La Mediazione PedagogicaLiber Liber

La "Escuela Moderna" di Francisco Ferrer y Guardia
di  Maria Assunta Romaniello

2. I problemi educativi e la scuola spagnola

Premessa

Nel precedente capitolo, abbiamo fatto riferimento alle condizioni economiche, sociali, politiche della nazione spagnola, al tempo di Francisco Ferrer Y Guardia. Abbiamo inoltre, analizzato i movimenti operai anarchici e socialisti, in quanto essi hanno avuto una forte influenza sulla formazione della pedagogia razionalista[13] e sulla creazione della “Escuela Moderna”.

L’analisi dei conflitti sociali presenti nella Spagna, essendo comuni a tutta l’Europa occidentale non ci permette però da sola, di tracciare un quadro esaustivo della società spagnola. In questo capitolo pertanto, l’attenzione sarà rivolta principalmente, alle problematiche educative e alla situazione scolastica della Spagna tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX . Ciò contribuirà a facilitare la comprensione dell’opera di Ferrer e delle critiche che egli rivolse all’organizzazione scolastica spagnola del suo tempo.

2.1 La Politica Educativa tra fine ‘800 e inizio ‘900

Gli anni in cui Ferrer svolse la sua opera d’educatore, vanno fatti rientrare in un più ampio periodo che gli storici definiscono con il termine Restaurazione. Esso comprende le fasi che vanno dal ripristino della monarchia dopo il “sessennio rivoluzionario”, all’avvento della seconda Repubblica, ossia dal 1874 al 1931. La Restaurazione cercò di risolvere i conflitti venutisi a creare a causa dell’alternarsi al potere di due grandi formazioni ideologiche: quella dei conservatori e quella dei liberali. Il progetto, però, non riuscì perché, secondo quanto sosteneva la letteratura rigenerazionista[14] di fine secolo ‘800, si cadde in un meccanismo di turni di governo e in abitudini di comportamento oligarchico e da «cacico»[15]. Passando a considerare la società spagnola durante la Restaurazione, ne abbiamo un’immagine molto complessa. Da un lato i Restauratori riconoscevano i principi di libertà d’espressione e di cattedra, ereditati dalla Costituzione del 1869, che favorirono un clima di creatività intellettuale, con rari precedenti nella vita culturale spagnola. Questa nuova rotta è stata definita dallo storico Escolano Benito Augustin[16] come «l’età d’argento» della cultura spagnola, un’espressione che riassume importanti risultati raggiunti nel pensiero, nella letteratura, nella scienza e nelle arti. Dall’altro lato la Spagna mostrava, nel periodo della Restaurazione, piaghe culturali evidenti nella persistenza dei suoi alti tassi d’analfabetismo e nei bassi livelli di modernizzazione.

Da un lavoro compiuto da Luzuriaga[17] risultava che la percentuale d’analfabeti (dodici milioni su venti milioni da abitanti) tra il 1860 ed il 1910, era diminuita rispetto al periodo precedente. In questi dati erano inclusi anche il numero dei bambini di dieci anni; le statistiche posteriori, che escludevano la popolazione infantile, hanno mostrato un calo progressivo di questi valori dall’inizio del secolo.

Per esempio nel 1900 gli analfabeti erano il 56,2% del totale della popolazione, nel 1910 invece risultavano il 50,6%. Esaminando il clima culturale dell’epoca, risulta evidente il contrasto allora esistente, tra l’importante risalto raggiunto dai movimenti intellettuali, rappresentativi di una intelligencija legata alle classi medie e alcuni indicatori della cultura popolare. Questo contrasto stava a manifestare i risultati deficitari della politica educativa di quel tempo e delle fasi precedenti.

