Politica

Il giornale elettronico dei liberalcomunisti

 
N° 14 del 29/11/2000



 

Elenco degli articoli pubblicati in questo numero:

1)                    “SARTRE: COMPAGNO DI STRADA DEL PARTITO COMUNISTA” di Maddalena Celano

2)                    “IL SONDAGGIO SULLA RIFORMA DEI CICLI SCOLASTICI” – Speciale a cura di Massimo Cogliandro


3)               “POESIE” di Maddalena Celano



SARTRE: COMPAGNO DI STRADA DEL PARTITO COMUNISTA

 

di

 

Maddalena Celano

 

 

“Essere” e “nulla” erano già stati visti da Hegel come le due prime categorie della logica, dalla cui unione scaturiva poi il divenire come sintesi concreta dei due termini astratti. Per Sartre invece il rapporto tra essere e nulla è un rapporto di rinvio continuo e dialettico, che non trova mai una sintesi, la storia della coscienza è la storia di un perpetuo “annientare” la realtà, negarla, superarla: è questo l’“atto ontologico” della coscienza. La stessa conoscenza altro non è che una forma d’annullamento dell’essere. La conoscenza è, infatti, un rapporto tra soggetto ed oggetto; ma questo rapporto è valido nella misura in cui implica una differenza radicale tra soggetto ed oggetto. Quindi il soggetto è la negazione dell’oggetto, il per sé è la negazione dell’in sé. Io conosco questa sedia nella misura in cui, ovviamente non sono questa sedia. Il mondo è questo continuo riflettersi degli oggetti nei soggetti, senza che però, dietro ad essi, vi sia alcuna realtà, è un’illusione, dice Sartre, riprendendo da Nietzsche, che vi sia “un mondo dietro il mondo”. La negazione che la coscienza, il per sé opera nei confronti dell’in sé, è la radice prima della libertà. L’essere è costituito da una connessione necessaria di cause fisiche; la coscienza v’introduce la “libertà annullatrice”, che nega tale meccanicismo causale, agendo in modo diverso da tutti i fattori determinanti. La libertà costituisce così la realtà stessa dell’uomo; non è una qualità aggiunta, è la stessa storia dell’essere umano.Ora siamo arrivati alla definizione più propria dell’esistenzialismo: l’uomo non ha una natura, è essenzialmente coscienza, quindi progetto, libertà, scelta continua. Il suo essere dipenderà dalle sue scelte, ogni uomo sceglie la propria essenza, ma prima esiste come libertà, come pura e nuda possibilità di ogni possibilità che solo in seguito, assumendo una configurazione determinata in funzione della scelta operata, diventerà realtà, essere, essenza: l’esistenza precede l’essenza. Si è fin qui parlato del rapporto fra per sé ed in sé, intendendo con quest’ultimo termine gli oggetti in generale. Ma le altre persone, gli altri? Quando io mi trovo di fronte ad una determinata realtà, e sento apparire la presenza dell’altro, colgo immediatamente tale presenza come una limitazione radicale. Gli altri tendono a rendermi una cosa, esattamente come io tendo a fare lo stesso. Questo si può notare, del resto, in una splendida analisi fenomenologica di alcune pagine di “Essere e Nulla”, quella relativa allo “sguardo”, perciò io non mi sento più libero, mi sento osservato, mi sento anzi cosa in mezzo ad altre cose. Lo sguardo altrui mi pietrifica: posso cercare di dominare a mia volta gli altri, ma non riuscirò a liberarmene. Lo stesso amore non è altro che un impossibile tentare di considerare un'altra persona, ma anche come cosa mia. Infatti, conclude Sartre in “Porta Chiusa”: “L’ inferno sono gli altri”. Gli altri, quindi, sono un ostacolo alla mia libertà; ma anche la condizione oggettive dell’esistenza, i condizionamenti materiali e di ogni tipo, il mio stesso passato, costituiscono dei limiti alla mia libertà. Tuttavia per Sartre questi limiti non sono veramente tali: io posso sfruttarli, utilizzarli come mi pare, quindi non sono dei condizionamenti insuperabili. Ogni nostra scelta presuppone questa libertà assoluta: siamo condannati ad essere liberi! In questo sta anche tutto il dramma della vita umana, perché nessuno può scegliere al nostro posto, ognuno è responsabile delle proprie scelte. Questa gravissima dimensione della scelta, come si è già detto, è una tensione senza fine verso il futuro. Conseguentemente a ciò noi non potremmo comprendere nulla dell’uomo se non partendo dal concetto stesso di “libertà”. La quale non è che una conquista, lo sforzo concreto e reale di liberarci da una qualche forma di oppressione e dominio. C’ è oppressione quando una classe o un gruppo sociale si trova in una situazione materiale difficilmente sopportabile e non possono cambiarla a causa della libera volontà di altri. L’oppressione è soggettivamente sentita perché la situazione è riportata alla libertà dell’altro. Non è del fastidio che si soffre ma del fastidio voluto e mantenuto dall’altro. Ma cos’è che genera la violenza? E’ la speranza di fondare la propria vita “sugli” altri che si traduce in un conflitto latente che accompagna tutte le relazioni interpersonali. L’altro può dare un fondamento al proprio essere solo se è libero, solo se il suo modo di essere è diverso da quello delle cose; ma proprio perché è libero niente e nessuno lo obbligherà mai ad essere un mezzo all’interno del nostro progetto. La violenza, infatti, sorge sempre dalla sconfitta del desiderio che l’altro sia “liberamente” quello che noi vorremmo. La violenza racchiude quindi un certo modo d’intendere l’azione ed il rapporto che attraverso l’azione l’uomo instaura con il mondo. Di fronte allo scopo che il violento si è prefisso, l’universo e tutto ciò che esso contiene appare inessenziale, sacrificabile, giacché è l’ostacolo che lo separa dal suo scopo. Quest’ostacolo è precisamente ciò che deve essere rimosso affinché lo scopo possa essere raggiunto. Ecco perché l’azione tipica del violento è la distruzione. “Creare” significherebbe tener conto del mondo e degli altri per realizzare il proprio progetto, comporre le cose, adeguarsi alle loro leggi, mentre nella distruzione il violento realizza un rapporto univoco, oltre che istantaneo ed irripetibile. E Sartre sottolinea che si possiede meglio l’essere distruggendolo che non creandolo, anche perché, così facendo, lo si sottrae all’altro. Il violento è qualcuno che nega la condizione umana, ed in particolar modo il mondo degli uomini inteso come regno delle mediazioni, egli vuole tutto e subito. Per questo nega ogni forma di ragionevolezza (l’attesa, il dialogo, il compromesso). Ma distruggendo l’oggetto o rifiutando la situazione in cui si trova, il violento vuole soprattutto distruggere simbolicamente l’altro uomo, vuole sottrarsi allo sguardo di chi, dall’esterno, gli conferisca un’oggettività e gli assegna un posto preciso nel mondo, relativizzando la sua violenza in semplice rabbia o vana agitazione. Per questo il violento vuole essere volontà pura che non è intralciata da nessuna legislazione che non sia la sua. Ognuno è oppressore nella misura in cui è egli stesso oppresso, e chi opprime in nome di un sistema di valori ne è egli stesso schiavo e non fa che trasmettere ad altri l’oppressione originaria di cui ha fatto esperienza. La violenza con cui il ribelle intende liberarsi dal suo giogo, pur essendo una contro-violenza, è dunque destinata allo scacco.E’ naturale che qualsiasi forma di violenza genera, a sua volta, altra violenza. E’ proprio da qui che parte quello che è il circolo vizioso della rivolta.  Tra le due violenze c’è una differenza di carattere morale. Il ribelle in realtà si trova in una situazione dialettica, egli nega ciò che lo nega, egli vuole riconquistare la sua dignità, la sua umanità che gli è stata negata, a qualsiasi rischio ed a qualsiasi prezzo. Attraverso la negazione egli vuole giungere ad un’affermazione. Ogni comprensione della condizione umana deve dunque prendere le mosse dall’idea che quello che chiamiamo “Libertà” non è che, sul piano antropologico e sociale, altro che lo sforzo concreto di liberazione da una qualche forma di oppressione. La rivolta appare allora come l’operazione necessaria ed inevitabile cui deve prestarsi la libertà per liberarsi, per riconquistare la sua capacità di progettualità reale e non immaginaria. E’ da questa prospettiva, faticosamente guadagnata attraverso il travaglio dei “Quaderni” e nei primi anni cinquanta che il problema della violenza, e sopratutto quello della “violenza rivoluzionaria” e della sua valenza libertaria, sarà affrontato da Sartre negli anni sessanta.

