La Mediazione PedagogicaLiber Liber

La psicologia dei costrutti personali di George A. Kelly
di Furio Pesci

1. Considerazioni introduttive. Kelly e Dewey

     L’opera di George A. Kelly (1905-1967) costituisce un corpus teorico che nel nostro Paese non ha mai avuto ampia diffusione e del quale, anzi, la conoscenza è stata, fino ad ora, limitata ad un numero relativamente ristretto di specialisti.

     In effetti, occorre dire che su questa scarsa penetrazione delle teorie di Kelly nel nostro Paese ha probabilmente influito anche il diffondersi di altre costruzioni teoriche per molti versi analoghe a quelle di Kelly, studioso che si può inquadrare nell’ormai ampio e variegato alveo del “costruttivismo”. La situazione italiana è, d’altra parte, almeno a quel che risulta a chi scrive, del tutto conforme a quella di altri Paesi, nei quali la ricerca psicologica ha avuto ed ha tuttora grande sviluppo.

     Un altro influsso negativo per la diffusione dell’opera e del pensiero di G. A. Kelly è stato esercitato, peraltro, dalla sua stessa vicenda esistenziale ed intellettuale; morto a 62 anni, quindi ancora in età non molto avanzata, il suo nome e la sua fama sono legati ad un’opera di grande mole, The Psychology of Personal Constructs (Kelly, 1955), che rimane l’unico libro interamente scritto da Kelly, la cui produzione scientifica è relativamente ristretta. Lo stesso Kelly, del resto, dopo la pubblicazione del suo “capolavoro” (un’opera in due grossi volumi, per complessivamente circa 1200 pagine) ebbe a disposizione solo pochi anni per continuare la sua ricerca e per organizzare il gruppo di studiosi che si formarono alla sua scuola e che ne hanno proseguito, in vario modo ed anche con un certo eclettismo, l’opera.

     La psicologia dei costrutti personali è rimasta, così, una teoria legata essenzialmente al nome di Kelly, ben presto classificata tra le prime espressioni del costruttivismo americano, grazie anche all’apprezzamento espresso da studiosi come J. S. Bruner, e forse troppo precocemente relegata nella “storia” di questa corrente, come se fosse priva, rispetto ad altri “costruttivismi”, di prospettive d’approfondimento e d’applicazione.

     In effetti, pur avendo “conquistato” una sua collocazione specifica nel panorama scientifico della psicologia nordamericana, come sta a dimostrare la presenza di voci espressamente dedicate ad essa nei principali repertori di psicologia editi dagli anni Settanta in poi, un limite pressoché insuperabile per una maggiore affermazione della psicologia dei costrutti personali è stato costituito dal fatto che il suo ideatore, pur avendola concepita come supporto ad un’applicazione di stampo prioritariamente psicoterapeutico, non ebbe modo di convalidarla con un lavoro clinico adeguatamente ampio. Per questo motivo, si può dire che, mentre la psicologia della personalità elaborata da Kelly rappresenta ancora oggi una veduta teorica sull’uomo utile ad una conoscenza e ad uno studio dell’individuo, la sua impostazione psicoterapeutica è stata almeno parzialmente superata da altri approcci metodologici più specificamente centrati sul lavoro clinico.

     Nonostante questi rilievi critici, la teoria dei costrutti personali appare dotata ancora oggi di un notevole potenziale applicativo, sia sul piano di una conoscenza di tipo, per così dire, “antropologico” e “fenomenologico” della personalità umana, sia, di conseguenza, per la varia applicabilità che i concetti teorici principali della teoria di Kelly possono trovare anche in altri settori dello studio dell’uomo, tra i quali quello pedagogico è, in questa sede, privilegiato per il particolare interesse che riveste in generale e per le “intuizioni” pedagogiche implicite nell’opera dello stesso Kelly.

