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Ruggero Taradel, Barbara Raggi, La segregazione amichevole. "La Civiltà Cattolica" e la questione ebraica 1850-1945, Roma, Editori Riuniti, 2000, pp. 270.
di Furio Pesci

Ad opera di due giovani studiosi romani è uscito recentemente un notevole contributo scientifico alla storia dell’antisemitismo in Italia. La segregazione amichevole costituisce, infatti, un tentativo di inquadrare il problema storiografico dell’antisemitismo attraverso la lettura di una delle più prestigiose voci della cultura italiana, la rivista della Compagnia di Gesù, nella quale Taradel e Raggi hanno rintracciato, con una lettura molto attenta ed accurata, abbondati e significative testimonianze di atteggiamenti antisemitici che possono considerarsi diffusi in molti ambienti del cattolicesimo, non solo italiano, a cavallo tra i due secoli.

La cura filologica consente di rilevare molte ambiguità nelle posizioni assunte in campo cattolico al riguardo della segregazione degli ebrei, prima, e della loro sistematica persecuzione nell’epoca dei regimi totalitari. Riccardo di Segni, autore della prefazione al volume stabilisce un preciso collegamento tra le posizioni analizzate dai due autori e le autocritiche recenti degli organi più elevati ed autorevoli della Chiesa cattolica. Certamente, lo dimostra l’evolversi delle posizioni assunte dalla Chiesa stessa, il rapporto con il popolo ebraico è uno dei problemi più complessi e spinosi della storia del cattolicesimo e dei Paesi di religione cattolica. In questo senso, la fatica di Taradel e Raggi è certamente utile ed opportuna a documentare situazioni e fatti di un passato che non dev’essere dimenticato.

Andando al di là del testo, che si segnala per la sua densità e per la ricchezza dell’apparato documentario come delle interpretazioni, appare opportuno menzionare l’mportanza che il tema riveste anche in chiave pedagogica e storico-scolastica (l’antisemitismo è stato vissuto e si è manifestato certamente anche nelle scuole), tenendo presenti alcune coordinate che gli autori non hanno preso in considerazione, dato il carattere del loro lavoro ed anche le loro opzioni ideologiche: ad esempio, quale rapporto vi sia tra le caratteristiche storiografiche e sociologiche e la dimensione propriamente religiosa e teologica del rapporto tra ebrei e cristiani; inoltre, se vi sia uno “scarto” tra le posizioni assunte dalla “Civiltà Cattolica” e altre espressioni della Chiesa, non solo della gerarchia (la conversione di numerose personalità di origine ebraica – si pensi ad Edith Stein – risulterebbe altrimenti assolutamente incomprensibile); infine, quali rapporti vi siano tra l’antisemitismo “laico”, oppure protestante-evangelico e le posizioni presenti nella Chiesa; se l’antisemitismo fu un fenomeno certamente diffuso, occorre contestualizzarlo relativamente all’intera sua diffusione, non solo in seno alla Chiesa, ma anche in altre realtà religiose e non religiose. In questo contesto il lavoro di Taradel e Raggi trova una collocazione sicuramente non marginale.

 

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