 

 

 

 

 

MARXISMO ED ESISTENZIALSMO

 

 

Ma è possibile un incontro tra esistenzialismo e marxismo? La questione, posta nei suoi termini astratti, è forse difficilmente solubile; ma gli uomini non sono solo e soprattutto idee. Gli uomini partecipano delle situazioni storiche, sono immersi nella realtà, che interagisce in modo estremamente vivace con le coscienze. A distogliere Sartre dall’isolamento della “Nausea” ed a metterlo in rapporto fraterno con la resistenza francese, e quindi con il marxismo fu la guerra. Sartre fu richiamato in sanità all’inizio della guerra e nel 1940 fu fatto prigioniero dai tedeschi. Invitato dal cappellano a scrivere qualcosa per Natale, scrisse (e recitò), nonostante la sua professione di ateismo, il “Mistero della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo”. Viene liberato nel 1941 e ritorna a Parigi. Ma ormai è la guerra civile, la divisione degli animi. Ma il professore di filosofia sente adesso il bisogno di uscire allo scoperto, di assumere una responsabilità concreta nelle vicende del suo tempo, di “impegnarsi”, non solo nella sua produzione letteraria, ma anche nella sua persona. Combatte nella Resistenza, scopre la solidarietà umana, la compartecipazione ad un unico destino; si trova con uomini soli e nudi di fronte ai loro carnefici grassi, rasati, potenti. Eppure in questa sua solitudine c’ erano gli altri, tutti gli altri, essi difendevano tutti i compagni di Resistenza; una sola parola era sufficiente per provocare dieci, cento arresti. Non è forse questa totale responsabilità, nella totale solitudine, la rivelazione stessa della nostra libertà? In “Ribellarsi è Giusto” Sartre comincia così a spiegare il perché del suo impegno politico: “Credo che si debba cominciare nel trentasei. Allora non facevo politica………………….Ma quando l’ideologia si sgretola, restano una serie di credenze che danno al pensiero una valenza magica: ciò che ancora mi rimanevano erano i principi dell’individualismo; dalle folle che facevano il Fronte Popolare mi sentivo attratto, ma non capivo veramente di farne parte e che il mio posto era in mezzo ad esse: mi vedevo come un solitario…………………..Sono quindi rimasto inattivo fino al trentanove, limitandomi a scrivere, ma in totale simpatia con gli uomini della sinistra. La guerra mi ha aperto gli occhi……Quanto poi al piccolo atomo incontaminato che credevo di essere, se ne impadronirono potenti forze con gli alti senza chiedere il suo parere. La durata della guerra, e quella sopratutto della prigionia in Germania (da cui fuggii facendomi passare per civile) furono per me l’occasione di un tutto prolungato della folla, da cui credevo di essere uscito e da cui in realtà non mi ero mai allontanato. La vittoria dei nazisti mi aveva sconvolto ed aveva mandato all’aria tutte le mie idee che ancora si ispiravano al liberalismo”. Sulla scia dell’esperienza resistenziale Sartre fonda, nel 1945, la rivista “Tempi Moderni”, i cui il dialogo con il marxismo è ancora portato avanti in termini “terzaforzisti”, scegliendo cioè una via intermedia tra marxismo e capitalismo, quella cioè di un socialismo democratico ed antiautoritario. L’avvicinamento al marxismo prende l’avvio dal superamento del piano puramente individuale e soggettivo per ritrovare la dialettica della prassi, del concreto e scopre, in tal modo, l’oggettività. Ma questo viene operato attraverso un continuo tentativo di smascherare la mitologia del marxismo, scoprire i lati più deboli, demistificare gli aspetti più ideologici, pungolandola criticamente. E’ una lotta contro ogni falso apriorismo, contro ogni sia pur involontaria contraffazione, contro qualsiasi mistificazione che impedisca la piena realizzazione della personalità umana. Infatti nell’intervista condotta da Michel Contat in “Autoritratto a settant’anni” Sartre dichiara: “Penso che ci siano aspetti essenziali del marxismo tutt’ora validi: la lotta di classe, il plusvalore, etc……I sovietici si sono impossessati di quello che potremmo chiamare l’“elemento di potere” contenuto nel marxismo. Nella misura in cui lo si può considerare una filosofia integrabile al potere, penso che il marxismo abbia fornito prova di sé nella Russia Sovietica. Ritengo che oggi, come ho cercato un po’ di dire in “Ribellarsi è Giusto”, occorra un altro tipo di pensiero, un pensiero che tenga conto del marxismo per superarlo, per respingerlo e recuperarlo, assorbirlo in sé. E’ la condizione per giungere ad un socialismo autentico…….”. Come la critica alla società borghese era stata condotta sul filo della demistificazione, della “malafede”, così la critica al marxismo è condotta sul filo del disincantamento dei vecchi miti materialistici e deterministici. Ma la solidarietà con il proletariato in lotta contro il capitale, con le forze democratiche in lotta contro il nazismo, con gli oppressi ed i diseredati non poteva non condurre Sartre  a fare una scelta di sinistra, nonostante le diffidenze ideologiche. Scriveva nella “Critica della ragione dialettica”, 1960: “Fu la guerra ad infrangere i quadri invecchiati del nostro pensiero. La guerra, l’occupazione, la Resistenza, gli anni successivi. Volevo combattere a fianco della classe operaia, abbiamo finalmente compreso che il concreto è la storia e l’azione dialettica. Abbiamo abbandonato il realismo pluralista per averlo ritrovato nei fascisti e scoprivamo il mondo. La formazione di una sinistra non comunista era comunista era l’obiettivo dell’azione politica del filosofo francese nell’immediato dopoguerra. Sono gli anni del “Rassemblement dèmocratique et rèvolutionnaire”, un piccolo partito molto libertario che ebbe il pieno appoggio dal filosofo. Ma presto anche quest’esperienza sarà abbandonata da Sartre, che si rese conto della pratica inutilità di quella formazione. Il movimento tentava in realtà un’operazione intellettuale, quella della creazione di un partito fortemente critico nei confronti delle degenerazioni dello stalinismo ed insieme parallelo, sul piano degli spazi politici, al PCF. Ma l’operazione non poteva coinvolgere larghe masse, non si spingeva più in là delle adesioni di intellettuali ed uomini di cultura. Ma l’orientamento del nostro pensatore va sempre più accostandosi alla linea di pensiero marxiana, mentre, sul piano strettamente politico, comprende che non è possibile criticare Stalin senza in qualche modo finire nell’anticomunismo. Nel saggio “Materialismo e Rivoluzione”1946 ormai Sartre si professa marxista,sia pur eterodosso. Ciò che egli rifiuta è un tipo di materialismo che appesantisce e rende fatalistico e deterministico il comunismo. Le sue critiche sono rivolte non contro Marx (che egli ritiene invece il massimo pensatore moderno) quando contro i marxisti francesi, da lui accusati di aver travisato l’autentico messaggio marxista. L’ortodossia marxista, lo distrugge in una concezione deterministica della storia e dell’uomo. Se il vero marxismo è il marxismo dell’interazione fra teoria e prassi, è la prassi, non la materia il suo fondamento. L’assolutizzazione che il marxismo compie di alcuni stadi dialettici è considerato il vero peccato originale del pensiero marxista. I marxisti criticano subito la posizione sartriana, pur rilevando in modo positivo che Sartre si fosse schierato con loro. In realtà ciò che più interessa a Sartre è il concetto di rivoluzione, inteso come uno stato collettivo della coscienza che non accetta lo stato presente delle cose. In questo Sartre è pienamente coerente con i suoi presupposti, come è coerente allorché critica tutta quella che chiama “mitologia” marxista. Il materialismo è una fede necessaria che il proletariato deve utilizzare per svolgere il proprio ruolo di demistificazione dell’assetto borghese della società per fare la rivoluzione; ma esso non può in sé essere altro che un mito. L’ aspetto che invece il nostro filosofo valorizza al massimo è il passaggio dalla necessità alla libertà nella coscienza del proletariato, allorché l’operaio prende coscienza di essere “reificato”, ridotto a “cosa” da parte del capitalismo, e quindi si organizza in partito che ha come scopo ultimo il rovesciamento della prassi e l’instaurazione del socialismo, cioè la rivoluzione. Questo aspetto, rilevante soprattutto nel giovane Marx,  un’ affermazione della libertà contro la necessità. La libertà è quindi progetto per il futuro, per un futuro in cui tutti gli oppressi saranno liberati “inventando” una società diversa, senza nulla di assolutamente precostituito. Il materialismo, in quanto tale, può distruggere questa dinamica di libertà, creando una situazione in cui gli schiavi continuano a vedersi schiavi, sotto un altro profilo a quello della società precedente. In questo senso la prospettiva sartriana è più vicina a quella di Trotzky che vedeva, come è noto, la necessità di una “rivoluzione permanente”. Dichiara Sartre in “Autoritratto a settant’anni”:……….. quando scrivevo “La Nausea” ero anarchico senza saperlo: non mi rendevo conto che quel che scrivevo in quel libro poteva dar luogo ad un’ interpretazione anarchica; mi riusciva di scorgere soltanto il rapporto fra l’ idea metafisica di “nausea” e l’ idea metafisica di esistenza. Ho scoperto in seguito, attraverso la filosofia, l’essere anarchico che è in me. Ma non l’ho scoperto sotto questo termine, perché l’ anarchia oggi  non ha più nulla a che vedere con l’ anarchia del 1890……..Non ho mai accettato alcun potere su di me ed ho sempre pensato che debba essere realizzata l’ anarchia, vale a dire una società senza poteri”. Se è vero che il comunismo ha in sé germi pericolosi in senso autoritario, e perfino imperialista, è anche vero che il mondo occidentale non ha nulla di meglio da offrire, anzi offre qualcosa di estremamente peggiore. La critica allo stalinismo ed alla degenerazione dell’ ideologia comunista non può essere esterna al marxismo, deve collocarsi al suo interno. Il culto della personalità non fa parte per niente dell’ ideologia marxista e solo una rigorosa critica del marxismo al modo di edificazione del socialismo può costituire un valido contributo all’ umanesimo. Infatti ogni istituzione serve per bloccare il desiderio che la gente ha di realizzare qualcosa oggi, subito. Per cui interiorizza il desiderio di cambiamenti vi si sostituisce, è il cambiamento. E’ una sostituzione banale! Il partito riduce allora la rivoluzione a formule consacrate ed a cerimonie………Il partito come la Chiesa e le altre istituzioni, divenuto fine a se stesso, permette a coloro che vorrebbero trasformare la propria vita e non possono farlo dall’oggi al domani, di interiorizzare questa trasformazione attraverso l’ appartenenza al partito……..Bisogna considerare che fin dai primi anni, dopo la rivoluzione russa, c’ erano in URSS due poteri: l’ uno democratico e cioè i Soviet, l’altro centralizzato ed autoritario, il partito. E’ dal tempo di Lenin e non dal tempo di Stalin che il partito si è imposto sui Soviet, prima come organo di controllo poi, poco a poco, penetrando in essi. Fu il partito a far regnare la dittatura del proletariato: esso divenne istituzionale, e la dittatura del proletariato divenne anch’ essa un’ istituzione: fu la dittatura sul proletariato. La sartriana critica al marxismo si potrebbe tradurre con la definizione “sovrasaturazione di oggettività”. Infatti il concetto di realizzazione della filosofia in Marx è documentato dal seguente passo, criticamente rivolto agli ideologi tedeschi: “…..voi non potete eliminare la filosofia senza realizzarla”.