     Un implicito interesse per le dimensioni educative dello studio della personalità umana è rilevabile anche dai riferimenti teorici di questo studioso. Kelly, nato nel Kansas, prima di dedicarsi alla psicologia ebbe una formazione universitaria in fisica e in matematica. Studiò poi sociologia dell’educazione e, dopo un anno di studi a Edinburgo,  concluse la sua formazione nell’Università dell’Iowa, conseguendo il titolo di Philosophiae Doctor in psicologia. Cominciò, quindi, l’insegnamento e la ricerca accademici presso il Fort Hays Kansas State College, trasferendosi poi, e rimanendovi per la maggior parte della sua vita di studioso, nell’Università dell’Ohio, presso la quale diresse a lungo i programmi di ricerca nel campo della psicologia clinica, ricoprendo cariche di un certo rilievo nell’American Psychological Association. La formazione e poi l’attività di studio di Kelly si svolsero nel periodo della massima affermazione del pensiero deweyano, che influenzò molto l’opera di Kelly, come egli stesso ammise esplicitamente in più punti del suo libro fondamentale. E’ utile prendere in considerazione questi richiami a Dewey, che non sono mere attestazioni generiche, ma si inseriscono sempre in contesti significativi della trattazione di Kelly ed illustrano le “potenzialità” pedagogiche di questa teoria.

     Il testo di Dewey che maggiormente interessa Kelly è Come pensiamo, che infatti figura anche nella bibliografia dell’opera maggiore. Non si tratta di un riferimento generico; Come pensiamo fu, infatti, una delle più felici espressioni della psicologia deweyana, nella quale si ritrovano organicamente connesse le posizioni fondamentali della filosofia di questo autore e le sue vedute in campo psicologico. Fu anche un testo che raggiunse tirature elevate, con traduzioni in varie lingue, certamente uno dei “successi” editoriali maggiori di Dewey. Non va dimenticato, del resto, il particolare che si tratta di un’opera rivolta anche agli insegnanti. La riflessione psicologica deweyana si situa, infatti, quasi sull’ideale linea di confine tra filosofia e pedagogia, considerata, quest’ultima, dal filosofo americano come un vero e proprio banco di prova di qualsiasi idea filosofica. Kelly, quindi, dalla sua  prospettiva di psicologo, valorizza tra le fonti di riferimento del suo lavoro precisamente quest’opera deweyana, soffermandosi a più riprese sugli aspetti caratterizzanti del suo rapporto con il pensiero di Dewey.

     Così, nel terzo capitolo della sua opera teorica complessiva (Kelly, 1955), dopo aver esposto le caratteristiche epistemologiche della sua impostazione (occorre sottolineare l’interesse e la sensibilità di questo studioso verso i problemi epistemologici della sua disciplina, che lo contraddistinguono rispetto a molte altre voci della psicologia contemporanea) e dopo aver descritto le sue posizioni di fondo (sulle quali si tornerà, ovviamente, più avanti), Kelly afferma che l’assunto di fondo della sua teoria riguarda il carattere “anticipatorio” del comportamento umano e della conoscenza. Stabilendo una relazione d’affinità molto stretta tra la logica della ricerca scientifica e quella del comportamento quotidiano (e quindi, anche della struttura della personalità individuale) Kelly riconosce che fu soprattutto Dewey a porre “l’accento sul carattere anticipatorio del comportamento e sull’uso delle ipotesi nel pensiero individuale” (Kelly, 1955, p. 129 – la traduzione dei passi citati è dello scrivente), e prosegue, precisando che “la psicologia dei costrutti personali segue Dewey sotto questo riguardo” (Kelly, 1955, p. 129). In sostanza, come si può vedere fin da adesso, l’aspetto essenziale della teoria di Kelly, quello sul quale si fonda l’intera sua interpretazione della personalità umana, è mutuato esplicitamente da Dewey.

     Sull’influsso del pensiero deweyano Kelly si sofferma poco più avanti nello stesso capitolo, per molti versi essenziale ai fini di una piena comprensione del pensiero di questo studioso; afferma Kelly: “Quando abbiamo enunciato il nostro postulato fondamentale, ci siamo ricollegati a una particolare concezione della motivazione umana. Lo sviluppo della persona è psicologicamente canalizzato dalle modalità con cui anticipa gli eventi [si tratta dell’enunciato fondamentale della psicologia di Kelly, come si vedrà meglio in seguito]. La direzione del suo movimento, quindi la sua motivazione, è rivolta a meglio comprendere ciò che accade. Laddove Dewey avrebbe affermato che noi comprendiamo gli eventi attraverso l’anticipazione di essi, noi aggiungeremmo che tutta la nostra vita è orientata verso l’anticipazione degli eventi. La persona si muove nel mondo esterno cercando di renderlo sempre più prevedibile e talvolta si ritira in un mondo in cui tutto è prevedibile. In questo caso diventa nevrotica o psicotica, per non perdere quella capacità di predizione che ha già acquisito. In ogni caso, il principio della scelta compiuta illustra la decisione che la motiva” (Kelly, 1955, p. 157).

