La Mediazione PedagogicaLiber Liber

L'Albero della genitorialità
di Anna D'Andretta

3. Capitolo II La Genitorialità nelle Famiglie ricostituite (Una rappresentazione a più atti)

3.1 Le Famiglie ricostituite

Il termine

[…] famiglia ricostituita è in realtà la traduzione letterale delle parole inglesi reconstituted family e, nel suo significato originario, indica la famiglia che, spezzatasi a seguito del divorzio, si è riformata con il genitore cui vengono affidati i figli e con il nuovo coniuge […] Ma se si guarda alla ricomposizione della vita affettiva e familiare della coppia adulta, indipendentemente dall’esistenza dei figli, la definizione può cambiare ancora: per famiglia ricostituita si intende allora una coppia sposata o non sposata, con o senza figli, in cui almeno uno dei due partner proviene da un precedente matrimonio o da una precedente unione di fatto.[1]

Un’altra definizione della nuova tipologia familiare è quella della Francescato:

[…] (ricombinate, fuse, binucleari, polinucleari, postnucleari, estese) sono alcuni dei termini usati per mettere in evidenza che le nuove famiglie hanno due importanti caratteristiche. Anzitutto, sono sparse in più di una casa, hanno almeno due luoghi fisici che i figli possono sentire come casa. In secondo luogo, in ognuna di queste case vivono persone diverse […] Proprio per queste due prerogative fondamentali, che esprimono la complessità e la potenziale varietà di queste nuove famiglie, io preferisco chiamarle nuove famiglie aperte perché, a mio avviso, associano in modo originale alcuni caratteri delle famiglie estese tradizionali e delle comuni familiari.[2]

Quello delle famiglie ricostituite è un fenomeno molto antico che, però, la società di tipo patriarcale non ha mai preso in considerazione. L’unico modello di famiglia, socialmente accettato e riconosciuto, fra l’altro ancora oggi, è quello che vede due genitori, con uno o più figli, zii, cugini e quattro nonni. Questa famiglia, proiettata in senso verticale, costituisce l’albero genealogico ed è la tipologia di famiglia studiata per conoscere e comprendere i meccanismi che la compongono, la caratterizzano e ne definiscono le relazioni intergenerazionali e intragenerazionali.

La famiglia ricostituita, invece, per Tilde Giani Gallino viene definita famiglia a cespuglio. Tale famiglia viene rappresentata proprio come un cespuglio che si diversifica da un albero: mentre il cespuglio cresce e si dirama in senso orizzontale, l’albero procede in senso verticale.

Anche il potere genitoriale si modifica: se i confini e i ruoli non sono ben definiti, subentrano discordanze educative all’interno dei genitori biologici e fra questi ultimi e quelli sociali. La presenza di questi altri genitori comporta, inevitabilmente, la ristrutturazione dei modelli genitoriali tradizionali.

Un’ulteriore caratteristica utile per delineare la complessità di tali famiglie è la ricerca da parte dei figli di un appellativo per i nuovi partner. Esistono diverse tendenze che dipendono dal modo in cui i figli vivono e si relazionano con questi: i nomignoli e gli appellativi, individuati di volta in volta, rientrano comunque nella sfera familiare, tranne che per quei soggetti che avvertono come eccessivamente distanti o con cui hanno un rapporto negativo. Vari autori, Francescato, Barbagli e Zanatta, convergono sul definire i nuovi partner degli ex-coniugi, genitori sociali.

Quando il nuovo partner è alla prima esperienza coniugale o di convivenza, le famiglie ricostituite si connotano come una struttura relativamente complessa; esse diventano più articolate, soprattutto quando il o i nuovi partner provengono da esperienze coniugali in cui ci sono figli. Le reti relazionali, dunque, si allargano e si complicano, in modo tale che anche i confini tra i diversi rapporti rasentano la confusione o la rigidità.

