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L'Editoria italiana del Novecento: Angelo Fortunato Formiggini, la cultura e il riso
di Carlotta Padroni

3. Un "privato editore dilettante"

Da un’osservazione, sia pur veloce, del comunque cospicuo corpo delle edizioni Formiggini, emerge come l’editore e uomo di cultura modenese non concepisse la pubblicazione di un’opera avulsa -se non eccezionalmente- da una collana capace di definire il carattere del singolo lavoro e, per converso, ricevere da essa un contributo alla solidità della propria struttura culturale, da irradiare nuovamente su altri lavori. Il lavoro editoriale mostrò nel tempo molteplici aspetti; attorno alla collana portante dei “Classici del Ridere”, oggetto di numerose (anche se banali) imitazioni, nella quale l’Editore realizzò la massima ambizione teorizzata nella “sua” filosofia del ridere, fiorirono altre collane, alcune, come “Aneddotica”, nello stesso clima dei “Classici del Ridere”, mentre i fortunatissimi “Profili”, costituirono una ricchissima galleria di personaggi di ogni tempo, ritratti con mano sicura in un taglio agile: operazioni di altissima divulgazione ad opera di studiosi di competenza specifica.

Tra i titoli pubblicati: Botticelli, Darwin, Galileo, Archimede, Newton, Marx, Marziale, Bruno, Gesù il Cristo, S.Paolo, S. Agostino, tra cento altri, tutti di mano alta e di comunicativa competenza; mentre tra gli annunci mai realizzati, anch’essi interessanti, troviamo un Ariosto di Croce, un Hegel di Gentile e un Sarpi di Papini.

Proprio con Benedetto Croce tratta dei “Profili” in una lettera da Roma del luglio 1917, conservata nel suo Archivio editoriale alla Biblioteca Estense di Modena. Formiggini si dichiara interessato non solo alla pubblicazione di autobiografie note, ma fantastica addirittura di “creare le autobiografie degli autori che non le hanno mai scritte, cioè desumendole dalle opere dei singoli e specie dai loro epistolari [...]. Le sembra questo una profanazione?” (A. F. Formiggini, lettera a B. Croce, da Roma del 6 luglio 1917, in Fondo Formiggini, Archivio editoriale Formiggini, presso Biblioteca Estense di Modena). E intanto propone al filosofo cinquantenne di impegnarsi in una autobiografia da pubblicare subito e da aggiornare -un work in progress- di edizione in edizione.

L’aspetto che si può sicuramente escludere dalla politica culturale di Formiggini è l’improvvisazione: ogni titolo ha caratteristiche di qualità e/o di rappresentatività tali da lasciare intendere che dietro la presentazione di una voce anche appartata, di un’opera anche considerata ufficialmente minore, vi sia un'assai meditata valutazione. Ai cento e cento esempi si preferisce intanto indugiare sulle maggiori collane, come “I poeti italiani del XX Secolo”, che raccolse testimonianze di Massimo Bontempelli, Giorgio Vigolo e Francesco Pastonchi tra gli altri, e “Aneddotica”, sapida fonte di materiali di prima mano, cui s’è già accennato. Ad esse fecero corona “Polemiche”, “Lettere d’amore” e “Apologie”, senza dimenticare le “Medaglie” e la “Biblioteca di varia cultura”. Accanto alle collane, che vennero nutrite a lungo e generalmente con assiduità nel tempo -nessuna di esse ebbe carattere episodico o d’opportunità, o fu legata a una moda, Formiggini pubblicò ancora volumi di poesia, filosofia, viaggi e attualità, guide culturali, solo marginalmente turistiche, di città, come Roma, visioni e figure di Corrado Ricci, testi latini in edizioni assai accurate. Una delle massime ambizioni di Angelo Fortunato Formiggini -un’impresa complessa che lo impegnò molto- fu l’Enciclopedia delle Enciclopedie, composta di volumi monografici, affidati a specialisti provati, di cui videro la luce i volumi Economia domestica, Turismo-Sport, Giuochi e passatempi (1930) e Pedagogia (1931). Quest’ultimo volume fu interamente curato e diretto da Emilia Santamaria, moglie di Angelo Fortunato Formiggini e attenta studiosa di storia della scuola, che con lui sostenne l’intensa attività culturale e scientifica della casa editrice. Amara deve essere stata la frustrazione dell’Editore nel non potere dare seguito all’iniziativa con i volumi dell’Enciclopedia rimasti nelle intenzioni.

