1.2- Dal cavallo al motore

Siamo ad una tappa importante nella storia dell’umanità: il motore soppianta dopo millenni di onorato servizio la trazione animale. Il pur nobile ed amato cavallo entra in pensione, al suo posto, imprigionata in piccolo spazio, appare la potenza di decine di suoi simili che si esprime nel movimento di bielle e pistoni.

L’automobile fa la sua comparsa in Italia nel 1898 con un po’ di ritardo rispetto alle altre nazioni. Fu un esplosione che vide nascere grandi industrie che si imposero nei primi anni del secolo all’attenzione mondiale.

La “Torpedo” dell’Isotta Fraschini era uno status symbol assoluto; il suo solo telaio costava centosessantamila lire (quasi duecento milioni di lire al giorno d’oggi). Lo storico inglese Nicholson nel suo celebre “The Vintage Cars”, definendo l’Italia “una nazione di entusiasti”, scrive: “L’Italia era allora un vero paradiso per gli amanti delle belle automobili e in quei giorni il 15 per cento della produzione globale italiana veniva venduto in Gran Bretagna mentre la Francia da sola arrivò addirittura ad assorbire il 30 per cento”.

Una relazione della Banca Commerciale Italiana dice che: “pur nella modestia delle cifre nei confronti degli altri paesi l’Italia esporta il triplo della Francia ed il quadruplo dell’America […] segno evidente della qualità del prodotto, della sapiente e capillare organizzazione commerciale delle nostre fabbriche e della avvedutezza dei tecnici e dei dirigenti nell’andare incontro ai gusti dei consumatori”.

La Orlandi rivolge immediatamente la sua attenzione a questo nuovo ramo d’industria, compiendo i primi tentativi di carrozzerie su autotelai a motore e affrontando le esperienze del veicolo industriale.

Il primo omnibus è realizzato nel 1898 per commissione del signor Banzi, un modenese. L’anno dopo, il 1899, esce dall’officina Orlandi il primo autobus con rimorchio per passeggeri; si instaura una proficua collaborazione con il costruttore Ciro Bonacini di Casinalbo, autore di un robusto ed indovinato telaio munito di un motore della potenza di 20 cavalli.

All’Esposizione Internazionale Automobilistica di Milano, nel 1901, un esemplare di questa serie conquista il primo premio e l’ambita medaglia d’oro.

Le qualità di quest’omnibus automobile per servizi pubblici (così era definito all’epoca), sono poste in risalto da una severa sperimentazione sulle più impervie strade dell’appennino emiliano e delle montagne comasche.

Il primo raid è affrontato il 2 settembre da un omnibus con un motore di due cilindri della potenza di 15/20 HP. Si compie un tragitto di trecento chilometri: Casinalbo – Pavullo – Sestola – Fiumalbo – Abetone – Pracchia – Vergato – Zocca – Vignola – Maranello – Casinalbo. Il viaggio viene diviso in sei tappe e comprende salite con la pendenza del 17 per cento. Nelle soste si effettuano prove pubbliche per il trasporto dei passeggeri. L’itinerario intero è coperto complessivamente in 23 ore e 25 minuti di marcia ed ha portato al consumo di 9,5 chilogrammi di benzina, 6 chilogrammi di olio e 0,3 chilogrammi di grasso.

Il commento entusiastico di una pubblicazione celebrante l’avventura è il seguente: “Durante il viaggio non una volta si fermò il motore e non vi fu bisogno della riparazione la più piccola. Asseriamo questo perché chiunque può controllare la nostra asserzione percorrendo l’itinerario da noi seguito. Tutti gli abitanti lungo il percorso diranno di avere visto passare una vettura omnibus grandissima, contenente dieci persone con i relativi bagagli, diranno che mai videro vettura automobile di dimensioni tali, ma non potranno mai dire di averla vista incagliata un solo istante lungo la strada per inconveniente qualsiasi”.

Il settembre e la montagna nel 1901 dovevano essere due elementi fortunati per la ditta Orlandi: l’1 settembre dello stesso anno infatti l’esercito italiano, e più precisamente il Generale Comandante della Brigata Piacenza fa partecipare l’omnibus alla grandi manovre di campagna. E’ memorabile, in questa circostanza, l’escursione di 110 chilometri di alta montagna sul percorso Collecchio–Colle di Cisa e ritorno, svolto con un carico di nove persone e di bagagli, sotto la pioggia continua, su strade pessime e con pendenze che in alcuni punti toccano il 14 per cento. Tutta la stampa nazionale ed estera celebrò l’impresa sottolineando il fatto che per la prima volta le Forze Armate prendono contatto con il nuovo mezzo.

Un altro grande raid dimostrativo è concluso un anno più tardi, nel settembre del 1902, sulle colline che attorniano il Lago di Como. La “Provincia di Como” scrive: “In prima velocità la vettura supera pendenze che superano il 12 per cento e raggiunge i 12 chilometri all’ora; in seconda velocità raggiunge i 24 chilometri all’ora mentre in terza tocca i 34. Cominciamo col dire che la vettura è solida ed al tempo stesso elegantissima costruzione. Non dà scosse e ci si viaggia comodissimamente seguendo una velocità normale che ieri fu misurata in questi tempi: da Como a Cernobbio minuti 16, a Moltrasio 28, a Urio 41, a Carate Lario 46, a Torriggia 55, ad Argegno un ora e 15 minuti”.

La “Cronaca Prealpina di Varese” comunica ai suoi lettori che il peso a vuoto della vettura in assetto di marcia è di venti quintali, che il motore compie 1000 giri al minuto ed è raffreddato da 150 litri d’acqua posti in un serbatoio nell’imperiale e continua: “Malgrado la lunghezza dell’automobile le svoltate vengono fatte con snellezza straordinaria in uno spazio minore di quello richiesto per un cavallo”.

La stessa nuova vettura, proprio nel modenese, doveva misurarsi e vincere in modo definitivo chi aveva ancora fiducia in un mezzo antico per produrre energia. La sfida è tra una macchina a vapore progettata e costruita dall’Ingegner Angelo Bernasconi e quella a benzina del fortunato binomio Bonacini-Orlandi. E’ un po’ lo spirito sportivo delle irose contese a bocce del passato, ed il popolo se ne impadronisce coniando alcune strofette: “L’automobile ed Bernascoun la va cun al carboun/ invece la Bunazeina la va cun la benzeina” recita un versetto dell’epoca in dialetto.

Un diario dell’epoca annota ne tappe della sfida avvenuta in pieno inverno: “21/12/1901: la Bernascona parte da Pavullo alle ore 6- Ferma in Ricotorto a far provvista d’acqua: supera lentamente la salita di Serramazzoni: andava pianissimo. 27/12: parte ore 6; ritorna rinculando alla Capanna perché le ruote non si muovevano nelle curve e nella neve; 31/12 nessuna notizia della Bernascona, arriva invece la Bunazeina. La Bernascona parte e non fa più ritorno”. Il futuro dell’omnibus a benzina è segnato.

Poco tempo dopo sulle stesse strade della montagna avviene la conferma definitiva per il motore a benzina. La Ceirano del commendator Sandonnino e del cavalier Sacerdoti compie il percorso Modena-Pavullo in 2 ore e 15 minuti: è un record trionfale.