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L'antropologo Giuseppe Sergi e il suo giudizio sulla Montessori
di Giacomo Cives |
6. Valore della Carta biografica e dell'educazione scientifica e pacifista
in Sergi
Quanto al secondo argomento sviluppato da Sergi in Educazione ed
istruzione, lo studioso sostiene che per far scuola occorrono (Sergi, 1892, pp. 105-106)
"numerose osservazioni esatte e razionali" dello scolaro, che di norma non
vengono svolte affatto. Pedagogisti e insegnanti hanno appena qualche base di esperienza
empirica, e non scientifica, e varie letture. Ecco allora l'importanza secondo Sergi della
Carta biografica per le Scuole, da lui proposta fin dal 1885, che deve puntare
all'integrazione di spirito e corpo, mezzo metodico di precise osservazioni, da introdurre
fin dalla scuola per l'infanzia.
Di tale Carta Sergi dà un dettagliato esempio. Riguarderà aspetti
fisici e psicologici dello scolaro e si articolerà appunto in "Osservazioni
fisiche" e "Osservazioni psicologiche". Per le prime, che riguarderanno
precise misurazioni, si dovranno usare rigorosi strumenti tecnici: antropometro, bilancia,
spirometro, dinamometro, compasso di spessore, compasso scorritore. Particolare attenzione
andrà dedicata alle osservazioni relative agli organi dei sensi. Come si vede l'appello a
una considerazione attenta alla realtà dello scolaro e al suo sviluppo e alla sua
evoluzione ha senza dubbio valenze positive, anche se rischia di far disperdere anche su
minuzie saccenti non significative, a danno di considerazioni interpretative più
importanti.
Quanto al terzo motivo che caratterizza Educazione ed istruzione, Sergi
dice di insistere (p.141), nel nostro tempo storico di sviluppo culturale e
trasformazione, sul valore educativo della scienza, perché praticamente se ne vedono gli
effetti. Ricade nel vuoto chi oggi si innamora della sola cultura letteraria e trascura le
scienze e chi non ha ricevuto una cultura scientifica o "ne ha avuta una scarsissima
è incapace a grandi idee e concepimenti". Goethe creò poesia anche perché
"era naturalista e osservatore dei fenomeni naturali" (p.14).
La tanto lodata scuola classica si risolve in insuccesso. Dopo tanti
anni di studio del greco e del latino i ragazzi non riescono alla fine a leggere e a
tradurre testi del mondo antico. Un fenomeno, notiamo noi, che aveva rilevato lo stesso
Aristide Gabelli, pur fautore del compito formativo elitario che dovevano conservare,
perfezionandosi, gli studi classici. Che ne aveva però ricavato l'indicazione che fuori
dal ginnasio-liceo il latino non doveva più condizionare l'apprendimento e l'esercizio
della lingua viva, con fastidiosi e inutili eccessi di esercizi di grammatica, di analisi
logica. Questo per la verità lo sottolinea anche Sergi, che osserva (p. 176) come per lo
studio della lingua italiana non si parte a torto da quello della lingua praticata e
attuale, la lingua di tutti e del nostro tempo. Ma certo qui Sergi va ben oltre: anche
lui, dice, ha praticato e pratica con molto amore gli studi classici. Però per essi
occorre uno studio profondo, specialistico.
Asse formativo della scuola liceale dovrà essere invece lo studio
delle scienze: e tra queste fondamentalmente di anatomia, fisiologia, psicologia,
biologia, geologia. L'attenzione è dunque soprattutto per la conoscenza concreta
dell'uomo, e al più dell'ambiente in cui vive. Sorprende tuttavia l'assenza della storia.
E come giustificare la mancata inclusione della matematica, della fisica? In ogni modo
Sergi vuole la centralità educativa delle scienze in tutti i livelli di scuola, anche
elementare e popolare. La proposta complessiva ha una sua suggestione e modernità (si
pensi per noi a Gramsci, alla proposta Donini per la scuola media) e va considerata con
comprensione e attenzione.
Ma Sergi estende la sua analisi anche all'insegnamento della filosofia,
abbinato da noi dal liceo all'università a quello umanistico. La filosofia dovrebbe
impiantarsi invece su un solido sapere scientifico. E il suo studio, anziché svilupparsi
nella Facoltà di Lettere e Filosofia, dovrebbe basarsi sul compimento della preparazione
in questo sapere. E lo stesso pedagogista universitario, compreso quello delle allora
vigenti scuole superiori di Magistero (in qualche modo corrispondenti alle nostre nuove
scuole universitarie di specializzazione per l'insegnamento) per la preparazione
all'insegnamento secondario sia umanistico che scientifico, dovrebbe avere una buona base
di sapere scientifico.
Una prospettiva, quella di uno studio della filosofia posto a
conclusione di una formazione scientifica (come ovviamente umanistica) specialistica, che
conserva tuttora una sua logica conseguente e resta materia di dibattito. Mentre la
dimensione della pedagogia formativa dell'insegnante si è via via allargata dalla
dimensione tradizionale della pedagogia filosofica (che pur rimane componente ineludibile,
ma non più esclusiva), accompagnata da quelle pur tradizionali, ma caduche dell'etica e
della retorica (si legga moralismo esortativo), ai più variegati spazi delle scienze
dell'educazione, aperte e collegate alle più diverse scienze e discipline.
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