La Mediazione PedagogicaLiber Liber

La "Escuela Moderna" di Francisco Ferrer y Guardia
di  Maria Assunta Romaniello

1. La Spagna al tempo di Francisco Ferrer y Guardia (1859-1909)

Premessa

Francisco Ferrer Y Guardia fu un rivoluzionario spagnolo, nato nel 1859 e morto nel 1909. La “Escuela Moderna” che fondò a Barcellona fu un centro di idee anarchiche, a causa delle quali egli fu ritenuto colpevole degli eventi della semana trágica che si ebbero in questa città e fucilato. La sua morte provocò indirettamente la caduta del governo Maura, in seguito alle proteste che si ebbero in Spagna e in tutta Europa

Nel ripercorrere le vicende di Ferrer e nell'analizzare le sue idee pedagogiche rivoluzionarie è importante considerare in primo luogo le condizioni economiche, in particolar modo la nascita delle industrie, il processo di urbanizzazione e il tipo di società della nazione spagnola tra la fine del 1800 e l’inizio del 1900.

Dopo aver considerato le caratteristiche generali della nazione spagnola si passerà a far riferimento:

a) ai movimenti di ispirazione socialista ed anarchica che si diffusero tra i contadini, gli operai e le masse popolari a causa della miseria in cui versavano;

b) alle vicende di natura politica.

1.1 Condizione economica: caratteristiche generali e nascita delle industrie

Raymond Carr[1] nell’analizzare la situazione economica della Spagna dal tardo 1800 ai primi anni del 1900, ha individuato diverse fasi, rilevandone le differenze con il resto d’Europa:

1) Tra il 1875 ed il 1885 si ebbe in Spagna un’espansione economica in corrispondenza a un periodo di depressione europea.

2) Tra il 1886 e per tutti gli anni '90, la Spagna cadde in crisi e l’Europa si riprese. In questo periodo la nazione subiva il declino della sua potenza coloniale, che iniziato nei primi anni del 1800, arrivò all’apice con la guerra del 1898 contro le ultime colonie, affiancate dagli Stati Uniti, in cui perse Cuba e Portorico. Questo declino determinò una situazione di profonda arretratezza economica e un grave contrasto sociale che si protrasse per tutti i primi anni del 1900.

3) La neutralità della Spagna nel primo conflitto mondiale (1914-18) garantì alla nazione un certo periodo di benessere; esso subì un arresto nel 1929, quando vi fu una crisi mondiale in seguito al crollo della borsa di Wall Street. Negli anni che seguirono vennero alla luce tutti gli squilibri e la discontinuità della precedente espansione. La Spagna si presentava come un paese con un’economia sottosviluppata nel quale l’aumento della popolazione eccedeva quello della produzione.

Il decennio 1875-85 fu per la Spagna un periodo di prosperità, che segnò la fase del boom economico e che non fu incrinata da rivendicazioni sindacali.

Le costruzioni delle ferrovie aumentarono clamorosamente, il mercato cubano cominciò ad assorbire l’eccedenza dei prodotti catalani, costituiti per lo più da manufatti. I primi anni della Restaurazione (periodo che complessivamente va dal 1874 al 1931) segnarono un’espansione economica anche in altri settori dell’industria e dell’agricoltura. Inoltre la liberalizzazione del commercio non rovinò l’industria catalana della lana, così come pensavano i fanatici del protezionismo, ma distrusse solo la vecchia industria laniera di tipo semi-domestico, sparsa in tutte le città della Spagna. Nonostante ciò i Catalani non erano molto contenti di questo successo e cercarono di bilanciare l’industria tessile con quella pesante, ma le industrie metallurgiche e meccaniche dovettero lottare contro la mancanza di materie prime, benché traessero profitti dalle ferrovie e dall’espansione tessile. Gli industriali catalani del cotone non erano riusciti a creare un’industria competitiva e da qui derivava la loro insicurezza. Dal punto di vista agricolo, a partire dal 1882, la Spagna dominò il mercato mondiale del vino, a causa della fillossera che colpì i vigneti Francesi. In quell’occasione la Francia fu costretta ad importare vino spagnolo.

Nel 1886 il boom economico incominciò a dar segni di crisi che si accentuò nel 1887, quando la fillossera colpì anche i vigneti spagnoli con la conseguenza che molti di essi furono abbandonati. Durante il 1886 ed il 1887 anche il frumento ed altri cereali, tra cui il riso, subirono un crollo dei prezzi a causa delle importazioni estere di questi prodotti sul mercato spagnolo. Il rimedio secondo gli industriali e gli agrari risiedeva nel ritorno al protezionismo, a favore del quale le organizzazioni catalane lottarono, scontrandosi con gli interessi della classe dirigente delle società ferroviarie, che consideravano la liberalizzazione del commercio un’importante conquista. La causa del protezionismo guadagnò forze ed alleati: infatti, erano favorevoli i produttori di cereali, gli industriali tessili, navali e metallurgici. Il protezionismo, che raccoglieva consenso perfino tra i liberali (Cànovas, ad esempio, si convertì ad esso) permetteva allo Stato di intervenire a regolamentare la produzione.

Nel 1898, con la perdita di Cuba e Portorico, la Spagna subiva un disastro economico di notevoli dimensioni. Il commercio coloniale, che aveva assunto molta importanza nel periodo precedente, nel 1900 era quasi inesistente. Dopo il “desastre” del 1898, gli osservatori stranieri furono stupiti dalla ripresa spagnola, spiegandola ricorrendo alla naturale vitalità della nazione.

Gli Spagnoli erano invece meno ottimisti: il progresso economico fu per loro solo apparente.

Dopo il 1900, la bilancia commerciale fu sfavorevole a causa del deficit derivante dall’eccesso d’importazioni.

Ci furono, in ogni modo, dei fatti nuovi piuttosto promettenti: ad esempio lo sviluppo dell’industria pesante nel Nord in Biscaglia e nei Paesi Baschi

Per tutto il 1800 ed il 1900, salvo il periodo della prima guerra mondiale, si fece fronte al deficit commerciale attraverso prestiti esteri e le rimesse degli emigrati.

