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Maria Montessori: un itinerario biografico e intellettuale (1870-1909)
di Paola Trabalzini

2. L’infanzia e l’educazione familiare

Maria Montessori nacque a Chiaravalle, in provincia di Ancona, il 31 agosto 1870, quando il processo di unificazione territoriale dell’Italia si stava concludendo: il 20 settembre dello stesso anno i bersaglieri penetrarono a Roma attraverso la breccia di Porta Pia ed il 2 ottobre con un plebiscito la città fu annessa al resto d’Italia.

Compiuta l’unità nazionale si ponevano in primo piano problemi politici, quale il conflitto tra Stato e Chiesa; economici, dovuti alla necessità di sanare il deficit del bilancio statale e creare le infrastrutture necessarie al progresso civile ed economico del paese; sociali, connessi alle rivendicazioni di migliori condizioni di lavoro e di vita da parte delle classi lavoratrici, all’analfabetismo, all’impiego delle donne nelle fabbriche, che interveniva a mutare profondamente il ruolo femminile e le condizioni della famiglia, alla nascente questione meridionale da un lato e all’industrializzazione del Nord dall’altro, tutti problemi che richiedevano un profondo rinnovamento delle strutture tradizionali della società.

Chiaravalle, località essenzialmente agricola, in cui erano anche presenti alcune manifatture, tra cui quella del tabacco che andava sempre più assumendo caratteristiche industriali, era emblematica della situazione di una nazione che s’avviava verso una complessa serie di trasformazioni economiche e sociali.

Nella città marchigiana Alessandro Montessori giunse nel 1865, all’età di trentatré anni, inviatovi dal Ministero delle Finanze presso il quale era impiegato, occupando al momento della nascita della figlia il ruolo di direttore della Manifattura Tabacchi di Chiaravalle. Liberale, formatosi nella rigida disciplina militare, aveva partecipato ad una delle prime battaglie per il Risorgimento e distintosi per il coraggio aveva ricevuto, nel 1849, una onorificenza. La determinazione e la fermezza del suo carattere ci sono testimoniate dalla Maccheroni, quando ricorda che Alessandro Montessori era stato «una volta lunghe ore come sentinella avanzata in condizioni così pericolose che i suoi superiori lo avevano autorizzato a ritirarsi»[1].

Il suo temperamento deciso e severo, accanto alla sua formazione, lo condussero a dissentire con la decisione della figlia di studiare matematica e successivamente, una volta mutata opinione, di iscriversi alla facoltà di medicina. Ritenendo infatti, come la maggior parte delle persone a quel tempo, che il ruolo primario di una donna consistesse nell’essere moglie e madre, considerava opportuno che la figlia proseguisse gli studi divenendo, ad esempio, insegnante, professione socialmente considerata come la naturale proiezione del ruolo materno, ma riteneva inopportuna la carriera di medico con l’inevitabile frequenza di una facoltà maschile e lo studio di discipline «che potevano apparire scabrose per una giovane di cui si era curata attentamente l’educazione»[2].

Il clima di freddezza e di distacco tra padre e figlia ebbe un momento di rasserenamento in occasione del successo ottenuto da Maria Montessori quando svolse, ancora studentessa, una conferenza presso la facoltà di medicina alla quale era presente un pubblico ostile, costituito da studenti suoi colleghi, pronto a disturbare, tanto che Montessori raccontava di essersi sentita come un domatore di leoni che entrava nella gabbia[3]. Di fatto la futura dottoressa con la sua brillante trattazione ottenne molti consensi ed i colleghi studenti si recarono a congratularsi con il padre che «era stato lì, mescolato col pubblico, freddo, accigliato. Quando si trovò così festeggiato e onorato lasciò cadere il risentimento»[4]. Se le idee conservatrici impedivano al padre di condividere le scelte della figlia e il suo carattere di palesare la soddisfazione per i risultati che la giovane studentessa andava ottenendo, di fatto Alessandro Montessori dovette seguire i momenti più importanti della carriera della figlia, dato che in occasione del trentesimo compleanno di lei, nel 1900, le fece dono di una raccolta di articoli riguardanti la sua attività, apparsi in vari giornali italiani e stranieri, che lui aveva conservato.

Più intenso e complesso dovette essere stato il rapporto della futura dottoressa con la madre, Renilde Stoppani, prima estimatrice e costante sostenitrice della figlia, colei che trascorreva con Montessori lunghe serate ricche di discussione e di studio. Renilde, che nella sua famiglia aveva potuto ammirare la figura di studioso, religioso e scienziato rappresentata da Antonio Stoppani[5], aveva ricevuto una buona educazione, sviluppando una grande passione per la lettura. Liberale, come lo era il marito, e credente, aveva anche lei respirato e condiviso gli ideali del Risorgimento e, nel 1866, all’età di 32 anni, aveva sposato Alessandro Montessori. Kramer la definisce una «donna in transizione» nel senso che se nella sua vita seguiva le convenzioni dedicandosi unicamente al matrimonio e alla famiglia mai cessava di incoraggiare la figlia a seguire i propri sogni ed ambizioni anche se ciò significava rompere con la tradizione[6]. Forse proprio l’aver vissuto le limitazioni sociali e culturali poste alle aspirazioni femminili, e quindi anche alle proprie, indusse Renilde ad essere vicina alla figlia mentre intraprendeva, rispetto ai tempi, un percorso di studio alternativo che l’avrebbe condotta a divenire una scienziata. È dunque possibile ipotizzare che Renilde proiettasse sulla figlia aspirazioni che ella a suo tempo non aveva potute realizzare, mentre da parte di Montessori la presenza della madre costituisse uno stimolo costante.

