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La psicologia dei costrutti personali di George A. Kelly
di Furio Pesci

3. Il contenuto essenziale della psicologia dei costrutti personali

     Nello sviluppo di un approccio teoretico alternativo a quelli correnti e dominanti nel campo della psicologia, Kelly formulò un nucleo di posizioni fondamentali che ovviassero a tre dei principali problemi lasciati aperti dalle psicologie contemporanee.

     Il primo ed il più importante di questi è il problema della spiegazione della genesi dei processi psicologici, dell’impetus che attiva la vita mentale. Su questo problema, secondo Kelly, la psicologia ha accolto con eccessiva confidenza il genere di spiegazione adottato dalla fisica, secondo la quale gli oggetti sarebbero sostanzialmente inerti e pronti ad essere spinti da una forza, definita il più delle volte come “energia”. Ma lo schema valido per il fisico non sembra valido, agli occhi di Kelly, anche per la psicologia. Per questo studioso il concetto di “energia”, che pur ha avuto valide estensioni applicative anche in altri campi diversi dalla fisica, in psicologia ha causato più che altro confusione. Innanzitutto, non è stato mai utilizzato in senso letterale, ma piuttosto con connotazioni “metaforiche” volta per volta di tipo animistico o meccanicistico.

     Il problema sollevato dall’impiego del termine e del concetto di energia in psicologia è in sostanza che in tal modo si è sempre dovuto concepire l’essere umano come un’entità statica, animata di volta in volta, a seconda delle scuole di pensiero, da questo o quel tipo particolare di “energia”. Si sono così generate varie ipotesi relative alla natura dell’energia psichica, a cui corrisponde la costruzione di almeno due  costrutti ipotetici, quello dello “stimolo” e quello del “bisogno”, che caratterizzano rispettivamente le scuole psicologiche che concepiscono l’energia mentale come qualcosa di esterno o di interno all’organismo umano. Anche il concetto di “motivazione” deriva da questa confusione generata dall’importazione in psicologia del concetto di energia mutuato dalla fisica.

     Naturalmente Kelly riconosce che questi concetti hanno avuto un ruolo molto valido sul piano della formulazione e della verifica di ipotesi, quindi hanno consentito di svolgere un ampio lavoro scientifico. Tuttavia, Kelly lamenta che il dibattito sull’energia mentale abbia condotto la psicologia scientifica a cadere in un eccesso di meccanicismo per evitare il pericolo di spiegare in senso animistico, quindi non scientifico, la vita mentale. Kelly esplicitamente rigetta qui le spiegazioni della teoria dell’apprendimento, insieme a quelle di stampo comportamentistico.

     Un secondo problema lasciato irrisolto dalla psicologia contemporanea è quello riguardante la spiegazione dei processi di scelta individuali. Le spiegazioni in termini di “vettori” e “direzioni” del comportamento appaiono inadeguate. Kelly passa in rassegna, a questo riguardo, le due teorie che, secondo lui, cercano di rendere nel modo più completo la complessità di questi fenomeni, vale a dire la teoria della forma e la psicoanalisi, rilevando che soprattutto la prima fornisce elementi utili ad una definizione del problema in termini non riduttivi.

     Il terzo problema è la spiegazione dell’identità e delle differenze individuali. Kelly a questo riguardo rileva, inserendosi in un filone di pensiero che da  W. James giunge fino a G. Allport, come non sia mai esistita una vera e propria psicologia dell’individualità. Al più si è avuta una psicologia dei “gruppi” e delle differenze tra gruppi di soggetti con caratteristiche per qualche verso analoghe. La stessa psicologia differenziale con le sue tante applicazioni basate sulla possibilità di prevedere in chiave statistica determinate caratteristiche e comportamenti, pur essendo utile sul piano, per esempio, dell’orientamento scolastico e professionale, risulta limitata da un’imperfetta conoscenza dell’individuo e da margini d’errore, statisticamente accertati, nella stessa classificazione degli individui e dei gruppi.

     A questo riguardo, Kelly rileva come il problema comporti una definizione dei rapporti esistenti tra l’ambito della vita privata e quello della vita pubblica del singolo, tra la sua interiorità e l’esplicazione della sua condotta nel mondo esterno. Un aspetto caratteristico della teoria dei costrutti personali è, infatti, il riconoscimento del fatto che, qualunque sia “conoscenza” raggiungibile dallo psicologo al riguardo delle persone alle quali si rivolge, specialmente in ambito terapeutico, comunque sfuggirà qualcosa della personalità “totale” dei singoli, spesso di ciò che è più recondito nel loro animo. E’ una caratteristica, questa, di un modo di affrontare i problemi della personalità estremamente rispettoso dell’individuo.

     Kelly passa in rassegna le teorie cosiddette “neofenomenologiche”, ispirate indirettamente dalla filosofia di Husserl e formulate da autori diversi, dai gestaltisti, da Allport e Rogers e da altri autori meno noti. Lo studioso riconosce anche il suo debito parziale verso questo approccio che, seppure poco unitario, presenta caratteristiche comuni ai suoi vari esponenti, principalmente rispetto al riconoscimento del carattere tentativo e sempre provvisorio della conoscenza dell’ “altro”. In ogni caso, Kelly conclude affermando, in proposito, che la sua posizione parte dal riconoscimento che ogni studio della personalità individuale si trasforma in un problema di concettualizzazione teorica per lo psicologo. Dopo aver trovato la via per la comprensione del singolo caso, il passo successivo è quello di un’astrazione dei costrutti individuali allo scopo di cogliere quelli che possono rintracciarsi in un complesso di individui. In sostanza, Kelly specifica qui una posizione già accennata in precedenza, vale a dire che la conoscenza approfondita e, per così dire, concreta del singolo deve produrre, per creare un autentico accrescimento del sapere, elementi utili per una conoscenza generale dell’uomo, raggiungendo un livello relativamente elevato di astrazione.