La debolezza dell’economia si rivelò ancora più evidente nel ventesimo secolo, quando le esportazioni soprattutto di prodotti agricoli avvenivano su mercati mal sicuri. L’unico fattore dinamico dell’economia spagnola fu costituito dalle province esportatrici della Spagna periferica, in special modo le regioni Valenciane a cui si aggiunse Barcellona, che grazie alla presenza di un clima favorevole, fornivano il 30% delle esportazioni nazionali.

1.2 La condizione industriale nei primi anni del ‘900

La struttura socioeconomica del Paese in tutto il periodo considerato andò evolvendosi lentamente dalle antiche forme agrarie e dalla dipendenza dalle colonie, verso forme di produzione più urbane ed industriali.

Le ferrovie ebbero un ruolo molto importante nei decenni a cavallo tra i due secoli in quanto  modificarono i sistemi agricoli dell’ancien régime.

Ad esempio, “nel ventesimo secolo le pecore merino non attraversavano più la Spagna brucando ma venivano condotte ai pascoli invernali su vagoni a tre piani” [2]

La ferrovia non avvantaggiò tutte le regioni anzi alcune di esse, subirono un vero disastro. Ad esempio i vini della Valle del Duero non ebbero più il loro monopolio nelle zone contigue della costa Settentrionale, perché le ferrovie trasportavano vino a basso prezzo dalla Catalogna

Relativamente al settore tessile, i produttori di cotone fecero fronte alla precarietà economica resistendo alle richieste di aumenti salariali e licenziando gli operai perché era duro razionalizzare e modernizzare le loro industrie, visto che i prodotti si vendevano solo sul mercato interno.

Passando a considerare la metallurgia catalana, essa subì un calo delle commesse dal 1902 al 1907, fu salvata dal Programma Navale del 1908, e si trovò di nuovo in difficoltà nel 1912. Nelle province Basche e nella Biscaglia si svilupparono, grazie alla potenza finanziaria delle banche Biscagline, le nuove industrie del cemento e della carta che in seguito inquinarono i fiumi.

Tra il 1899 ed il 1901, in corrispondenza con la creazione del porto di Bilbao, gli imprenditori incominciarono a costruire cantieri navali. Ciò fu favorito dal Programma Navale che tra il 1888 ed il 1908 contribuì anche alla massima espansione dell’acciaio.

Il Programma iniziato dai conservatori e portato avanti dai liberali fu appoggiato dalla legge Maura del 1907 e rappresentò uno sforzo cosciente per creare un’industria nazionale. Nel settore navale agli inizi del ventesimo secolo gli imprenditori stranieri investirono soprattutto al Sud acquistando piccole aziende fallimentari spagnole e poi rilanciandole. Ciò permise di dare nuove prosperità a porti come Almería e Cartagena.

Il futuro industriale della Spagna, data la mancanza di carbone a basso prezzo, si basò sull’uso dell’energia idroelettrica che la liberò dalla dipendenza dal carbone e dal gas fornito dalle imprese straniere. Nel 1910 Madrid era rifornita d’energia elettrica dalla linea ad alta tensione più lunga d’Europa.

Un progresso notevole si ebbe pure nell’industria leggera. Il cemento e la chimica rappresentarono le branche produttive tipiche del ‘900.

Nel momento stesso però, in cui le nuove industrie sorte nel ventesimo secolo (quella idroelettrica e quella leggera) fecero intravedere promettenti sviluppi, la rete ferroviaria entrò in crisi e nel 1914 sfiorò l’orlo del collasso perché non trovava i capitali necessari per il suo rinnovamento.

A tutto questo si aggiungevano binari usurati, danneggiati dal pesante traffico bellico, carrozze malandate che limitavano la velocità di questi mezzi di trasporto, con conseguenze negative sullo sviluppo economico

Per quanto riguarda gli Istituti di credito, c’è da affermare che essi (specialmente quelli della Catalogna) erano poco sviluppati e gli industriali dovevano svolgere il ruolo di banchieri e di produttori.

I banchieri Catalani erano conservatori, l’attività bancaria era per lo più ancorata ad aziende di tipo familiare e gran parte del capitale era investito nelle industrie tessili e nelle ferrovie in declino. Solo dopo il 1915 le banche di Barcellona adottarono metodi moderni.

La Biscaglia fu l’unica regione, in cui i finanzieri e gli industriali si mostrarono capaci di superare il livello d’aziende familiari e di costruire grandi corporazioni di tipo moderno.

1.3 L’inurbamento e il problema della terra

Alla fine dell’800 si verificarono due fenomeni congiunti che alterarono la struttura sociale e l’aspetto socio- geografico della Spagna nei primi del ‘900:

a) l’aumento della popolazione;

b)lo spostamento della popolazione rurale eccedente verso le città.

All’inizio del '900 diminuì la mortalità, soprattutto quella infantile, e la popolazione aumentò da diciotto a ventiquattro milioni d’abitanti.

L’aumento della popolazione non poteva essere sopportato dalle zone rurali già sovraffollate. Nel 1912 aumentò pertanto il flusso migratorio oltre l’Atlantico iniziato già negli anni '70.

Con la prima guerra mondiale si chiusero le porte verso l'America del Sud e l’aumento della popolazione dovette trovare un suo equilibrio all’interno della Spagna, attraverso il fenomeno dell’inurbamento.

Il flusso migratorio della Spagna periferica si spostò verso le città di Siviglia, Bilbao, San Sebastiano e Barcellona, mentre quello della Spagna centrale verso Madrid e i capoluoghi di provincia.

Nella maggior parte delle regioni periferiche dell’Andalusia vi fu un alto tasso d’aumento naturale della popolazione. Nella provincia di Granada, ad esempio, dove il terreno coltivabile era scarso e la vita povera, molte famiglie emigravano da una parte all’altra per la raccolta d’olive, di barbabietole e di frumento.

In Catalogna, a causa della povertà delle zone montane, gli abitanti erano costretti a riversarsi presso le città laniere (Tarasse e Sabadell) in fase di sviluppo.

I movimenti della popolazione riflettevano gli antichi contrasti tra le zone periferiche e le zone centrali, fra settentrione e meridione.

Per soddisfare i bisogni di una popolazione in crescita, le città incominciarono a costruire nuovi quartieri, strade più ampie che si riempirono di banche e di palazzi pubblici.

Inoltre l’urbanesimo colpì più tardi anche centri minori, le cui mura furono abbattute per adattare la città al traffico automobilistico. Così San Sebastian diventava da città fortificata, una stazione termale.

