Politica
Il giornale elettronico dei liberalcomunisti
N° 14 del 29/11/2000
Elenco degli articoli pubblicati in questo numero:
1)
“SARTRE:
COMPAGNO DI STRADA DEL PARTITO COMUNISTA” di Maddalena Celano
2)
“IL
SONDAGGIO SULLA RIFORMA DEI CICLI SCOLASTICI” – Speciale a cura di Massimo
Cogliandro
3)
“POESIE” di Maddalena
Celano
Maddalena Celano
“Essere” e “nulla” erano già stati visti da Hegel come le due prime categorie della logica, dalla cui unione scaturiva poi il divenire come sintesi concreta dei due termini astratti. Per Sartre invece il rapporto tra essere e nulla è un rapporto di rinvio continuo e dialettico, che non trova mai una sintesi, la storia della coscienza è la storia di un perpetuo “annientare” la realtà, negarla, superarla: è questo l’“atto ontologico” della coscienza. La stessa conoscenza altro non è che una forma d’annullamento dell’essere. La conoscenza è, infatti, un rapporto tra soggetto ed oggetto; ma questo rapporto è valido nella misura in cui implica una differenza radicale tra soggetto ed oggetto. Quindi il soggetto è la negazione dell’oggetto, il per sé è la negazione dell’in sé. Io conosco questa sedia nella misura in cui, ovviamente non sono questa sedia. Il mondo è questo continuo riflettersi degli oggetti nei soggetti, senza che però, dietro ad essi, vi sia alcuna realtà, è un’illusione, dice Sartre, riprendendo da Nietzsche, che vi sia “un mondo dietro il mondo”. La negazione che la coscienza, il per sé opera nei confronti dell’in sé, è la radice prima della libertà. L’essere è costituito da una connessione necessaria di cause fisiche; la coscienza v’introduce la “libertà annullatrice”, che nega tale meccanicismo causale, agendo in modo diverso da tutti i fattori determinanti. La libertà costituisce così la realtà stessa dell’uomo; non è una qualità aggiunta, è la stessa storia dell’essere umano.Ora siamo arrivati alla definizione più propria dell’esistenzialismo: l’uomo non ha una natura, è essenzialmente coscienza, quindi progetto, libertà, scelta continua. Il suo essere dipenderà dalle sue scelte, ogni uomo sceglie la propria essenza, ma prima esiste come libertà, come pura e nuda possibilità di ogni possibilità che solo in seguito, assumendo una configurazione determinata in funzione della scelta operata, diventerà realtà, essere, essenza: l’esistenza precede l’essenza. Si è fin qui parlato del rapporto fra per sé ed in sé, intendendo con quest’ultimo termine gli oggetti in generale. Ma le altre persone, gli altri? Quando io mi trovo di fronte ad una determinata realtà, e sento apparire la presenza dell’altro, colgo immediatamente tale presenza come una limitazione radicale. Gli altri tendono a rendermi una cosa, esattamente come io tendo a fare lo stesso. Questo si può notare, del resto, in una splendida analisi fenomenologica di alcune pagine di “Essere e Nulla”, quella relativa allo “sguardo”, perciò io non mi sento più libero, mi sento osservato, mi sento anzi cosa in mezzo ad altre cose. Lo sguardo altrui mi pietrifica: posso cercare di dominare a mia volta gli altri, ma non riuscirò a liberarmene. Lo stesso amore non è altro che un impossibile tentare di considerare un'altra persona, ma anche come cosa mia. Infatti, conclude Sartre in “Porta Chiusa”: “L’ inferno sono gli altri”. Gli altri, quindi, sono un ostacolo alla mia libertà; ma anche la condizione oggettive dell’esistenza, i condizionamenti materiali e di ogni tipo, il mio stesso passato, costituiscono dei limiti alla mia libertà. Tuttavia per Sartre questi limiti non sono veramente tali: io posso sfruttarli, utilizzarli come mi pare, quindi non sono dei condizionamenti insuperabili. Ogni nostra scelta presuppone questa libertà assoluta: siamo condannati ad essere liberi! In questo sta anche tutto il dramma della vita umana, perché nessuno può scegliere al nostro posto, ognuno è responsabile delle proprie scelte. Questa gravissima dimensione della scelta, come si è già detto, è una tensione senza fine verso il futuro. Conseguentemente a ciò noi non potremmo comprendere nulla dell’uomo se non partendo dal concetto stesso di “libertà”. La quale non è che una conquista, lo sforzo concreto e reale di liberarci da una qualche forma di oppressione e dominio. C’ è oppressione quando una classe o un gruppo sociale si trova in una situazione materiale difficilmente sopportabile e non possono cambiarla a causa della libera volontà di altri. L’oppressione è soggettivamente sentita perché la situazione è riportata alla libertà dell’altro. Non è del fastidio che si soffre ma del fastidio voluto e mantenuto dall’altro. Ma cos’è che genera la violenza? E’ la speranza di fondare la propria vita “sugli” altri che si traduce in un conflitto latente che accompagna tutte le relazioni interpersonali. L’altro può dare un fondamento al proprio essere solo se è libero, solo se il suo modo di essere è diverso da quello delle cose; ma proprio perché è libero niente e nessuno lo obbligherà mai ad essere un mezzo all’interno del nostro progetto. La violenza, infatti, sorge sempre dalla sconfitta del desiderio che l’altro sia “liberamente” quello che noi vorremmo. La violenza racchiude quindi un certo modo d’intendere l’azione ed il rapporto che attraverso l’azione l’uomo instaura con il mondo. Di fronte allo scopo che il violento si è prefisso, l’universo e tutto ciò che esso contiene appare inessenziale, sacrificabile, giacché è l’ostacolo che lo separa dal suo scopo. Quest’ostacolo è precisamente ciò che deve essere rimosso affinché lo scopo possa essere raggiunto. Ecco perché l’azione tipica del violento è la distruzione. “Creare” significherebbe tener conto del mondo e degli altri per realizzare il proprio progetto, comporre le cose, adeguarsi alle loro leggi, mentre nella distruzione il violento realizza un rapporto univoco, oltre che istantaneo ed irripetibile. E Sartre sottolinea che si possiede meglio l’essere distruggendolo che non creandolo, anche perché, così facendo, lo si sottrae all’altro. Il violento è qualcuno che nega la condizione umana, ed in particolar modo il mondo degli uomini inteso come regno delle mediazioni, egli vuole tutto e subito. Per questo nega ogni forma di ragionevolezza (l’attesa, il dialogo, il compromesso). Ma distruggendo l’oggetto o rifiutando la situazione in cui si trova, il violento vuole soprattutto distruggere simbolicamente l’altro uomo, vuole sottrarsi allo sguardo di chi, dall’esterno, gli conferisca un’oggettività e gli assegna un posto preciso nel mondo, relativizzando la sua violenza in semplice rabbia o vana agitazione. Per questo il violento vuole essere volontà pura che non è intralciata da nessuna legislazione che non sia la sua. Ognuno è oppressore nella misura in cui è egli stesso oppresso, e chi opprime in nome di un sistema di valori ne è egli stesso schiavo e non fa che trasmettere ad altri l’oppressione originaria di cui ha fatto esperienza. La violenza con cui il ribelle intende liberarsi dal suo giogo, pur essendo una contro-violenza, è dunque destinata allo scacco.E’ naturale che qualsiasi forma di violenza genera, a sua volta, altra violenza. E’ proprio da qui che parte quello che è il circolo vizioso della rivolta. Tra le due violenze c’è una differenza di carattere morale. Il ribelle in realtà si trova in una situazione dialettica, egli nega ciò che lo nega, egli vuole riconquistare la sua dignità, la sua umanità che gli è stata negata, a qualsiasi rischio ed a qualsiasi prezzo. Attraverso la negazione egli vuole giungere ad un’affermazione. Ogni comprensione della condizione umana deve dunque prendere le mosse dall’idea che quello che chiamiamo “Libertà” non è che, sul piano antropologico e sociale, altro che lo sforzo concreto di liberazione da una qualche forma di oppressione. La rivolta appare allora come l’operazione necessaria ed inevitabile cui deve prestarsi la libertà per liberarsi, per riconquistare la sua capacità di progettualità reale e non immaginaria. E’ da questa prospettiva, faticosamente guadagnata attraverso il travaglio dei “Quaderni” e nei primi anni cinquanta che il problema della violenza, e sopratutto quello della “violenza rivoluzionaria” e della sua valenza libertaria, sarà affrontato da Sartre negli anni sessanta.