Durante tutto il periodo della Restaurazione si sono susseguiti tre grandi generazioni intellettuali:

1) quella che ha ricevuto l’impronta dello spirito del '68 ed è simboleggiata dalla figura di Giner de los Ríos, fondatore dell’Istitución Libre de Enseñanza;

2) la generazione del ’98, che colpì la coscienza nazionale e che fu rappresentata, tra gli altri, da Miguel de Unamuno. Questi esprimeva la rottura di un’intellettualità critica di fronte alla decadenza e all’affanno della rigenerazione nazionale;

3) la generazione del ’17, rappresentata dall’opera di Ortega y Gasset, il quale aspirava ad una definitiva modernizzazione ed emancipazione della Spagna.

Nell’ambito educativo, la Restaurazione costituì una tappa fondamentale nel consolidamento e nella strutturazione di un sistema scolastico. I dati dimostrano che vi era un certo rallentamento nella scolarizzazione, soprattutto nella seconda fase della Restaurazione, tuttavia, il sistema raggiunse nuove quote di sviluppo e un tipo di organizzazione che vide un maggiore coinvolgimento dello Stato e la creazione del Ministero dell’Istruzione Pubblica nel 1990. Fu però proprio nel campo dell’educazione che incominciarono a manifestarsi i primi problemi.

Nel 1874, il governo provvisorio che si ebbe in seguito al cambio di regime politico, decretò, in base ai principi appartenenti allo spirito del “sessennio rivoluzionario”, la libertà d’insegnamento in modo ampio e innovativo, ma i settori più integralisti del partito conservatore di Cánovas posero dei limiti al liberalismo. Essi fecero un patto con la Chiesa al fine di neutralizzare la tradizionale copertura che i cattolici offrivano al carlismo. Il patto portò ad una politica educativa favorevole agli interessi ecclesiastici e condusse a dettare norme restrittive sull’esercizio della libertà di cattedra, che provocarono la cosiddetta “seconda questione universitaria”. La circolare legislativa di Orovio del 1875, sosteneva:

a) la confessionalità cattolica dello Stato;

b) la legittimità della monarchia;

c) il legame tra ordine religioso e ordine politico cui la scienza e l’insegnamento dovevano assoggettarsi.

Questa disposizione diede origine ad una rottura con il principio di libertà di cattedra stabilito dai politici del “sessennio rivoluzionario”, generando uno dei conflitti più critici della storia universitaria spagnola contemporanea. Molti professori Krausisti[18], ad esempio Salmerón, Azcaárate e Giner si opposero alle decisioni ministeriali, e per questo furono dimessi dalle loro cattedre. Altri docenti, per solidarietà nei confronti degli espulsi, si dimisero, rimanendo in quello stato fino all’ascesa al potere dei liberali (1881), quando il ministro Albareda, del governo Sagasta, fece una deroga alle disposizioni di Orovio, restituì la libertà d’insegnamento e ricollocò al loro posto i docenti prima espulsi.

In seguito a questi avvenimenti prese corpo il movimento più importante della Spagna contemporanea, ossia la creazione dell’Istituzione Libera d’Insegnamento (ILE). Essa fu fondata da Giner de los Ríos e costituì una specie d’università libera, sostenuta dai professori Krausisti dissidenti. L’ILE si presentò come un’istituzione aliena ad ogni spirito e interesse di comunione religiosa, proclamò il principio della libertà ed individualità della scienza e l’indipendenza di essa nelle indagini.