Gran parte della modernizzazione era però superficiale poiché allo sviluppo edilizio, non seguì uno sviluppo dei servizi municipali.

Critica, inoltre, era la situazione sociale nel centro e nel meridione latifondistico dove i braccianti a causa di salari bassi, che non coprivano il minimo vitale, si spostavano da una monocoltura ad un’altra e soffrivano la fame nei mesi vuoti.

Secondo i riformatori, la causa di questa situazione risiedeva nella particolare distribuzione della proprietà fondiaria. L’estensione delle grandi proprietà terriere era, a parer loro, alla base della miseria contadina perché creava eccedenza di manodopera e mancanza di terra e solo frazionando il latifondo era possibile risolvere il problema del Sud e dell’Ovest. Secondo i riformatori, l’Andalusia, nonostante la sua miseria, offriva molte speranze dal punto di vista economico, specialmente se si fossero adottati sistemi moderni d’irrigazione e culture variate, le sole che potevano assicurare lavoro per tutto l’anno.

La neutralità che la Spagna mostrò durante la prima guerra mondiale avvantaggiò soprattutto l’Andalusia, ma questa prosperità non investì il proletariato agricolo che dovette sopportare il peso dell’enorme spreco dell’aristocrazia terriera.

"Disoccupati, illetterati (…) erano presi dalla propaganda degli apostoli dell’anarchia che mentre condividevano le loro squallide vite aprivano gli orizzonti della giustizia sociale"[3]

Oltre all’Andalusia, classica zona di violenza agraria, c’erano altre regioni dove un costante aumento della popolazione non rendeva possibile un miglioramento delle condizioni economiche, producendo dappertutto tensione sociale.

Nelle campagne Catalane, ad esempio, a causa dell’improvvisa perdita del mercato francese e l’invasione della fillossera (1890-92), si verificò il conflitto tra gli interessi dei piccoli fittavoli (rabassaires) e quella dei loro padroni.

I rabassaires protestarono violentemente quando i proprietari pretesero i termini dell’affitto in base al vitigno americano ed organizzarono dopo il 1890 scioperi e boicottaggi.

La Galizia presentava un problema più spinoso: le agitazioni che vi furono qui furono così violente da richiedere rimedi legali.

Quando i foristas, la borghesia rurale gallega che aveva occupato il posto della vecchia aristocrazia e della Chiesa nella proprietà della terra, cercarono di bloccare gli scioperi ricorrendo alla legge, andarono incontro ad azioni di boicottaggio, con mutilazioni del bestiame ed incendi.

Nella zona di Pontevedra ed Orense l’influenza degli anarchici inasprì la lotta.

Alla fine dell’800 l’abolizione dei foros era diventata una necessità se si voleva garantire la pace sociale.

Con l’estensione dell’immigrazione interna stagionale e con la chiusura delle porte d’America la situazione peggiorò e fu solo grazie alla coltivazione della patata che gli abitanti della Galizia si potettero nutrire.

Agli inizi del’900, poiché la terra aveva bisogno di denaro, aristocratici, prelati, proprietari terrieri costituirono dei sindacati agrari per offrire ai contadini crediti a buon mercato, concimi, assicurazioni sui raccolti, facilitazioni per la vendita dei prodotti.

I riformatori dell’ultimo decennio dell'800 auspicavano una trasformazione più radicale: opere d’irrigazione e rimboschimento dei terreni improduttivi. Niente di tutto questo però fu fatto.

Il rimboschimento era una necessità per contrastare la distruzione delle foreste da parte dell’uomo, crimine che aveva caratterizzato la storia spagnola fino alla fine dell'800 e che era consumato anche per soddisfare la domanda dell’industria edilizia.

Il rimboschimento, poiché implicava spese enormi, non fu attuato.

L’irrigazione era necessaria in quanto la scarsezza della pioggia e la povertà del suolo incidevano negativamente sullo sviluppo della Spagna. La rivoluzione agricola dell '800 si limitò alle regioni dove la pioggia cadeva durante tutto l’anno, con la conseguenza che solo in alcune zone si fecero notevoli progressi. Si accentuarono così i divari tra le regioni in sviluppo (la frangia periferica) e le regioni stagnanti del centro.

Questo divario implicava due tipi di tensione sociale: quello tra capitale e lavoro nelle zone più progredite, e quello tra proprietari terrieri, contadini e braccianti nelle restanti.

Tutto questo rendeva necessario l’intervento dello Stato che avrebbe dovuto investire capitali per la ristrutturazione fondiaria, per il rimboschimento e per l’irrigazione. Questi interventi non furono mai attuati perché ciò comportava una notevole riduzione delle spese per l’esercito e per il pubblico impiego.

Misure di tal genere andavano oltre la capacità dello stato liberale. L’esercito rimaneva numeroso e l’abisso tra ricchezza e povertà immenso.

1.4 Condizioni sociali

Si può affermare che nella nazione spagnola mancasse una coesione e una coscienza nazionale. Inoltre lo sviluppo nelle diverse parti del Paese fu ineguale e lento, perché in alcune avvennero della trasformazioni ed in altre delle resistenze ad esse.

Considerando le condizioni delle classi sociali in Spagna dal 1870 ai primi anni del 1900 si può notare che:

a) All’interno della classe aristocratica il gruppo dirigente, alla fine dell’800, era rappresentato ancora dai potenti, mentre la classe dei “cacicchi”[4] resisteva ai cambiamenti aggrappandosi ai costumi della comunità autonoma e cercando di mantenere una superiorità socialmente riconosciuta.

La classe aristocratica, pur modellando i suoi comportamenti su quelli più influenti della nobiltà inglese, se ne discostava continuando a sostenere i valori tradizionali della società militare che permeavano l’ideologia politica dominante.

b) La classe imprenditoriale fu la più notevole forza sociale emersa durante la restaurazione e i decenni seguenti (1874-1898), insieme con quella dei finanzieri. Gli imprenditori dominarono la vita sociale ed economica delle città industriali della Catalogna, della costa settentrionale e della stessa Madrid quando avvenne la concentrazione delle attività bancarie e lo sviluppo dell’industria leggera, grazie all’impiego dell’elettricità.

In Catalogna la depressione del 1886 aveva indebolito l’attività imprenditoriale che solo verso la fine dell'800 si distaccò dalla piccola industria familiare, alimentando la tendenza alla concentrazione capitalistica, alla modernizzazione, specialmente nelle nuove attività industriali (chimica e cemento).

