POLITICA

Il giornale elettronico dei liberalcomunisti

n°3 del 18-6-2000


Al via il nuovo inutile congresso federale del P.R.C. di Roma: i liberalcomunisti invitano i compagni iscritti al P.R.C. romano a boicottare con l'astensione il congresso


Elenco degli articoli pubblicati in questo numero:
1. "IL CONGRESSO DEL P.R.C. DI ROMA" di Massimo Cogliandro
2. "LA GLOBALIZZAZIONE" di Titti
3. "VARARE SUBITO LA RIFORMA DEGLI ORGANI COLLEGIALI INTERNI ALLE SCUOLE ITALIANE!" di Massimo Cogliandro


 

IL CONGRESSO DEL P.R.C. ROMANO

di

Massimo Cogliandro

 

Il comitato politico federale del P.R.C. romano il 13/5/2000 ha deciso la rottura con la Giunta Rutelli. Si è trattato di una decisione importante perchè ha rappresentato un primo tentativo della maggioranza del gruppo dirigente del partito di Roma di rendersi autonomo rispetto ai quadri intermedi della burocrazia politica ulivista e di riavviare, come dovrebbe fare sempre un Partito Comunista, un dialogo con chi detiene il potere solo sulla base della conciliabilità dei rispettivi presupposti ed indirizzi programmatici. La scelta di abbattere la giunta Rutelli, quindi, sarebbe stata una scelta giusta se le motivazioni che hanno spinto il C.P.F. romano a chiedere una svolta alla giunta Rutelli fossero accompagnate da una alternativa di programma credibile a quello della giunta.
Le proposte della burocrazia politica federale del P.R.C. romano, per come risultano da tutti i documenti presentati al Congresso di Federazione, ma in particolare da quello intitolato "Una sinistra alternativa alle politiche della Giunta Rutelli", espresso dalla maggioranza dei membri del C.P.F. che ha deciso la rottura con Rutelli, appaiono a noi liberalcomunisti permeati da un modo vecchio di intendere il socialismo nel momento più importante, che è quello della elaborazione programmatica e progettuale: il socialismo, per come lo intendiamo noi, non è statalismo nè assistenzialismo puro e semplice.
Il socialismo si caratterizza perchè cerca non solo una redistribuzione del plusvalore sociale, ma anche una redistribuzione delle varie forme di sovrapotere istituzionale e sociale e la progressiva socializzazione della gestione delle imprese di proprietà statale e privata. Ora, in questi documenti non c'è nulla di concreto che vada in questo senso, anzi...!
Se si può condividere l'esigenza di questi compagni di lottare contro le privatizzazioni tout court delle aziende municipalizzate, leggiamo, però, nella loro ostilità ad ogni forma di decentramento e di disarticolazione del sistema di gestione centralistica, che ha caratterizzato fino ad oggi queste aziende, non il desiderio di operare un passaggio delle aziende municipalizzate da un sistema fondato sulla proprietà statale ad un sistema fondato sulla proprietà sociale, cioè sull'autogestione e l'autofinanziamento, ma di mantenere il monopolio tecno-burocratico della burocrazia politica romana sulla proprietà e sulla gestione delle aziende di proprietà del Comune.
Se l'intenzione reale degli estensori del documento "Una sinistra alternativa alle politiche della Giunta Rutelli", come è lecito pensare, è quella di lottare per forme di "autorganizzazione e di partecipazione dei cittadini" alla "gestione dei servizi sociali" e delle aziende mediate dalle burocrazie politiche dei partiti - viste come le "legali" rappresentanti dei cittadini/utenti - e dalle burocrazie politico-rivendicative sindacali - viste come le "legali" rappresentanti dei lavoratori -, allora è meglio sostenere le politiche di privatizzazione dei servizi e delle aziende municipalizzate, anche se profondamente cambiate nelle forme, nelle modalità e nei contenuti.
Non mi soffermo sugli altri documenti perchè sono aberranti, in particolare il documento intitolato "Dal rafforzamento del Partito una svolta per Roma". Questo documento ,infatti, rivendica la costruzione di un partito "pesante" e "ben strutturato", il che sta ad indicare la ferma volontà di operare un ingigantimento della burocrazia politica del partito, che le permetta di acquisire un ruolo "forte" ed "egemone" nel rapporto con la burocrazia politica ulivista: l'intento è chiaramente quello di giungere ad una integrazione del P.R.C. nella classe sociale dominante, cioè nella burocrazia politica ulivista, partendo da una posizione di forza.
Dato il carattere burocratico-borghese di tutti i documenti congressuali, noi liberalcomunisti iscritti al P.R.C. invitiamo i compagni ad astenersi dal voto in sede congressuale.
Noi liberalcomunisti, come contributo al dibattito, desideriamo, però, proporre ai compagni i seguenti vincoli da porre alla Giunta Rutelli se vuole godere ancora dell'appoggio del P.R.C.:

