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L'antropologo Giuseppe Sergi e il suo giudizio sulla Montessori
di Giacomo Cives |
3. Sergi funzionalista e rigido classificatore
Epperò non si può neanche dimenticare come la posizione di Sergi, per
quanto moderna e anticipatrice, è insieme datata, ingabbiata negli irrigidimenti, negli
schematismi del positivismo italiano di quel tempo, anche per il versante delle scienze
antropologiche praticate e militanti. Così se pure vi sono aspetti che legittimano un
riferimento al funzionalismo per la sua psicologia, certo non vi è poca differenza tra
questo e quello dei James e dei Dewey, inserito nel pragmatismo per il più largo quadro
filosofico (Marhaba,1980, p.92), caratterizzato oltre che dal fondamento biologico e dalla
netta ispirazione positivistica, da una fluidità e elasticità di riferimento
all'esperienza del rapporto della vita organismo-ambiente, considerata con un forte
impegno di comprensione e progettazione operativa e fuori da tentazioni di rigide
catalogazioni, con spirito antiaprioristico e antiessenzialistico, con tollerante
eclettismo. In maniera molto affine Marhaba ha rilevato le somiglianze e, più marcate, le
differenze tra il "funzionalismo" di Sergi e quello americano, quando ha scritto
(Marhaba, 1981, pp. 135-67: "(...) L'evoluzionismo investe massicciamente la
psicologia di Sergi nel senso che i processi psichici (sentimenti, memoria, coscienza,
intelligenza, ecc.) vengono da lui intesi come funzioni biologiche di protezione nei
confronti dell'ambiente naturale inanimato ed animato. E pertanto la psicologia di Sergi
si avvicina al funzionalismo della scuola di Chicago (...), assai più di quanto non si
avvicinino la psicologie di Buccola e Ardigò; tuttavia il biologismo di Sergi è portato
all'estremo ed esclude ogni altra componente, mentre il biologismo dei funzionalisti
nordamericani è temperato da istanze intenzionalistiche e pragmatistiche".
Appunto un atteggiamento qui tanto temperato e duttile, quanto era
irrigidito, schematico e estremizzante quello di Sergi, senza morbidezze, senza realismo e
sfumature. E' così che il funzionalismo (e pragmatismo) americano di Dewey, diffusosi in
Europa a Ginevra con Claparède, ha costituito sul piano educativo la linea forte e più
qualificata della psicopedagogia emancipatrice della prima metà del Novecento, e in
particolare dell'attivismo (in tal senso cfr. Chiosso, 1997, cap. II), sviluppatosi fino
alle significative e rilevanti posizioni di Decroly (cfr. Titone, 1975, specie pp.
151-189).
Quel movimento attivistico ha costituito in realtà una proposta e
un'esperienza molto importante per il rinnovamento educativo, unendo teoria e pratica,
apertura alle nuove scienze umane e costruzione di una nuova didattica, impegno per lo
sviluppo della libertà dell'individuo e della collaborazione comunitaria distintiva della
democrazia. Pertanto non si può che considerare con preoccupazione la rimozione che ha
subito, tanto che ne è rimasta ora appena una tenue memoria storica, riducendo
l'attivismo a un piano subalterno di mera metodologia, accantonando la sua motivazione
culturale emancipatrice socio-politica autenticamente democratica, evidentemente
considerata troppo "scomoda" e demistificante (sui caratteri dell'attivismo
"rimosso" sta appunto per apparire un bello studio di Furio Pesci).
In Sergi vi sono inoltre troppi cedimenti a una impostazione di tipo
lombrosiana (una strada senza apertura a sbocchi successivi: su Lombroso come genialoide e
bizzarro paladino "scriteriato" della scienza cfr. il gustoso libro divulgativo
Guarnieri, 2000), a classificazioni statiche di impostazione accentuatamente
craniometrica, a contrapposizioni troppo nette normalità-degenerazione, a gradazioni
rigide e per nulla evolutive di tipologie razziali. Sempre negli atti di quel convegno
bolognese del 1985 ha osservato Gabriella Spedini (Spedini, 1987, p.113) a proposito di
questa inquietante rigidità classificatoria di Sergi: "Si pensi come esempio
estremo, a quanto dice a proposito dei 'Pigmei d'Africa... viventi nelle antiche selve
come il gorilla...'; 'Se fosse vivo Linneo, oh no! certamente egli non avrebbe posto
questi Pigmei in Homo sapiens'".
E più avanti (p. 114): "Sorridiamo nel leggere che Darwin è
tipicamente rappresentante del 'Lofocefalo' in Europa come lo definisce Sergi osservandone
una fotografia (...); perderemmo il nostro tempo a ricercare la 'razza pigmea' in Europa
descritta con tanta sicurezza da Sergi (...); certo suo assolutismo in netto contrasto con
la sua stessa apertura mentale e il suo spirito illuminato, possono infastidire e proviamo
un certo disagio nel leggere '...possa l'Eugenetica richiamare l'attenzione di tutti
coloro che desiderano la rigenerazione della razza'".
Con tutto questo Sergi era vivamente impegnato nelle battaglie per il
progresso civile della società, per lo sviluppo di una politica di igiene mentale, nella
"lotta contro le strutture manicomiali di tipo carcerario" (Iacovone, 1987, p.
91), nella lotta educativa e scolastica contro l'analfabetismo e la connessa miseria,
contro la mancanza nelle scuole di bene intesa educazione fisica, fonte di equilibrazione
personale e sociale e promotrice di amore della pace e di rispetto della vita di tutti e
così via. Sergi si batte dunque in senso progressista per le riforme e per lo sviluppo
sociale, in particolar modo attraverso l'educazione. Così osserva Lino Rossi, sempre nel
volume degli atti bolognesi (Rossi, 1987), dal livello
antropologico-classificatorio-craniologico Sergi si sposta in varia misura su quello
psicologico e pedagogico emendativo.
Ecco allora che la società può (e deve) dare un impegnativo supporto
che protegga "il corretto sviluppo" personale (p. 80). "Questo è il
sentiero della scienza e dell'educazione, della medicina e della pedagogia, che si fa
sempre più speciale, ortopedagogica e preventiva". Sergi (p. 81) scava così
"una nicchia antropologica per l'infanzia e le operazioni di crescita ad essa
collegate, nicchia che fornirà ad altri le basi teoriche e strumentali per la fondazione
di una pedagogia scientificamente adeguata" (p.81). O almeno per i tentativi per
fondarla. Si muoveranno in tal senso "parte del positivismo pedagogico italiano, e in
particolare Maria Montessori, che lo cita come iniziatore di un nuovo corso della
scienza". Qui gli stessi studi sulla degenerazione di Sergi trovano uno spazio
dinamico, e si fanno duttili aprendosi alla dimensione educativa.
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