Ma è possibile un incontro tra
esistenzialismo e marxismo? La questione, posta nei suoi termini astratti, è
forse difficilmente solubile; ma gli uomini non sono solo e soprattutto idee.
Gli uomini partecipano delle situazioni storiche, sono immersi nella realtà,
che interagisce in modo estremamente vivace con le coscienze. A distogliere
Sartre dall’isolamento della “Nausea” ed a metterlo in rapporto fraterno con la
resistenza francese, e quindi con il marxismo fu la guerra. Sartre fu
richiamato in sanità all’inizio della guerra e nel 1940 fu fatto prigioniero
dai tedeschi. Invitato dal cappellano a scrivere qualcosa per Natale, scrisse
(e recitò), nonostante la sua professione di ateismo, il “Mistero della
Natività di Nostro Signore Gesù Cristo”. Viene liberato nel 1941 e ritorna a
Parigi. Ma ormai è la guerra civile, la divisione degli animi. Ma il professore
di filosofia sente adesso il bisogno di uscire allo scoperto, di assumere una
responsabilità concreta nelle vicende del suo tempo, di “impegnarsi”, non solo
nella sua produzione letteraria, ma anche nella sua persona. Combatte nella
Resistenza, scopre la solidarietà umana, la compartecipazione ad un unico
destino; si trova con uomini soli e nudi di fronte ai loro carnefici grassi,
rasati, potenti. Eppure in questa sua solitudine c’ erano gli altri, tutti gli
altri, essi difendevano tutti i compagni di Resistenza; una sola parola era
sufficiente per provocare dieci, cento arresti. Non è forse questa totale
responsabilità, nella totale solitudine, la rivelazione stessa della nostra
libertà? In “Ribellarsi è Giusto” Sartre comincia così a spiegare il perché del
suo impegno politico: “Credo che si debba cominciare nel trentasei. Allora
non facevo politica………………….Ma quando l’ideologia si sgretola, restano una serie
di credenze che danno al pensiero una valenza magica: ciò che ancora mi
rimanevano erano i principi dell’individualismo; dalle folle che facevano il
Fronte Popolare mi sentivo attratto, ma non capivo veramente di farne parte e
che il mio posto era in mezzo ad esse: mi vedevo come un solitario…………………..Sono
quindi rimasto inattivo fino al trentanove, limitandomi a scrivere, ma in
totale simpatia con gli uomini della sinistra. La guerra mi ha aperto gli
occhi……Quanto poi al piccolo atomo incontaminato che credevo di essere, se ne
impadronirono potenti forze con gli alti senza chiedere il suo parere. La durata
della guerra, e quella sopratutto della prigionia in Germania (da cui fuggii
facendomi passare per civile) furono per me l’occasione di un tutto prolungato
della folla, da cui credevo di essere uscito e da cui in realtà non mi ero mai
allontanato. La vittoria dei nazisti mi aveva sconvolto ed aveva mandato
all’aria tutte le mie idee che ancora si ispiravano al liberalismo”. Sulla
scia dell’esperienza resistenziale Sartre fonda, nel 1945, la rivista “Tempi
Moderni”, i cui il dialogo con il marxismo è ancora portato avanti in termini
“terzaforzisti”, scegliendo cioè una via intermedia tra marxismo e capitalismo,
quella cioè di un socialismo democratico ed antiautoritario. L’avvicinamento al
marxismo prende l’avvio dal superamento del piano puramente individuale e
soggettivo per ritrovare la dialettica della prassi, del concreto e scopre, in
tal modo, l’oggettività. Ma questo viene operato attraverso un continuo
tentativo di smascherare la mitologia del marxismo, scoprire i lati più deboli,
demistificare gli aspetti più ideologici, pungolandola criticamente. E’ una
lotta contro ogni falso apriorismo, contro ogni sia pur involontaria
contraffazione, contro qualsiasi mistificazione che impedisca la piena
realizzazione della personalità umana. Infatti nell’intervista condotta da
Michel Contat in “Autoritratto a settant’anni” Sartre dichiara: “Penso che
ci siano aspetti essenziali del marxismo tutt’ora validi: la lotta di classe,
il plusvalore, etc……I sovietici si sono impossessati di quello che potremmo
chiamare l’“elemento di potere” contenuto nel marxismo. Nella misura in cui lo
si può considerare una filosofia integrabile al potere, penso che il marxismo
abbia fornito prova di sé nella Russia Sovietica. Ritengo che oggi, come ho
cercato un po’ di dire in “Ribellarsi è Giusto”, occorra un altro tipo di
pensiero, un pensiero che tenga conto del marxismo per superarlo, per
respingerlo e recuperarlo, assorbirlo in sé. E’ la condizione per giungere ad
un socialismo autentico…….”. Come la critica alla società borghese
era stata condotta sul filo della demistificazione, della “malafede”, così la
critica al marxismo è condotta sul filo del disincantamento dei vecchi miti
materialistici e deterministici. Ma la solidarietà con il proletariato in lotta
contro il capitale, con le forze democratiche in lotta contro il nazismo, con
gli oppressi ed i diseredati non poteva non condurre Sartre a fare una scelta di sinistra, nonostante le
diffidenze ideologiche. Scriveva nella “Critica della ragione dialettica”,
1960: “Fu la guerra ad infrangere i quadri invecchiati del nostro pensiero. La
guerra, l’occupazione, la Resistenza, gli anni successivi. Volevo combattere a
fianco della classe operaia, abbiamo finalmente compreso che il concreto è la
storia e l’azione dialettica. Abbiamo abbandonato il realismo pluralista per
averlo ritrovato nei fascisti e scoprivamo il mondo. La formazione di una
sinistra non comunista era comunista era l’obiettivo dell’azione politica del
filosofo francese nell’immediato dopoguerra. Sono gli anni del “Rassemblement
dèmocratique et rèvolutionnaire”, un piccolo partito molto libertario che
ebbe il pieno appoggio dal filosofo. Ma presto anche quest’esperienza sarà
abbandonata da Sartre, che si rese conto della pratica inutilità di quella
formazione. Il movimento tentava in realtà un’operazione intellettuale, quella
della creazione di un partito fortemente critico nei confronti delle
degenerazioni dello stalinismo ed insieme parallelo, sul piano degli spazi
politici, al PCF. Ma l’operazione non poteva coinvolgere larghe masse, non si
spingeva più in là delle adesioni di intellettuali ed uomini di cultura. Ma
l’orientamento del nostro pensatore va sempre più accostandosi alla linea di
pensiero marxiana, mentre, sul piano strettamente politico, comprende che non è
possibile criticare Stalin senza in qualche modo finire nell’anticomunismo. Nel
saggio “Materialismo e Rivoluzione”1946 ormai Sartre si professa marxista,sia
pur eterodosso. Ciò che egli rifiuta è un tipo di materialismo che appesantisce
e rende fatalistico e deterministico il comunismo. Le sue critiche sono rivolte
non contro Marx (che egli ritiene invece il massimo pensatore moderno) quando
contro i marxisti francesi, da lui accusati di aver travisato l’autentico
messaggio marxista. L’ortodossia marxista, lo distrugge in una concezione
deterministica della storia e dell’uomo. Se il vero marxismo è il marxismo
dell’interazione fra teoria e prassi, è la prassi, non la materia il suo
fondamento. L’assolutizzazione che il marxismo compie di alcuni stadi dialettici
è considerato il vero peccato originale del pensiero marxista. I marxisti
criticano subito la posizione sartriana, pur rilevando in modo positivo che
Sartre si fosse schierato con loro. In realtà ciò che più interessa a Sartre è
il concetto di rivoluzione, inteso come uno stato collettivo della coscienza
che non accetta lo stato presente delle cose. In questo Sartre è pienamente
coerente con i suoi presupposti, come è coerente allorché critica tutta quella
che chiama “mitologia” marxista. Il materialismo è una fede necessaria che il
proletariato deve utilizzare per svolgere il proprio ruolo di demistificazione
dell’assetto borghese della società per fare la rivoluzione; ma esso non può in
sé essere altro che un mito. L’ aspetto che invece il nostro filosofo valorizza