Il professore, unico responsabile delle sue dottrine, doveva avere, come sola autorità a cui esporsi, la sua coscienza. L’ILE nacque grazie anche al riconoscimento, da parte della Costituzione del 1876, del principio di libertà nella creazione di centri docenti e nel conferimento di titoli. Nel 1885 il cattolico conservatore Pidal y Mon stabilì, con un decreto, i limiti di tale libertà, stabilendo per i centri privati ciò che valeva anche per quelli pubblici, ossia rispondere alla Chiesa cattolica, in relazione ai piani di studio e al corpo docente, assoggettandosi alla sua ispezione per ciò che riguardava la religione e la morale. A causa però, dell’alternarsi dei partiti, il liberale Manleo Ríos, nel 1886, derogò alla legislazione anteriore e si stabilirono nuovamente i principi liberali. La politica educativa subiva pertanto alti e bassi a causa dell’assenza di un patto chiaro tra i partiti sulla questione scolastica e delle diverse interpretazioni sulla Costituzione da parte di gruppi diversi. Alla fine del XIX secolo vi fu un’affermazione dello Stato di fronte alla crescente influenza e potere della Chiesa, in relazione all’educazione elementare e secondaria. Ciò condusse alla riforma del Bachillerato nel 1886, che conteneva una visione più moderna e progressista dell’insegnamento secondario e che permise l’inclusione delle partite economiche delle Scuole Normali, degli Istituti e dell’Ispettorato nei bilanci generali dello Stato nel 1887.

Il 1900 si aprì con la creazione del Ministero di Istruzione Pubblica e Belle Arti, già prevista da un liberale, ma inaugurato da un conservatore, il ministro García Alix.

La reazione rigenerazionista, che seguì alla crisi di fine secolo, provocò un’intesa tra i gruppi politici, dando origine a delle riforme educative. Lo Stato si fece carico di pagare i maestri della scuola elementare risolvendo il problema creatosi nel 1857 con la legge Mayano, che prevedeva il trasferimento di quest’impegno ai Comuni. Durante il periodo del governo Romanones s’impostò la riforma dell’insegnamento medio comune e tecnico, si ordinarono gli studi delle «Normali» in elementari e superiori e s’iniziò una nuova politica universitaria. La controversia tra i sostenitori del clericalismo e quelli dell’anticlericalismo condusse al dibattito sulla libertà d’insegnamento, con duri scontri tra la gerarchia ecclesiastica, i neocattolici, i conservatori e i liberali. Questi ultimi difendevano il potere dello Stato. I governi liberali cercarono di contenere l’espansione delle congregazioni religiose, dettando, ad opera di Canaleyas (1910), norme restrittive definite “legge lucchetto”.

Queste ultime, limitando l’accesso di nuovi ordini religiosi in Spagna, finì con il favorire la politica conservatrice che permise l’insegnamento confessionale. Il numero dei religiosi che s’interessava all’educazione primaria e secondaria era molto alta e una disposizione dei conservatori, nel 1914, facilitò l’espansione del settore in quanto sospese per i religiosi la necessità di avere titoli. La politica educativa da parte dei conservatori, nella seconda tappa della Restaurazione, fu contrassegnata dall’estensione della scolarità obbligatoria fino ai dodici anni.

Nel 1912 nasceva un nuovo organo dell’amministrazione, la Direzione Generale dell’Insegnamento Primario, affidata dal governo liberale a Rafael Altamira, allo scopo di sollecitare la razionalizzazione e l’ammodernamento della scuola primaria.

Relativamente all’educazione superiore, il ministro César Silió tentò di liberare l’università dalla crisi endemica che l’affliggeva attraverso un decreto del 1919, che stabilì l’autonomia universitaria. Lo scopo era quello di rendere più dinamico il corpo docente, di operare una decentralizzazione amministrativa e di rendere competitive le istituzioni. Spettava allo Stato, comunque, l’alta ispezione, il condizionamento dei piani di studio ed il conferimento dei titoli accademici. Il progetto ebbe però breve durata e fu sospeso nel 1922.