     Kelly, una volta stabilite queste premesse metodologiche, passa poi a specificare i contenuti del postulato fondamentale e dei corollari che costituiscono il cuore della sua teoria. Si tratta, in effetti, della parte centrale ed essenziale della teoria dei costrutti personali, quella che, tra l’altro, ha suscitato, anche dopo la morte del suo ideatore, la maggior parte degli approfondimenti teorici e delle iniziative di ricerca (cfr. Adams-Webber, 1979; Bannister, 1970; Bannister, 1977; Bonarius, Holland e Rosenberg, 1981; Duck, 1973; Landfield, 1977; Shaw, 1981).

     Nel formulare e discutere nei suoi particolari il postulato già sopra menzionato (“Lo sviluppo della persona è canalizzato dal punto di vista psicologico dalle modalità con cui anticipa gli eventi”), Kelly specifica che si tratta, appunto, di un mero postulato, vale a dire di una sorta di assunto fondamentale, stabilito in via ipotetica e dato per valido allo scopo di verificare se la sua applicazione possa dare risultati concreti alla conoscenza psicologica dell’uomo. E specifica, inoltre, che si tratta di una supposizione orientata all’approfondimento di problemi, senza alcuna velleità di presentarlo come una verità assoluta, formulata in maniera ultimativa, ma piuttosto come un tentativo di formulazione provvisoria (Kelly, 1955, p. 47).

L’analisi di Kelly si sofferma quindi sui singoli termini del postulato: il primo ad essere esaminato è quello di “persona”, definita come la “sostanza” alla quale si riferisce innanzitutto la teoria dei costrutti personali, specificando che si tratta della persona individuale nella sua globalità e natura intrinseca.

I “processi” ai quali si riferisce Kelly sono, in definitiva, lo stesso soggetto, la stessa persona; invece di postulare una sostanza inerte, con la conseguente necessità di stabilire, come corollario, l’esistenza di qualche sorta di energia mentale, il soggetto a cui si rivolge la psicologia è assunto da Kelly fin dall’inizio come un’entità processuale; la natura della persona è dinamica, è intrinsecamente un insieme di processi che si sviluppano nel tempo. Kelly sottolinea la natura “cinetica” della personalità (Kelly, 1955, p. 48).

Anche il termine “psicologico” richiede, secondo Kelly, una precisazione, nel senso che esso sta ad indicare l’ambito teoretico entro il quale i fenomeni osservati sono analizzati e compresi; con una sottolineatura sottile, ma non inutile, Kelly afferma che non sono, quindi, i processi in se stessi ad essere “psicologici”, ma i modi di spiegarli, di concettualizzarli. La psicologia è per questo studioso un insieme di sistemi per la comprensione del comportamento e dell’interiorità umana.

Il termine “canalizzare” serve a specificare come la persona si muova secondo direzioni precise, anche se eventualmente non consapevoli, flessibili e frequentemente soggette a cambiamenti, ma comunque strutturate, sia per facilitare sia per restringere il proprio ambito d’azione.

Queste canalizzazioni sono come mezzi rispetto a fini, ordinate al raggiungimento di un obiettivo. Le modalità d’anticipazione degli eventi sono finalizzate a questi obiettivi e in sostanza ne forgiano le forme. Kelly pone in rilievo soprattutto le modalità che l’uomo sceglie per agire. Ad una diversità di modi corrisponde anche una diversa canalizzazione dei processi mentali.

Essenzialmente, comunque, i processi e le canalizzazioni sono orientate all’anticipazione degli eventi. La rete strutturata di vie che l’individuo percorre con il suo comportamento e con i suoi atteggiamenti di fronte alla realtà conduce verso il futuro per prevederlo. Questa è la sua funzione fondamentale. L’anticipazione degli eventi è il concetto che la psicologia dei costrutti personali pone al posto di altri concetti tradizionali come quelli, già menzionati, di stimolo, motivazione, ecc.

L’anticipazione si esercita sugli eventi della realtà. In ciò consiste il carattere di “oggettività” di ogni costruzione personale, che non è meramente soggettiva e/o interioristica, ma legata ad un successo vitale dell’individuo nell’ambiente circostante. Per Kelly è il futuro che condiziona l’uomo, non il passato (Kelly, 1955, p. 49). Il presente è, appunto, per l’individuo una finestra sul futuro.

Al termine della descrizione del postulato fondamentale della sua teoria, Kelly affermò la speranza che da esso possa emergere una teoria della personalità in cui il cambiamento, la dinamicità siano il fenomeno stesso, piuttosto che l’epifenomeno, e i processi psicologici dell’uomo comune risultino altrettanto dotati di senso di quelli dello scienziato; Kelly sperava in fondo di basare su questo postulato una psicologia dinamica priva dei tranelli dell’animismo, senza passività, una psicologia del comportamento in cui si riconosce alla persona una condotta sensata, una teoria dell’apprendimento in cui l’apprendimento stesso è concepito come un fatto così universale da costituire il postulato piuttosto che una classe speciale di fenomeni,  e una teoria della motivazione in cui l’azione umana non è spiegata come una serie di spinte esterne (gli stimoli), né giustificata interiormente con una sorta di edonismo fine a se stesso.

 

 

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