La sede e la storia

ISTITUTO MAZZINIANO

 

 

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Casa Mazzini

 

Giuseppe Mazzini nacque il 22 giugno 1805 a Genova in  un appartamento sito al primo piano di un palazzo di proprietà dei marchesi Dinegro, in strada Lomellini nel quartiere della Maddalena, che nel periodo napoleonico era stato ribattezzato "della Fratellanza". L'edificio, di cui abbiamo le prime notizie in una planimetria del 1414, presenta i segni di notevoli rifacimenti avvenuti nel corso dei secoli, come mostrano gli affreschi murali secenteschi, oggi pressoché illeggibili.

Quando nacque Mazzini, la casa di tre piani era composta di due appartamenti ed una negozio di farmacia, le cui insegne, con decorazioni in marmo, sono visibili ancora oggi sulla facciata. Il quartiere, abitato dalla ricca borghesia era alle spalle della Strada Nuova, che racchiudeva i tesori della nobiltà genovese.

Le radicali trasformazioni subite a più riprese dall'edificio rendono di difficile lettura la topografia dell'appartamento abitato dai Mazzini, composto di tre camere e dei servizi, divisi tra il mezzanino e il primo piano. Erano locali piuttosto stretti, sufficienti forse ai giovani sposi che l'abitavano dal 1794, ma del tutto inadeguati quando la famiglia si accrebbe con la nascita di Rosa nel 1797, Maria Antonietta nel 1800, Giuseppe e Francesca nel 1808.

Il padre (foto 237), che, sino alla nascita della prima figlia era un fiero giacobino, abbandonò pian piano ogni velleità rivoluzionaria, dedicandosi alla professione medica, con risultati sempre più brillanti sino a raggiungere una posizione economica tali da potergli permettere di offrire ai suoi una casa più confortevole.

Nel 1809 la famiglia si trasferì in collina, al Castelletto, in salita dei Pubblici Forni, n.1197 (dip. 280), in una casa che è stata demolita nel 1900 durante i lavori di costruzione di un nuovo nucleo di abitazioni. Ed è questo il luogo che Mazzini abitò sino al 1830, quando intraprese un esilio che durò tutta la vita ed al quale fece spesso riferimento nelle sue lettere dense di ricordi e di affetti famigliari. Non poteva certo ricordare la casa di via Lomellini che aveva lasciato a soli quattro anni.

Giacomo Mazzini morì nel 1848, la moglie quattro anni dopo. La casa rimase vuota e Mazzini si oppose al desiderio dei suoi amici genovesi di mantenerla, sperando in un suo futuro ritorno. Scriveva ad una sua amica inglese: "Io non abiterò mai più nella casa di mia madre…non potrei dormire, studiare, divertirmi tenere conversazioni inutili o allegre vicino alla camera di mia madre; nella casa si farebbero una quantità di cose che mi sembrerebbero profanazioni".

Di questa sua volontà tennero conto gli amici genovesi dell'esule, quando, tre anni dopo la sua morte, vollero che i suoi ricordi, gli oggetti che aveva lasciato loro, quando di nascosto era venuto a Genova e quant'altro di lui avessero potuto raccogliere fossero riuniti in un luogo particolarmente significativo. Pensarono quindi alla casa natale, anche se pochi di loro ne ricordavano l'ubicazione, tanto che in un primo momento fu murata una targa in marmo a ricordo sopra l'ingresso di un palazzo prospiciente.

Fu una anziana genovese, Carlotta Benettini (foto), che aveva sempre mantenuto rapporti con la famiglia Mazzini, a far notare l'errore, e a far porre la targa sul palazzo dove si trova tutt'oggi, confortata dal possesso di un disegno, fatto da un mazziniano, Piero Cironi, nel 1852 .