1. la privatizzazione delle imprese del comune deve avvenire con la cessione di tutte le azioni delle nuove S.p.a. ai lavoratori delle aziende interessate: le azioni non saranno cedibili dai lavoratori a persone esterne all'azienda;

2. la attuazione della 5^ direttiva CEE sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese pubbliche e private all'interno delle imprese di proprietà del Comune, prima che esse vengano privatizzate e facendo in modo che il nuovo sistema di gestione resti in piedi anche dopo la privatizzazione;

3. il decentramento reale, prima della privatizzazione, del sistema di gestione delle aziende municipalizzate;

4. la introduzione negli asili nido e nelle scuole materne del Comune non di una gestione operata dal "privato sociale", che molto spesso "sociale" non è, ma di un sistema di autogestione da parte del personale scolastico e delle famiglie analogo a quello previsto dal Regolamento per l'autonomia didattica ed organizzativa per le istituzioni scolastiche di proprietà dello Stato e dalla proposta di legge sugli organi collegiali delle istituzioni scolastiche approvata dalla 7^ Commissione permanente della Camera il 19/1/1999;

5. la interruzione del processo di privatizzazione del sistema bibliotecario di proprietà del Comune: il sapere non è una merce!

6. la soppressione dell'iniquo sistema dei parcometri, che ha permesso unicamente di introdurre nuove gabelle indirette ai danni dei lavoratori romani e del circondario, senza che ci sia stato un corrispettivo miglioramento della qualità del servizio di trasporto pubblico.


LA GLOBALIZZAZIONE

di

Titti

La globalizzazione dei mercati sta producendo gli effetti contrari rispetto a quelli sperati dagli economisti borghesi. Essa, infatti, sta conducendo al rafforzamento delle grandi multinazionali, ad una sempre maggiore concentrazione a livello planetario del plusvalore sociale prodotto dalle classi sociali subalterne nelle mani degli apparati di vecchi e nuovi grandi poli industriali, commerciali e finanziari.
Si ha sempre di più la formazione di nuovi oligopoli, che invece di farsi concorrenza, con buona pace dei volonterosi economisti che difendono la globalizzazione dei mercati, formano dei cartelli in grado di intervenire sulla determinazione dei prezzi e della qualità delle merci prodotte su scala mondiale.
Oggi le grandi burocrazie aziendali delle multinazionali sono in grado di ricattare i Paesi del Terzo Mondo e costringere le classi dirigenti di quei paesi a realizzare i loro progetti, ma anche di condizionare l'operato di nazioni più o meno "ricche" come l'Italia, imponendo dolorose politiche di tagli allo Stato Sociale e al sistema previdenziale.
Sarebbe opportuno che i processi di globalizzazione dei mercati, a cui chiunque ami il progresso non può essere per principio contrario, siano posti sotto uno stretto controllo sociale, il che non vuol dire chiedere agli Stati di soffocare la libera concorrenza, ma piuttosto di favorirla con il varo di tutta una legislazione volta a disintegrare i grandi monopoli.
Ogni nazione, in particolare deve ridurre le forme di sfruttamento, redistribuire i grandi aumenti di profitto, che i capitalisti hanno ottenuto in questi ultimi anni in favore di un rafforzamento del sistema di sicurezza sociale.
Regolamentare e ridimensionare i grandi movimenti di capitale tra nazioni con una forte differenza nel costo del lavoro, per impedire che tali movimenti si traducano in politiche economiche di tipo imperialistico da un lato e di precarizzazione del lavoro dei lavoratori dei paesi che hanno prodotto quegli stessi capitali.
Il pericolo è che anziche globalizzare i mercati, si globalizzino le condizioni di vita dei lavoratori, ma verso il basso facendoci tornare indietro di decenni. Bisogna favorire al contrario forme di accumulazione originaria del capitale direttamente nei paesi del terzo mondo, in modo tale da permettere a quei paesi di creare le condizioni per uno sviluppo autonomo e sostenibile.

 


VARARE SUBITO LA RIFORMA DEGLI ORGANI COLLEGIALI INTERNI ALLE SCUOLE ITALIANE!

di

Massimo Cogliandro

 

E' ormai più di un anno, che la 7^ Commissione permanente della Camera ha licenziato il testo della nuova legge sugli organi collegiali interni alle istituzioni scolastiche, che rivoluzionerebbe il sistema di gestione della scuola italiana, introducendo una forma di vera e propria autogestione sociale delle istituzioni scolastiche.
Non si capisce perchè il Presidente della Camera dei deputati, on. Violante, continui a rinviare la discussione ed il voto in aula di questo importantissimo provvedimento.
La nostra preoccupazione principale è che si finisca con l'andare a votare senza che questa legge sia stata approvata: le conseguenze sarebbero pesantissime, dal momento che il governo di centro-destra, che forse salirà al potere dopo le elezioni, potrebbe varare una riforma degli organi collegiali che, anzichè andare nel senso dell'autogestione come prevede la riforma attualmente in discussione, vada nel senso di una aziendalizzazione delle istituzioni scolastiche.


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