“Una persona importante”

di Andrea Jarre

 

Vivevamo a Torino in un grande appartamento. C’erano due telefoni, quasi alle estremità della casa: il salone, illuminato dalla piazza, ed il corridoio interno, senza luce diretta. Quel pomeriggio risposi io, al telefono del salone. Ero un pischello di 15 anni.

 

La chiamata è interurbana, ed infatti la voce, maschile, non modula alla piemontese. Non dice il proprio nome. “Brutalianizza” il nostro. Vuole mia madre, di là in cucina.

 

(L’idea che mi feci dell’interlocutore era quella di un funzionario romano di un qualche ufficio; anzi, per la determinazione che sentii nella richiesta, supposi un funzionario di Polizia).

 

Passo la telefonata a mia madre, nel corridoio interno. Ma subito lei mi chiama, emozionata: “Svelto, prendimi da scrivere, accendi la luce, è una persona importante!”.

 

Eseguo (“Tz! Lei, sempre così schifiltosa coi romani…”).

 

 

Persona importante, progetto importante. Poi, purtroppo, non se n’è più fatto nulla.

 

Ma posso raccontare, fra i casi della vita, di aver parlato una volta con Michelangelo Antonioni.

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03/01/01