“Un altro pezzo di mondo”– Bollati Boringhieri, 1997

Storie vicine e lontane nel tempo e nello spazio, intrecciate dal tocco segreto del destino.

 

 

 

 

 

 

Il Paradiso, la felicità, non sono un luogo,

ma una condizione

Isaac Newton, Yahuda ms. 9.2, f. 139

Torino, fine ottobre 1994. Tra le gemelle sessantacinquenni Maria e Rosa Maria, arrivate qui da adolescenti, negli anni della guerra, resiste quel legame di comprensione senza parole e sottili contrasti che unisce chi è stato insieme nello stesso grembo.

Nate ad Alessandria d’Egitto da un marinaio italiano e da un’ebrea di Rodi dai riccioli neri e dagli occhi violetti, conservano del padre i colori chiari e lo sguardo ambrato; per il resto si sentono appartenere a “quegli altri”, anche loro “sotto la tenda nel deserto, in sosta”. Entrambe, con il dubbio di non saper vivere.

Marianna, separata e con tre figli ormai fuori casa, si ritrae nel suo egocentrismo di scrittrice, mentre Rosa Maria spende in indulgenza familiare una vita segnata dalla morte tragica del giovane marito e dall’assenza del figlio, per sempre clandestino.

Intorno a loro la trama degli affetti si estende, capitolo per capitolo, nel tempo e nello spazio: alle soglie di una vecchiaia solo anagrafica, ritornano sul filo della memoria e della scrittura i nonni deportati conosciuti nell’infanzia prima del dolore indicibile, quando ancora abitavano i cortili ombrosi e profumati di un’isola nel mediterraneo; un amante che nell’America degli anni sessanta insegue i sogni dell’indiano Falco Nero; un marito dalla dedizione assoluta; figli e amici dei figli.

In questi destini in apparenza compiuti si insinua “un altro pezzo di mondo”: è così che il nipotino Gianluca definisce il riflesso in una pozzanghera, la sera prima della grande inondazione, sul cui presagio si chiude il romanzo.

 

“Il vecchio Falco Nero”, estratto di Marina Jarre

 

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25/05/03