2.2- Il mercato italiano

Il mercato degli autobus specifici in Italia è dunque suddiviso in vari segmenti indipendenti tra loro.

Il mercato italiano è in mano a due grosse case produttrici, quali Iveco ed Evobus (azienda tedesca costituita da Mercedes e Setra), che coprono da sole più del 50% del mercato stesso.

La Orlandi sta, in questi anni, rincorrendo un discorso di immagine e di qualità che era stato parzialmente smarrito, mentre Evobus sta godendo, soprattutto al di fuori dell’Italia, della situazione opposta: anche se in questo momento non presenta più un prodotto eccezionale come in passato, sta godendo di una fedeltà del cliente guadagnata negli anni passati.

Come in tutti i mercati vi sono situazioni che possono stravolgere gli equilibri. In zone come ad esempio le isole, con un’utenza assai limitata, basta una grossa commessa per stravolgere le quote di ciascuna casa produttrice. Per compiere una analisi più realistica possibile è quindi necessario guardare ai dati nazionali senza dare eccessiva importanza a quelli parziali.

Su un mercato come quello dell’autobus si può lottare con diverse armi: con la qualità prima di tutto ma anche con l’assistenza post vendita, con il supporto finanziario, con il prezzo. Tutti questi elementi sono di primaria importanza per consentire ad una azienda di accaparrarsi i clienti, è però interessante rilevare come, negli ultimi anni, sul mercato dell’autobus tutte le case produttrici hanno abbassato i propri prezzi, cosa che in precedenza non era mai avvenuta.

La vendita di autobus in Italia ha tratto, nell’ultimo periodo, grande giovamento da fattori esterni, come ad esempio la Legge Tremonti sulla defiscalizzazione degli utili reinvestiti o l’avvento del Giubileo, e dalla consapevolezza dei produttori che i vettori andavano alla ricerca di prezzi più accessibili. Riassumendo, il mercato dell’autobus è quindi condizionato da:

1)           Costo del denaro e possibilità di finanziamento.

2)           Erogazioni da parte dello stato di contributi o finanziamenti a tasso agevolato.

3)           Eventi esterni e a termine come è l’avvento del Giubileo e come sono stati la Legge Tremonti ed i Campionati del Mondo di calcio del 1990.

4)           Un generale abbassamento dei prezzi dei mezzi.

Una certa importanza sta assumendo, ultimamente, anche il mercato dell’usato che rappresenta circa un terzo del totale. Per fare fronte a questo nuovo segmento, Iveco ha creato, nella zona limitrofa alla sede della Orlandi, il Centro Europeo per l’Usato che diventerà, anche in forza della recente joint-venture siglata con Renault, un punto di riferimento a livello europeo per quanti vorranno acquistare un autobus usato.

Un’altra differenziazione che si può fare nel mercato dell’autobus è quella tra mezzi leggeri (fino a 22 posti), medi (da 23 a 40 posti) e pesanti (oltre 40 posti). Questa divisione, pur non avendo quella particolare importanza che riveste per i veicoli commerciali, può essere interessante in quanto ci consente di notare l’influenza della produzione dei veicoli leggeri (e quindi dei minibus) sulla produzione totale. Dal grafico 2-3 notiamo infatti come la produzione di veicoli medi sia assai bassa e come i picchi della produzione totale si trovino in corrispondenza dei picchi della produzione dei veicoli con meno di 22 posti. Uno di questi picchi, la produzione di oltre 11.000 veicoli nel 1995, è dovuto ad una forte esportazione in Cina di minibus in quell’anno.

Il mercato degli autobus specifici ha conosciuto in Italia, dalla fine del 1996, una forte espansione, soprattutto per quanto riguarda il segmento privato non finanziato.

La Orlandi, nel 1997, ha cavalcato l’onda di un grande successo commerciale ottenuto l’anno precedente riuscendo a passare nel segmento dei veicoli interurbani non finanziati da una quota di mercato del 24% del 1996 ad una del 31,6% nel 1997. L’anno successivo si è però verificato un problema derivante, appunto, dalla citata espansione del mercato privato non finanziato: avendo la Orlandi un certo tipo di produzione, un certo tipo di numeri, se il volume di produzione non può aumentare ed il mercato si espande, inevitabilmente la quota è destinata a calare. Tutto questo si è puntualmente verificato portando la quota di mercato di Iveco (su cui la produzione Orlandi incide in modo quasi esclusivo) dal 31,6% del 1997 al 23,8% del 1998 a fronte di un livello di immatricolazioni sostanzialmente immutato (156 nel 1998 contro le 149 dell’anno precedente)..

Per quanto riguarda le importazioni, è importante sottolineare un fenomeno assai frequente in Italia, soprattutto negli anni passati: nel nostro territorio vi sono alcune case produttrici straniere, come ad esempio la Neoplan oggi o la Setra diversi anni fa, che hanno in Italia solo una sede commerciale. Conseguenza di ciò è che tutto quello che tali case vendono nel nostro paese viene considerato importato. Un altro importante aspetto delle importazioni in Italia è dato dalla possibilità che le case straniere hanno avuto, negli ultimi anni, di partecipare a gare per appalti di fornitura ad enti statali italiani; in precedenza a tali gare erano ammesse solo le case produttrici italiane. Questa novità ha inevitabilmente portato ad una lievitazione delle importazioni nel nostro paese.

Concludendo, possiamo dire che la Orlandi si posiziona sul mercato italiano nella misura in cui Iveco si pone sul mercato privato e pubblico in Italia perché la Orlandi, da qualche anno a questa parte, è diventata il by-pass di tutte le consegne di un certo tipo di veicolo prodotto da Iveco. Quando quindi si studia un certo dato relativo alla Iveco ci si deve rifare alla Orlandi; una Orlandi che oggi propone una gamma di prodotti grandissima, che coinvolge tutte le immatricolazioni Iveco sul mercato dell’autobus interurbano sia di linea sia turistico.