[1] Il mito hegeliano della “coscienza spirito” è superato in Marx, ma la lotta di classe non è stata mai, secondo Sartre un fattore attivo. “Le masse servili appaiono”sempre in essa “come un elemento d’inerzia”. Marx, per Sartre, non ha visto nella sua compiutezza la “dialettica” tra strategie offensive e difensive, non ha approfondito le “posizioni di ripiego”, le tattiche e le manovre “della borghesia”. Si può affermare che, in queste pagine, accada al filosofo francese di analizzare con acutezza infinitamente maggiore i fenomeni di transfert della lotta di classe nei ceti dominanti che non l’ operatività di tali fenomeni nelle masse, di cui intravede appena la possibile strategia storica. Infatti il fine di queste riflessioni morali, pur inserite nella storia, è di cancellare l’ incoscienza dell’ oppressione nel dominante, nella speranza che “il carattere d’ oppressore che gli è venuto dal fuori”, trovi “in lui un eco”, che sia in grado di agire sulle trasformazioni sociali più rapidamente del progetto dell’ oppresso cui, come sappiamo, occorrono secoli per costruire un ordine, che abbia in se la propria misura. La connessione tra dialettica e filosofia dell’ esistenza conduce, in chiave positiva, ad un metodo che è insieme regressivo o analitico e progressivo o sintetico. Con questa formula si deve intendere come analitica una ricerca che, a partire dalle condizioni, tenda ad illuminare la genesi di un progetto di costituizione di oggetti, a cogliere le tensioni che deve suscitare, la varietà dei significati, cui può dar luogo e la possibile totalizzazione di questi; come sintetica va intesa la rappresentazione del progetto stesso in un unità entro cui strutture, anche eterogenee, scoprono l’ incognita che unifica, quale passaggio al limite, le totalizzazioni stesse. L’oggetto verrà allora compreso come un tutto che non fa violenza alle singolarità originarie, sicchè l’ operare umano, coi suoi condizionamenti, sia produttivo di ulteriori possibilità dialettiche, tutte derivanti dall’ intrecciarsi degli oggetti con nuovi progetti e tensioni. Di fronte al marxismo moderno, degenerato in oggettivismo, Il Capitale di Marx è visto come l’ opera in cui i due metodi si mantengono nella loro tensione. La dialettica esprime allora “la totalizzazione delle totalizzazioni concrete, operate da una molteplicità di singolarità totalizzanti” e presuppone un osservatore situato all’ interno del processo. Mentre la totalità di Hegel è costruita da una forza esterna, la totalizzazione di Sartre è invece movimento e il suo creatore fondamentale è, come in Marx, ‘ individuo agente. La dialettica sartriana è duale nel senso che al suo momento costituente si accompagna quello analitico della passività o del pratico-inerte (quale già era stato avvertito in “Quaderni per una morale”). Questa antidialettica era stata giustamente intesa da Marx come “alienazione”, ma Sartre analizza ulteriormente questa passività in quanto si adatta e si piega agli impulsi attivi, sicchè anch’ essa è umana, essendo l’inerzia una forma dell’ agire storico. La praxis inerte è la praxis nella dimensione della passività e, incontrandosi colla penuria, produce antagonismo, odio, fuga. Se la critica del dogmatico marxismo moderno è stata verificata dalla praxis, che ha confermato la degenerazione del progetto di socializzazione in praxis seriale o “pratico inerte”, l’analisi di Sartre trova conferma nel rapporto tra dialettica delle totalizzazioni  ed antidialettica del pratico-inerte, all’interno del mondo capitalistico e delle sue relazioni col terzo mondo. L’ autonomia degli impulsi e dei messaggi dei gruppi dominanti produce anche qui passività, sia attribuendo valore “magico”alle cose (il “feticismo”di Marx) sia moltiplicando le occasioni e le tentazioni di affidarsi all’ inerzia. Il rimedio ad una tale situazione sta nelle capacità di volere una prassi comune vissuta dagli individui sicchè la costituzione dei gruppi divenga un’ impresa attiva, pur condizionata dal bisogno di trascendere sofferenza e disagi. IL “gruppo” deve potere erodere la “serialità” (cioè i caratteri non liberi della socializzazione) ed eliminare l’ impotenza passiva degli oppressi. La stessa lotta tra le classi, che sono totalizzazioni radicali, è soggetta al pericolosi ricadere nella serialità, quando una di esse perda la coscienza dei suoi fini e divenga complice inconsapevole dell’ azione dell’ altra che la supera, la manipola, l’ aliena. Il regno dell’ uomo nell’ inerzia dei più è disumanizzazione. Ecco quanto dichiarò Sartre sul rapporto tra politica e “spiritualità” o, meglio, marxismo ed esistenzialismo in “Situations III”2: “Lo spirito profondo della scienza è materialista, ne sono convinto. Ma ecco qui che ci viene presentata come analitica e borghese. Di colpo, le posizioni sono invertite ed io vedo chiaramente due classi in lotta: l’ una, la borghesia è materialista, il suo metodo di pensiero è l’ analisi, la sua ideologia è la scienza. L’ altra, il proletariato, è idealista, il suo metodo di pensiero è la sintesi, la sua ideologia è la dialettica. E siccome c’ è lotta fra le classi, ci deve essere incompatibilità tra le ideologie. Ma niente affatto. sembra che la dialettica coroni la scienza e sfrutti i suoi risultati; sembra che la borghesia, servendosi dell’ analisi ed in seguito riducendo il superiore all’ inferiore, è idealista, mentre il proletario, che pensa per sintesi ed è condotto dall’ ideale rivoluzionario, anche qualora affermi l’irriducibilità di una sintesi ai suoi elementi, è materialista………………….Come trovare spazio in questa esteriorità per quel movimento di interiorizzazione assoluta che è la dialettica? Non si vede che, secondo l’ idea stessa di sintesi, la vita sarebbe irriducibile alla materia e la coscienza irriducibile alla vita? Tra la scienza moderna oggetto dell’ amore e della fede materialista e la dialettica di cui i materialisti pretendono di fare il loro strumento ed il loro metodo, c’è lo stesso sfasamento che non constatiamo sempre il loro positivismo e la loro metafisica: l’ una rovina l’ altro…………………………Se al contrario la dialettica rappresenta la maniera di sviluppo del mondo materiale, se la coscienza, lungi dall’ identificare tutta intera con la dialettica, non è che un “riflesso dell’ essere”, un prodotto parziale, un momento del progresso sintetico, se, invece di assistere alla propria generazione dall’ interno, essa è invasa dall’ esterno da dei sentimenti e da delle ideologie che hanno le loro radici fuori di essa e che essa subisce senza produrli, essa non è che un anello della catena di cui l’ inizio e la fine sono fortemente lontani; e che può dire essa di certo sulla catena, a meno di essere la catena tutta intera? La dialettica depone in sé alcuni effetti e segue il suo movimento; considerando questi effetti; la riflessione può giudicare che essi testimoniano l’ esistenza formale di un modo sintetico di progressione. O meglio ancora essa può formare delle congetture sulla considerazione dei fenomeni esterni: in ogni modo bisognerà che si contenti di guardare la dialettica come un’ ipotesi di lavoro, come un metodo che bisogna cercare e che si giustificherà mediante la sua riuscita. ……….” E sempre Sartre aggiunge nell’ intervista intitolata “I comunisti hanno paura della rivoluzione”3: “Penso che il partito comunista ha avuto, in questa crisi, un atteggiamento che non era in alcun modo rivoluzionario e che, d’ altronde, non era neppure riformista. Il PC e la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si sono prodigati, all’ inizio, per ridurre le rivendicazioni della classe operaia a semplici richieste di aumenti, certamente legittime, e fergli abbandonare le rivendicazioni relative ai cambiamenti di struttura……….Il PC si è trovato in una situazione di complicità obbiettiva con DeGaulle: si scambiavano un mutuo servizio invocando, tutti e due, le elezioni. De Gaulle, certo, indicava il PC come il nemico numero uno, accusandolo, pur sapendo che era falso, di essere all’ origine dei disordini di maggio. Ma era anche un modo per ridare ai comunisti una specie di prestigio. E DE Gaulle aveva tutto l’ interesse a presentarli come i principali istigatori della rivolta4poichè si comportavano come avversari “leali” ,decisi a rispettare le regole del giuco, dunque come avversari poco pericolosi”. Queste poche frasi di una bruciante intervista è uno dei documenti più importanti della svolta estremistica, se così la vogliamo chiamare, di Sartre. Ma di qui parte anche il suo dramma; ribelle al partito comunista, è ben presto di nuovo attaccato da questo, senza tuttavia essere compreso dagli studenti, che non sopportavano un maestro di dubbia fede marxista. Questo è stato il dramma di molti intellettuali europei, la cui volontà di stare a sinistra è stata continuamente criticata come ipocrisia e “falsa coscienza” dai comunisti di matrice stalinista (che io oserei definirli “fascisti rossi”) oppure dai marxisti “puristi” ed ortodossi. Ma Sartre non si è mai troppo preoccupato di essere accettato; caso mai si preoccupava del contrario, ai tempi della sua massima celebrità.Un organo della sinistra extraparlamentare, La Cause du Peuple, attacca violentemente il governo, ed i suoi direttori vengono sistematicamente arrestati; Sartre, con tutto il peso della sua personalità, assume la direzione del giornale. Sartre ha anche assunto la direzione di un altro giornale che fu portatore degli ideali più radicali della sinistra, La Libèration. Questo gesto è stato l’ ultima grande iniziativa del filosofo francese.        