al massimo è il passaggio dalla necessità alla libertà nella coscienza del
proletariato, allorché l’operaio prende coscienza di essere “reificato”,
ridotto a “cosa” da parte del capitalismo, e quindi si organizza in partito che
ha come scopo ultimo il rovesciamento della prassi e l’instaurazione del
socialismo, cioè la rivoluzione. Questo aspetto, rilevante soprattutto nel
giovane Marx, un’ affermazione della
libertà contro la necessità. La libertà è quindi progetto per il futuro, per un
futuro in cui tutti gli oppressi saranno liberati “inventando” una società
diversa, senza nulla di assolutamente precostituito. Il materialismo, in quanto
tale, può distruggere questa dinamica di libertà, creando una situazione in cui
gli schiavi continuano a vedersi schiavi, sotto un altro profilo a quello della
società precedente. In questo senso la prospettiva sartriana è più vicina a
quella di Trotzky che vedeva, come è noto, la necessità di una “rivoluzione
permanente”. Dichiara Sartre in “Autoritratto a settant’anni”:……….. quando
scrivevo “La Nausea” ero anarchico senza saperlo: non mi rendevo conto che quel
che scrivevo in quel libro poteva dar luogo ad un’ interpretazione anarchica;
mi riusciva di scorgere soltanto il rapporto fra l’ idea metafisica di “nausea”
e l’ idea metafisica di esistenza. Ho scoperto in seguito, attraverso la
filosofia, l’essere anarchico che è in me. Ma non l’ho scoperto sotto questo
termine, perché l’ anarchia oggi non ha
più nulla a che vedere con l’ anarchia del 1890……..Non ho mai accettato alcun
potere su di me ed ho sempre pensato che debba essere realizzata l’ anarchia,
vale a dire una società senza poteri”. Se è vero che il comunismo ha in sé
germi pericolosi in senso autoritario, e perfino imperialista, è anche vero che
il mondo occidentale non ha nulla di meglio da offrire, anzi offre qualcosa di
estremamente peggiore. La critica allo stalinismo ed alla degenerazione dell’
ideologia comunista non può essere esterna al marxismo, deve collocarsi al suo
interno. Il culto della personalità non fa parte per niente dell’ ideologia
marxista e solo una rigorosa critica del marxismo al modo di edificazione del
socialismo può costituire un valido contributo all’ umanesimo. Infatti ogni
istituzione serve per bloccare il desiderio che la gente ha di realizzare
qualcosa oggi, subito. Per cui interiorizza il desiderio di cambiamenti vi si
sostituisce, è il cambiamento. E’ una sostituzione banale! Il partito riduce
allora la rivoluzione a formule consacrate ed a cerimonie………Il partito come la
Chiesa e le altre istituzioni, divenuto fine a se stesso, permette a coloro che
vorrebbero trasformare la propria vita e non possono farlo dall’oggi al domani,
di interiorizzare questa trasformazione attraverso l’ appartenenza al
partito……..Bisogna considerare che fin dai primi anni, dopo la rivoluzione
russa, c’ erano in URSS due poteri: l’ uno democratico e cioè i Soviet, l’altro
centralizzato ed autoritario, il partito. E’ dal tempo di Lenin e non dal tempo
di Stalin che il partito si è imposto sui Soviet, prima come organo di
controllo poi, poco a poco, penetrando in essi. Fu il partito a far regnare la
dittatura del proletariato: esso divenne istituzionale, e la dittatura del
proletariato divenne anch’ essa un’ istituzione: fu la dittatura sul
proletariato. La sartriana critica al marxismo si potrebbe tradurre con la
definizione “sovrasaturazione di oggettività”. Infatti il concetto di
realizzazione della filosofia in Marx è documentato dal seguente passo,
criticamente rivolto agli ideologi tedeschi: “…..voi non potete eliminare
la filosofia senza realizzarla”.[1]
Il mito hegeliano della “coscienza spirito” è superato in Marx, ma la lotta di
classe non è stata mai, secondo Sartre un fattore attivo. “Le masse servili
appaiono”sempre in essa “come un elemento d’inerzia”. Marx, per Sartre, non ha
visto nella sua compiutezza la “dialettica” tra strategie offensive e
difensive, non ha approfondito le “posizioni di ripiego”, le tattiche e le
manovre “della borghesia”. Si può affermare che, in queste pagine, accada al
filosofo francese di analizzare con acutezza infinitamente maggiore i fenomeni
di transfert della lotta di classe nei ceti dominanti che non l’ operatività di
tali fenomeni nelle masse, di cui intravede appena la possibile strategia
storica. Infatti il fine di queste riflessioni morali, pur inserite nella
storia, è di cancellare l’ incoscienza dell’ oppressione nel dominante, nella
speranza che “il carattere d’ oppressore che gli è venuto dal fuori”, trovi “in
lui un eco”, che sia in grado di agire sulle trasformazioni sociali più
rapidamente del progetto dell’ oppresso cui, come sappiamo, occorrono secoli
per costruire un ordine, che abbia in se la propria misura. La connessione tra
dialettica e filosofia dell’ esistenza conduce, in chiave positiva, ad un
metodo che è insieme regressivo o analitico e progressivo o sintetico. Con
questa formula si deve intendere come analitica una ricerca che, a partire
dalle condizioni, tenda ad illuminare la genesi di un progetto di costituizione
di oggetti, a cogliere le tensioni che deve suscitare, la varietà dei
significati, cui può dar luogo e la possibile totalizzazione di questi; come
sintetica va intesa la rappresentazione del progetto stesso in un unità entro
cui strutture, anche eterogenee, scoprono l’ incognita che unifica, quale
passaggio al limite, le totalizzazioni stesse. L’oggetto verrà allora compreso
come un tutto che non fa violenza alle singolarità originarie, sicchè l’
operare umano, coi suoi condizionamenti, sia produttivo di ulteriori possibilità
dialettiche, tutte derivanti dall’ intrecciarsi degli oggetti con nuovi
progetti e tensioni. Di fronte al marxismo moderno, degenerato in oggettivismo,
Il Capitale di Marx è visto come l’ opera in cui i due metodi si mantengono
nella loro tensione. La dialettica esprime allora “la totalizzazione delle
totalizzazioni concrete, operate da una molteplicità di singolarità
totalizzanti” e presuppone un osservatore situato all’ interno del processo.
Mentre la totalità di Hegel è costruita da una forza esterna, la totalizzazione
di Sartre è invece movimento e il suo creatore fondamentale è, come in Marx, ‘
individuo agente. La dialettica sartriana è duale nel senso che al suo momento
costituente si accompagna quello analitico della passività o del pratico-inerte
(quale già era stato avvertito in “Quaderni per una morale”). Questa
antidialettica era stata giustamente intesa da Marx come “alienazione”, ma
Sartre analizza ulteriormente questa passività in quanto si adatta e si piega
agli impulsi attivi, sicchè anch’ essa è umana, essendo l’inerzia una forma
dell’ agire storico. La praxis inerte è la praxis nella dimensione della
passività e, incontrandosi colla penuria, produce antagonismo, odio, fuga. Se
la critica del dogmatico marxismo moderno è stata verificata dalla praxis, che
ha confermato la degenerazione del progetto di socializzazione in praxis
seriale o “pratico inerte”, l’analisi di Sartre trova conferma nel rapporto tra
dialettica delle totalizzazioni ed antidialettica
del pratico-inerte, all’interno del mondo capitalistico e delle sue relazioni
col terzo mondo. L’ autonomia degli impulsi e dei messaggi dei gruppi dominanti
produce anche qui passività, sia attribuendo valore “magico”alle cose (il
“feticismo”di Marx) sia moltiplicando le occasioni e le tentazioni di affidarsi
all’ inerzia. Il rimedio ad una tale situazione sta nelle capacità di volere
una prassi comune vissuta dagli individui sicchè la costituzione dei gruppi
divenga un’ impresa attiva, pur condizionata dal bisogno di trascendere sofferenza
e disagi. IL “gruppo” deve potere erodere la “serialità” (cioè i caratteri non
liberi della socializzazione) ed eliminare l’ impotenza passiva degli oppressi.