Nelle province basche le potenti dinastie capitalistiche si fusero tra loro e all’inizio del '900, grazie ai loro interessi finanziari nell’attività bancaria, divennero il gruppo più potente della Spagna.

c) La classe media produsse una cultura aperta alle influenze straniere solo in Catalogna. A Barcellona, ad esempio, si rappresentarono i drammi di Ibsen e le opere di Wagner senza alcun ritardo rispetto ad altre città europee.

Nelle regioni Basche invece non si sviluppò una seria cultura borghese, per la mancanza di università e per l’influenza contadina sul nazionalismo basco.

La composizione della classe media, cui appartenevano medici, giornalisti, professori universitari, ecc., si fece più complessa dalla metà del secolo diciannovesimo fino ai primi del ‘900.

L’emergere dei partiti proletari, modificò il ruolo di trasformazione sociale che i ceti medi urbani avevano avuto in politica.

Solo il nazionalismo radicale catalano restava a sinistra, ancorato alla classe media, ma la rivoluzione che esso auspicava era priva di contenuto sociale.

d) Le classi inferiori erano costituite da operai e contadini: è difficile analizzarne le condizioni perché mancano statistiche sui salari reali. Si può solo affermare che questi ultimi erano differenti da regione a regione, i cui tenori di vita erano disuguali.

Il lavoro specializzato era ben remunerato ma alla fine dell‘800 e all’inizio del‘900 peggiorarono le condizioni degli operai semispecializzati.

L’esistenza di una massa contadina numerosa che la classe dirigente non riuscì a salvare dalla miseria, ha costituito uno dei mali più gravi della vita contemporanea spagnola. Le famiglie contadine, che versavano in condizioni di estrema miseria, furono costrette ad emigrare.

Il mondo operaio europeo dell’800, che stava alla base della vita urbana, era caratterizzato da una diffusa povertà e sofferenza. In Spagna ne furono l'espressione gli inurbati, gli accattoni ed i venditori ambulanti. Nel centro di Madrid a causa del sorgere di grandi negozi, divenne sempre più marginale la vendita per le strade, anche se quest’ultima restava un servizio necessario per i poveri, che potevano comprare solo piccoli quantitativi di merci.

Le case dei nuovi poveri erano le chózas, baracche che spuntavano ai margini delle grandi città. Gli abitanti di queste baracche sfuggivano all’azione della carità ecclesiastica; non essendo raggiunti neppure dalle misure sanitarie e comunali, finivano per ammalarsi di tifo, facendo salire i tassi di mortalità. Dopo i primi anni del ‘900 incominciarono a sorgere le associazioni operaie di ispirazione socialista ed anarchica. In seguito i partiti proletari trasformarono le più antiche tradizioni associative in società di assistenza il cui sindacalismo, dapprima socialista e poi anarchico, cambiò la natura della lotte operaie e la estese ai nuovi settori e a nuove industrie.

1.5 movimenti operai: anarchismo e socialismo

Nel considerare i movimenti operai che si ebbero in Spagna alla fine dell‘800 dobbiamo partire dalla disputa che ci fu dopo il 1870, tra i discepoli di Bakunin e i marxisti “autoritari”e che esplose durante la Prima Internazionale[5].

I primi si rifacevano alle posizioni dell’anarchismo russo di tipo “antiautoritario”. Bakunin, infatti, aveva sostenuto in “Stato ed Anarchia” (1873) che lo Stato, poiché aveva in sé sempre una ragione autoritaria, andava subito abolito.

Per i marxisti invece questo doveva avvenire solo con l’avvento del Socialismo.

Il soggetto rivoluzionario era anch’esso diverso tra le due posizioni: per Bakunin ed i suoi sostenitori esso era rappresentato dai contadini, dai sottoproletari e dagli emarginati, invece per i marxisti dal nascente movimento operaio[6].

Nei primi congressi operai che si ebbero in Spagna, un piccolo gruppo dei discepoli di Fanelli (l’Italiano che negli anni ‘70 aveva predicato gli ideali dell’alleanza per la democrazia sociale di Bakunin) riuscì a far accettare un programma rivoluzionario di comunismo libertario. Nel fare questo, il gruppo emarginò i marxisti con tattiche eterodosse che scandalizzarono Anselmo Lorenzo[7], un esponente dell’anarchismo.

La supremazia dei libertari fu momentanea e la loro lotta portò a tragiche conseguenze. All’interno del movimento operaio spagnolo, infatti, si creò una frattura tra i Socialisti ortodossi e gli Anarchici, miranti entrambi a guadagnarsi la fiducia delle classi lavoratrici.

La divisione tra anarchici e socialisti era o di natura geografica (la Catalogna, l’Andalusia, il Levante e l’Aragona erano le roccaforti anarchiche) oppure dovuta a diversità di temperamento. Inoltre, i movimenti operai che si svilupparono a Barcellona furono di ispirazione anarchica ed ebbero un aspetto individualista, invece quelli di Madrid di tipo socialista assunsero una chiave istituzionalista.

1.6 Il Movimento anarchico

Particolare attenzione va rivolto al movimento anarchico, in quanto esso ha influenzato moltissimo le idee libertarie di Francisco Ferrer Y Guardia.

Santarelli[8], che ha studiato la nascita dell’anarchismo italiano, si è chiesto se fosse possibile concepire la storia di un’idea e di un movimento (quell’anarchico, appunto) che negassero la società capitalistica e quello socialista. Nel caso specifico italiano la questione poteva essere affrontata cogliendo dei nessi tra l’azione dell’anarchico Malatesta e le condizioni oggettive in cui si svolse la sua predicazione anarchica e la sua agitazione rivoluzionaria. Solo in questo modo si è potuto dare un senso e una realtà storica all’anarchismo. Quest’ultimo, infatti, si manifestò in ambienti e in condizioni culturali arretrate, in una fase in cui i lavoratori non avevano guadagnato una propria autonomia ideale e portavano avanti una lotta difficile contro l’analfabetismo ed il semi-analfabetismo. Ne sono un esempio la stampa anarchica delle regioni più arretrate d’Italia e la “Escuela Moderna” di Ferrer in Spagna. Passando a considerare il movimento anarchico spagnolo, si nota che esso non ha avuto un andamento costante. Molte federazioni che si vantavano di trarre le proprie origini dai Congressi della Prima Internazionale, subito dopo si dileguarono. Si alternavano momenti d’attività organizzata durante la quale il numero degli iscritti aumentava, e periodi di persecuzione e d’azione clandestina, durante i quali i militanti si riducevano ad uno stretto gruppo.