Non è difficile cogliere il valore -frammentato nelle singole opere- del lavoro editoriale, pur compresso in un solo trentennio, di Angelo Fortunato Formiggini, un editore che, sostenuto da motivazioni intellettuali, seppe nel contempo garantire alla casa editrice un’esistenza in cui le multiformi, vivissime istanze culturali e ideali erano sostenute da una gestione aziendale dinamica,  (anche se probabilmente, di tanto in tanto, non erano estranee le finanze private di  Angelo Fortunato). Sicchè come in un sistema di vasi comunicanti, i profitti derivanti da alcune scelte trainanti erano utilizzati in appoggio alle iniziative più ambiziose e difficili, e quindi meno commerciali, come la pubblicazione, iniziata a Modena nel 1910 e protrattasi nel tempo, del De rerum natura di Bernardino Telesio. La politica gestionale dell’Editore non scese mai insomma a compromessi in termini di qualità; Formiggini cercò da sempre la sua fortuna semmai nel rapporto con il pubblico: coltivati con assiduità, i contatti tendevano a stabilire relazioni nel tempo, anzitutto con forme di abbonamento alle Collane, ma anche con una puntuale informazione sui progetti, attraverso pagine e pagine di comunicazioni ai lettori, in calce ai volumi e ai fascicoli delle sue riviste.

In Formiggini cultura e gusto si integravano in formule editoriali di raffinata qualità; carattere non secondario, ma anzi distintivo, fu anzitutto il corredo iconografico ai volumi, sempre originale, affidato ai maggiori disegnatori, grafici, incisori e illustratori del tempo, e qualche volta realizzato con il recupero di antiche xilografie, come nei due volumi dell’Asino d’oro di Apuleio.  I volumi di Formiggini appaiono nella veste feconda di diffusori di cultura e di gusto. E’ appena il caso di accennare alla cura della rilegatura che, nella brossura, si avvale di una pergamena artigianale ben nota agli appassionati, a ben oltre il mezzo secolo di vita, anche per la sua fragilità. La veste editoriale, in certo qual modo austera, ma decorosissima ed armonica, adottò ben presto una propria carta appositamente tirata con il monogramma formigginiano impresso in filigrana, racchiuso nel motto “Amor et Labor Vitast”.

Uno sguardo ai trent’anni di attività di Angelo Fortunato Formiggini non può non rivelare il carattere eroico del suo lavoro: l’avere ideato, senza tradizione familiare, sulla spinta di una vera vocazione, una casa editrice; l’avere impresso ad essa, da alto “dilettante”, i crismi culturali e di gusto che l’hanno sempre distinta; l’avere contato su un mercato (modesto sul piano nazionale ma ancor più selezionato dalla politica della casa) e averlo sensibilizzato alla buona lettura e al bel libro; l’avere coraggiosamente proposto testi ignoti, non scontati, e qualche volta in contrapposizione all’ufficialità culturale del paese, dando spazio a voci fuori dal coro e a tendenze eccentriche ma di indubbio valore, tutto ciò comportò uno sforzo che alla lunga non poteva non logorare tempra e attività commerciale. La presenza della casa editrice di Formiggini faceva certamente ombra nel merito, qua e là, alle maggiori imprese del settore, che producevano su scala industriale, con strutture di ben altra solidità. Coloro che hanno seguito e studiato il destino dell’Editore e della sua casa, hanno notato i segni di una sorda ostilità nell’assediare, almeno nell’ultimo lustro di vita, il lavoro dell’Editore, che s’era mantenuto in un ambito artigianale. Non è da escludere una malevolenza di origine politica per un cervello che nel proprio “apostolato culturale” si ostinava, malgrado qualche concessione formale, a pensare in ironica, saggia, vivace autonomia.

Le difficoltà economiche che hanno angustiato gli ultimi anni l’Editore si sono proiettate, amaro declino, su tutti gli aspetti della sua attività: Formiggini, uomo probo, ebbe a soffrire la necessità di dovere licenziare (1935) la maggior parte dei dipendenti che avevano collaborato alla realizzazione delle sue iniziative, non solo produttive, ma anche di divulgazione del libro in un panorama culturale non certo eccellente. Già nel 1933 le contingenze negative costrinsero Formiggini a vendere la bella casa avita di Modena; assistette anche al dissolversi, dopo numerosi tentativi di salvataggio, della Biblioteca circolante nella quale egli vedeva un efficace motore di cultura. Il regime fascista, negli anni cruciali del suo smanioso consolidamento, ostacolò in mille modi l’attività della casa editrice, e a Formiggini mancarono progressivamente tutti gli appoggi. Nell’autunno 1938 gli avvenimenti precipitano: il Governo italiano applica le “leggi razziali” e per Angelo Fortunato Formiggini è la fine; dopo qualche convulso, inane tentativo di evitare la proscrizione civile, la dignità lo guidò al tragico sacrificio.