La stessa lotta tra le classi, che sono totalizzazioni radicali, è soggetta al
pericolosi ricadere nella serialità, quando una di esse perda la coscienza dei
suoi fini e divenga complice inconsapevole dell’ azione dell’ altra che la
supera, la manipola, l’ aliena. Il regno dell’ uomo nell’ inerzia dei più è
disumanizzazione. Ecco quanto dichiarò Sartre sul rapporto tra politica e
“spiritualità” o, meglio, marxismo ed esistenzialismo in “Situations III”2: “Lo spirito profondo della scienza
è materialista, ne sono convinto. Ma ecco qui che ci viene presentata come
analitica e borghese. Di colpo, le posizioni sono invertite ed io vedo
chiaramente due classi in lotta: l’ una, la borghesia è materialista, il suo
metodo di pensiero è l’ analisi, la sua ideologia è la scienza. L’ altra, il
proletariato, è idealista, il suo metodo di pensiero è la sintesi, la sua
ideologia è la dialettica. E siccome c’ è lotta fra le classi, ci deve essere
incompatibilità tra le ideologie. Ma niente affatto. sembra che la dialettica
coroni la scienza e sfrutti i suoi risultati; sembra che la borghesia,
servendosi dell’ analisi ed in seguito riducendo il superiore all’ inferiore, è
idealista, mentre il proletario, che pensa per sintesi ed è condotto dall’
ideale rivoluzionario, anche qualora affermi l’irriducibilità di una sintesi ai
suoi elementi, è materialista………………….Come trovare spazio in questa esteriorità
per quel movimento di interiorizzazione assoluta che è la dialettica? Non si
vede che, secondo l’ idea stessa di sintesi, la vita sarebbe irriducibile alla
materia e la coscienza irriducibile alla vita? Tra la scienza moderna oggetto
dell’ amore e della fede materialista e la dialettica di cui i materialisti
pretendono di fare il loro strumento ed il loro metodo, c’è lo stesso
sfasamento che non constatiamo sempre il loro positivismo e la loro metafisica:
l’ una rovina l’ altro…………………………Se al contrario la dialettica rappresenta la
maniera di sviluppo del mondo materiale, se la coscienza, lungi dall’
identificare tutta intera con la dialettica, non è che un “riflesso dell’
essere”, un prodotto parziale, un momento del progresso sintetico, se, invece
di assistere alla propria generazione dall’ interno, essa è invasa dall’
esterno da dei sentimenti e da delle ideologie che hanno le loro radici fuori
di essa e che essa subisce senza produrli, essa non è che un anello della catena
di cui l’ inizio e la fine sono fortemente lontani; e che può dire essa di
certo sulla catena, a meno di essere la catena tutta intera? La dialettica
depone in sé alcuni effetti e segue il suo movimento; considerando questi
effetti; la riflessione può giudicare che essi testimoniano l’ esistenza
formale di un modo sintetico di progressione. O meglio ancora essa può formare
delle congetture sulla considerazione dei fenomeni esterni: in ogni modo
bisognerà che si contenti di guardare la dialettica come un’ ipotesi di lavoro,
come un metodo che bisogna cercare e che si giustificherà mediante la sua
riuscita. ……….” E sempre Sartre aggiunge nell’ intervista intitolata
“I comunisti hanno paura della rivoluzione”3:
“Penso che il partito comunista ha avuto, in questa crisi, un atteggiamento che
non era in alcun modo rivoluzionario e che, d’ altronde, non era neppure
riformista. Il PC e la CGT (Confederazione Generale del Lavoro) si sono
prodigati, all’ inizio, per ridurre le rivendicazioni della classe operaia a
semplici richieste di aumenti, certamente legittime, e fergli abbandonare le
rivendicazioni relative ai cambiamenti di struttura……….Il PC si è trovato in
una situazione di complicità obbiettiva con DeGaulle: si scambiavano un mutuo
servizio invocando, tutti e due, le elezioni. De Gaulle, certo, indicava il PC
come il nemico numero uno, accusandolo, pur sapendo che era falso, di essere
all’ origine dei disordini di maggio. Ma era anche un modo per ridare ai
comunisti una specie di prestigio. E DE Gaulle aveva tutto l’ interesse a
presentarli come i principali istigatori della rivolta4poichè
si comportavano come avversari “leali” ,decisi a rispettare le regole del
giuco, dunque come avversari poco pericolosi”. Queste poche frasi di una
bruciante intervista è uno dei documenti più importanti della svolta
estremistica, se così la vogliamo chiamare, di Sartre. Ma di qui parte anche il
suo dramma; ribelle al partito comunista, è ben presto di nuovo attaccato da
questo, senza tuttavia essere compreso dagli studenti, che non sopportavano un
maestro di dubbia fede marxista. Questo è stato il dramma di molti
intellettuali europei, la cui volontà di stare a sinistra è stata continuamente
criticata come ipocrisia e “falsa coscienza” dai comunisti di matrice
stalinista (che io oserei definirli “fascisti rossi”) oppure dai marxisti
“puristi” ed ortodossi. Ma Sartre non si è mai troppo preoccupato di essere
accettato; caso mai si preoccupava del contrario, ai tempi della sua massima
celebrità.Un organo della sinistra extraparlamentare, La Cause du Peuple,
attacca violentemente il governo, ed i suoi direttori vengono sistematicamente
arrestati; Sartre, con tutto il peso della sua personalità, assume la direzione
del giornale. Sartre ha anche assunto la direzione di un altro giornale che fu
portatore degli ideali più radicali della sinistra, La Libèration. Questo
gesto è stato l’ ultima grande iniziativa del filosofo francese.
IL SONDAGGIO SULLA RIFORMA
DEI CICLI SCOLASTICI
Speciale a cura di
Massimo Cogliandro
Riporto qui di
seguito i risultati di un sondaggio proposto dal sottoscritto (nick:
maximusmagnus) e tenutosi recentemente su http://www.parlamentonline.com
sul problema della riforma della scuola.
Il sondaggio
sottolinea il carattere vessatorio delle riforme della scuola e
dell’università, che tendono ad allungare all’infinito il processo “formativo”
necessario per poter entrare nel mondo del lavoro con la logica conseguenza,
che gli studenti tendono a lasciare la famiglia di origine sempre più tardi
innescando così un pericoloso processo disgregatore nei confronti di una
struttura sociale già così instabile come quella italiana.
La borghesia
politica pensa che tenendo gli studenti a vita sui banchi scolastici e/o
universitari riuscirà ad eludere più facilmente i problemi legati alla
disoccupazione. In realtà, questa riforma della scuola e dell’università non
risolve nessuno di questi problemi, ma si limita a rinviarne di qualche anno le
inevitabili conseguenze sociali.
Sondaggio
n. 353 |
|
Risultati
totali del sondaggio |
|||||||||||||||
Il sondaggio è stato chiuso in data:
|
|
|
|||||||||||||||
|
|
|
Il commento di un
professore di un istituto tecnico:
Bel guadagno per gli attuali studenti degli istituti tecnici.La riforma prevede i saperi essenziali(?) eufemismo per indicare l'abbattimento dei contenuti della scuola superiore.Infatti chi sta nella scuola,in questi ultimi 2 anni, sa che c'è l'ossessione delle valutazioni.Tentativo rozzo e violento di intimidire i docenti affinchè facciano finta di insegnare.L'importante è che diano la sufficienza o comunque non boccino,indipendentemente dal livello di preparazione di solito miserevole. Senza dirlo esplicitamente la scuola superiore sta diventando e diventerà sempre di più scuola media inferiore. Il valore del loro diploma (studenti tecnici) sarà nullo e dovrànno pagarsi gli alti costi dell'università per avere la specializzazione che attualmente dà l'istruzione tecnica e professionale,ma che in futuro non darà più. Un bel regalo per gli atenei non c'è che dire. Un po' meno per le famiglie,specie quelle meno abbienti. E' un bel regalo anche per l'istruzione professionale regionale,per le aziende e per le scuole private,che non mancheranno di dare buoni e rigorosi livelli di preparazione a chi potrà pagare
Maddalena Celano
Colori d’ombra
rivestono un
viso amaro
da occhi di
fuoco che si
sciupano di porta
in porta accompagnati
da placide
onde che viaggiano
verso una dimora
esiliata.
Difendiamo con
i nostri manti
gli amori
vaganti affinché non
precipitino in
bassi fondi
di tenebrose
delusioni,
innalziamo alla
luna il faro
delle nostre passioni
con le palpebre
stellate ed i visi
orgogliosi e
mani
e braccia
cosparsi
di
aromatici
oli.
