Nel dopoguerrra il problema principale a Modena era costituito dalla disoccupazione: numerose botteghe artigiane e piccoli laboratori erano stati costretti a chiudere a causa del conflitto ed il ritorno dei soldati provocava un eccesso di manodopera. Secondo le stime ufficiali nell’estate del 1921 nella provincia di Modena c’erano 11.000 disoccupati, pari a circa il 5,5% della popolazione attiva. Molti cittadini cercarono un rimedio a questa situazione emigrando; su 400.000 abitanti censiti nella provincia nel 1921 quasi 16.000 erano emigrati chi in altre zone d’Italia (circa i 2/3), chi all’estero. Questa situazione creò un diffuso malcontento che portò a cruente agitazioni sindacali tra il 1918 ed il 1923. Queste furono le più ampie mai registrate nella storia sociale di Modena; vennero promosse in prevalenza da organizzazioni di stampo socialista e si svolsero in prevalenza in pianura in quanto nella zona della montagna prevalevano i cattolici.
In questi anni alla Orlandi si impone una revisione dei programmi di lavoro. Il mercato dei pubblici servizi automobilistici sta subendo un colossale impulso e la richiesta di veicoli idonei alle nuove esigenze porta a produrre a ritmo sempre più vertiginoso. Si decide quindi di abbandonare ogni produzione di carrozzerie da turismo e di dedicarsi esclusivamente alla costruzione di autobus per servizi pubblici. La Orlandi si espande a tal punto da impiegare oltre cento operai.
Nel 1921, con
la scomparsa di Augusto Orlandi, la ditta si scinde in Carrozzeria Emiliana
Renzo Orlandi ed in Carrozzeria Giovanni Orlandi. Renzo Orlandi, figlio di
Enrico, era nato nel 1894 ed aveva immediatamente dimostrato la sua attitudine
per il disegno e per la tecnica, candidandosi come sicuro continuatore
dell’attività familiare.
Le due aziende
lavorarono per un po’ di tempo in concorrenza; la ditta di Giovanni Orlandi
incontrò però grandi difficoltà a differenza di quella di Renzo che decollò
immediatamente. Questa situazione creò una grande invidia tra le due parti
della famiglia che si evidenziò alla morte di Giovanni: poiché questi aveva
solo eredi femmine fu tentato da parte di Renzo di acquistare l’azienda, ma
gli eredi preferirono vendere la Carrozzeria Giovanni Orlandi ad un industriale
di Milano di nome Vismara che successivamente cambiò il nome della ditta in
Officine Padane.
Renzo
Orlandi,
rifacendosi all’ormai lunga e prestigiosa tradizione familiare, punta
all’allestimento di realizzazioni all’avanguardia. Il mercato rivela, anche
in questo settore, particolari pretese che portano alla nascita della vettura
“fuoriserie” e dell’autobus “granturismo”. Si cercano veicoli alla
moda ed al tempo stesso economici; la grande concorrenza giustifica queste
pretese.
Nel 1923 Renzo
Orlandi si piazza terzo al concorso internazionale di eleganza di Montecarlo. Il
suo nome è appena dietro a quello favoloso dell’Isotta Fraschini. La macchina
presentata era una Steyr di proprietà del dottor Carbonieri, il quale,
entusiasta, scrive: “Ammiratissimo il mobiletto, le tendine ricamate che sono
state definite una veritable trovaille, i legni intarsiati, gli abatjours […] pure ammirata la linea esterna, l’ampiezza degli
sportelli insolita nei carrozzieri francesi…”. Il Carboneri conclude la
lettera augurandosi una ulteriore collaborazione, ma ormai è l’autobus ad
occupare la maggior parte della capacità produttiva.
Negli anni
’30 cambiò a Modena il rapporto tra campagna e città a favore di
quest’ultima. L’attività industriale del capoluogo presentava in questi
anni una produzione autonoma dall’agricoltura (come nel caso delle Serrature
Corni, delle Officine Orsi o della stessa Orlandi) ed al tempo stesso un altro
ramo di produzione strettamente legato al lavoro nei campi, come ad esempio la
lavorazione industriale del latte e dell’uva. Gli scambi tra città e campagna
erano favoriti anche dallo sviluppo dei mezzi di trasporto: nel 1935 le
automobili immatricolate in provincia erano 3.135 rispetto alle circa 1.600 di
dieci anni prima; nel 1937 la rete stradale modenese si estendeva per 582
chilometri. Anche il trasporto su rotaia migliorò sensibilmente: erano attive
linee elettriche che da Modena portavano a Sassuolo, Mirandola e Vignola. Erano
inoltre attive altre due linee a vapore che attraversavano la provincia quali la
Sassuolo-Reggio Emilia-Guastalla e la Modena-Cento-Ferrara.