 

 

DISCORSO SULL’ ALGERIA

 

Questa figura alquanto sfuggente di intellettuale vicino al marxismo senza essere marxista, rivoluzionario ma pur sempre legato ad un pensiero innegabilmente individualista, vivacemente polemico contro la scolastica marxista eppure assai concorde con la tematica del “Marx autentico” contro le contraffazioni della “scolastica marxista”, viene precisandosi assai efficacemente con quella crisi della portata vastissima prodotta nella coscienza francese dalla guerra d’ Algeria. Il discorso di Sartre sul problema dell’ Algeria e delle sue ripercussioni in Francia va ben al di là del problema specifico, implicando necessariamente tutto il problema del colonialismo, della sua liquidazione e del ruolo dell’Occidente in questa fase storica. La posizione assunta dalla sinistra sul problema del colonialismo, la cui fine non coincide sempre con gli interessi della classe operaia europea, dà effettivamente la misura dell’ autenticità della posizione rivoluzionaria: non vi possono essere due pesi e due misure, è necessario stare sempre dalla parte degli oppressi, e tutto l’ Occidente è responsabile nel suo complesso, della politica imperialistica. La violenza fascista che si sviluppa fra le classi meno abbienti dei bianchi d’ Algeria è la riprova che non basta l’ appartenenza al proletariato per essere veramente dalla parte giusta. Il fatto inoltre che la Francia è riuscita a uscire dalla sua crisi tramite l’ ascesa di De Gaulle al potere scopre un’ altra verità drammatica: la liberazione dell’ Algeria è stata ottenuta al prezzo della perdita della libertà da parte della Francia. Di qui l’ idea di una radicale decadenza di tutto l’ Occidente, dell’Europa, della sua cultura e della sua civiltà, di fronte ai popoli nuovi che si affacciano alla ribalta della storia. L’ autocritica che il filosofo conduce nei confronti della sua cultura d’ origine non potrebbe essere più sincera e spietata: dentro ognuno di noi abita un colonizzatore, l’ imperialismo è qualcosa che inficia non solo coloro che, come i “paras” e le organizzazioni dell’ estrema destra francese, oppongono la violenza alla violenza;è qualcosa che vive e prospera ogni volta che, sia pur inconsapevolmente, guardiamo alla storia con occhio eurocentrico, senza considerare la gravità delle nostre responsabilità nello sfruttamento e nella violazione dei diritti dell’ uomo perpetuata in secoli di colonialismo. Lo sfruttato, il colonizzato ritrova la propria coscienza nel momento in cui usa la violenza nei confronti del colonizzatore. E’ qui che riemerge quella “trasparenza della coscienza” che è tipica di tutte le filosofie sartiane; nella rivoluzione, nella speranza di un futuro migliore e finalmente libero da ogni ipoteca coloniale si afferma quella trascendenza della libertà che costituiva il nucleo essenziale de “L’ Essere ed il Nulla”. Due personalità Sartre considera centrali nel suo studio sul colonialismo, quella di Franz Fanon, autore de “I Dannati della Terra”, e Patrice Lumumba, il leader congolese che si era posto a capo del movimento di liberazione non solo nel suo paese, ma in generale, in tutto il continente nero. La grande scoperta di Fanon è che la violenza esercitata dal bianco sul colonizzato non significa affatto superiorità del primo sul secondo, bensì il contrario. Tale violenza scopre in modo chiaro quanta violenza alberghi ancora nel bianco, quanto egli sia malato, quanto sia impotente di fronte al mondo che egli vuole dominare; più profondamente, quando lo stesso Occidente sia in crisi, sia sull’ orlo di quelle barbarie che ha sempre voluto sconfiggere, pretendendo di farsi portatore di un messaggio di civiltà e cultura. La scoperta che ormai l’Europa ha perso il suo ruolo di dirigenza civile sul mondo, almeno sul piano morale, anche se continua ad esercitarla brutalmente sul piano materiale, guida tutte le riflessioni sartiane, che si allargano dall’ Algeria a tutte le zone del mondo colpite dalla violenza bianca: Angola , Indocina, Congo, America Latina, etc. Chi sta dalla parte dell’ uomo deve ormai lottare dalla parte contraria di quella in cui stanno molti connazionali, spesso addirittura i suoi stessi compagni di partito. L’ umanesimo europeo fa acqua da tutte le parti, perché non si rende conto che per valere veramente in modo universale deve rompere i suoi schemi nazionali, le sue tradizioni culturali, la sua stessa visione del mondo. In questa crisi dell’ Europa è tutto il mondo ad entrare in crisi, lo stesso mondo coloniale che deve considerare come non più validi i modelli culturali europei del passato. E’ evidente che questa posizione era suscettibile di attirarsi tutte le critiche di coloro che credono che una tale posizione costituisca una grave debolezza da parte di una cultura, la quale appunto sarebbe in decadenza perché si autodistrugge. Al suo estremo limite questa posizione genera violenza e fascismo, nella indiscriminata contrapposizione di tutti i valori “occidentali” ad altre culture e civiltà. In effetti, invece, ci pare estremamente positivo che l’ uomo occidentale comprenda la sua funzione di oppressore e la condizione di oppresso dall’ altra parte. Questo grande disegno di giustizia non esclude la dignità con cui può essere condotta la liquidazione di ogni forma di colonialismo, che si esprime soprattutto nell’ offrire all’ ex mondo coloniale quando può essere ad esso utile e valido nella nostra civiltà. E’ un patrimonio che non deve essere sprecato, ma deve essere posto come bene comune di tutta l’ umanità. Questa è in fondo la proposta sartriana, che certo non esclude che l’ Europa possa, senza mettersi in cattedra, svolge un ruolo proficuo per lo sviluppo del Terzo Mondo, evitando d’ altronde anche di distruggersi.

 

 

LUMUMBA E LA FEDE NELL’ IMPEGNO

 

 

Su Lumumba  il filosofo francese scrisse un saggio che richiama l’ attenzione dell’ opinione pubblica, spesso poco tenera nei confronti del grande rivoluzionario congolese (per ovvi motivi), sul ruolo eccezionale da lui svolto nello sviluppo della coscienza non solo africana ma anche mondiale, sul problema del colonialismo. Lumumba non è solo il leader  del Congo: la sua morte non costituisce solo la perdita di un grande uomo. Lumumba diventa in realtà il simbolo dell’ intera Africa, uccisa con lui dalla mano di un sicario mandato dagli europei, ma rinata sotto la spinta dei popoli che si riconoscono nella sua ideologia, nella sua lotta, nella sua dedizione alla liberazione. La morte del capo congolese deve provocare una profonda crisi di coscienza in tutto l’ occidente; quella crisi, appunto, di cui si parlava prima. Così il filosofo francese, scettico, disperato, disincantato e pessimistico osservatore della realtà, dell’ essere e della coscienza trova in qualche modo una fede, la fede nell’ impegno. Certo sull’ acquisizione di questa fede hanno inciso gli eventi, la Resistenza, i fatti d’ Algeria. E’ la crisi dell’ intellettuale borghese, ribelle ma insieme figlio della sua classe. Questa condizione d’ ambivalenza verso la borghesia attraversa, come una spada, tutta l’ evoluzione politico-culturale di Sartre, che ha lottato sempre contro questo fantasma, oltre che contro il fantasma i Stalin. Ma tutti i grandi ideologi rivoluzionari sono figli della borghesia, ed è per questo che l’ accusa a Sartre ha ben poco fondamento. La questione verrà completamente reimpostata da “La Critica della Ragione Dialettica”, il più grande tentativo di operare una sintesi fra gli elementi validi del pensiero esistenzialistico ed, in generale, libertario-indiidualistico con le più profonde e valide elaborazioni del marxismo.

 

 


 

IL SONDAGGIO SULLA RIFORMA DEI CICLI SCOLASTICI

 

Speciale a cura di

 

Massimo Cogliandro

 

Riporto qui di seguito i risultati di un sondaggio proposto dal sottoscritto (nick: maximusmagnus) e tenutosi recentemente su http://www.parlamentonline.com sul problema della riforma della scuola.

Il sondaggio sottolinea il carattere vessatorio delle riforme della scuola e dell’università, che tendono ad allungare all’infinito il processo “formativo” necessario per poter entrare nel mondo del lavoro con la logica conseguenza, che gli studenti tendono a lasciare la famiglia di origine sempre più tardi innescando così un pericoloso processo disgregatore nei confronti di una struttura sociale già così instabile come quella italiana.