Trovata la casa, iniziò la raccolta di fondi per l'acquisto dell'appartamento. Occorrevano ben 16.000 lire (circa 250 milioni di oggi), che i genovesi raccolsero in 6 anni, con sottoscrizioni, lotterie e proventi da spettacoli. Entrati in possesso dell'appartamento, i promotori dell'iniziativa desideravano fissare una targa marmorea sulla parete della stanza dove nacque Mazzini. Ancora una volta fu la Benettini, che, frugando nella memoria, dette indicazioni preziose: era bambina ed era presente quando nacque Giuseppe; i ricordi erano offuscati, ma non tanto da avere cancellato dalla mente un particolare di quella stanza: una finestrella, con una grata, dalla quale entrava la luce del ballatoio del palazzo. Di essa, purtroppo non era rimasta alcuna traccia. Narra uno dei testimoni: "Il finestrino non c'era più. Allora tentammo i muri picchiando con pugno e per caso uno d'essi ci rispose con un rumore cupo, ma lungo, segno che dentro c'era vuoto. forti della nostra qualità di proprietari, preso un grosso martello, ci demmo ad abbattere il muro; fatto un largo buco vi penetrammo. Acceso un lume, mandammo tutti un grido di gioia. L'inferriata murata si presentò ai nostri sguardi; col martello aprimmo uno squarcio. Guardammo fuori: era la camera nuziale dei genitori di Giuseppe Mazzini" .

Nacque così una delle prime case-museo in Italia. Per essere certi che fossero garantite anche per il futuro le finalità per cui era stata acquistata, la proprietà della casa fu ceduta all'amministrazione genovese, che in cambio ne assicurò l'apertura in determinate giornate e si impegnò ad arricchirne le raccolte con l'acquisto di libri, opuscoli e giornali mazziniani.

La sistemazione delle tre stanze rispondeva agli scopi prefissi di rendere il luogo, sacrario alla memoria dell'Uomo: all'ingresso era collocata al centro la cassa metallica entro la quale fu traslata da Pisa a Genova la salma di Mazzini; la seconda stanza aveva alle pareti scaffali dove erano sistemate raccolte di giornali diretti da Mazzini, alcuni suoi manoscritti ed edizioni di sue opere; nella camera dove nacque si trovavano su di una mensola le maschere di gesso dell'Esule e di sua madre, poste entro una campana di vetro; altri oggetti personali erano custoditi in apposite vetrine.

Negli anni successivi l'amministrazione genovese, pur mantenendo l'impegno di curare la manutenzione e la custodia dell'appartamento, affidato ad un "custode onorario", scelto tra i vecchi mazziniani o garibaldini, non poté impedire che le trasformazioni edilizie ed il degrado di via Lomellini non coinvolgessero anche la storica casa. Già ai primi del '900 per accedere al sacrario si dovevano salire scale impervie e sporche; nel 1917 il Sindaco denunciava al questore che il palazzo era tenuto "in condizioni indecenti "; "dagli inquilini vengono affittate camere a persone di facili costumi, cui ne vien nocumento al decoro della storica casa ed a coloro che si recano a visitarla".

La soluzione, prospettata dalla direzione dell'Ufficio di Belle Arti, fu quella di "isolare" la casa di Mazzini dal contesto urbano circostante per restituirle dignità e decoro. Per far ciò era necessario acquisire la proprietà dell'intero stabile, che nel frattempo aveva subito una profonda trasformazione causa le speculazioni immobiliari dei proprietari, i quali dagli originari tre appartamenti erano riusciti a ricavarne oltre una dozzina, con divisioni interne ed elevando il palazzo di un piano; la farmacia aveva lasciato parte dei suoi spazi a una tipografia, ad un forno e vari magazzini erano stati ricavati dai locali a piano terra.

Una volta acquisito l'intero palazzo sarebbe stato possibile riunire in una sola sede il Museo del Risorgimento, fondato nel 1915 a Palazzo Bianco, l'archivio storico ed una biblioteca specializzata.

