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Maria Montessori: un itinerario biografico e
intellettuale (1870-1909)
di Paola Trabalzini |
4. La formazione universitaria
In questo ambiente storico-culturale Montessori maturò la scelta
universitaria trovandosi subito di fronte ad un primo ostacolo: la
difficoltà ad iscriversi alla facoltà di medicina. La frequenza della
sezione fisico-matematica dellistituto tecnico le consentiva
laccesso universitario, ma limitatamente alla facoltà di scienze
fisiche, matematiche e naturali. Montessori riuscì ad ottenere un
appuntamento con Guido Baccelli, direttore della clinica medica
dellUniversità di Roma[1],
che le confermò limpossibilità di iscriversi alla facoltà
prescelta. Probabilmente il giudizio negativo di Baccelli era anche
dovuto al fatto che il professore ben conosceva le resistenze del mondo
accademico nei confronti della presenza femminile nelle università.
Difatti nel 1890 due sole donne erano iscritte alla facoltà di medicina
dellUniversità di Roma, pur essendone consentita la frequenza sin
dal 1875. La futura dottoressa non si lasciò però scoraggiare tanto
che lincontro terminò con la pedagogista che ribadì lintenzione
di divenire medico[2].
Nel 1890 Montessori si iscrisse al corso di laurea in scienze naturali
della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali
dellUniversità di Roma, conseguendo, dopo la frequenza del primo
biennio, il diploma di licenza nel 1892. Durante il primo anno di corso
sostenne gli esami di botanica, zoologia, fisica sperimentale, e nel
secondo anno quelli di istologia e fisiologia generale, anatomia
comparata ed infine chimica generale ed organica[3].
Una volta conseguito il diploma di licenza in scienze naturali chiese,
avendo anche sostenuto due esami integrativi, uno in italiano e
laltro in latino[4],
liscrizione alla facoltà di medicina che venne accolta, cosicché
nel 1893 poté iscriversi al terzo anno di corso della facoltà da lei
desiderata, sempre presso lUniversità di Roma[5].
Riuscita ad ottenere liscrizione alla facoltà da lei prescelta un
altro scoglio le si presentò quello costituito dallostilità dei
colleghi maschi che si concretizzava in atteggiamenti di derisione. A
tale proposito durante una lezione del prof. Baccelli questi «gettò il
bisturi sugli studenti irritato dagli scherni e scherzi volgari che
rivolgevano allunica studentessa presente alle sue lezioni»[6].
Neppure listituzione universitaria si sottraeva dunque al pregiudizio e
poiché si considerava inopportuno che una giovane donna analizzasse cadaveri alla presenza di studenti maschi, accadeva che Maria Montessori
dovesse trascorrere ore da sola nella stanza per le dissezioni. Fu
quella delle lezioni di anatomia una prova veramente impegnativa per la
futura dottoressa come lei stessa rivela nella lettera del 1896
allamica Clara in cui esprime tutta lansia e lo sgomento che la
colsero quando, nella stanza di anatomia, si trovò di fronte a
scheletri, corpi dissezionati e organi conservati sotto alcool. Non
aveva prima di allora visto la morte e ora questa le si manifestava in
modo brutale e impressionante, al punto da farle pensare di rinunciare
alle lezioni. La natura umana le appariva scarnificata, senza veli e la
vita impoverita a lei che in Il metodo scrive: «La vita dona, la vita
crea e si contiene entro limiti e leggi insuperabili»[7].
La lettera ci rivela una giovane donna che avendo creduto nelle scelte
fatte si trovava a dubitare della loro bontà, a mettere in discussione
aspirazioni e capacità. La determinazione si infrangeva e nasceva il
timore di «non saper far nulla», di divenire «una cosa inutile come
tante altre». Alla fine decise di continuare a frequentare le lezioni
di anatomia, pur con inquietudine e disagio, e lo fece perché se la
strada che conduceva alla meta era difficoltosa, la meta, la tanto
desiderata laurea in medicina, «era meravigliosa».
Gli anni universitari costituirono un momento formativo importante. Anni
in cui Montessori poté anche avvicinare alcuni dei medici più illustri
del tempo. La studiosa di Chiaravalle ebbe infatti come professori, tra
gli altri, Moleschott, per fisiologia generale, Bonfigli, per clinica
psichiatrica, Celli, per igiene sperimentale, Baccelli, per clinica
medica[8],
ed in particolare con gli ultimi tre collaborò, come vedremo, dopo aver
conseguito la laurea. Prestò inoltre servizio presso vari ospedali,
oltre che alla clinica psichiatrica, dove svolse studi riguardanti
largomento della sua tesi di laurea. Respirò così lentusiasmo
per i nuovi orizzonti che la ricerca scientifica andava dischiudendo,
fatto questo che tra laltro ben si coniugava con latmosfera
familiare già permeata dellinteresse per le scienze positive
attraverso lopera di Antonio Stoppani.
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