Madre
terra,
luna
fulgente,
raccogliete
nei
vostri
grembi
i
cuori straziati,
i
cristalli agonizzanti,
i
vulcanici aneliti
di
sogni e passioni…
stringendoci
appassionatamente
conserviamo
e
temperiamo
le ire,
dolore
e lagrime
per
riempire
i
baratri desolati:
il
fulgore notturno
della
luna ci ricorderà
la
luce deceduta
di
ogni stella
cadente
e l’amaro
di
tante inutili
e
vacue giornate
tra
sere spumeggianti
e
tempestose.
Maddalena Celano; 1999
FOCOLAIO
Retrivi pensieri
si lacerano ed
infrangono…
Il dolore scaturito
dal torpore e
dall’inerzia
ha posto dinanzi
a loro roventi
ferri corti.
Giovani pensieri
neonati
e turbinosi
accendono
in petto
violenti e
dolci contrasti,
scissioni,
lacerazioni....
Tornano a
riaccendere il
rovente colore e
calore di
lotta
ed infiammato conflitto.
Un odio profondo
e sottile
viene partorito
da vitali amori
per scacciar
via putredini,
cristallizzazioni
e fertilizzare
e vivificare
ogni nuova vita.
Nuovi spiriti
sovversivi
simili a bora
tra violenti fruscii
spazzeranno via
ogni decomposizione
reazionaria.
TETE
Un azzurro crudele
nato dai bagliori
di un’alba tropicale
illumina la foresta
dapprima grigia
come piombo.
Ombre umane
si stagliano
veloci tra una
feroce vegetazione
e scompaiono tra il
fulgore rosso di
un enorme fiume.
Le agavi e le ginestre
che scalpitavano
d’ansia e colori
scoprono dapprima
due occhi guerrieri,
scuri, intensi
ed espressivi.
Ma, la vegetazione,
in seguito, spostandosi
più in là, scopre tutto
il
volto coperto da una
barba lunga e scomposta
su forti mascelle
virili.
Un’espressione mobile,
inquieta ed amichevole
illumina nuovamente
quegli occhi accesi
da un lampo della
poesia universale del
dramma umano.
Forse c’è un presagio
nel suo cuore o in
quell’aria che dardeggia
soltanto di crudeltà
ed angoscia, un grido
di profondo e lacerante
dolore per una
fine vicina, tragica
conseguenza di un’
avventura umana che
elargisce soltanto
filantropia e morte.
“Tu ti domandi perché
mi batto come un
disperato.
Tutti vogliono
saperlo......
Purtroppo Libertà e
Necessità di vivere
umanamente non
sono state coniate
su queste montagne”.
Ed, improvvisamente,
l’ascetico Messia
Capovolto
scompare nella nera
foresta
alla ricerca di un
eterno
ideale sociale, di una
meta lontana,
inafferrabile.
Una voce terribile
e straziante di
inesprimibile
dolore, la voce di
secoli di
dolore, l’atavico
terrore
della debolezza legata,
oppressa, schiacciata,
dell’indifeso sotto la
lama del pugnale,
ridestò il suo cuore
gentile e passionale,
il suo animo di
paladino:
“Ecco, sono al servizio
della crociata più
inebriante di
tutte......
La radice della pietà
ha soggiogato il
mio cuore..... eccovi
l’eroe della morte,
comunicante con cori
di anime abbandonate
ed avvinte da ciechi
e crudeli destini di
degrado e miserie”.
Ed infine....., scosso
da
una profonda forza
ideale alimentata da
un amore violento va
tranquillamente incontro
al suo martirio.
“Ma non ho paura.
Il mondo sarà il mio
campo di battaglia.
Io sono l’erbaccia
nel giardino del nobile,
il ratto di cantina
del borghese, il
fastidioso
mendicante del
ricco Epulone,
l’estraneo, la voce
ribelle e contrastante
da far tacere, la
velenosa
spina nel fianco.......”
dissero repentinamente
le sue pupille guizzanti
e dilatate dalla luce
alla penombra e
fissarono
l’intero cosmo
scintillanti di un
amore superbo.
Maddalena Celano; 1997
SINGHIOZZI
BISBIGLIATI
Tornano transitando
i giorni e le notti
dietro il titubante magone
di un petto affannato
sul dorso della solitudine
o dietro le parole di
anime perse.
E tutto finisce
per smorzarsi
in quella ondata di lacrime
bollenti alleggerite
da un tenue buio;
buio accovacciato sull’orlo
di un viscido cielo
simile ad un baratro.
Maddalena Celano, 1997
TENUE NEBBIA
Una sbiadita immagine,
il fruscio di una pagina,
un animo perso ed
errante tace,
ma non smette
di ascoltare.
I pensieri, i desideri
si perdono nelle parole
e smarriscono il
loro vuoto
in tenui vapori,
nelle immagini
sbiadite e malinconiche
di una sottile nebbia.
Maddalena Celano, 1997
Un animo
oppresso
dalla malinconia
di un pallido orizzonte,
desta il proprio cuore
con leggere rimembranze.
Ma, sconfitto,
da un acre
fato
rientra in se stesso,
porgendo ai propri occhi
soltanto
blande
memorie.
Maddalena Celano, 1997
INELUTTABILE
NOSTALGIA
Un orizzonte
pervaso
da rosee foschie
rapisce l’animo;
esco da me stessa….
Lo spirito si dissolve,
il vuoto si espande,
il cuore riposa.
Il petto pervaso
da una tenue mestizia
trasforma gli occhi
in un fisso,
inespresso,
grigio velo.
Maddalena Celano, 1997
VENTO SOTTILE
Ecco
la vista di
un’immensa
palude
argentea
accarezzare
gli occhi lacrimanti
di una
giovane donna.
Un vento
sottile
accarezza la
sua sete
ma, sola,
raccoglie
con un dito
l’ultima
lacrima,
strappandola via
dal vento.
Unica vera
certezza
di un cuore
soffuso da
una
dolce
mestizia.
Maddalena Celano, 1997
CRISTALLO
TAGLIENTE
s’appesantiscono….
Un nuovo ritmo
lento, cupo
e monotono
s’impossessa di loro….
imponendo nuove
e dolenti sferzate.
Un grumo alla gola
dà sfogo
alle gelide
vibrazioni partorite
da cupe e silenziose
angosce.
Mi ritrovo
vittima sacrificale
di un nuovo
“eterno ritorno”
che mi annienterà
nuovamente con
ineluttabilità
ciclica.
Ed ecco
Rifiorire tra le
mie pupille
le lame gelide
e taglienti di un
argenteo e glaciale
cristallo pronto
a squarciare le mie
carni.
Maddalena Celano, 1999
RIEMPIRSI
DI TE……
È ritrovata.
Cosa? L’eternità!
Quello che tu sei:
luna di cristallo,
il lento autunno,
il fuoco arido e
bollente dell’estate,
i giochi
quotidiani con la
luce dell’universo.
A nessuno hai
più assomigliato
da quando ti
ho conosciuto.
Tu sei sempre
qui…
Ah, tu non fuggi
mai nei miei pensieri….
Sento che ci sei
nell’aria, nella città,
nel vento.
Quando il temporale
solleva in turbine
foglie rossastre
e secche
e tu sei qui….
Sento il tepore
delle tue dolci mani
sul collo e
sulle orecchie
e sulle braccia.
Niente e nessuno
al mondo estinguerà
il fulgore e le
scintille della mia
anima quando ti amo,
quando la mia vita
gocciola sulla tua,
quando la tua dolcezza
versa tenerezza
su di me.
Maddalena Celano, 1999
ALI
DI CERA
La scritta
“fragile” di
un enorme
specchio si
infrange in
tanti piccoli
frammenti taglienti.
Il mio animo
mi sfida:
volendosi perdere
in un oceano di
libertà riflette
in me la mia
immagine navigante
in nuovi orizzonti.
Mi costruisco
ali di cera
per navigare
in eteree nubi:
sfido ogni paura,
ogni terrore.
È difficile
peggio di forti
e sottili raggi
di sole che
squarciano
pupille oculari.
Richiamerò la
mia rondine che
mi incoraggerà
ad attraversare
nuovi cieli.
È giusto così!
“ Dai, è giusto
lasciarsi vivere”,
mi sussurra,
“per innaffiare
questo mondo arido
e riempire di
libertà questo
immenso vuoto:
non prendiamo
le colpe che
noi non abbiamo
ma che potremmo
avere”.