Il carattere ciclico del movimento anarchico spagnolo era anche dovuto ad ondate di contagioso entusiasmo che proveniva dal movimento anarchico europeo e dall’alternarsi di periodi di tolleranza da parte dell’autorità con quelli di selvaggia repressione da parte di un governo debole.

Nel giugno 1881, ciò che rimaneva della Prima Internazionale spagnola ricomparve al congresso di Barcellona, grazie alla tolleranza di Sagasta con il nome di Federazione regionale dei Lavoratori Spagnoli, dove predominarono gli anarchici.

Nel 1884 questa organizzazione fu infranta dalle repressioni che si susseguirono, quando i fautori della propaganda dell’azione diretta diedero inizio ad ondate d’attentati e assassinii.

Ne furono un esempio le bombe lanciate nel 1890 contro il Liceo di Barcellona dove morirono alcuni frequentatori del teatro e quelle lanciate durante la processione del Corpus Domini dove fu assassinato Cánovas.

L’opinione pubblica guardava con orrore a queste violenze che rivelarono la vera natura del terrorismo anarchico, per il quale il Liceo e la processione del Corpus Domini rappresentavano i simboli della corrotta vita borghese.

Le repressioni poliziesche che seguirono a queste violenze misero in moto a loro volta il meccanismo della rappresaglia anarchica, cui si dovette l’assassinio di tre ministri. La crudeltà della polizia spagnola suscitò reazioni in tutta la sinistra europea, di cui fu esempio la protesta contro le torture di Montjuich (prigione-fortezza di Barcellona).

Oltre al terrorismo, dottrina di una minoranza, vi era un’altra tradizione anarchica: l’auto miglioramento e l’educazione razionalista. E’ in quest’ambito che si colloca la “Escuela Moderna” di Francisco Ferrer Y Guardia, presso la quale molti spagnoli appartenenti alla borghesia illuminata mandarono i loro figli.

Nel considerare la distribuzione geografica dei centri d’attività anarchica, si nota che essa attecchì nelle grandi proprietà andaluse e nella Catalogna, benché quest’ultima fosse una regione industriale progredita.

Fino agli anni ‘90 il nerbo dell’anarchismo risiedeva nell’Andalusia dove gli apostoli anarchici erano disponibili a far proprie le domande dei braccianti andalusi: l’abolizione del lavoro a cottimo e salari più alti.

La forza dell’anarchismo rispetto al socialismo stava in questo: esso riusciva ad allargare la sua rivoluzione ad altre organizzazioni e ad assorbire al suo interno i resti del fermento federalista repubblicano.

L’anarchismo di stampo rurale del sud si esprimeva in incendi di messi e assassinii di guardie campestri.

Nel 1892 un esercito di contadini spinti dalla carestia invase Jerez e soppresse tutti coloro che indossavano vestiti borghesi. La rivolta dei contadini va in ogni caso considerato l’ultimo tentativo di un tumulto (jaqueries) piuttosto che una rivoluzione anarchica.

Un po’ alla volta, grazie anche alla propaganda attuata dai militanti anarchici a favore dello sciopero generale, le rivolte contadine cambiarono natura, specialmente a Cordova e a Cadice nel 1903.

Nel 1904 la fame dovuta alla carestia disperse il movimento e l’anarchismo per il decennio seguente restò una speranza nel cuore di pochi fanatici.

Come movimento organizzato, esso cessò di esistere nel mezzogiorno rurale. Infatti, nel 1883 ci fu uno sciopero per l’abolizione del lavoro a cottimo, guidato da un’organizzazione terroristica anarchica. Lo sciopero fu sconfitto perché la classe dirigente del tempo inviò i soldati a lavorare nei campi.[9]

In Andalusia l’anarchismo fu più uno stato d’animo che un’organizzazione. Anche quando le federazioni furono sciolte, il movimento conservò i suoi apostoli, i suoi propagandisti che da persone colte parlavano al contadino andaluso come ad un essere umano.

Questi uomini “visitavano i cortijos, dividendo la minestra dei lavoratori, leggevano brani della stampa anarchica. Diffondevano il vegetarianismo, l’astinenza sessuale, l’ateismo in una zona agricola tra le più arretrate d’Europa”[10]

Dalla lettura dei testi di Kropotkin[11] si alimentava il desiderio d’automiglioramento e la convinzione che il giorno predetto dagli anarchici sarebbe arrivato.

Non si scioperava pertanto solo per l’abolizione del cottimo ma anche per il raggiungimento del giorno decisivo.

L’anarchismo auspicava un regno della giustizia dove gli uomini avrebbero ritrovato la loro perduta dignità e le relazioni umane si sarebbero svolte in perfetta libertà ed armonia.

Il bracciante andaluso avrebbe visto realizzare i suoi sogni di giustizia e di dignità eliminando la classe dirigente e militare. Egli non considerava la guerra sociale una lotta ma il trionfo della verità, così come aveva appreso dagli apostoli viaggianti.

Il bracciante andaluso non pensò di organizzarsi e l’anarchismo cui si appoggiò condannava l’organizzazione come uno dei difetti del socialismo. Fu proprio la mancanza d’organizzazione e l’isolamento degli anarchici dei paesi andalusi che determinò l’alternarsi di fasi violente con quelle di passività. Quando, infatti, svaniva la speranza della terra, si ricadeva nel fatalismo, nell’apatia e nell’assoluta indifferenza.

Nel caso dei lavoratori catalani la conversione politica alle idee anarchiche fu lunga e discontinua e si trattò di una conversione non all’anarchismo, benché esistessero tra loro dei sostenitori dell’azione individuale, ma all’anarco-sindacalismo, che utilizzava lo sciopero generale come suo strumento di lotta. Esso si basava su una potente forza organizzativa.

Le associazioni allora esistenti, es. Tres Clases de Vapor di Barcellona, a causa dell’immigrazione dei più bassi strati della classe lavoratrice delle zone meridionali, del permanere di un’industria minore, dell’esistenza di quartieri operai sovraffollati si allearono con gli anarchici, appoggiando la loro violenza rivoluzionaria.

