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L'antropologo Giuseppe Sergi e il suo giudizio sulla Montessori
di Giacomo Cives |
9. Il giudizio di Sergi sulla Montessori
Giunti a questo punto è bene tornare alla posizione di partenza, cioè
all'articolo di Sergi pubblicato su "Nuova Antologia" il 1° marzo 1914
intitolato Alcune idee sull'educazione, in cui è formulato il più lusinghiero
giudizio sulla Montessori. (Chiaravalle 1870, Noorwjkam See, Olanda, 1952, allieva di
Sergi, studiosa di antropologia pedagogica e ben presto nota pedagogista).
Prima Sergi ha ripreso la convinzione già espressa in Educazione e
istruzione, sulla base delle dirette visite e osservazioni, e per la verità qui non
più sul riferimento al pensiero originario di Froebel, sul negativo
"marionettismo" dei Giardini d'infanzia italiani, coi bambini ridotti ad
"automi incoscienti". Quale il "difetto massimo" delle scuole
froebeliane che ha visto realizzare? "La soppressione d'ogni iniziativa sia mentale
sia attiva di movimenti; surrogati la passività con la suggestione continua,
l'automatismo in ogni senso ed in ogni fatto: astrazione meccanica resa concezione reale
col simbolismo di cose non vedute né dimostrate se non simbolicamente con le parole"
(Sergi, 1914, p. 3). Va notato che qui la polemica contro il metodo dei Giardini
d'infanzia è fondamentalmente rivolta contro le deteriori applicazioni realizzate nel
nostro Paese, risoltesi in un manierismo superficiale (anche se il precedente attacco
diretto personalmente a Froebel non è affatto smentito). Comunque si rivela in sostanza
in Sergi un'esigenza di rispetto per la spontaneità e l'autonomia del bambino.
L'articolo Alcune idee sull'educazione comprende anche alcune
altre considerazioni, per la verità molto interessanti. La polemica di Sergi è diretta
verso chi nutrito solo di "astrazione filosofica" non ha curato una diretta
osservazione della scuola e dei suoi allievi. Si batte sui programmi guardando all'aspetto
contenutistico dell'insegnamento. Ma si trascurano il metodo didattico, le modalità di
una vita scolastica comune e di collaborazione con uno scolaro che è con gli altri solo
materialmente, non unito in un'attività programmata e realizzata insieme. Insomma la
scuola corrente, pur fondata su un insegnamento collettivo, è isolante, vale a dire è
"una specie di ergastolo, dove i detenuti non si parlano mai, benché facciano vita
insieme. E così si vuole educare l'infanzia, l'adolescenza, la gioventù, alla
socievolezza, alla mutualità, alla simpatia, all'amore reciproco" (p. 5).
Ma così si educa all'egoismo e alla sopraffazione, non alla
cooperazione e a una positiva convivenza. Per quanto riguarda la mente si mira a
rimpinzarla di cognizione e non - quel che invece dovrebbe impegnare la scuola - a
"renderla atta ai metodi di ricerca e di acquisto di cognizioni" (p. 6). Le
nozioni presto svaniscono, mentre quello che dovrebbe rimanere "è la formazione
della mente, cioè l'acquisto della capacità ad apprendere con metodo, con ordine,
insieme con l'attitudine a svolgere nuove idee, ad inventare e applicare nella vita
pratica quanto si è capaci di sapere".
Come si vede qui il discorso si fa particolarmente felice e aperto.
Certo sarebbe piaciuto anche a Gabelli con cui Sergi come abbiam visto aveva polemizzato a
proposito di Froebel.
E' partendo da queste premesse che Sergi arriva ad esprimere in
quell'articolo del 1914 il suo giudizio molto favorevole al metodo della Montessori, con
la quale ha visitato la sua Casa dei Bambini, rimanendo come abbiamo ricordato all'inizio
favorevolmente colpito della libertà con la quale ha visto i bambini dedicarsi alle varie
occupazioni, scelte da loro con la maestra che semplicemente sorveglia e dà spiegazioni
sui materiali, ove occorra. Questa approvazione del clima libero del metodo, che ha
sconcertato tanti altri osservatori, è un segno forte dell'apertura mentale di Sergi, qui
ispirata a criteri di coraggio e di progresso .
Ma importante è anche un altro apprezzamento di Sergi: accanto alla
libertà egli ha rilevato una "armonia perfetta" (p. 7) nella Casa dei Bambini,
senza avversioni, gelosie, ripicche, dispetti. Insomma "una piccola società ben
armonizzata". Non lavori e movimenti comandati e uguali per tutti, ma quasi un'aria
di "piccola festa di famiglia, nella quale i bambini giuocano nella loro massima
libertà", con la mamma-maestra che pur vigile sta per suo conto, e rivolge talvolta
un po' più di attenzione alle attività dei più piccoli. Dunque la Casa dei Bambini,
come effettiva casa, casa socializzata e socializzatrice. Così Sergi sgombra il campo
anche da un'altra ricorrente critica che verrà tante volte rivolta al metodo Montessori:
che sarebbe eccessivamente individualizzato, trascurando l'educazione sociale. Pur qui non
ricordato, emerge il ruolo, implicito, delle attività di vita pratica che certo ha
rilevato nella sua penetrante visita alla scuola-casa infantile montessoriana. Ma di più:
ha avvertito come la socializzazione, oltre che in certi esercizi in comune, sia anche
nell'uso dei giuochi-materiali di sviluppo, nel rispettare il lavoro degli altri, nel
gioire con loro per le loro esplosioni di gioia, quando un obiettivo di conoscenza e
competenza è raggiunto.
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