Maddalena
Celano, 1999
NOTTE E FUOCO
Giovani narici
si consumano tra
l’odore acre
di fuoco e fanghiglia,
l’anima si
risveglia di
soprassalto, la passione
continua a consumarsi
nel fuoco, a poco
a poco il
dolore ed il
vuoto ritorna
per irrigidire
lo stomaco ed
il petto.
Mi faccio
colpire come
io non ho mai
fatto. Mi lascio
catturare tra
le infinite insicurezze….
Devo riuscire
dal buio e
dalla notte,
ritrovare
in me sempre
più stima….
Barcollandomi
tra lucide
follie di
pazzi desideri
nuovi e vecchi,
scaricare nelle
mie carni un
caricatore di
proiettili, riempirmi
di lividi viola,
abbandonarmi tra
il fiume del mio sangue e
le passioni più sfrenate,
ritrovare anche
nuove occasioni,
ritrovare in me
sempre più stima,
rimettermi
di nuovo alla prova,
mentirmi un’altra
volta almeno,
rimescolarmi
di nuovo tra
baci e carezze,
ritornare tra
le braccia
della corrente
e del disordine.
Maddalena Celano, 1999
CONSUNZIONE
Perché bramo Dio?
Lontana dalla memoria
ed offuscata dalla malinconia,
avviluppata tra mortali fibre
volte al travaglio.
“ Anche il cielo stellato
finirà”.
Soffocati dalla materia,
come tutti i corpi
avvinti dai
propri destini.
Maddalena Celano, 1998
MENTE
DISANIMATA
Mente disanimata,
macigno su un cuore
che ebbe volontà per mille.
Fonte d’ansia ispirata
pesi soffocandomi,
mi leghi delusa
a nuove pene,
mi attacchi a nuovi sogni.
Perché mi corrompi creando?
Ed ancora, ormai consunta,
mi tempesti con numerose solitudini.
Mi hai discacciata dalla vita
folle ed usurata.
Ma io lo so,
lo so,
la tua non è vera luce!
Maddalena Celano, 1998
EMARGINAZIONE
Avventuriera dell’oblio.
Condottiera di un evanescente
baratro interiore:
la trasgressione.
Succede spesso,
l’unica importanza
sembra essere quella
di dividere.
Ma ciò che sembra un uomo
morto che cammina
è un essere in realtà guidato
da forte determinazione.
I suoi sogni, desideri,
passioni sembrano
materializzarsi nella
trasgressione: coraggio
fornitogli da una
scelta oculata:
saldare i margini
di ciò che sembra
essere l’era
di una fosca
confusione.
Maddalena Celano, 1999
LA CASA
Un’aria limpida e leggera
rischiara la casa
verso l’orizzonte
di una luce tenue
ed effervescente.
Apre nuovi
confini e ricordi
e ricerca
le radici della
mia anima
tra nuovi tempi
e nuove vite
che rinascono
e vecchi tempi
e vecchie vite
che fuggono via
da me.
Ricerco risposte,
anche risposte
date ma non
capite.
È inutile cercare le
parole! La materia
antica non
emette suoni,
soltanto legami
saldi e profondi:
parole troppo
grandi per un uomo!
Non ne comprendo
più il significato….
E l’animo è
rapito dal solito
silenzio senza fine!
Maddalena Celano, 1999
CREDI DI POLVERE
Mi adagio
tra le rapide
di un istinto
che è boia
di sé. Le elemosine
vengono sempre
offerte per
un credo
di polvere,
che viene respirato
nel deserto
dei labirinti
della mente.
Rincorriamo
stupide logiche
di un secolo
inconsapevole
di sé.
Distruggiamo
l’ombra
dell’inesistente e
ritroviamo
invece le
nostre ombre
ignorate e
dimenticate.
Maddalena Celano, 1999
UN SOGNO RICORRENTE
Cerco di salvare
la mia vita attraverso
una logorata
pazienza, un
cieco dolore
di resistenza
verso le luci
abbaglianti dell’impero.
Piramidi sociali
di sterco sovrastate
dall’onore, compratori
di patrie e terreni,
benedizioni e biglietti
di iperuranici
paradisi, troni
spodestati di
vecchi cesari…..
Burattini di morte
invadono i nostri
animi con cenere
grigiastra e divorante.
Maddalena Celano, 2000
AMERIKA
Geografia di
Case erranti,
infinite distese
di infiniti giorni
plasmati di
sangue, guerre,
lotte, utopie,
ideologie ed
infiammati, passionali
ideali, solitudini,
grano ed acciaio
qui sbocciati.
Figli di officine,
schiavi di
grigiastre fabbriche,
nere e cupe
miniere, odorosi di fumo
di sigari, profumati di
zuccherose regioni,
avete confuso
milioni di vetri,
piombi ed ossa,
avete mescolato
a tanto sangue
la patria, la nazione,
i nazionalismi, la nazione,
i nazionalismi,
i patriottismi,
la voce alta
dei conquistatori,
le voci basse e
profonde dei
liberatori,
la pace, la libertà e
gli amori,
le sofferenze,
gli incendi….
Insieme cantate
ciò che sorge
da care pene o
che sgorga dai
grandi silenzi,
dalle superbe
vittorie.
Seattle, si leva
tra manganelli
e soffocanti
fumogeni la tua
voce d’acciaio,
partorendo
neonate speranze,
rigenerando
nuovi fremiti
che proseguono
dinanzi insegnando,
cantando e
costruendo.
Seattle, dal caos
risorgi
come un’orchestra
di pietre ed acciaio
innalzando nuove
impalcature di
giovani coscienze
rigenerate.
In palazzi lussuosi
di vetro e di
gran signori
si prepara la tomba
a deboli regioni,
si coprono resistenza
e martirio, ma
Seattle scopre
ogni millimetro
di morte,
denuncia ogni
nero petalo
di questa vergognosa
gloria affinché
la libertà agonizzante
riabbia vita.
Maddalena Celano, 2000
SARÒ CON TE
Sanguina nelle ferite
di tanti sospiri
un’anima in burrasca
vigile nei fragori,
pazza di un piacevole
fuoco umano che
scorre con dolcezza
e forza nel mio cuore,
lo inibisce e lo esalta,
che conserva il tempo
della speranza e
il candido profumo
di rose rosse,
che accarezza in
superficie la mia
epidermide.
Sarò con te
sulla stessa strada
dietro l’identico
crepuscolo
ad attendere
l’identica alba
nelle medesima
trincea.
Maddalena Celano, 2000
METROPOLIS
Fuliggine
d’acciaio
gonfia di nuovi fuochi d’amare
speranze si china
su di me,
scruta la
mia fronte
e vede violenti
e roventi
arcobaleni di
un metropolitano
visibilio.
Attraversa
questa porta,
compagno
ansioso ed
infiammato!
Maddalena Celano, 2000
Spicchio di luna
Spicchio di luna
simile ad una
snella, ferrea
e flessuosa spada
infierisci contro
il vento, contro
torbide memorie
cancellate dalle
deboli penombre
delle nostre esistenze…..
Spicchio di luna,
alla deriva ti
spogli tra raggi
trasparenti e ti
sommergi nella
fluidità di una
violacea tempesta
per dissolvere tutto:
hai già frustato
le malinconie fluttuanti.
Il tempo riempie
il cesto della mia
vita di polvere ma
tu, sollevandola
in vortice, ci riponi
oscure fragranze!
Maddalena Celano,2000.
Quelli che ben pensano
Rigenerate
un’esistenza
condotta in una
pallida insonnia
che pone perpetui
imperativi supportati
dall’ obbligo
di continue
oscure vittorie.
Vittorie protette
da deboli penombre
condotte e
vissute in
mobili labirinti.
Nessuna tregua
è data agli
ultimi!
a causa di
un irreale e
fantasioso gene
sono destinati
a servire e
riverire primi
irraggiungibili……..
Scappate, anche
se circondati
da marmo e
cristallini palazzi!
Fuggite dalla
vostra eterna
notte con i
vostri eterni
silenzi, con il
vostro fluido e
mellifluo
buonismo,
con i vostri
occhi voraci……
amanti del torbido.
Maddalena Celano,2000.
Lacuna
Ascolto le grigiastre
tenebre di nebbia e
fumo avvolgere
nelle sue spirali
la vuota città…..