La borghesia politica pensa che tenendo gli studenti a vita sui banchi scolastici e/o universitari riuscirà ad eludere più facilmente i problemi legati alla disoccupazione. In realtà, questa riforma della scuola e dell’università non risolve nessuno di questi problemi, ma si limita a rinviarne di qualche anno le inevitabili conseguenze sociali.

 

Sondaggio n. 353

 

Risultati totali del sondaggio

Il sondaggio è stato chiuso in data:
20/11/2000 20:00

La domanda era:

Siete favorevoli al fatto che la riforma della scuola e dell'università stanno abolendo i diplomi tecnici e professionali rilasciati dalle scuole medie superiori per sostituirli con lauree di primo livello triennali?

D'ora in avanti per diventare geometra o ragioniere o per fare qualsiasi tipo di professione ci vorrà la laurea con il conseguente allungamento all'infinito della permanenza dei giovani all'università a carico delle proprie famiglie.

 


Voti totali 57

 

42.1%
(24)

 

 

No

57.9%
(33)

 

 

 

 

 

 

Il commento di un professore di un istituto tecnico:

 

Bel guadagno per gli attuali studenti degli istituti tecnici.La riforma prevede i saperi essenziali(?) eufemismo per indicare l'abbattimento dei contenuti della scuola superiore.Infatti chi sta nella scuola,in questi ultimi 2 anni, sa che c'è l'ossessione delle valutazioni.Tentativo rozzo e violento di intimidire i docenti affinchè facciano finta di insegnare.L'importante è che diano la sufficienza o comunque non boccino,indipendentemente dal livello di preparazione di solito miserevole. Senza dirlo esplicitamente la scuola superiore sta diventando e diventerà sempre di più scuola media inferiore. Il valore del loro diploma (studenti tecnici) sarà nullo e dovrànno pagarsi gli alti costi dell'università per avere la specializzazione che attualmente dà l'istruzione tecnica e professionale,ma che in futuro non darà più. Un bel regalo per gli atenei non c'è che dire. Un po' meno per le famiglie,specie quelle meno abbienti. E' un bel regalo anche per l'istruzione professionale regionale,per le aziende e per le scuole private,che non mancheranno di dare buoni e rigorosi livelli di preparazione a chi potrà pagare

 

 


 


POESIE

 

di

 

Maddalena Celano

 

 

 

LE DONNE QUANDO RESTANO SOLE

 

 

Colori d’ombra

rivestono un

viso amaro

da occhi di

fuoco che si

sciupano di porta

in porta accompagnati

da placide

onde che viaggiano

verso una dimora

esiliata.

Difendiamo con

i nostri manti

gli amori

vaganti affinché non

precipitino in

bassi fondi

di tenebrose

delusioni,

innalziamo alla

luna il faro

delle nostre passioni

con le palpebre

stellate ed i visi

orgogliosi e

mani e braccia

cosparsi di

aromatici oli.

Madre terra,

luna fulgente,

raccogliete nei

vostri grembi

i cuori straziati,

i cristalli agonizzanti,

i vulcanici aneliti

di sogni e passioni…

stringendoci

appassionatamente

conserviamo e

temperiamo le ire,

dolore e lagrime

per riempire

i baratri desolati:

il fulgore notturno

della luna ci ricorderà

la luce deceduta

di ogni stella

cadente e l’amaro

di tante inutili

e vacue giornate

tra sere spumeggianti

e tempestose.

                                                                                                                                                       Maddalena Celano; 1999      

 

                                                                

 

                                                                            

FOCOLAIO

 

 

Retrivi pensieri

si lacerano ed

infrangono…

Il dolore scaturito

dal torpore e

dall’inerzia

ha posto dinanzi

a loro roventi

ferri corti.

 

Giovani pensieri

neonati

e turbinosi

accendono

in petto

violenti e

dolci contrasti,

scissioni,

lacerazioni....

Tornano a

riaccendere il

rovente colore e

calore di  lotta

ed infiammato conflitto.

Un odio profondo

e sottile

viene partorito

da vitali amori

per scacciar

via putredini,

cristallizzazioni

e fertilizzare

e vivificare

ogni nuova vita.

 

Nuovi spiriti

sovversivi

simili a bora

tra violenti fruscii

spazzeranno via

ogni decomposizione

reazionaria. 

 

                                                

Maddalena Celano, 1999

 

 

 

 

TETE

 
 
 

Un azzurro crudele

nato dai bagliori

di un’alba tropicale

illumina la foresta

dapprima grigia

come piombo.

Ombre umane

si stagliano

veloci tra una

feroce vegetazione

e scompaiono tra il

fulgore rosso di

un enorme fiume.

Le agavi e le ginestre

che scalpitavano

d’ansia e colori

scoprono dapprima

due occhi guerrieri,

scuri, intensi

ed espressivi.

Ma, la vegetazione,

in seguito, spostandosi

più in là, scopre tutto il

volto coperto da una

barba lunga e scomposta

su forti mascelle virili.

Un’espressione mobile,

inquieta ed amichevole

illumina nuovamente

quegli occhi accesi

da un lampo della

poesia universale del

dramma umano.

Forse c’è un presagio

nel suo cuore o in

quell’aria che dardeggia

soltanto di crudeltà

ed angoscia, un grido

di profondo e lacerante

dolore per una

fine vicina, tragica

conseguenza di un’

avventura umana che

elargisce soltanto

filantropia e morte.

“Tu ti domandi perché

mi batto come un disperato.

Tutti vogliono saperlo......

Purtroppo Libertà e

Necessità di vivere

umanamente non

sono state coniate

su queste montagne”.

Ed, improvvisamente,

l’ascetico Messia Capovolto

scompare nella nera foresta

alla ricerca di un eterno

ideale sociale, di una

meta lontana, inafferrabile.

Una voce terribile

e straziante di inesprimibile

dolore, la voce di secoli di

dolore, l’atavico terrore

della debolezza legata,

oppressa, schiacciata,

dell’indifeso sotto la

lama del pugnale,

ridestò il suo cuore

gentile e passionale,

il suo animo di paladino:

“Ecco, sono al  servizio

della crociata più

inebriante di tutte......

La radice della pietà

ha soggiogato il

mio cuore..... eccovi

l’eroe della morte,

comunicante con cori

 di anime abbandonate

ed avvinte da ciechi

e crudeli destini di

degrado e miserie”.

Ed infine....., scosso da

 

 

 

una profonda forza

ideale alimentata da

un amore violento va

tranquillamente incontro

al suo martirio.

“Ma non ho paura.

Il mondo sarà il mio

campo di battaglia.

Io sono l’erbaccia

nel giardino del nobile,

il ratto di cantina

del borghese, il fastidioso

mendicante del

ricco Epulone,

l’estraneo, la voce

ribelle e contrastante

da far tacere, la velenosa

spina nel fianco.......”

dissero repentinamente

le sue pupille guizzanti

e dilatate dalla luce

alla penombra e fissarono

l’intero cosmo

scintillanti di un

amore superbo.

 

 

 

 

Maddalena Celano; 1997

 

 

 

 

SINGHIOZZI BISBIGLIATI

 

 

Tornano transitando

i giorni e le notti

dietro il titubante magone

di un petto affannato

sul dorso della solitudine

o dietro le parole di

anime perse.

E tutto finisce

per smorzarsi

in quella ondata di lacrime

bollenti alleggerite

da un tenue buio;

buio accovacciato sull’orlo

di un viscido cielo

simile ad un baratro.

 

 

Maddalena Celano, 1997

 
 

 

TENUE NEBBIA

 

 

 

Una sbiadita immagine,

il fruscio di una pagina,

un animo perso ed

errante tace,

ma non smette

di ascoltare.

I pensieri, i desideri

si perdono nelle parole

e smarriscono il

loro vuoto

in tenui vapori,

nelle immagini

sbiadite e malinconiche

di una sottile nebbia.

 

Maddalena Celano, 1997

 

 

                                                    

 

BLANDE MEMORIE

 

 

Un animo

oppresso

dalla malinconia

di un pallido orizzonte,

desta il proprio cuore

con leggere rimembranze.

Ma, sconfitto,

da un  acre fato

rientra in se stesso,

porgendo ai propri occhi

soltanto

blande

memorie.

 

Maddalena Celano, 1997                                                                     

 

 

                           

INELUTTABILE NOSTALGIA

 

 

Un orizzonte

pervaso

da rosee foschie

rapisce l’animo;

esco da me stessa….

Lo spirito si dissolve,

il vuoto si espande,

il cuore riposa.

Il petto pervaso

da una tenue mestizia

trasforma gli occhi

in un fisso,

inespresso,

grigio velo.

 

 

Maddalena Celano, 1997

 

 

 

                                                      VENTO SOTTILE

 

 

 

Ecco

la vista di

un’immensa

 palude argentea

 accarezzare gli occhi lacrimanti

 di una giovane donna.

 Un vento sottile

 accarezza la sua sete

 ma, sola, raccoglie

 con un dito l’ultima

 lacrima, strappandola via

 dal vento.

 Unica vera

 certezza

 di un cuore

 soffuso da una

 dolce mestizia.

 

 

Maddalena Celano, 1997

 

 

 

CRISTALLO TAGLIENTE

 

 

 

Battiti cardiaci

s’appesantiscono….

Un nuovo ritmo

lento, cupo

e monotono

s’impossessa di loro….

imponendo nuove

e dolenti sferzate.

Un grumo alla gola

dà sfogo

alle gelide

vibrazioni partorite

da cupe e silenziose

angosce.