Tra la fine
degli anni ’20 e la seconda guerra mondiale una grave crisi economica ed un
crescente disoccupazione colpì la vita dei modenesi. Tale crisi, che attanagliò
tutta l’Italia, era una diretta conseguenza della decisione di Benito
Mussolini di rivalutare la lira italiana. I guai aumentarono poi in conseguenza
del crollo della borsa valori di Wall Street avvenuto nell’ottobre del 1929
che propagò in tutto il mondo una crisi economica senza precedenti.
Nel modenese
questa crisi portò al ritorno nelle campagne ai vecchi sistemi di produzione
per cercare di occupare più persone possibili con conseguente perdita di
produttività; inoltre si ebbero non di rado uno stralcio ed una
compartecipazione di piccoli terreni nei quali si aggiungevano braccianti ai
mezzadri creando forti tensioni dal momento che questi ultimi dovevano poi
dividere il reddito tra più persone. Ciò nonostante l’economia modenese in
questo periodo era relativamente ricca: il problema della dilagante povertà
derivava della distribuzione iniqua di tale ricchezza e dallo sfruttamento senza
precedenti cui erano sottoposti i lavoratori dell'agricoltura e
dell’industria.
Nell’agricoltura
particolarmente fiorenti erano il settore dell’uva, che aveva sviluppato una
fiorente industria di trasformazione con ben sedici cantine sociali, ed il
settore del foraggio che consentiva di allevare un patrimonio bovino d’alta
qualità con conseguente beneficio per i mercati di carni latte e salumi.
Il periodo a
cavallo tra gli anni ’20 e gli anni ’30 furono assai importanti anche per
l’industria modenese. Fu in questo periodo infatti che la Fiat decise di
dislocare a Modena parte della sua produzione. Le Officine Costruzioni
Industriali (dette OCI) sorgono a Modena nel gennaio del 1928; a tali officine
viene affidata la produzione dei trattori agricoli Fiat.
Questa
decisione degli Agnelli fu probabilmente determinata da una serie di
motivazioni: 1) la concorrenza del trattore della Ford, chiamato Fordson, che
costava 2.400 lire in meno del trattore Fiat ed era il più venduto in una zona
di mercato importante quale era la Pianura Padana; 2) in città vi era, dal
1921, una qualificata scuola tecnica come l’istituto “Fermo Corni”; 3) la
collocazione di Modena al centro della regione rendeva più agevole il ricorso
alla assistenza tecnica; 4) la presenza a Modena delle Fonderie Corni e delle
Officine Metallurgiche Orsi cui rivolgersi per i componenti metallici necessari
per le produzioni; 5) essendo Modena una delle province italiane con il più
alto tasso di disoccupazione le autorità nazionali e locali probabilmente
provarono questa carta per attenuare la tensione che derivava dalla massiccia
disoccupazione.
Il settore
meccanico dell’industria contava su circa sessanta stabilimenti; produceva per
lo più carrozzerie per automobili e autobus, motori. A Carpi venne decentrata
parte della produzione della Magneti Marelli; a Modena nel 1940 venne trasferita
da Bologna la Maserati. Entrò in crisi l’industria del truciolo, mentre si
espanse enormemente nella zona di Sassuolo il settore ceramico che godeva di
ottima salute come del resto l’industria chimica che produceva esplosivi per
operazioni militari e ottimi fertilizzanti per l’agricoltura. Le
caratteristiche principali dell’industria modenese in questi anni erano la
diffusione su tutto il territorio della provincia e la molteplicità delle
attività produttive.
Negli anni
’30 inoltre salì notevolmente il numero dei dipendenti della pubblica
amministrazione tanto da rendere necessario prendere provvedimenti per
fronteggiare i crescenti costi degli enti locali.
Tra il 1930 ed
il 1931, per merito principale di Renzo Orlandi, a Modena si inizia, tra i primi
in Italia, la costruzione metallica dei veicoli industriali. Il programma della
ditta si riconosce nello slogan “Solo la linea crea l’eleganza. La linea si
crea e non si copia”. Così si colloca su un piano artistico la creazione dei
modelli. Le realizzazioni della Orlandi hanno prerogative di eleganza, di
comfort e di lusso che valgono alla ditta la conquista di numerosi trofei a
mostre e concorsi internazionali. Nascono carrozzerie che conquistano una grande
popolarità come la “Freccia del Carnaro” o la “Direttissima del Tigrai”.
Sotto le grandi volte della fabbrica, accanto ai torpedoni per i grandi servizi di linea, si allestiscono autoveicoli speciali per trasporti particolari. La Scuderia Ferrari partecipa a tutte le grandi corse automobilistiche del mondo vincendo, in otto anni, 124 corse in ogni parte del globo. Gli autofurgoni della Ferrari, realizzati dalla Orlandi, in otto anni percorrono 349.949 chilometri di strada.