Quest’ultima si accentuò a causa dell’intransigenza del patronato barcellonese e della brutalità delle repressioni poliziesche.

La più grande confederazione anarco-sindacalista spagnola, la CNT (Confederación Nacional del Trabajo) fu fondata nel 1911, come organizzazione nazionale degli anarchici convertiti alla tattica del sindacalismo, e crebbe durante la guerra. L’anarco-sindacalismo della CNT ebbe una duplice funzione.

1) le sue teorie si congiungevano alle vecchie tradizioni delle associazioni sindacali;

2) i militanti anarchici potevano trovare posto nel sindacalismo.

L’unità della forza combattiva della CNT fu imposta dall’intransigenza del patronato e dalle repressioni governative, ma si disperse in occasione dei dibattiti sulla tattica da adottare negli scioperi. In questo caso vi fu chi sostenne la tradizione rivoluzionaria e terroristica e chi ebbe una visione più moderata di tipo sindacalista. Tra il 1903 ed il 1904 a Barcellona ci furono degli scioperi disastrosi, con la conseguenza che diminuì il numero dei lavoratori aderenti ai sindacati militanti.

L’anarco-sindacalismo restava un movimento minoritario lacerato da dispute ideologiche e afflitto dalla presenza di uomini violenti.

1.8 Il movimento operaio socialista

Tra il 1875 e la fine del secolo si costituirono in Europa i partiti socialisti. La base minima dei loro programmi fu costituita dalla richiesta di una maggiore democrazia politica (attraverso, ad esempio, il suffragio universale), di migliori condizioni salariali, di garanzie assicurative per gli operai in caso di malattia, di invalidità, di disoccupazione. Nel caso specifico della Spagna il partito socialista fu fondato nel 1879 dagli espulsi della Federazione Bakuninista. Il suo sviluppo e quello delle sue organizzazioni sindacali (UGT), se paragonato agli slanci impetuosi dell’anarchismo, fu lento e penoso. I socialisti riuscirono a fare breccia solo sulla parte più qualificata della manodopera operaia. Gli anarchici invece reclutavano soprattutto braccianti e manovali delle industrie. Il movimento socialista fu influenzato fin dall’inizio dai marxisti francesi. Pablo Iglesias trasformò l’associazione di mestiere in un organo militante e fu il leader del partito.

Questi aveva un’ostilità dottrinaria verso gli uomini politici borghesi in special modo verso i repubblicani ed avversava l’azione degli anarchici.

La direzione dell’UGT, non riuscendo a guadagnarsi in Catalogna l’adesione dei suoi più probabili seguaci, cioè i lavoratori che erano vicini alla vecchia tradizione associativa e sospettosi verso l’anarchismo rivoluzionario, nel 1899, fu trasferita a Madrid. Questa città, non industrializzata, si rifaceva alle idee socialiste marxiste di tutte le altre parti d’Europa.

Sostenuto soprattutto dalle regioni industriali del settentrione, il partito cominciò ad esercitare una notevole influenza in seguito agli scioperi del 1890 a Bilbao. Dopo il 1890, gli scioperi che si svolsero nell’industria mineraria biscagliana dimostravano che l’influenza socialista trasformava il vago scontento del passato in “società di resistenza”.

Gli scioperanti richiedevano l’abolizione dei negozi e degli alloggi imposti dall’impresa. Le loro richieste rilevavano le arcaiche condizioni dell’industria mineraria e l’esistenza di motivi diversi di scontento fra gli scioperanti che ne aumentavano le divisioni. Gli interessi degli operai occasionali, infatti, erano diversi da quelli dei minatori con residenza fissa.

Dopo il 1900 le miniere furono isolate ed il numero degli operai occasionali diminuì, rafforzando il sindacalismo.

Da Bilbao i missionari del partito diffusero il socialismo nelle Asturie, dove la maggior parte degli operai sapeva leggere e dove il movimento poteva contare sulla simpatia dei fautori delle riforme sociali dell’Università di Oviedo.

L’élite dell’UGT fu rappresentata dai socialisti del Nord ed i suoi scarsi successi furono per lo più dovuti alla mancanza di un valido programma per il mondo contadino.

Il partito socialista si sviluppò grazie alle reazioni che ci furono dopo il 1898, quando si batté contro le ingiustizie della coscrizione obbligatoria. Tra il 1898 ed il 1902, triplicarono gli aderenti dell'UGT ed i voti socialisti raddoppiarono.

Nel 1906 però il numero degli iscritti al partito diminuì e l’UGT entrò in crisi, quando organizzò scioperi che fallirono. I licenziamenti ridussero il numero dei militanti del sindacato ed arrestarono nei villaggi castigliani il rapido sviluppo dei centri dei lavoratori.

Il partito addusse come scusante a tutto questo la presenza del cacicchismo.

Con la crisi del 1909 la forza dei socialisti aumentò, perché si allearono con i repubblicani allo scopo di sconfiggere Maura (vedi par. successivo).

Il partito socialista, infatti, ottenne un seggio alla Cortes ma i voti diminuirono della metà nel 1919 con la rottura della coalizione.

L’alleanza con i repubblicani modificò la natura del partito mettendolo a contatto con l’ambiente degli intellettuali. Grazie ad essi, il partito partecipò ai tentativi di riforma nella struttura politica del paese ed ebbe nel 1914 una parte importante nella presa di posizione contro le potenze centrali.

Concludendo, si può sostenere che la causa della debolezza della protesta proletaria stava nella sua divisione in due campi contrapposti: l’anarco-sindacalismo ed il socialismo. Questa frattura contribuirà a portare il paese prima nelle mani di Primo De Rivera e poi in quelle del generale Franco.

Anarchici e socialisti erano già in disaccordo sulla meta indicata nel primo articolo dello Statuto costitutivo del partito socialista spagnolo che assegnava un ruolo importante alla classe lavoratrice, ossia la “presa del potere politico”.

Gli anarchici consideravano lo stato operaio solo un male minore rispetto allo stato borghese e rifiutavano la partecipazione alla politica, soprattutto in seguito alle delusioni del 1873, quando i cacicchi repubblicani si rivelarono cattivi padroni e rivoluzionari fiacchi. La più seria divergenza tra anarchici e socialisti consisteva nel diverso modo di intendere la rivoluzione e la sua funzione.