La vita creativa, organizzativa, professionale di Angelo Fortunato Formiggini non è mai stata facile: sostanzialmente innovativo, quindi controcorrente, il filosofo modenese esordisce a trent’anni con i propri mezzi, certamente cospicui, e con l’estemporaneo trascurabile sostegno di alcuni appassionati bibliofili: per la Festa della Fossalta egli pubblica, come accennato, un volume di opere di Tassoni e una ingente Miscellanea tassoniana con prefazione di Giovanni Pascoli, oggi ormai introvabile, prezioso oggetto di collezionismo. Formiggini parte con il piede destro, mirando alla qualità. Cinque anni dopo - anni di ricerca, di contatti, di confronti, di lavoro - nascono i “Classici del Ridere”, con la Prima giornata del Decamerone, seguita dal Satyricon di Petronio, che impegnano a fondo le sue energie. Dopo solo due anni il paese affronta la Guerra mondiale, che stritola uomini e risorse in quantità drammatiche. Formiggini ne è coinvolto, è arruolato e partecipa con giornali e periodici di trincea e con bibliotechine circolanti. La casa editrice subisce, come tutto e tutti, la difficile congiuntura. Le asprezze della ripresa sono note e ad esse l’impresa di Formiggini non sfugge, ma una forte convinzione supporta il lavoro editoriale. Nasce “L’Italia che scrive. Rassegna per coloro che leggono”, il primo  importante periodico di informazione (e, si direbbe, anche di formazione) bibliografica: “‘L’Italia che scrive’ è fatta: facciamo l’Italia che legge”. Tutte le collane ricevono un nuovo impulso e la distribuzione è capillare. Fino ai primi anni Trenta il lavoro procede dinamicamente e con appagante successo: idee e proposte -che alla lunga, osservando oggi il catalogo, furono di notevolissimo interesse- trovano i loro autori e le edizioni si succedono incalzanti. Con le sue collane e con gli accuratissimi periodici (in ordine di tempo: Rivista Pedagogica, Rivista di filosofia, Bios, Gioventù Italiana) Formiggini si definisce e si realizza nelle vesti di formidabile "comunicatore". Questo conio caratteriale (che pare invenzione odierna, una qualificazione di cui tutti oggi si riempiono la bocca, ma che ha animato predecessori che a fatica si profilano nei lontani grigiori del tempo, e s’è fatto poi evidente attorno alla metà del millennio che sta sfumando) ha ispirato in Angelo Fortunato Formiggini, con il rispetto delle proporzioni, un promotore illuminato, creativo, entusiasta ed elegante.

Un capitolo importante nella vita della casa editrice interessa la dinamica vita delle Riviste, un prodotto che il tempo ha messo in ombra per la scontata caducità dei contenuti - a suo tempo assai puntuali nel dibattito e articolati fino alla polemica - e per la delicatezza dell’oggetto bibliografico, di meno facile conservazione; oggi in antiquariato è possibile reperire alcuni, non pochi titoli formigginiani provenienti dalla dispersione di vecchie biblioteche private, ma le riviste, con molte opere filosofiche e opere fuori collana risultano davvero rare.

Non a caso la presenza di Formiggini nel panorama culturale italiano della prima metà del Novecento è oggi oggetto di un’attenzione critica ed esegetica ignota a editori di ben altro rilievo produttivo; l’industria culturale ha difficoltà a fare emergere meriti e qualità rapportabili a quelle che hanno illustrato, con la scelta di autori, opere, veste e politica editoriale, l’attività coraggiosa e in qualche momento tumultuosa di questo modenese di genio, dotto e fantasioso artigiano.

L’essenza di nobile dilettante, difesa, si sa, fino alla fine, a dispetto dell’organizzazione aziendale data doverosamente all’impresa, ha imposto a Formiggini decisioni commercialmente incomprensibili come il superamento della concorrenza con gli operatori del settore e la convinzione, in qualche modo pericolosa per un produttore di libri, della positività dell’esistenza di Biblioteche circolanti pubbliche: il tutto inquadrato nell’interesse superiore delle ragioni della cultura e in definitiva nella prospettiva, seppur lontana, di una organica e qualificata evoluzione del mercato del libro. Il processo, a ben vedere, deve ancora compiersi e, con gli abbagli e le distrazioni in atto, sulle possibilità affermative grava un’alea equivoca e scadente.

 

 

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