La fiducia nelle qualità e capacità della futura dottoressa non si tradusse però in un atteggiamento indulgente. Esemplificativo è l’episodio ricordato dalla Maccheroni, e riportato anche dalla Kramer, relativo all’insistenza con cui la piccola Maria, di ritorno con la famiglia dalle vacanze, ripeteva alla madre di aver fame. Questa le disse di attendere, ma la bambina non voleva aspettare. Così la madre prese un pezzo di pane, rimasto da un mese in casa, e glielo pose dicendo: «Se non puoi aspettare prendi questo». Una donna, Renilde, che non rinunciava a interventi anche severi, dal carattere deciso e che rivestì un ruolo rilevante nella formazione della figlia, essendone la consigliera, l’amica, la confidente, mentre più labile fu il rapporto con il padre.

Montessori venne dunque educata nel rispetto della disciplina, talvolta con rigore, comunque nell’affetto dei genitori, ai quali dedicò il libro dal titolo l’Antropologia pedagogica, e crebbe mostrando sin da bambina attenzione e sensibilità per la sofferenza dei meno fortunati[7]. L’educazione ricevuta da Montessori corrispondeva nei suoi tratti generali a quella di una giovane la cui famiglia apparteneva alla media borghesia italiana della seconda metà dell’800, dove alla madre era affidato il compito dell’educazione dei figli, ruolo che Renilde, come si è cercato di evidenziare, interpretava però in modo deciso e attivo.


[1] A. M. Maccheroni, op. cit., p. 18.

[2] A. Leonarduzzi, Maria Montessori. Il pensiero e l’opera, Brescia, Paideia Editrice, 1967, p. 11. Le idee conservatrici riguardo alla posizione della donna nella società, alla sua formazione, funzione e destino, trovavano adesioni anche in ambito femminile. È il caso di Caterina Pigorini Beri, scrittrice ed insegnante nelle scuole normali, sorella di Luigi Pigorini, che criticava l’apertura delle professioni liberali alle donne ed in particolare esprimeva tutto il suo disappunto nei confronti delle dottoresse che «si sfrontano passando per tutti i corsi degli istituti maschili, fino alle tavole anatomiche e ai segreti più ascosi e più turpi della vita animale» (D. Bertoni Jovine, Funzione emancipatrice della scuola e contributo della donna all’attività educativa, in L’emancipazione femminile in Italia: un secolo di discussioni 1861-1961. Atti del convegno organizzato dal “Comitato di Associazioni femminili per la parità di retribuzione” in occasione delle celebrazioni del Primo Centenario dell’Unità d’Italia, Torino 27-8-9- ottobre 1961, Firenze, La Nuova Italia, 1963, p. 246).

[3] E. M. Standing, Her life and work, New York, Plume Book New American Library, 1984, p. 27 (I edizione 1957 presso Hollis & Carter Limited). 

[4] A. M. Maccheroni, op. cit., p. 27.

[5] Antonio Stoppani (1824-1891), professore di geologia a Pavia prima e a Milano poi, dove dal 1883 diresse il Museo Civico di storia naturale, divenne nel 1848 sacerdote. Di idee liberali, auspicava che venisse ricomposto il dissidio tra Stato e Chiesa e rivolgendosi a coloro che si opponevano a questo processo scrisse, nel 1886, Gli intransigenti. I suoi interessi scientifici, in particolare geologia e paleontologia, lo condussero a pubblicare anche opere di divulgazione come Il bel paese. Ma è in Il dogma e le scienze positive (II edizione 1886) che cercò di mostrare la concordia tra progresso scientifico e cattolicesimo. Montessori, quando venne pubblicata la seconda edizione di Il dogma e le scienze positive, aveva sedici anni ed era già vivo in lei l’interesse per le discipline scientifiche, il cui studio avrebbe approfondito negli anni seguenti. Anni in cui la lezione di Antonio Stoppani, che le veniva trasmessa attraverso la madre, relativa alla possibile concordanza tra i risultati delle scienze positive e i principi del cristianesimo, quali fratellanza e carità, doveva esser per lei viva e presente (vedi M. Montessori, L’autoeducazione nelle scuole elementari, Milano, Garzanti, 1992, pp. 243-260; I edizione, Loescher & C. - Maglione e Strini, 1916). La pedagogista marchigiana ricorda Antonio Stoppani in La mente del bambino dove Mario Montessori, in nota, evidenzia che la madre riportava con compiacenza il pensiero al legame di parentela che la legava alla figura di religioso e scienziato (M. Montessori, La mente del bambino, Milano, Garzanti, 1987; I edizione inglese con il titolo The Absorbent mind, Adyar, The Theosophical Publishing House, 1949; I edizione italiana Garzanti 1952).

[6] R. Kramer, op. cit., p. 30.

[7] Tra gli episodi, riportati nelle biografie tradizionali di Montessori, che testimoniano della sollecitudine della giovane Maria verso i più deboli ricordiamo quello che quindicenne la vide accanto ad una sua amica affetta da distorsione alla spina dorsale. Maria Montessori la accompagnava in alcune passeggiate con l’intento di distrarla, ma le sue buone intenzioni erano in contrasto con i commenti delle persone che sottolineavano la diversità di aspetto tra le due ragazze. Intervenne allora Renilde suggerendo alla figlia di trovare un altro modo per aiutare l’amica onde evitare di metterla a disagio (vedi A. M. Maccheroni, op. cit., p. 26). All’attenzione verso gli altri, non disgiunta dai propri doveri, l’aveva educata la stessa Renilde che talvolta coinvolgeva la figlia in opere di carità.

 

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