrivere mi è costato una tale fatica che ho dovuto sempre
impormelo».
- Pensava ai ragazzi scrivendo La guerra degli altri?
«No. Un buon libro deve poter essere letto da tutti. Io non
distinguo mai tra lettori giovani e vecchi».
- Che cosa c’è di autobiografico in La guerra degli altri?
«C’è l’ambiente. Il paesaggio è la valle di Susa, ma le esperienze
sono le mie esperienze dell’occupazione tedesca di Torre Pellice. L’impiccagione
di un ragazzino purtroppo è vera. E così anche l’ultimo incontro con un giovane
il giorno prima che venisse ucciso, che nel racconto è diventato il ragioniere,
il cognato di Pino».
- Un messaggio del racconto è che crescere è difficile e anche
doloroso...
«Credo che sia così. Ma nel mio caso no. Avevo voglia di crescere
e di uscire di casa».
- Pino compie per amore le scelte che lo faranno crescere e
maturare. Dunque si cresce soprattutto attraverso l’esperienza dell’amore?
«Sì. Ma Pino è più maturo, come ragazzo, di quanto fossi io a
quindici anni. I miei innamoramenti giovanili erano del tutto banali, mi
piaceva sempre il più bello della classe. L’infelicità di Pino deriva dal fatto
che si innamora di una ragazza più vecchia di lui, e questa esperienza dolorosa
lo fa maturare più rapidamente».
- Nei suoi libri non mancano mai i sentimenti, ma si nota anche il
costante sforzo per razionalizzarli, o almeno per spiegarli...
«È così. I sentimenti, contrariamente a ciò che si crede,
diventano sempre più forti via via che si invecchia. Gli adolescenti non hanno
molta sensibilità per i sentimenti. O meglio hanno un forte sentimento di sé,
ma non degli altri, del mondo che li circonda. Questo si conquista più tardi,
anche attraverso i dolori e le sconfitte».
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03/01/01