3.2 I Nuovi possibili triangoli

I componenti delle famiglie ricostituite, in assenza di norme collettive che regolano comportamenti e definiscono ruoli, sono costretti a vivere nell’ambiguità e nella confusione, arrampicandosi sugli specchi ogni volta che si trovano di fronte ad eventi e circostanze richiedenti precisi punti di riferimento. La confusione e l’ambiguità sono determinate dal persistere di quello stereotipo della famiglia, interiorizzato col trascorrere del tempo che, in passato, corrispondeva al teatro familiare tradizionale costituito da un unico atto e che oggi si presenta a più atti.

Mentre la nuova famiglia tenta di darsi una propria strutturazione peculiare, cerca ancora, per un bisogno di sicurezza, di imitare i modelli di quella tradizionale, creando in tal modo rapporti invischiati e confini rigidi e impermeabili.

Quando uno degli ex-coniugi intraprende una nuova relazione affettiva, si trova a fronteggiare sia i fantasmi che si agitano all’interno di tutti coloro che lo circondano, sia le aspettative e i dinieghi propri, sia quelli di chi entra di fatto nella nuova relazione.

Un esempio può essere dato dalla donna con figli che si risposa con un uomo il quale, a sua volta, potrebbe portare con sé un’esperienza coniugale. Il nuovo partner diventa così per i figli della compagna, il patrigno. Egli può evocare l’immagine dell’orco cattivo trasmessa dalle favole. Si forma a questo punto un nuovo triangolo, dove i figli tendono a vivere il patrigno come colui che vorrebbe espropriarli dell’affetto materno e usurpare quella funzione spettante, per diritto di sangue, al padre biologico. Ciò accade laddove non si verifica una mediazione da parte della madre e dove il padre naturale o è assente o strumentalizza i figli per creare difficoltà all’ex-coniuge. In questo tipo di triangolo, un altro elemento di conflitto può essere dato dallo scontro tra l’ex-marito e il nuovo partner per la detenzione del potere familiare, prevalentemente economico.

In modo meno diffuso, si contrappone il modello di famiglia ricostituita in cui il padre porta con sé il figlio e la nuova compagna. Costei, nella simbologia delle fiabe, diventa la matrigna. Anche qui è determinante la funzione di mediazione del padre al fine di evitare ai figli vissuti negativi o addirittura distruttivi e prevenire problemi relazionali con la nuova compagna.

I figli difficilmente accetteranno subito la nuova presenza, né la considereranno positivamente proprio perché la vivranno come il fantasma di colei che vuole sostituirsi alla madre biologica o di chi deve attirarsi il padre, sottraendolo alle responsabilità parentali. D’altronde, non è da escludere che possa insorgere un conflitto tra l’ex-moglie e la nuova, per rivendicare l’appartenenza dei propri figli e per denunciare la carenza e/o l’inadeguatezza delle cure paterne. Ancora una volta i figli possono essere usati e triangolati. In questo triangolo c’è nuovamente il sostegno dello stereotipo collettivo, secondo il quale, solo una donna può accudire adeguatamente i figli e questa deve essere la madre biologica.

Se all’interno di queste nuove coppie, poi, nascono dei figli o l’altro coniuge ne porta altri, il numero dei triangoli possibili si allarga e le relazioni si intrecciano, raggiungendo un livello di complessità non sempre gestibile.

E’ chiaro che le difficoltà e la triangolazione dei figli, dell’ex-coniuge o del nuovo, sono messe in atto quando i precedenti compagni non hanno elaborato la rottura del loro legame e non hanno saputo ricostruire l’intesa genitoriale.

Affinché i nuovi triangoli delle famiglie ricostituite si trasformino, dando spazio alla creatività e alla continuità coparentale, si richiede, agli adulti che fanno parte della rete, da un lato, la consapevolezza di vivere un processo di individuazione che li porti verso l’autonomia e verso un arricchimento delle esperienze dell’Io e, dall’altro, la responsabilità parentale nel sentirsi parte del gruppo familiare e sociale.

