Dopo il Congresso di Vienna e la restaurazione dei regimi reazionari, il tricolore compare sporadicamente come simbolo rivoluzionario della Carboneria a Napoli e a Torino, nel 1821 e nel Cilento nel 1828. Fu Mazzini, fondatore della Giovine Italia (1831) ad adottare il tricolore come simbolo dell’Italia futura: sopra di esso vi erano scritte che compendiavano il credo mazziniano: da una parte, “Libertà’ - Uguaglianza - Umanità’“, dall’altra “Unita’ - Indipendenza”. Il tricolore sventolo’ per la prima volta nelle strade una manifestazione a Genova il 10 dicembre del 1847, motivata dall’anniversario dell’insurrezione popolare del 1746, ma con un chiaro significato patriottico ed antiaustriaco. Ad essa parteciparono oltre 30.000 patrioti provenienti da ogni regione italiana. Nella festa genovese, fra stendardi inneggianti a Balilla e ad altri popolani genovesi protagonisti della sommossa, spiccavano due tricolori. Uno lo issava Goffredo Mameli, che lo consegno’ poi al Rettore dell’Università’ di Genova, dove e’ tuttora conservato; l’altro, portato dal genovese Luigi Paris, oggi e’ esposto nel nostro Museo. E’ in questa occasione che il tricolore diventa l’emblema di una nazione; non rappresenta solo una milizia, o una Repubblica limitata a poche Regioni, ma tutto il popolo italiano “dall’Alpi a Sicilia”. Il 23 marzo del 1848 al momento di varcare il Ticino ed intraprendere la guerra all’Austria, Carlo Alberto con un proclama adotto’ il tricolore come bandiera del proprio esercito, caricando la banda bianca dello stemma dei Savoia, orlato di azzurro. Lo stesso modello fu adottato nell’aprile successivo anche dalla Marina sarda. Il tricolore era ormai simbolo di liberta’, adottato negli Stati che si erano ribellati alle antiche dinastie, e fu l’emblema delle ultime repubbliche, la Romana e la Veneta, che resistettero alla restaurazione dei vecchi governi . Dopo 1849 divenne simbolo del Regno di Sardegna e dal 1861 del Regno d’Italia. Parallelamente, liberato dello stemma sabaudo, continuava ad essere emblema dei repubblicani. Carlo Pisacane, nella “Rivoluzione” scritta tra il 1851 e il 1855, configurava una repubblica sociale e federale con simbolo il tricolore con sul bianco l’archipendolo ( strumento usato per segnare il piano verticale sul terreno), incorniciato da un triangolo. Bisogna attendere il Regio decreto-legge del 24 settembre 1923, n.2072 per vedere omologato il tricolore quale simbolo d’Italia. Nella costituzione repubblicana del 1947, all’art. 12, si legge: “La Bandiera della Repubblica Italiana è il Tricolore: verde, bianco e rosso a tre bande verticali di eguale dimensione”. Sul significato dei tre colori si sono sbizzarriti scrittori e poeti. Limitandoci ad alcuni esempi risorgimentali citiamo: Berchet : Il verde la speme tant’anni pasciuta, il rosso: la gioia d’averla compiuta; il bianco: la fede fraterna d’amore. Dall’Ongaro: Il bianco l’é la fé che ci incatena il rosso l’allegria dei nostri cuori ci metterò’ una foglia di verbena ch’io stesso alimentai di freschi umori Dall’Ongaro: I tre colori della tua bandiera non son tre regni ma l’Italia intera il bianco l’Alpi, il rosso i due vulcani il verde l’erba dei lombardi piani Pier Paolo Parzanese : Se una rosa vermiglio o un gelsomino a una foglia d’allor metti vicino i tre colori avrai più cari e belli a noi che in quei ci conosciam fratelli i tre colori avrai che fremer fanno chi ancor s’ostina ad essere tiranno. Niccolini : Il bianco mostra ch’ella è santa e pura il rosso che col sangue è a pugnar presta e quell’altro color che vi si innesta che mai mancò la speme alla sventura Carbone : E la luna un vessillo rischiara che le avverse falangi confonde E’ il vessillo che ai teutoni infesto riscintilla di nuovo splendor |
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