Mi ritrovo

vittima sacrificale

di un nuovo

“eterno ritorno”

che mi annienterà

nuovamente con

ineluttabilità

ciclica.

Ed ecco

Rifiorire tra le

mie pupille

le lame gelide

e taglienti di un

argenteo e glaciale

cristallo pronto

a squarciare le mie

carni.

 

 

Maddalena Celano, 1999

 

 

                                          

                                                  RIEMPIRSI DI TE……

 

 

È ritrovata.

Cosa? L’eternità!

Quello che tu sei:

luna di cristallo,

il lento autunno,

il fuoco arido e

bollente dell’estate,

i giochi

quotidiani con la

luce dell’universo.

A nessuno hai

più assomigliato

da quando ti

ho conosciuto.

Tu sei sempre

qui…

Ah, tu non fuggi

mai nei miei pensieri….

Sento che ci sei

nell’aria, nella città,

nel vento.

Quando il temporale

solleva in turbine

foglie rossastre

e secche

e tu sei qui….

Sento il tepore

delle tue dolci mani

sul collo e

sulle orecchie

e sulle braccia.

Niente e nessuno

al mondo estinguerà

il fulgore e le

scintille della mia

anima quando ti amo,

quando la mia vita

gocciola sulla tua,

quando la tua dolcezza

versa tenerezza

su di me.

 

 

Maddalena Celano, 1999

                                

 

 

ALI DI CERA

 

 

 

La scritta

“fragile” di

un enorme

specchio si

infrange in

tanti piccoli

frammenti taglienti.

Il mio animo

mi sfida:

volendosi perdere

in un oceano di

libertà riflette

in me la mia

immagine navigante

in nuovi orizzonti.

Mi costruisco

ali di cera

per navigare

in eteree nubi:

sfido ogni paura,

ogni terrore.

È difficile

peggio di forti

e sottili raggi

di sole che

squarciano

pupille oculari.

Richiamerò la

mia rondine che

mi incoraggerà

ad attraversare

nuovi cieli.

È giusto così!

“ Dai, è giusto

lasciarsi vivere”,

mi sussurra,

“per innaffiare

questo mondo arido

e riempire di

libertà questo

immenso vuoto:

non prendiamo

le colpe che

noi non abbiamo

ma che potremmo

avere”.

 

 

 Maddalena Celano, 1999

 

 

 

NOTTE E FUOCO

 

 

Giovani narici

si consumano tra

l’odore acre

di fuoco e fanghiglia,

l’anima si

risveglia di 

soprassalto, la passione

continua a consumarsi

nel fuoco, a poco

a poco il

dolore ed il

vuoto ritorna

per irrigidire

lo stomaco ed

il petto.

Mi faccio

colpire come                            

io non ho mai

fatto. Mi lascio

catturare tra

le infinite insicurezze….

Devo riuscire

dal buio e

dalla notte,

ritrovare

in me sempre

più stima….

Barcollandomi

tra lucide

follie di

pazzi desideri

nuovi e vecchi,

scaricare nelle

mie carni un

caricatore di

proiettili, riempirmi

di lividi viola,

abbandonarmi tra

il fiume del mio sangue e

le passioni più sfrenate,

ritrovare anche

nuove occasioni,

ritrovare in me

sempre più stima,

rimettermi

di nuovo alla prova,

mentirmi un’altra

volta almeno,

rimescolarmi

di nuovo tra

baci e carezze,

ritornare tra

le braccia

della corrente

e del disordine.

 

 

Maddalena Celano, 1999

 

 

 

 

 

                                                      CONSUNZIONE

  

 

     

Perché bramo Dio?

Lontana dalla memoria

ed offuscata dalla malinconia,

avviluppata tra mortali fibre

volte al travaglio.

“ Anche il cielo stellato

finirà”.

Soffocati dalla materia,

come tutti i corpi

avvinti dai

propri destini.

 

 

Maddalena Celano, 1998

 

 

 

 

                

                                                         MENTE DISANIMATA

 

 

 

Mente disanimata,

macigno su un cuore

che ebbe volontà per mille.

Fonte d’ansia ispirata

pesi soffocandomi,

mi leghi delusa

a nuove pene,

mi attacchi a nuovi sogni.

Perché mi corrompi creando?

Ed ancora, ormai consunta,

mi tempesti con numerose solitudini.

Mi hai discacciata dalla vita

folle ed usurata.

Ma io lo so,

lo so,

la tua non è vera luce!

 

 

Maddalena Celano, 1998

 

 

 

EMARGINAZIONE

 

 

Avventuriera dell’oblio.

Condottiera di un evanescente

baratro interiore:

la trasgressione.

Succede spesso,

l’unica importanza

sembra essere quella

di dividere.

Ma ciò che sembra un uomo

morto che cammina

è un essere in realtà guidato

da forte determinazione.

I suoi sogni, desideri,

passioni sembrano

materializzarsi nella

trasgressione: coraggio

fornitogli da una

scelta oculata:

saldare i margini

di ciò che sembra

essere l’era

di una fosca

confusione.

 

 

Maddalena Celano, 1999

 

 

 

LA CASA

 

 

Un’aria limpida e leggera

rischiara la casa

verso l’orizzonte

di una luce tenue

ed effervescente.

Apre nuovi

confini e ricordi

e ricerca

le radici della

mia anima

tra nuovi tempi

e nuove vite

che rinascono

e vecchi tempi

e vecchie vite

che fuggono via

da me.

Ricerco risposte,

anche risposte

date ma non

capite.

È inutile cercare le

parole! La materia

antica non

emette suoni,

soltanto legami

saldi e profondi:

parole troppo

grandi per un uomo!

Non ne comprendo

più il significato….

E l’animo è

rapito dal solito

silenzio senza fine! 

 

 

Maddalena Celano, 1999

 

 

 

 

CREDI DI POLVERE

 

 

Mi adagio

tra le rapide

di un istinto

che è boia

di sé. Le elemosine

vengono sempre

offerte per

un credo

di polvere,

che viene respirato

nel deserto

dei labirinti

della mente.

Rincorriamo

stupide logiche

di un secolo

inconsapevole

di sé.

 Distruggiamo

l’ombra

dell’inesistente e

ritroviamo

invece le

nostre ombre

ignorate e

dimenticate.

 

 

Maddalena Celano, 1999

 

 

 

UN SOGNO RICORRENTE

 

 

 

Cerco di salvare

la mia vita attraverso

una logorata

pazienza, un

cieco dolore

di resistenza

verso le luci

abbaglianti dell’impero.

Piramidi sociali

di sterco sovrastate

dall’onore, compratori

di patrie e terreni,

benedizioni e biglietti

di iperuranici

paradisi, troni

spodestati di

vecchi cesari…..

Burattini di morte

invadono i nostri

animi con cenere

grigiastra e divorante.

 

 

Maddalena Celano, 2000

 

 

                                   

                                                          AMERIKA

 

 

Geografia di

Case erranti,

infinite distese

di infiniti giorni

plasmati di

sangue, guerre,

lotte, utopie,

ideologie ed

infiammati, passionali

ideali, solitudini,

grano ed acciaio

qui sbocciati.

Figli di officine,

schiavi di

grigiastre fabbriche,

nere e cupe

miniere, odorosi di fumo

di sigari, profumati di

zuccherose regioni,

avete confuso

milioni di vetri,

piombi ed ossa,

avete mescolato

a tanto sangue

la patria, la nazione,

i nazionalismi, la nazione,

i nazionalismi,

i patriottismi,

la voce alta

dei conquistatori,

le voci basse e

profonde dei

liberatori,

la pace, la libertà e

gli amori,

le sofferenze,

gli incendi….

Insieme cantate

ciò che sorge

da care pene o

che sgorga dai

grandi silenzi,

dalle superbe

vittorie.

Seattle, si leva

tra manganelli

e soffocanti

fumogeni la tua

voce d’acciaio,

partorendo

neonate speranze,

rigenerando

nuovi fremiti

che proseguono

dinanzi insegnando,

cantando e

costruendo.

Seattle, dal caos

 risorgi

come un’orchestra

di pietre ed acciaio

innalzando nuove

impalcature di

giovani coscienze

rigenerate.

In palazzi lussuosi

di vetro e di

gran signori

si prepara la tomba

a deboli regioni,

si coprono resistenza

e martirio, ma

Seattle scopre

ogni millimetro

di morte,

denuncia ogni

nero petalo

di questa vergognosa

gloria affinché

la libertà agonizzante

riabbia vita.

 

 

Maddalena Celano, 2000

 

 

 

 

SARÒ CON TE

 

 

 

Sanguina nelle ferite

di tanti sospiri

un’anima in burrasca

vigile nei fragori,

pazza di un piacevole

fuoco umano che

scorre con dolcezza

e forza nel mio cuore,

lo inibisce e lo esalta,

che conserva il tempo

della speranza e

il candido profumo

di rose rosse,

che accarezza in

superficie la mia

epidermide.

Sarò con te

sulla stessa strada

dietro l’identico

crepuscolo

ad attendere

l’identica alba

nelle medesima

trincea.

 

 

Maddalena Celano, 2000

 

 

 

                                                                 METROPOLIS

 

 

Fuliggine

d’acciaio

gonfia di nuovi fuochi d’amare

speranze si china

su di me,

scruta  la

mia fronte

e vede violenti

e roventi

arcobaleni di

un metropolitano

visibilio.

Attraversa

questa porta,

compagno

ansioso ed

infiammato!