3.3 La Genitorialità nelle Famiglie ricostituite

Nelle famiglie ricostituite di oggi, dove la struttura è complessa e i confini sono incerti, dove i genitori biologici e quelli sociali hanno, molte volte, impegni extradomiciliari, essere genitori è sempre più difficile. Pensare di svolgere adeguatamente tale funzione, rasenta quasi l’utopia.

Nelle nuove famiglie aperte, infatti, come nelle comuni, si devono ridefinire i rapporti interpersonali dati per scontati tra parenti di sangue e si deve imparare a dividere tra più persone il ruolo di genitori tradizionalmente svolto soltanto dalla madre e dal padre. Per fare questo le famiglie aperte sono costrette a riconsiderare gli obiettivi, le strategie e i significati che può avere la funzione dei genitori oggi.[3]

Gli adulti coinvolti sono biologici e sociali, perciò il numero può raddoppiare e la complessità è ampliata. Ne consegue che agli adulti si richiede, per evitare blocchi evolutivi ai figli, di portare a termine il divorzio psichico, per sapersi relazionare e confrontare con le diverse figure interessate. E’ questo il momento in cui vengono fuori l’autostima e l’identità individuale, elementi indispensabili per comprendere e gestire le differenze emergenti. Solo così si potrà andare in direzione della funzione genitoriale allargata.

Esistono oggi individui in grado di esprimere tale capacità?

Chi può sostenerli verso tale trasformazione?

E’ una genitorialità che non ha più nulla, o quasi, del passato. Bisogna inventarsela, facendo appello alla creatività e alla dinamicità.

Per essere genitori in questi contesti occorre avere notevoli risorse individuali, dal momento che esiste una carenza di sostegno sociale e un’assenza di modelli di riferimento validi. Ciò vuol dire che le funzioni educative da svolgere con i figli fanno ricorso esclusivamente alla funzione comunicativa intra e interpersonale. Una comunicazione chiara, precisa e rassicurante da cui si evincono regole, confini, possibilità e certezze è quanto serve ad un figlio per attribuire efficacia all’azione dei genitori biologici. Non è più il momento di dire ad un figlio: io sono colui che deve guidarti, proiettando bisogni propri alla ricerca di ciò che si vorrebbe essere.

Ci sono altre figure a cui potersi rivolgere se il genitore consanguineo si pone in modo eccessivamente autoritario:

[…] i genitori sociali, per esempio, possono costruirsi un ruolo educativo nuovo e valido perché, essendo meno emotivamente coinvolti dei padri o delle madri naturali, possono riuscire a essere più attenti al reale benessere dei bambini o ragazzi su cui non proiettano le proprie aspirazioni e frustrazioni.[4]

Oggi, i criteri educativi non appartengono più ai soli genitori biologici. Essi, nel contesto delle famiglie ricostituite, sono sottoposti inevitabilmente al controllo degli altri, contrariamente a quanto accadeva e accade ancora nelle famiglie nucleari. I genitori sociali sono immediatamente coinvolti nella verifica di quanto avviene nelle relazioni originarie: rilevano eventuali soprusi, eccessive attenzioni o una giusta dedizione.

Il confronto con gli altri appartenenti alla rete familiare esercita, poi, una funzione speculare per il nuovo modello emergente di genitori, garantendo una revisione continua degli stili educativi messi in atto o minando la personalità di quei genitori che non reggono la messa in discussione.

La nuova genitorialità delle famiglie ricostituite si potrebbe paragonare ad un artista che riesce a realizzare, con la propria manualità e creatività, una scultura. Quando l’artista sarà in grado di sottoporre l’opera a revisione, attraverso un’analisi critica, sicuramente coglierà che qualche forma va rimodellata. Analogamente i nuovi genitori, partendo dal confronto con l’esterno (genitori sociali) e soffermando lo sguardo sui figli, dovranno acquisire la capacità di cogliere autonomamente il modo in cui svolgono la funzione educativa.