La rivoluzione per la CNT doveva essere un’azione spontanea non diretta dall’alto ma dal basso (de abajo arriba).

Nella semana trágica di Barcellona in cui fu coinvolto Ferrer, ci furono dei moti non organizzati dagli anarchici ma da loro sfruttati in modo violento.

Conze, a proposito della violenza degli anarchici, ha scritto: ”Nulla di grande è stato compiuto senza la violenza. La violenza è la molla naturale d’ogni azione e reazione. Il possesso di rivoltelle e di una tagliatrice distingue l’uomo libero dallo schiavo”[12]

Gli anarchici ebbero come modelli sia generosi intellettuali come Pi y Maryall sia veri banditi. Gli organizzatori del partito socialista invece disdegnavano questa combinazione di sentimentalismo e di rivoluzionarismo infantile. Largo Caballero, ad esempio, disprezzava i colpi di pistola sparati dagli anarchici, durante gli incontri segreti organizzati dall’UGT. Inoltre metteva a disposizione dell’Ufficio centrale del partito socialista segretari pagati e dattilografe, invece la complicata ma spontaneistica struttura anarchica era amministrata da funzionari non pagati e temporanei.

I congressi anarchici rimasero sempre privi di ordini del giorno e di comitati direttivi, cosa che invece non avvenne nei congressi socialisti. La CNT e l’UGT si trovarono divisi su molti punti, il più significativo riguardava la funzione del sindacato che per la CNT rappresentava la struttura modello della futura società. Per gli anarchici invece, servirsi del sindacato per ottenere miglioramenti salariali avrebbe indebolito la solidarietà rivoluzionaria.

Entrambi i partiti ebbero parte importante nell’educazione del proletariato spagnolo nei primi decenni del ‘900. I socialisti con le loro misere biblioteche, con le loro lezioni, cercarono di sostituirsi ai circoli repubblicani nella divulgazione della cultura, ma erano più attenti a procurare agli operai dei vantaggi immediati. Largo Caballero ad esempio, s’interessò alla costituzione di associazioni per l’assistenza funeraria, mutue per malattie, cooperative. Gli anarchici invece, presentavano ai lavoratori la visione di una società dove avrebbero regnato l’armonia e la giustizia, sarebbero sorti edifici illuminati dalla luce elettrica, serviti da ascensori automatici, che avrebbero ospitato gli operai. La loro visione era più vicino alla “fantascienza” che alla realtà.

1.10 La Condizione politica

Il periodo che va dal 1898 ai primi anni del 1900 fu contrassegnato da un lungo tentativo di rinnovare il sistema parlamentare lasciato in eredità da Cánovas.

Si cercò, infatti, di fare del parlamento uno strumento adatto alla rigenerazione della Spagna, ma l’inerzia del sistema e le difficoltà di carattere esterno causate dalla guerra del 14-18 di lì a poco avrebbero contribuito alla sconfitta di questi sforzi. Dal punto di vista politico ciò fu dovuto alla disintegrazione del sistema partitico tradizionale.

Quando il 17 maggio del 1902 un giovane adolescente si accinse ad assumere i doveri di re, con il nome d’Alfonso XIII, egli si trovò di fronte a questo sistema partitico in crisi.

Il sovrano, nonostante l’educazione convenzionale, aveva una mentalità aperta. Egli era persuaso che soltanto una monarchia attiva avrebbe potuto tenere lontano la minaccia del repubblicanesimo.

Il suo primo atto fu quello di riunire il parlamento per leggere una sua interpretazione personale della Costituzione. In base all’art. 54 che sosteneva: “il re nomina tutti i funzionari civili e elargisce onore e distinzioni di ogni genere”, il sovrano dichiarava di riservarsi in pieno questo diritto. Il tono con cui iniziò il regno risultò irritante a molti ministri e rivelò le caratteristiche della politica spagnola negli anni seguenti: potere personale basato sull'esercito e sulla distribuzione di favori regi ai politici.

Alfonso XIII concentrò sempre, come aveva fatto suo padre, i sentimenti e gli interessi più profondi sull’esercito e già nel 1906 mostrava una certa sensibilità alle reazioni dell’opinione militare.

I difensori di Alfonso XIII, pur ammettendo le mancanze personali del re, sostenevano che il sistema politico era da biasimare soprattutto per la frammentarietà dei partiti.

Oltre al re che finì per asservirsi ai gruppi di potere economico, anche la chiesa e l’esercito uccisero il sistema parlamentare perché mancarono di una dottrina politica adatta alle loro funzioni.

1.11 Il governo Maura e le vicende di Ferrer

Maura fu il successore di Silvela nella direzione del partito conservatore, quando quest’ultimo, in seguito alle proteste di molti contribuenti nei confronti delle tasse da lui imposte su specifiche voci d'entrata, abbandonò la politica nel 1903. Anche lui come il predecessore, proponeva la rivoluzione dall’alto.

Maura distrusse la funzione del sistema bipartitico senza sostituirvi un metodo di governo che facesse appello all’elettorato, per questo il suo insuccesso ebbe una risonanza maggiore rispetto a Silvela.

Egli non riconobbe i liberali come partito politico pronto ad alternarsi al potere con i conservatori e ciò portò i liberali a rifiutare la rivoluzione dall’alto, ritenuta un tentativo autoritario e clericale e ad appoggiare invece la rivoluzione dal basso.

Anche l’alleanza che i conservatori avevano fatto con il catalanismo appariva ai liberali sospetta.

Maura pur dichiarando di avere come punto di riferimento della sua politica l’opinione pubblica, rifiutava quella dei liberali considerandola come un’invenzione di demagoghi di piazza.

Quando la stampa liberale organizzò la campagna “Maura no” egli non fece nulla per mantenere il controllo dell’opinione pubblica. I liberali fecero fronte comune con i repubblicani, al fine di rovesciare quello che consideravano un dittatore parlamentare.

Il clericalismo aveva costretto poi Maura a nominare arcivescovo di Valencia (città repubblicana) un prete impopolare e di proporre alla nazione di risarcire gli ordini religiosi con un prestito per i danni causati dalla rivoluzione del '68.

Ne seguirono una violenta campagna di stampa e disordini antidemocratici a Salamanca, a Madrid, e a Barcellona.