 

Maddalena Celano, 2000 

 

 

Spicchio di luna

 

Spicchio di luna

simile ad una

snella, ferrea

e flessuosa spada

infierisci contro

il vento, contro

torbide memorie

cancellate dalle

deboli penombre

delle nostre esistenze…..

Spicchio di luna,

alla deriva ti

spogli tra raggi

trasparenti e ti

sommergi nella

fluidità di una

violacea tempesta

per dissolvere tutto:

hai già frustato

le malinconie fluttuanti.

Il tempo riempie

il cesto della mia

vita di polvere ma

tu, sollevandola

in vortice, ci riponi

oscure fragranze!

 

 

Maddalena Celano,2000.

 

 

 

Quelli che ben pensano 

 

Rigenerate

un’esistenza

condotta in una

pallida insonnia

che pone perpetui

imperativi supportati

dall’ obbligo

di continue

oscure vittorie.

Vittorie protette

da deboli penombre

condotte e

vissute in

mobili labirinti.

Nessuna tregua

è data agli

ultimi!

a causa di

un irreale e

fantasioso gene

sono destinati

a servire e

riverire primi

irraggiungibili……..

Scappate, anche

se circondati

da marmo e

cristallini palazzi!

Fuggite dalla

vostra eterna

notte con i

vostri eterni

silenzi, con il

vostro fluido e

mellifluo

 buonismo,

con i vostri

occhi voraci……

amanti del torbido.

 

 

 

Maddalena Celano,2000.

 

 

 

Lacuna

 

Ascolto le grigiastre

tenebre di nebbia e

fumo avvolgere

nelle sue spirali

la vuota città…..

 

Lacuna 2

 

Il tempo scivola

su di me e

lascia soltanto

un magma di

cenere e ghiaccio.

 

Lacuna 3

 

Sono già avvolta

da queste putride

acque.

Questo stagno

nero paralizza

il mio cuore.

 

 

Lacuna 4

 

Grigiastre nubi

si affrettano per

il vasto cielo

tranquillo ad

offuscare

l’ aria luminosa,

a velare con

un sottilissimo

mantello

argentato

l’ anima

dondolandola

tra l’ abbraccio

di un freddo

languore.

 

Maddalena Celano, 2000.

 

 

Sono qui

 

Sono qui

al centro

di un circolare

turbine di

macchine

e gente.

Ora sono

sola assente

ed immemore,

m’ immergo

in questo

vortice per

contemplare

il nulla.

 

 

Maddalena Celano,2000.

 

 

 

Gente

 

Poca gente, tanta?

Non importa,

non conta……

Solo anime

ingrigite di

pallidi sentimenti,

di credi e

passioni

impolverati ed

impacchettati.

Credono di

fare qualcosa

di concludere

qualcosa

ma cosa?

Avanzare

lentamente o

velocemente

ad una pallida

e muta decadenza.

 

Maddalena Celano, 2000.

 

 

 

AGLI ALTI INQUISITORI

 

Sarò diventata

il tuo esperimento

mentre mi trasformerai

in diabolica carne

che alza profumo

sulfureo fino

all’ alba……

Chiuderò la

bocca affinché

nessun’ orecchia

ottusa ed imbevuta

d’ ipocrisia

ascolti una

mia sillaba.

Avrò labbra

serrate dentro

la morsa

dei denti.

Attaccami

se vuoi ma

non permetterò

che il cielo

della liberazione

integrale venga

sfumato e le

sue nuvole

trasformate in

profughe ingrigite.

Risorga dalle

dimenticate

tombe la

guerriglia

delle selve:

la lotta continua!

 

Maddalena Celano, 2000.

 

 

 

Fosco Meriggio

Un acuto vuoto

ed una piatta

giornata tra una

calca inconsapevole

e ripetitiva di folla

ingrigita amplifica

amare solitudini.

Una straziante

impotenza

violenta e

paralizza

prassi e

volontà.

 

 

Maddalena Celano, 2000.

 

 

Vigile nei fragori

 

Miliaia di strade

soffocano

 la mia gola

di incertezze

e scoprono

gli inferni

in me in una

gioiosa bufera

vestita a gala

ammantata

di sanguigni

grumi.

 

I pensieri

si ammalano,

repressi non

danno tregua

al mio dolore,

cercando scudi

di rancore

hanno sfeccettato

le mie lacrime

in versi: gioielli

di delirio!

 

 

Maddalena Celano; 2000

 

Brandelli d’animo

 

Ombre senza volto

compiono le loro

effimere storie

simili a delle

piccole tenui nubi che

s’ affrettano per il vasto

cielo tranquillo,

futili, imponderabili,

soffici immagini......-....

Si  lacerano a brandelli

contro i denti di

grigiastre vette simili

a lame di pugnali

e così terminano le

loro effimere avventure.

Similmente a molte

anime che non lasciano

della loro fuggevole

esistenza nient’ altro

che poche lagrime.

Come nebbia purpurea

spesso impedisce la

vista dei tronchi d’ albero

più’ argentei e scuri

così non scorgiamo

dell’ altro che pochi e

pietosi brandelli d’ animo.

 

Maddalena Celano   "1998"

  

Libertà sconfinata

 

Gioventù senza

crudezza né trionfo

simili all’ aguzza punta

di un calice solitario

od alla pungente

estremità di un

bocciolo come lancia

senza ampie foglie

né grandi e colorati

freschi petali.

La primavera della

giovinezza non ha

ancora voli ,

non canzoni,

ma procede come

un uccellino,

 ancora mezzo nudo,

 provando a saltellare

in una pericolosa

irta boscaglia.

All’ aquila il suo volo,

al tordo il suo canto;

ma essa non ha

né volo, né canto.

Ma anche un tordo

muto ha il cuore

colmo di

 musica d’ oro.

Anche un

aquila ferita

può starsene avvilita

priva del suo volo.

 

Ma la sua anima

conosce le ascese

ed i tuffi del volo

in un eterna

mattina di maggio.

 

Maddalena Celano  "1998"

 

 

 

Rimorso

 

 

Se esiste il rimorso,

col purgatorio

 della sua fiamma,

per gli esseri

 duri ed egoisti

che crocifiggono l’ amore

quella fiamma

 brucerà altrove,

in questo mondo

certo no li tocca.

Essi hanno l’ animo

stretto da una

livida penombra

come in una tela

di vetro opaco

ed il nauseante odore

di fumo non li

sfiora nemmeno.

Non temono neanche

il cielo chiuso,

sbarrato o sprangato,

pur vedendo le luci

dorate scorrere

attraverso le sue

luminose porte.

Soltanto una

pazza cosa

attraverso irte

plumbee foreste

potrà aiutare

la loro ragione

aggredita da

tanti silenzi.

 

 

Maddalena Celano   "1998"

 

 

Non possiamo più aspettare

 

Fantasie ed

ideologie

appesantiscono

l’ aria torrida

ed insorta

svelando tutto

il loro peso

materiale.

Diseredati,

emarginati

e sfruttati

non fanno

altro che

svelare e

rovesciare

tutti addosso

amare verità:

le macchine

assassine della

passività è

solo alimentata

dagli stessi

sfruttati.

Nulla si riproduce

completamente

da solo:

Errato è

pensare che

nuove talpe

scavino al

nostro posto.

Il “nero” dà

alla differenza

la forza della

complicità.

C’ è una sola cosa

che si può fare

per il bene di

tutto il mondo:

liberare se stessi!

Questo mondo

ci avvelena,

ci costringe ad

attività inutile 

e nocive, ci

impone di aver

bisogno di denaro

e ci priva di

rapporti caldi

e appassionati.

Stiamo invecchiando

tra donne ed uomini

senza sogni,

estraniati da

un presente che

non lascia

alcuno spazio

ai nostri slanci

più generosi.

Il comando mi

ripugna quanto

l’ arida e

passiva

obbedienza.

La rivolta in

realtà non ha

bisogno di altre

giustificazioni.

La rivolta ha

bisogno di tutto:

giornali,

riviste

e libri.

Rabbia,

maledizioni

ed anatemi.

Lacrimogeni,

pugnali ed

esplosivi.

Bestemmie,

riflessioni

e poesie.

Filosofi,

romantici poeti

ed avventurieri:

Come mescolarli?

“Complice” è

soltanto chi,

come noi,

desidera cambiare

subito la sua

e le altrui

esistenze.

 

Maddalena Celano, 1999.

 

 

 

IGNOTO

 

C’ è una possibilità che

ci rende più liberi

di tutti gli dei:

 andare via.

E’ un’ idea

da assaporare

fini in fondo.

Niente e nessuno

costringono noi

a vivere neanche

la morte!

Le nostre vite

sono come

tabula rasa:

una tavoletta

che non è ancora

stata scritta e

che quindi

contiene tutte

le parole possibili

ed immaginabili.

Con una simile

 libertà non si

può vivere

da schiavi.

La schiavitù

è fatta soltanto

per chi è condannato

a vivere,

per chi è condannato

a l’ eternità,

non per noi.

Per noi c’è

soltanto l’ ignoto.

L’ ignoto di

ambienti in

cui perdersi,

di pensieri

mai rincorsi,

di garanzie

da perdere,

di perfetti

sconosciuti a cui

regalare la

propria esistenza.

L’ ignoto di

un mondo

a cui poter

finalmente

donare gli

eccessi dell’

 amore di sè.

Il rischio anche:

c’è anche il rischio!

Come quello di

opprimerci con

uno spleen

lacerante e

profondo e di

guardare finalmente

 in faccia: il

male di esistere!

 

Maddalena Celano, 1999.