3.4 Il contributo della mediazione familiare

La mediazione familiare per le famiglie ricostituite, ha come obiettivo prioritario la restituzione ai genitori biologici della capacità decisionale della loro esperienza familiare. L’intervento di mediazione perviene a tale obiettivo aiutando i coniugi, ormai coinvolti in altre esperienze di coppia, a rimembrare e a prendere coscienza dell’unione che, non solo continua ad esserci, ma che li accompagnerà per tutto il corso della vita: i figli. Esso tende, inoltre, a consentire loro la lettura della realtà senza pregiudizi e sentimenti negativi, al fine di ridare valore positivo alla comunicazione necessaria. Si consente così di affrontare il senso di inadeguatezza personale quando subentrano il confronto, il timore e la paura di essere annullati ed espropriati, dal nuovo coniuge, del proprio ruolo genitoriale. Paure e timori emergono quando nella ricostruzione delle famiglie non è avvenuto, da parte di un partner, il processo di elaborazione della perdita. Si è, quindi, di fronte a un perpetuarsi di problemi irrisolti che inevitabilmente sfociano in dinamiche relazionali problematiche e che creano danni evolutivi per lo più ai figli.

In queste famiglie, l’approccio si distingue da quello messo in atto nei casi di divorzio, in quanto la complessità strutturale della situazione è legata alle diverse relazioni esistenti, ai confini che la caratterizzano e alle singole esperienze personali destinate ad intrecciarsi. Il mediatore, a seconda della circostanza, può convocare i soli genitori biologici o anche i genitori sociali o quelli biologici, eventualmente insieme ai figli.

Egli non può dimenticare che la sua posizione di terzo è finalizzata essenzialmente a prevenire disagi e problematiche nei figli, perciò deve guidare gli adulti (genitori biologici e sociali) ad individuare i propri ruoli e le proprie funzioni senza poi interferire, direttamente o indirettamente, nei campi altrui. Deve, inoltre, evidenziare la distinzione fra genitori biologici e quelli sociali. Questi ultimi, infatti, possono essere considerati dai figli come adulti, diventando punti di riferimento, senza assumersi le responsabilità genitoriali.

Strutturare un processo di mediazione per tali famiglie significa tener presente i possibili sottosistemi che si costituiscono:

- il sottosistema dei coniugi;

- il sottosistema dei figli del precedente e del nuovo matrimonio;

- il sottosistema della madre o padre affidatario e del figlio;

- il sottosistema del figlio e del nuovo coniuge.

Significa, altresì, considerare i componenti inclusi nella rete di relazioni e come questi si collocano e interagiscono nei diversi sistemi e sottosistemi.

Un altro problema è quello della definizione dei confini intrasistemici e intersistemici. Questi tendono ad essere meno chiari, ambigui e confusi. In realtà dovrebbero essere più permeabili e ben definiti. Anche le regole devono essere chiare, precise e negoziabili proprio per l’aumentato numero delle relazioni.

Le interazioni, invece, hanno obiettivi differenti e perseguono itinerari divergenti (relazioni di coppia, cogenitoriali e tra figli di diverso letto). Confini, regole e interazioni sono, rispetto ad una famiglia nucleare normale, sempre più fluttuanti e destinati ad una rivisitazione continua: possono, ad esempio, accavallarsi diversi momenti evolutivi tra i figli, oppure le singole famiglie si trovano a vivere fasi del ciclo di vita differenti (in pratica si vivono più situazioni, ruoli e funzioni contemporaneamente).

Il mediatore può essere facilmente triangolato da uno dei genitori o da una delle nuove coppie. Deve prestare, perciò, particolare attenzione alla formulazione delle domande, controllando che queste rispondano alla funzione circolare dinamica[5] e privilegiare, se possibile, quelle indirette, al fine di allargare gli orizzonti, superare le resistenze personali e promuovere una maggiore flessibilità e collaborazione. Talvolta, vista la complessità strutturale delle famiglie ricostituite, egli può avvalersi della "direttività" al fine di evitare il suo coinvolgimento, chiarendo i confini e precisando le regole. L’uso delle metafore, inoltre, gli potrà permettere di cogliere, nei diversi genitori, i vissuti interiori, le emozioni e i sentimenti negati o rimossi, proprio per stimolare la fantasia e la creatività, facendogli intravedere e cogliere così nuove opportunità. Questi ultimi elementi sono indispensabili proprio per la nuova tipologia di famiglia, affinché le diverse relazioni siano chiare sia tra loro, sia tra loro e i figli, e si avvalgano della cooperazione e non dell’individualismo.