Nel 1907 fu creata un’istituzione di straordinaria influenza su vari ambiti della vita nazionale, durante le prime decadi del secolo come la Giunta per l’Ampliamento degli Studi e Ricerche Scientifiche. Essa nacque dalla necessità di promuovere una politica di ricerca, allo scopo di avvicinare la Spagna all’Europa, inoltre doveva servire da strumento per la modernizzazione del sistema produttivo e della cultura spagnola. L’istituzionista José Castillejo diresse il nuovo ente, le cui finalità consistevano nel favorire la preparazione scientifica dei futuri professori e ricercatori. Ciò doveva avvenire con un’intelligente politica di borse di studio e stipendi, atti a permettere ai giovani in formazione e ai professionisti di entrare in contatto con le società disciplinate e colte. La Giunta mandò all’estero a formarsi e a perfezionarsi nelle più diverse aree del conoscere, duemila Spagnoli, nel giro di venticinque anni. In questo modo si sosteneva il programma d’europeizzazione e rigenerazione più importante della Spagna contemporanea.

All’interno di questa politica di modernizzazione dell’educazione superiore, attuata per lo più al di fuori dell’Università, sono da annoverare le innovazioni istituzionali che furono promosse per far fronte alla decadenza che colpiva le Scuole Normali fin dall’inizio della Restaurazione. Queste ultime, dopo il decollo della fase isabelliana, entrarono in una fase d’abbandono.

I progressisti denunciarono questa situazione, mentre molti congressi pedagogici, L’Istituzione Libera d’Insegnamento, i rigenerazionisti, la stampa educativa e molti professionisti di questi centri manifestarono le loro preoccupazioni per la precaria situazione delle scuole che si dovevano interessare alla formazione dei maestri e suggerirono diverse misure per un loro rinnovamento. Ne seguirono, tra la fine del XIX secolo e l’inizio del XX, molte innovazioni, tra le quali la riforma della Scuola Normale Centrale per Maestri, promossa dal governo liberale nel 1882, per la formazione di un nuovo tipo di insegnante magistrale femminile. Nello stesso anno fu creato il Museo d’Istruzione Primaria che influenzò molto il rinnovamento pedagogico dell’insegnamento. Nel 1909 fu creata anche la Scuola Superiore del Magistero, un centro finalizzato alla formazione dei professori delle “Normali” e degli ispettori dell’insegnamento primario. La riforma di quest’istituto avvenne in concomitanza con quella delle “Scuole Normali” e nel 1914 vi erano tre corsi invece di due, come invece avveniva all’inizio. La Scuola si costituì in un centro di cultura pedagogica superiore, che recepiva le innovazioni che si stavano realizzando in Europa e in America.

2.2 Il processo di scolarizzazione

Intorno al 1860, in Spagna, il sistema educativo incominciò a decollare, subì una crisi durante il “ sessennio rivoluzionario” e si bloccò lungo il ciclo restauratore. Da alcuni indici riportati da Escolano Benito Augustin,[19] che permettono di analizzare le tendenze di fondo dell’evoluzione della scuola primaria, si constata che tra il 1880 ed il 1916, il progresso della scolarizzazione fu impercettibile e addirittura subì una flessione durante il 1908. Accanto ai fenomeni di stasi bisogna rilevare il ritmo di crescita degli alunni. Confrontando gli indici relativi alle due variabili (numero delle scuole e numero di alunni) si può notare, infatti, che mentre gli indici di crescita delle scuole manifestavano il senso di stasi del processo, quelli degli alunni evolvevano progressivamente in modo continuo. Dalle cifre era evidente l’incapacità della rete scolastica di accogliere la crescente domanda degli alunni, le insufficienze dell’amministrazione nell’affrontare il problema della Scuola Nazionale. Nel 1909, l’estensione dell’obbligo scolastico a dodici anni implicò un aumento dei presenti nella scuola ed evidenziò il contrasto tra il lento sviluppo della struttura scolastica e l’aumento della domanda.