 

 

Raining Stones

 

Uno scheletro rabbioso

si torceva in risate

oscure ed ostinate

accendendo impurità

tra i raggi di sole

che fendono,

che fioccano

su carcasse solitarie

ed abbandonate

di nuovi dannati:

non dannati dall’

inferno bensì

dannati dalla vita.

Pezzenti che

 Danzano tra

 aridità e sterilità

con schiene piegate

da un’ antica genia.

Sperano ed aspettano

che una nuova

apocalisse si

rigeneri.

Saggi poeti

sapranno

insegnar loro

la vendetta ed il

nuovo riscatto.

Risorgeranno felini

ed odoreranno tempeste,

sapranno gustare i

nuovi mali.

Si ricopriranno di

fuoco, incenso e

mirra come

dannati messia.

Sputeranno sdegno

assetati di tuoni

e violente saette,

supplicheranno

tempeste e

nuovi diluvi.

Amanti del martirio

s’ inebrieranno sapienti

al profumo delle

nuove tristezze.

Un nuovo sogno

si rigenera dalle

funeree volte stellate,

ripiega sull’ universo

la sua indubitabile

ampia ala.

Annienterà

  re e tiranni

che si torceranno

nella morte e tra

le loro ghirlande,

quest’ ultime

sussurreranno

tra le loro orecchie:

“Non siete che

venale orgoglio

sconfitto dall’

 apocalisse

dei dannati”.

 

Maddalena Celano, 1999.

 

 

Lo “Spleen” del Che

 

Dormiente tra

la fanghiglia

umidiccia di una

plumbea foresta

eri soffocato

tra le morse

del tuo corpo

 asmatico che

trascinavi come

un relitto tra i

sentieri più

labirintici ed erti.

Il mesto e silente

dolore alla vista

del sangue dei

tuoi compagni,

delle efferate torture

ti chiudevano il

cuore ed il

respiro.

Simile ad un

cane randagio

avevi perso

ogni cosa ormai.......

Eri di nuovo libero!!

Libero di

essere perseguitato,

libero di

essere disprezzato,

libero di

dormire agitato

pensando ancora

a quello che potevi

creare e trasformare,

quello che potevi

realizzare tra pene

avare e dannate

e sospiri abbandonati.

Il buio calava su di te

la rugiada tramontava

dietro il tuo corpo

infangato ed erboso.

E la vita ti straziò:

solitario, tra gente

sconosciuta e poco

cibo in dono.

Ti destò la morte

violenta e brutale

ma nel tuo nome

la luce di

grandi ideali,

delle più esorbitanti

 fantasticherie ed avventure

mai più si oscurò.

 

Maddalena Celano, "1999"

 

Il Tempo dell' attesa

 

Conosco l' abbandono

di strazianti silenzi e

retrivi pensieri:

gli infiniti vuoti,

le ombre avvolgenti....

Da sola mi addormento

tra amare carezze

adagiata su un

nuovo rancore che

fa crescere il desiderio,

desiderio annaffiato

dai nuovi veleni...

Mi accanisco

a ritentare

nuovi voli

tra i miei fasulli

sensi di colpa

universali

ed infiniti.

Ora sono la

pazza che guida

in me, la straziante

follia di un

eterno ritorno......

Un nuovo e

sfuggente giorno

rinascerà chiaro

tra nuove

e ripetute sorti.

Come un' affamata

pantera coltivo

il mio agguato,

che tra la notte

del presente,

la freddezza e

la spietatezza

di una nuova sorte.

L' attesa mi

inchioda alle

scelte che

mi consumano

a nuovi fuochi di

speranze ed

illusioni.

 

 

Maddalena Celano, "1999"

 

 

Sommessa

 

Non fui viva

non "matura" tra

la dolcezza

e ne fu penoso

l' allontanamento

 da essa ogni

monotono giorno.

 

Come deriva di

pene il tempo

si rinnova da

fondi oscuri di

acre e torbide

memorie.

 

In me un tronco

secco oscilla

e l' aria, come

mossa da ali,

spande l' odore

acre di secche

membra di

rami.

 

Rincuora, dolente

rinverdire, odoroso

d' infanzia, che

portò grama

gioia, la

gioia grama

del raccontarsi

davanti al

mare in acque

di dolore alle

prime luci

del mattino.

 

 

Maddalena Celano, "1998"

 

 

 

 

 

Odi et Amo

 

Assolta d' anziane

selve ove sera

è sempre perenne

in soffocato petto

mi richiamano

dall' aria torrida

sciolti striduli

di batticuori.

 

 

 

D' ansia e sudore

oppressa distillavano

dalle mie membra

una pioggia pigra

di caldi e torbidi

dardi donde mi

rimescolavo

avvolgendomi

in una corolla

d' amaro

languore.

 

 

Maddalena Celano "1998"

 

 

Rivoluzione

 

Quando lo spazio

si sradica,

il tempo

si dissolve,

le anime si

disintegrano

di vuoti  e

rinnovate

angosce, le

mura amiche

si trasformano

in terribili gabbie

e l' uomo se ne

allontanerà per

sempre: l' umanità

raggiungerà il

confine per

trovare nuovi

orientamenti.

Prevarranno nuovi

desideri d' ignoto,

di dominio verso

la paura di

smarrirsi,

alterità oltre

il confine, fuga

verso nuovi

interminabili

eterei spazi

e nuovi tempi,

guidati non

dalla consuetudine

ma dalla volontà

nata dalla fervente

brama del remoto

e dell' ignoto.

L' io tormentato da

tanti silenzi,

oppone la propria

presenza sulla

non presenza,

troverà di fronte

al nulla risposte

al reale ostile,

stroncherà il

tempo ordinario

per immergersi

nello straordinario.

Si incamminerà

in nuovi percorsi

per combattere la

propria angoscia.

L' eterno girovagare

dell' anima sarà

rifugio sicuro di

precarietà esistenziali,

uno scisma rinnovato,

un ritorno alla

catarsi che ridonerà

vigore alle radici di

ogni cuore: La sapienza

e l' umanità  che si

tufferanno nelle

nostre anime.

 

 

Maddalena Celano "1998"

 

 

Labirinto

 

L' ululato disperato

ed agghiacciante di

un lupo staziato

da bollente e cupo

piombo echeggiò per

le arcate gelide della

volta stellata e fredda.

Piccoli rigagnoli di

sangue scorrono

rotolando giù, senza

risposta sul mondo

gelido e cupo composto

da nera fanghiglia.

 

 

Niente anima,

niente Dio,

niente grazia.

Aliti fetidi

di spettri da

pensieri

demoniaci

hanno avviluppato

la terra tra i loro

freddi ed olivastri

mantelli.

 

Maddalena Celano "1997"

 

 

Donne Protagoniste

 

Dalla Francia,

dall’ Inghilterra,

dalla Russia,

dalla Spagna,

dall’ aria infuriata

e dalle onde,

son tornate

quasi tutte

le donne.

Quasi tutte....

Amara ed

oscura fu

per loro storia

ed esistenza

di prole, casa,

Chiesa, fango,

sudore e

toilettes:

non avevano

ancora mai,

forse solo

per morire,

assaporato

viaggi, libri,

isole, successo

e fulgore....

Eppure ormai

Sono tornate,

gli uomini non

le avevano

accolte nell’

ampio spazio

degli aperti

ideali di

sogni e riscatti.

Da ogni parte

i padroni assediati

dal loro essere

e dalle loro menti

agguerrivano le

loro falangi:

offrivano

catene e coppe

di putrido sangue,

volevano giovani

donne per renderle

contadine,

 domestiche

schiave,

 concubine,

prostitute o

languide mogli.

Ma fino alle

ultime frontiere

dell’ infinito

mondo giunse

per i patriarchi

il terrore.

Aprirono tutte

insieme le

 donne tutte

le porte sprangate

affinché l’ aria

dell’ eguaglianza

e del riscatto

attraversi il

mondo intero.

Dissero insieme:

la terra appartiene

anche a noi perché

più non si senta

il frustino della

proprietà del

patriarca ma

soltanto un

canto, un canto

ancora, e mille

altri canti sulle

migliaia di grandi

passi di più della

metà del genere

umano.

 

Ma se padri padroni,

armano eserciti ed

istituzionalizzano

gerarchismo e

diseguaglianze

per distruggere

le nostre grandi

conquiste e per

mandare funzionari

imperialisti e

tiranni a dirigere

la musica e l’

ordine che amiamo,

noi risorgeremo

dalle pietre e

dalle viscere della

terra insieme

alle mostruose

Erinni per mordere;

noi sorgeremo dall’

ultima finestra

per rovesciarti

addosso fuoco e

viscida vergogna;

risorgeremo dalle

affilate vette

montuose per

inchiodarti con

fredde ed

enormi spine.

Non posare

quindi più

Il tuo piede,

padrone, sulla

dolce Francia,

su tutti i luoghi

e le nazioni dove

abbiamo condotto

le nostre amate

sommosse e rivoluzioni,

perché lì noi staremo

affinché le donne

ribelli e protagoniste

ti mostrino i loro

volti infiammati

dall’ immenso

 calore della loro

 amata lotta.

 

Maddalena Celano; 1999.

 

 

 

 

 

 

 

 



HOME PAGE - FORUM - CHAT

 

 



[1] Si veda K.Marx, Critica della filosofia del diritto. Introduzione.

2 Situations III; J.P. Sartre; Casa Editrice:Gallimard,1949; pag.154. 

3 J.P.Sartre, Les communistes ont peur de la rèvolution, Parigi,1968, pp.10-11

4 Si riferisce agli episodi del Maggio francese del 1968.