Un romanzo sul mistero
della nostra identità, che nessuno scandaglio riesce mai a rivelare
completamente.
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Marina Jarre è tra i pochi scrittori italiani d'oggi che abbiano ancora il gusto della costruzione romanzesca solida e precisa: non tanto e non solo il dipanarsi della trama, ma il fitto intreccio dei dialoghi, il chiaroscuro delle psicologie, l'orchestrazione dei temi, la campitura dello sfondo ambientale. Eppure il risultato non è quel che si dice il romanzo di pura evasione. Al contrario, i temi che la Jarre orchestra con sicurezza in questo libro (già apparso in una diversa stesura col titolo di Monumento al parallelo) chiamano in causa il nostro modo di essere, oggi, e il peso dei condizionamenti storici e ambientali cui siamo sottoposti.
Il leggero accento straniero del titolo appartiene a Klaus, che porta con sé un segreto mostruoso, che il lettore non tarderà a scoprire. Per far perdere le proprie tracce, l'uomo sceglie una metropoli industriale: una città dai due volti, in cui il perbenismo della superficie può trovare un suo segreto rovescio demoniaco; e lì si mimetizzerà abilmente nei panni di un distinto ed efficiente professionista. L'itinerario della nuova identità dello straniero finisce per incrociare quello di un gruppo di giovani amici, cresciuti insieme fin dalle scuole inferiori, legati dai sottintesi di un linguaggio comune, e da una comune visione delle cose. C'è Carlin, il più intelligente del clan, indebolito da una sensibilità che sconfina spesso nella nevrosi; c'è Filippo, il suo «risvolto» efficiente e razionale; c'è una ragazza ebrea, Daria; Marianna, dai molteplici amori; e Maria Grazia, e Gino (che diventerà socio di Klaus) e Patrizia, che appartiene a una facoltosa famiglia «bene» e che, sposando lo straniero, ne sancisce la definitiva integrazione nell'ambiente cittadino.
Le loro storie procedono a intarsio sino all'inquietante epilogo «giallo», un misterioso incidente. Alla narrazione «obiettiva» delle vicende dei giovani, fa da contrappunto il lungo monologo di Klaus, che ripercorre le tappe della sua abiezione.
L'autodifesa di
Klaus si fa via via più aggressiva: tende a coinvolgere tutti nel ruolo di
coimputati. Per il freddo cinismo di Klaus, sono le circostanze della vita a
far esplodere o meno i mostri che sono radicati inconsciamente in ognuno. La
fenomenologia dell'esistenza offre dati troppo contraddittori e oscuri per
consentire di emettere sentenze. Il mistero è soprattutto quello della nostra
identità, il mistero dell'io che nessun scandaglio riesce mai a chiarire completamente.
È il tema del «doppio», dell' «altro» che nascondiamo in noi. Un tema che la
Jarre, léttone di nascita, ha ripreso dalla tradizione culturale mitteleuropea
in cui si è formata, e che ha svolto con originalità e con vigore.
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04/01/01