Per le famiglie, l’intervento di mediazione diventa, in tal modo, l’area in cui le diverse organizzazioni intrapsichiche, sociali e valoriali si incontrano: uno spazio vuoto e senza tempo. Secondo Winnicot, lo spazio transizionale è il luogo in cui tutti i componenti delle coppie interessate si incontrano e dove, imparando ad ascoltarsi vicendevolmente e a conoscere, con l’ausilio del mediatore, ruoli e funzioni che le diversificano, possono ritrovare intese e differenze, esprimere angosce e paure e, col tempo, pervenire ad accordi condivisi. Tali accordi hanno l’obbligo di garantire un equilibrio e uno scambio tra i diversi sottosistemi e di assicurare ai figli la continuità parentale. Ai figli si può insegnare, altresì, da una parte, l’accettazione dei genitori sociali, dall’altra il considerare questi ultimi nuove risorse a cui attingere.

La mediazione consente di far vivere ai diversi sottosistemi, attraverso l’acquisizione delle regole e la definizione dei confini, l’esperienza dell’aiuto reciproco e della comprensione, come momenti di crescita individuale e di gruppo. Il setting della mediazione è legato ad un preciso processo circoscritto nel tempo, con obiettivi prestabiliti. In tale processo, solo dopo che il mediatore ha individuato le aree sulle quali intervenire, si segue un preciso percorso finalizzato a un’escalation di problematiche da trattare con il rispetto di determinate regole. Questo processo parte dal qui ed ora per proiettarsi nel futuro, considerando, a volte, il lì e prima. Il mediatore, figura neutrale e imparziale, assolve, per tutti i componenti delle famiglie, una duplice funzione: di accettazione e di contenimento, quasi come una figura materna; di guida e di emancipazione, come una figura paterna.

In conclusione, si possono enucleare le differenze fondamentali tra i due ambiti di applicazione della mediazione familiare.

Nella mediazione di separazione e divorzio, l’intervento è volto a ristabilire un equilibrio emotivo fra gli ex- coniugi, tra il loro essere genitori ed i figli, in modo da giungere ad un accordo condiviso, realizzabile ed efficace, soprattutto per questi ultimi.

Nella mediazione con una famiglia ricostituita è, invece, prioritaria la definizione dei confini tra i diversi sottosistemi; questi tendono ad essere confusi ed invischiati, ma per la complessità della struttura familiare è opportuno che siano chiari, netti e permeabili. Definire i confini serve sia ad attribuire ruoli e funzioni appropriate, sia a favorire la negoziazione delle regole necessarie a distinguere e a valorizzare i sottosistemi e le relazioni tra di loro.

Nella mediazione con una famiglia ricostituita è, invece, prioritaria la definizione dei confini tra i diversi sottosistemi; questi tendono ad essere confusi ed invischiati, ma per la complessità della struttura familiare è opportuno che siano chiari, netti e permeabili. Definire i confini serve sia ad attribuire ruoli e funzioni appropriate, sia a favorire la negoziazione delle regole necessarie a distinguere e a valorizzare i sottosistemi e le relazioni tra di loro.

[1] A. L. Zanatta, Le nuove famiglie, Il Mulino, Bologna, 1997, pagg. 69-70.

[2] D. Francescato, Figli sereni di amori smarriti. Ragazzi e adulti dopo la separazione, Mondadori, Milano, 1997, pagg. 213-214.

[3] Ivi, pag. 239.

[4] Ivi, pag. 240.

[5] La Funzione circolare dinamica della domanda consiste nella sua capacità di rimodularsi all’interno della relazione con l’interlocutore attraverso una serie di micro interazioni e feedback. In questo senso la domanda non è mai statica ma assume una funzione dinamica, A. Nolè.

 

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