Lacuna 2
Il tempo scivola
su di me e
lascia soltanto
un magma di
cenere e ghiaccio.
Lacuna 3
Sono già avvolta
da queste putride
acque.
Questo stagno
nero paralizza
il mio cuore.
Lacuna 4
Grigiastre nubi
si affrettano per
il vasto cielo
tranquillo ad
offuscare
l’ aria luminosa,
a velare con
un sottilissimo
mantello
argentato
l’ anima
dondolandola
tra l’ abbraccio
di un freddo
languore.
Maddalena Celano, 2000.
Sono qui
Sono qui
al centro
di un circolare
turbine di
macchine
e gente.
Ora sono
sola assente
ed immemore,
m’ immergo
in questo
vortice per
contemplare
il nulla.
Maddalena Celano,2000.
Gente
Poca gente, tanta?
Non importa,
non conta……
Solo anime
ingrigite di
pallidi sentimenti,
di credi e
passioni
impolverati ed
impacchettati.
Credono di
fare qualcosa
di concludere
qualcosa
ma cosa?
Avanzare
lentamente o
velocemente
ad una pallida
e muta decadenza.
Maddalena Celano, 2000.
AGLI ALTI INQUISITORI
Sarò diventata
il tuo esperimento
mentre mi trasformerai
in diabolica carne
che alza profumo
sulfureo fino
all’ alba……
Chiuderò la
bocca affinché
nessun’ orecchia
ottusa ed imbevuta
d’ ipocrisia
ascolti una
mia sillaba.
Avrò labbra
serrate dentro
la morsa
dei denti.
Attaccami
se vuoi ma
non permetterò
che il cielo
della liberazione
integrale venga
sfumato e le
sue nuvole
trasformate in
profughe ingrigite.
Risorga dalle
dimenticate
tombe la
guerriglia
delle selve:
la lotta continua!
Maddalena Celano, 2000.
Fosco Meriggio
Un acuto vuoto
ed una piatta
giornata tra una
calca inconsapevole
e ripetitiva di folla
ingrigita amplifica
amare solitudini.
Una straziante
impotenza
violenta e
paralizza
prassi e
volontà.
Maddalena Celano, 2000.
Vigile nei fragori
Miliaia di strade
soffocano
la mia gola
di incertezze
e scoprono
gli inferni
in me in una
gioiosa bufera
vestita a gala
ammantata
di sanguigni
grumi.
I pensieri
si ammalano,
repressi non
danno tregua
al mio dolore,
cercando scudi
di rancore
hanno sfeccettato
le mie lacrime
in versi: gioielli
di delirio!
Maddalena Celano; 2000
Brandelli d’animo
Ombre senza volto
compiono le loro
effimere storie
simili a delle
piccole tenui nubi che
s’ affrettano per il vasto
cielo tranquillo,
futili, imponderabili,
soffici immagini......-....
Si
lacerano a brandelli
contro i denti di
grigiastre vette simili
a lame di pugnali
e così terminano le
loro effimere avventure.
Similmente a molte
anime che non lasciano
della loro fuggevole
esistenza nient’ altro
che poche lagrime.
Come nebbia purpurea
spesso impedisce la
vista dei tronchi d’ albero
più’ argentei e scuri
così non scorgiamo
dell’ altro che pochi e
pietosi brandelli d’ animo.
Maddalena Celano "1998"
Libertà
sconfinata
Gioventù senza
crudezza né trionfo
simili all’ aguzza punta
di un calice solitario
od alla pungente
estremità di un
bocciolo come lancia
senza ampie foglie
né grandi e colorati
freschi petali.
La primavera della
giovinezza non ha
ancora voli ,
non canzoni,
ma procede come
un uccellino,
ancora
mezzo nudo,
provando a
saltellare
in una pericolosa
irta boscaglia.
All’ aquila il suo volo,
al tordo il suo canto;
ma essa non ha
né volo, né canto.
Ma anche un tordo
muto ha il cuore
colmo di
musica d’
oro.
Anche un
aquila ferita
può starsene avvilita
priva del suo volo.
Ma la sua anima
conosce le ascese
ed i tuffi del volo
in un eterna
mattina di maggio.
Maddalena Celano
"1998"
Rimorso
Se esiste il rimorso,
col purgatorio
della sua
fiamma,
per gli esseri
duri ed
egoisti
che crocifiggono l’ amore
quella fiamma
brucerà
altrove,
in questo mondo
certo no li tocca.
Essi hanno l’ animo
stretto da una
livida penombra
come in una tela
di vetro opaco
ed il nauseante odore
di fumo non li
sfiora nemmeno.
Non temono neanche
il cielo chiuso,
sbarrato o sprangato,
pur vedendo le luci
dorate scorrere
attraverso le sue
luminose porte.
Soltanto una
pazza cosa
attraverso irte
plumbee foreste
potrà aiutare
la loro ragione
aggredita da
tanti silenzi.
Maddalena Celano
"1998"
Non possiamo più
aspettare
Fantasie ed
ideologie
appesantiscono
l’ aria torrida
ed insorta
svelando tutto
il loro peso
materiale.
Diseredati,
emarginati
e sfruttati
non fanno
altro che
svelare e
rovesciare
tutti addosso
amare verità:
le macchine
assassine della
passività è
solo alimentata
dagli stessi
sfruttati.
Nulla si riproduce
completamente
da solo:
Errato è
pensare che
nuove talpe
scavino al
nostro posto.
Il “nero” dà
alla differenza
la forza della
complicità.
C’ è una sola cosa
che si può fare
per il bene di
tutto il mondo:
liberare se stessi!
Questo mondo
ci avvelena,
ci costringe ad
attività inutile
e nocive, ci
impone di aver
bisogno di denaro
e ci priva di
rapporti caldi
e appassionati.
Stiamo invecchiando
tra donne ed uomini
senza sogni,
estraniati da
un presente che
non lascia
alcuno spazio
ai nostri slanci
più generosi.
Il comando mi
ripugna quanto
l’ arida e
passiva
obbedienza.
La rivolta in
realtà non ha
bisogno di altre
giustificazioni.
La rivolta ha
bisogno di tutto:
giornali,
riviste
e libri.
Rabbia,
maledizioni
ed anatemi.
Lacrimogeni,
pugnali ed
esplosivi.
Bestemmie,
riflessioni
e poesie.
Filosofi,
romantici poeti
ed avventurieri:
Come mescolarli?
“Complice” è
soltanto chi,
come noi,
desidera cambiare
subito la sua
e le altrui
esistenze.
Maddalena Celano, 1999.
IGNOTO
C’ è una possibilità che
ci rende più liberi
di tutti gli dei:
andare
via.
E’ un’ idea
da assaporare
fini in fondo.
Niente e nessuno
costringono noi
a vivere neanche
la morte!
Le nostre vite
sono come
tabula rasa:
una tavoletta
che non è ancora
stata scritta e
che quindi
contiene tutte
le parole possibili
ed immaginabili.
Con una simile
libertà
non si
può vivere
da schiavi.
La schiavitù
è fatta soltanto
per chi è condannato
a vivere,
per chi è condannato
a l’ eternità,
non per noi.
Per noi c’è
soltanto l’ ignoto.
L’ ignoto di
ambienti in
cui perdersi,
di pensieri
mai rincorsi,
di garanzie
da perdere,
di perfetti
sconosciuti a cui
regalare la
propria esistenza.
L’ ignoto di
un mondo
a cui poter
finalmente
donare gli
eccessi dell’
amore di
sè.
Il rischio anche:
c’è anche il rischio!
Come quello di
opprimerci con
uno spleen
lacerante e
profondo e di
guardare finalmente
in faccia:
il
male di esistere!
Maddalena Celano, 1999.
Raining Stones
Uno scheletro rabbioso
si torceva in risate
oscure ed ostinate
accendendo impurità
tra i raggi di sole
che fendono,
che fioccano
su carcasse solitarie
ed abbandonate
di nuovi dannati:
non dannati dall’
inferno bensì
dannati dalla vita.
Pezzenti che
Danzano
tra
aridità e
sterilità
con schiene piegate
da un’ antica genia.
Sperano ed aspettano
che una nuova
apocalisse si
rigeneri.
Saggi poeti
sapranno
insegnar loro
la vendetta ed il
nuovo riscatto.