     Questa citazione è sufficientemente articolata per indicare la natura dell’interesse di Kelly verso la filosofia e la psicologia di Dewey. Si potrebbe dire, e l’affermazione risulterà, si spera, sempre più fondata mano a mano che procederà questa presentazione della teoria di Kelly, che questo studioso abbia elaborato una teoria della personalità ispirata pienamente al pensiero di Dewey. Da quanto finora è stato detto, in ogni caso, è opportuno porre in evidenza i due punti centrali dell’influsso deweyano: quello relativo al carattere anticipatorio del pensiero, che si ritrova esposto in molte opere di Dewey, dal testo filosofico fondamentale, Esperienza e natura, alla complessa Logica, teoria dell’indagine; e quello relativo alla connessione tra senso comune e indagine scientifica, che ispira largamente la visione che Kelly aveva del pensiero e della personalità umana, tanto da giungere a definire globalmente l’uomo come “ricercatore” e “scienziato”, aspetto, questo, sottolineato simpateticamente da uno dei maggiori studiosi della personalità, J. Nuttin e ripreso più volte dagli allievi di Kelly per caratterizzare la posizione del loro maestro. Per Kelly esiste una stretta affinità tra la ricerca “scientifica” propriamente detta ed il lavoro di interpretazione e di Costruzione della realtà che ogni soggetto umano svolge nella sua vita quotidiana.

     L’influsso permeante del pensiero deweyano sulla psicologia dei costrutti personali è riconosciuta, d’altronde, da Kelly in un altro passo in cui afferma il carattere flessibile e funzionale del pensiero e  del sapere tipico della visione deweyana: “Dewey, la cui filosofia e psicologia può essere letta tra le righe della psicologia dei costrutti personali, concepiva l’universo come un processo continuo che deve essere anticipato per essere compreso” (Kelly, 1955, p. 154), sottolineando, così, come questa visione consentisse di superare ogni schematismo, dogmatismo, ogni rigidezza di pensiero anche al livello della vita quotidiana, dei giudizi di valore, della visione del mondo propria di ciascun individuo, con i suoi luoghi comuni ed i suoi pregiudizi, riconoscendo ad ogni elemento della realtà una complessità che sfugge alle categorie ed alle etichette che troppo facilmente l’uomo applica a cose e persone per tenerle “sotto controllo”. Con espressioni vivaci, lo studioso affermava: “Questo modo di pensare si pone in netto contrasto con quel tipo di realismo che afferma con insistenza che, se una cosa è una vanga, non è altro che una vanga, se un uomo è schizofrenico, non è altro che uno schizofrenico; se il cuore è, fisiologicamente, un organo, non è altro che un organo (…); se un evento è una catastrofe, non è altro che una catastrofe; se un uomo è un nemico, non è altro che un nemico” (Kelly, 1955, p. 154).

L’impostazione fondamentale della psicologia di Kelly, che si rivela in questo un’interpretazione autenticamente “umanistica” della personalità, è che l’uomo non è un essere meramente “reattivo” nei confronti dell’ambiente, come hanno affermato, in fondo, altre teorie psicologiche, ma, si può dire, usando un termine adottato dallo stesso Kelly, “proattivo”, rivolto al futuro e capace di modificare il proprio comportamento abituale sulla base di sempre nuove possibilità di comprensione del mondo circostante.

Su questa base si fonda, allora, anche il sostanziale ottimismo a cui è  improntata la psicologia dei costrutti personali; una volta data l’irriducibilità di ogni singolo individuo a qualsiasi sforzo di analisi che tenti di incasellarlo in etichette e definizioni, Kelly afferma la potenzialità pressoché inesauribile di automodificarsi che l’uomo ha come essere pensante; potenzialità che sono, poi, le risorse a disposizione del terapeuta per aiutare i suoi pazienti a riorientare le proprie scelte esistenziali e risolvere i propri problemi psichici.

 

 

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