Tutto questo rappresentò un preludio al blocco delle sinistre che si costituirono nel 1908 per scacciarlo dal potere. Infatti, Maura in questo periodo propose una modifica delle conquiste che i liberali avevano ottenuto per via legislativa, perché a suo parere esse rendevano impossibile governare.

I liberali presentarono le leggi di Maura come un pericolo per la monarchia.

Per tutta l'estate del 1909 i repubblicani e i socialisti alimentarono una campagna di protesta contro il tentativo di Maura di utilizzare i riservisti nella campagna sociale del Marocco. Il 26 Luglio a Barcellona l’organizzazione Solidaridad Obrera, vicina agli anarchici, proclamò uno sciopero che con il rovesciamento di alcuni tram degenerò in violenza incontrollata il 27 ed il 28 luglio. Durante la Semana trágica furono bruciati conventi e Chiese, si esumarono cadaveri per scoprirvi segni di torture. Fuori della città furono incendiati uffici doganali e istituti delle Juntes. A parere di Maura la rivoluzione, la cui importanza fu sopravvalutata, repressa nelle strade, trionfò nelle Cortes mediante la campagna contro l’esecuzione di Ferrer Y Guardia. Quest’ultimo dopo aver militato come rivoluzionario sotto Zorilla e Lerroux, si era dedicato a partire dal 1900 alla pubblicazione di letteratura razionalistica e alla diffusione attraverso le sue “Escuelas Modernas” di un aspro anticlericalismo ed ingenuo idealismo.

Le “Escuelas Modernas”, che egli fondò a Barcellona, con i fondi avuti da un’ammiratrice, si professavano atee, “senza Dio”.

Esse pertanto si accordavano con le idee anarchiche, anche se Ferrer negò qualsiasi cospirazione anarchica.

Egli fu processato pubblicamente ed il 13 ottobre fucilato nella fortezza di Montjuich, al grido di “ Viva la Escuela Moderna”. Ne seguì una campagna di manifestazioni popolari in molte parti d’Europa, da Budapest a Lisbona. La folla tumultuò davanti all’ambasciata spagnola a Parigi e protestò a Trafalgar Square.

L’impopolarità del governo diede l’occasione al leader liberale Moret per mettere fuori gioco Maura e sostenere che lo stato dell’opinione pubblica rendeva impossibile il suo governo.

Maura invece condannava i liberali per aver reso impossibile l’applicazione dei metodi parlamentari, essendosi alleati con la rivoluzione dal basso. Nel 1912 quando il re scelse Romanones, l’amarezza di Maura fu talmente grande che rifiutò di collaborare e proclamò uno “sciopero” conservatore.

I conservatori che volevano il potere non accettarono l’abnegazione politica di Maura e a nulla valsero i tentativi di Dato di modificare la sua intransigenza.

Il 1913 il re convocava quest’ultimo incaricandolo di formare il governo. A questo punto il partito conservatore si divise in due: i seguaci di Maura e quelli di Dato.

Maura cessò di essere il leader di un partito e divenne capo di un movimento, chiamato maurismo, che esercitò una certa influenza sulla gioventù conservatrice e si dedicò alla denigrazione del traditore Dato. Maura ebbe molti seguaci, ma li deluse quando non riuscendo ad ottenere la rivoluzione dall’alto, all’interno della monarchia costituzionale, non volle diventare un dittatore anti-parlamentare.

Dato, conservatore ortodosso, riuscì a riportare il partito su posizioni realistiche dopo le impennate del maurismo


[1] RAYMOND CARR, Storia della Spagna 1808-1939, Firenze, La Nuova Italia, 1978, pp. 489-620.

[2]  CARR, Storia della Spagna, cit. p.509

[3] CARR, cit. p.529

[4] Cacique: personaggio che, in Spagna, è l’eminenza grigia della politica locale; perciò il significato più appropriato è quello di Ras ( Boss ), che perpetua una politica arbitraria, di soprusi.

[5]La Prima Internazionale è l’associazione internazionale dei lavoratori che fu fondata a Londra nel 1864. Le sue vicende permettono di individuare con precisione le differenze tra il marxismo e le altre correnti presenti nei movimenti operai: l 'anarchismo di Proudhon e di Bakunin, il Socialismo di Stato di Lassalle. Tali differenze portarono alla dissoluzione dell’Internazionale.

[6] MARZIO ZANANTONI, L’anarchismo. Storia dei movimenti e delle idee,Milano, Editrice Bibliografica, 1996, pp. 67 - 68

[7] ANSELMO LORENZO, El proletariato militante, Ciudad de México, (senza casa editrice) pp.292, 295,     342

[8] ENZO SANTARELLI, Il socialismo anarchico in Italia, Milano, La Tipografica Varese, 1973, pp. 20 – 21

[9] BERNALDO  DE QUIROS, El Espartaquismo agrario, Andaluz, Madrid, (senza casa editrice), 1919, pp. 30-33.

[10] CARR,  cit. p.561

[11] Kropotkin fu uno scrittore e un rivoluzionario russo, teorico dell’anarchia. Nacque a Mosca nel 1842 e morì a Denitrov presso Mosca nel 1921. Frequentò a Pietroburgo la scuola dei paggi di corte e percorse la carriera militare che abbandonò perché amareggiato per la sanguinosa repressione dei moti  insurrezionali polacchi e  per i mancati effetti dell’emancipazione dei servi.

Nel 1872 emigrò in Svizzera, dove venuto a contatto con gli ambienti anarchici aderì alla corrente bakunoniana. Rientrato in Russia, fu arrestato (1874) e incarcerato. Nel 1876 fuggì dal carcere e riparò in Svizzera dove diresse il movimento anarchico internazionale alla morte di Bakunin (1876). Fondò il periodico le Rivolte nel 1878 e scrisse numerose opere.

Il profondo odio per i tedeschi lo portò nel 1914 ad approvare la guerra contro la Germania in contrasto con la maggioranza dei compagni di fede, decisamente antimilitaristi e pacifisti. Nel 1917 tornò in Russia dove il nuovo regime, pur onorandolo formalmente, lo tenne in disparte, e poiché egli stesso avvertì non essere quella la rivoluzione a cui aveva dedicato tutta la vita, ripartì deluso per Londra dove passò gli ultimi anni della sua vita circondato da molta stima. 

[12] E. CONZE, Spain  today, London, 1936, p.69

   

 

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