Risorgeranno felini
ed odoreranno tempeste,
sapranno gustare i
nuovi mali.
Si ricopriranno di
fuoco, incenso e
mirra come
dannati messia.
Sputeranno sdegno
assetati di tuoni
e violente saette,
supplicheranno
tempeste e
nuovi diluvi.
Amanti del martirio
s’ inebrieranno sapienti
al profumo delle
nuove tristezze.
Un nuovo sogno
si rigenera dalle
funeree volte stellate,
ripiega sull’ universo
la sua indubitabile
ampia ala.
Annienterà
re e
tiranni
che si torceranno
nella morte e tra
le loro ghirlande,
quest’ ultime
sussurreranno
tra le loro orecchie:
“Non siete che
venale orgoglio
sconfitto dall’
apocalisse
dei dannati”.
Maddalena Celano, 1999.
Lo “Spleen” del
Che
Dormiente tra
la fanghiglia
umidiccia di una
plumbea foresta
eri soffocato
tra le morse
del tuo corpo
asmatico
che
trascinavi come
un relitto tra i
sentieri più
labirintici ed erti.
Il mesto e silente
dolore alla vista
del sangue dei
tuoi compagni,
delle efferate torture
ti chiudevano il
cuore ed il
respiro.
Simile ad un
cane randagio
avevi perso
ogni cosa ormai.......
Eri di nuovo libero!!
Libero di
essere perseguitato,
libero di
essere disprezzato,
libero di
dormire agitato
pensando ancora
a quello che potevi
creare e trasformare,
quello che potevi
realizzare tra pene
avare e dannate
e sospiri abbandonati.
Il buio calava su di te
la rugiada tramontava
dietro il tuo corpo
infangato ed erboso.
E la vita ti straziò:
solitario, tra gente
sconosciuta e poco
cibo in dono.
Ti destò la morte
violenta e brutale
ma nel tuo nome
la luce di
grandi ideali,
delle più esorbitanti
fantasticherie ed avventure
mai più si oscurò.
Maddalena Celano, "1999"
Il Tempo dell'
attesa
Conosco l' abbandono
di strazianti silenzi e
retrivi pensieri:
gli infiniti vuoti,
le ombre avvolgenti....
Da sola mi addormento
tra amare carezze
adagiata su un
nuovo rancore che
fa crescere il desiderio,
desiderio annaffiato
dai nuovi veleni...
Mi accanisco
a ritentare
nuovi voli
tra i miei fasulli
sensi di colpa
universali
ed infiniti.
Ora sono la
pazza che guida
in me, la straziante
follia di un
eterno ritorno......
Un nuovo e
sfuggente giorno
rinascerà chiaro
tra nuove
e ripetute sorti.
Come un' affamata
pantera coltivo
il mio agguato,
che tra la notte
del presente,
la freddezza e
la spietatezza
di una nuova sorte.
L' attesa mi
inchioda alle
scelte che
mi consumano
a nuovi fuochi di
speranze ed
illusioni.
Maddalena Celano,
"1999"
Sommessa
Non fui viva
non "matura" tra
la dolcezza
e ne fu penoso
l' allontanamento
da essa
ogni
monotono giorno.
Come deriva di
pene il tempo
si rinnova da
fondi oscuri di
acre e torbide
memorie.
In me un tronco
secco oscilla
e l' aria, come
mossa da ali,
spande l' odore
acre di secche
membra di
rami.
Rincuora, dolente
rinverdire, odoroso
d' infanzia, che
portò grama
gioia, la
gioia grama
del raccontarsi
davanti al
mare in acque
di dolore alle
prime luci
del mattino.
Maddalena Celano,
"1998"
Odi et Amo
Assolta d' anziane
selve ove sera
è sempre perenne
in soffocato petto
mi richiamano
dall' aria torrida
sciolti striduli
di batticuori.
D' ansia e sudore
oppressa distillavano
dalle mie membra
una pioggia pigra
di caldi e torbidi
dardi donde mi
rimescolavo
avvolgendomi
in una corolla
d' amaro
languore.
Maddalena Celano
"1998"
Rivoluzione
Quando lo spazio
si sradica,
il tempo
si dissolve,
le anime si
disintegrano
di vuoti e
rinnovate
angosce, le
mura amiche
si trasformano
in terribili gabbie
e l' uomo se ne
allontanerà per
sempre: l' umanità
raggiungerà il
confine per
trovare nuovi
orientamenti.
Prevarranno nuovi
desideri d' ignoto,
di dominio verso
la paura di
smarrirsi,
alterità oltre
il confine, fuga
verso nuovi
interminabili
eterei spazi
e nuovi tempi,
guidati non
dalla consuetudine
ma dalla volontà
nata dalla fervente
brama del remoto
e dell' ignoto.
L' io tormentato da
tanti silenzi,
oppone la propria
presenza sulla
non presenza,
troverà di fronte
al nulla risposte
al reale ostile,
stroncherà il
tempo ordinario
per immergersi
nello straordinario.
Si incamminerà
in nuovi percorsi
per combattere la
propria angoscia.
L' eterno girovagare
dell' anima sarà
rifugio sicuro di
precarietà esistenziali,
uno scisma rinnovato,
un ritorno alla
catarsi che ridonerà
vigore alle radici di
ogni cuore: La sapienza
e l' umanità
che si
tufferanno nelle
nostre anime.
Maddalena Celano
"1998"
Labirinto
L' ululato disperato
ed agghiacciante di
un lupo staziato
da bollente e cupo
piombo echeggiò per
le arcate gelide della
volta stellata e fredda.
Piccoli rigagnoli di
sangue scorrono
rotolando giù, senza
risposta sul mondo
gelido e cupo composto
da nera fanghiglia.
Niente anima,
niente Dio,
niente grazia.
Aliti fetidi
di spettri da
pensieri
demoniaci
hanno avviluppato
la terra tra i loro
freddi ed olivastri
mantelli.
Maddalena Celano
"1997"
Donne
Protagoniste
Dalla Francia,
dall’ Inghilterra,
dalla Russia,
dalla Spagna,
dall’ aria infuriata
e dalle onde,
son tornate
quasi tutte
le donne.
Quasi tutte....
Amara ed
oscura fu
per loro storia
ed esistenza
di prole, casa,
Chiesa, fango,
sudore e
toilettes:
non avevano
ancora mai,
forse solo
per morire,
assaporato
viaggi, libri,
isole, successo
e fulgore....
Eppure ormai
Sono tornate,
gli uomini non
le avevano
accolte nell’
ampio spazio
degli aperti
ideali di
sogni e riscatti.
Da ogni parte
i padroni assediati
dal loro essere
e dalle loro menti
agguerrivano le
loro falangi:
offrivano
catene e coppe
di putrido sangue,
volevano giovani
donne per renderle
contadine,
domestiche
schiave,
concubine,
prostitute o
languide mogli.
Ma fino alle
ultime frontiere
dell’ infinito
mondo giunse
per i patriarchi
il terrore.
Aprirono tutte
insieme le
donne
tutte
le porte sprangate
affinché l’ aria
dell’ eguaglianza
e del riscatto
attraversi il
mondo intero.
Dissero insieme:
la terra appartiene
anche a noi perché
più non si senta
il frustino della
proprietà del
patriarca ma
soltanto un
canto, un canto
ancora, e mille
altri canti sulle
migliaia di grandi
passi di più della
metà del genere
umano.
Ma se padri padroni,
armano eserciti ed
istituzionalizzano
gerarchismo e
diseguaglianze
per distruggere
le nostre grandi
conquiste e per
mandare funzionari
imperialisti e
tiranni a dirigere
la musica e l’
ordine che amiamo,
noi risorgeremo
dalle pietre e
dalle viscere della
terra insieme
alle mostruose
Erinni per mordere;
noi sorgeremo dall’
ultima finestra
per rovesciarti
addosso fuoco e
viscida vergogna;
risorgeremo dalle
affilate vette
montuose per
inchiodarti con
fredde ed
enormi spine.
Non posare
quindi più
Il tuo piede,
padrone, sulla
dolce Francia,
su tutti i luoghi
e le nazioni dove
abbiamo condotto
le nostre amate
sommosse e rivoluzioni,
perché lì noi staremo
affinché le donne
ribelli e protagoniste
ti mostrino i loro
volti infiammati
dall’ immenso
calore
della loro
amata
lotta.
Maddalena Celano; 1999.