La strada per giungere alla realizzazione di questo progetto fu lunga e difficoltosa; non era facile liberare l'intero edificio dai numerosi inquilini e trovare i fondi per una ristrutturazione generale. Si chiese l'intervento del Governo che, sia pur lentamente, agì in maniera concreta: innanzitutto con la legge del 29 ottobre 1925, n. 1982 dichiarò l'intero edificio e non solo l'appartamento di Mazzini, "Monumento nazionale", ponendo così le premesse legali all'operazione di esproprio; con una seconda legge del 23 giugno 1927, n. 1136 impegnava la consistente somma di L. 870.000 (circa 6 miliardi attuali), per l'acquisto in via di espropriazione per pubblica utilità di tutti i locali della casa. Questa operazione fu completata solo nel 1933, anno in cui, con uno stanziamento straordinario di 180.000 lire fu dato il via alla ristrutturazione interna dell'edificio.

 

Istituto Mazziniano

Il 22 giugno del 1934 fu inaugurato l'Istituto Mazziniano con una cerimonia che richiamò giornalisti da ogni parte d'Italia ed ebbe echi anche all'estero: una rassegna-stampa del luglio di quell'anno cita oltre 60 articoli pubblicati in numerose città straniere (Filadelfia, Montreal , Tunisi, Buenos Ayres, New York, Casablanca, Berlino ed altre).

La consistenza iniziale delle raccolte assommava a oltre 80.000 documenti cartacei, 12.000 tra libri, riviste e opuscoli e un numero imprecisato di cimeli, stampe, manifesti, fotografie.

Il Museo occupava due piani, comprese le stanze mazziniane, la biblioteca era al terzo piano, i depositi all'ultimo. L'esposizione, anche per il breve tempo avuto a disposizione per organizzare l'Istituto, non seguiva una particolare logica museale. Era tutta tesa ad evidenziare in modo acritico le "glorie" del passato, con intenti trionfalistici e apologetici che liquidavano e sacrificavano ogni differenziazione ideologica sull'altare del mito.

Durante il periodo bellico, per ragioni di sicurezza, l'Istituto fu chiuso e la documentazione più preziosa venne trasferita in depositi sicuri,

La precauzione si rivelò provvidenziale in quanto l'edificio fu sinistrato da un bombardamento avvenuto nella notte tra il 22 e il 23 ottobre 1943 (foto), che causò notevoli danni soprattutto all'appartamento di Mazzini e danneggiò suppellettili e parte delle raccolte conservate.

Da allora il settore espositivo subì continui ridimensionamenti: non si ebbe più, sino all'attuale ristrutturazione del 1982, un Museo dedicato a tutto il Risorgimento, ma solo mostre tematiche, perlopiù in occasione di anniversari: data al 1948 la Mostra storica "Genova 1947-49"; al 1961 una seconda intitolata "Genova mazziniana e Garibaldina"; infine, nell’anno centenario della morte di Mazzini (1972) le "Sale dedicate a Giuseppe Mazzini", organizzata in spazi ormai ridotti al vecchio appartamento di Mazzini.

Solo con il 1982 (anche questa volta in occasione di un centenario, quello della morte di Garibaldi), l'Istituto fu oggetto di una importante ristrutturazione che riguardò la parte espositiva, le sale della biblioteca e dell'archivio e i depositi con il recupero di tutti gli spazi . Oggi, per le nuove accessioni e soprattutto per le cospicue donazioni, l'Istituto presenta carenza di spazi di depositi, mentre la parte espositiva e le sale di lettura sono tuttora assai funzionali. L'archivio e la biblioteca sono punto di riferimento per ricerche storiche; il percorso del Museo si presta diverse fasce di utenti e richiama visitatori, soprattutto scolaresche da ogni parte d'Italia. Si organizzano mostre, convegni, visite guidate a tema , si curano pubblicazioni, riunite nella collana dei "Quaderni dell'Istituto Mazziniano"(vedi). Sono appuntamenti fissi per manifestazioni tre date significative: il 22 giugno e il 10 marzo, anniversari della nascita e della morte di Giuseppe Mazzini e il 10 dicembre che vuole ricordare che lo stesso giorno nel 1847 risuonò per la prima volta nelle strade di Genova l'inno di Goffredo Mameli.

 

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Ultimo aggiornamento

giovedì 17 agosto 2000