Evoluzione della popolazione di scuola primaria (1880-1931)

 

ANNO

1

2

3

4

5

6

1880

1.442.263

1.769.456

251

18.5

43.54

-

1885

1.552.232

1.843.183

270

15.79

44.53

58.15

1900

1.617.324

-

281

-

-

-

1908

1.678.324

1.966.393

292

14.65

-

-

1915

1.712.260

-

298

-

49.00

-

1920

1.691.331

-

294

-

-

-

1925

1.727.081

2.368.279

300

27.08

48.60

51.40

1931

2.148.978

-

373

-

49.90

51.80

 

1. Numero di alunni delle scuole pubbliche

2. Numero totale di alunni

3. Indici di crescita della scolaresca nelle scuole pubbliche ( 1846 = 100 )

4. Percentuale degli alunni delle scuole private sul totale

5. Percentuali della scolaresca femminile (scuole pubbliche)

6. Tassi di scolarizzazione



Relativamente alla scolaresca femminile, essa aumentò nel tempo fino a raggiungere la metà dell’insieme scolarizzato. Tutto ciò stava ad evidenziare l’avanzamento nella conquista dell’uguaglianza formale tra i sessi in campo educativo.

Considerando la relazione tra insegnamento pubblico e quello privato, si può affermare che esso rimase costante. Il numero delle scuole private scese un po’ alla fine del XIX secolo e al principio del XX, ma recuperò subito, nonostante i liberali cercassero di frenare l’affluenza nella Spagna dei religiosi provenienti dalle colonie, dalla Francia e dal Portogallo, dove si stavano attuando politiche laicistiche. La «legge lucchetto» di Canalejas, pur cercando di limitare l’espansione delle congregazioni religiose e la loro influenza nel mondo dell’educazione, non riuscì ad evitare la maggiore presenza della Chiesa nel settore dell’insegnamento medio. L’organizzazione della scuola elementare si manteneva ad un livello di sviluppo stabile. Il numero dei diplomati era basso, e scarso lo sviluppo istituzionale del sistema educativo primario. Sulla scuola della Restaurazione continuavano ad influire alcuni fattori: l’incuranza delle autorità locali, l’assenteismo stagionale, l’abbandono scolastico, l’assenza di una politica di gratuità effettiva e via dicendo. La crisi dell’educazione elementare iniziata negli ultimi anni del regno di Isabella II, si prolungò fino al nuovo secolo inoltrato, offrendo l’immagine di un settore stagnante. C’erano da evidenziare comunque, alcuni fattori positivi: l’ammodernamento della struttura amministrativa con la creazione del Ministero di Istruzione Pubblica e della Direzione Generale dell’insegnamento elementare e l’aumento del tasso corrispondente ai bilanci per l’educazione rispetto a quelli generali dello Stato (che passarono dal 1,5% del 1900 al 5,4% nel 1924) con il trasferimento alle Amministrazioni.

Il sistema scolastico, nonostante tutto non decollò attivamente né riuscì a rispondere alla crescente domanda sociale proveniente da una società sottoposta a profonde trasformazioni demografiche, economiche e sociali. L’educazione, pertanto, continuava a riflettere le contraddizioni del sistema della Restaurazione.

Risultavano evidenti, in questo periodo, le insufficienze della scuola primaria, ossia gli scarsi progressi dell’alfabetizzazione. Su diciotto milioni di abitanti dell’inizio del secolo, più di undici milioni erano analfabeti. Il sottosettore dell’educazione dell’infanzia, che cominciò a decollare nell’epoca isabelliana, ebbe un notevole sviluppo durante il periodo restauratore. Le scuole elementari aumentarono (nel 1880 erano presenti in 347 centri e nel 1903 se ne contavano 531), aumentò pure, anche se in misura minore, il numero delle scuole private (da 468 nel 1880, diventarono 500 nel 1908). La maggior parte degli istituti per l’infanzia sorgevano nelle città, dove il numero crescente di matricole contribuirono a rendere migliori le condizioni salariali dei maestri. Diverse osservazioni sull’educazione dell’infanzia provengono dal saggio di Manuel B.Cossío[20] sull’insegnamento primario in Spagna. L’autore constatava che vi era un numero di iscrizioni troppo elevato nelle classi, che trasformava queste istituzioni in “sale d’asilo” per la vigilanza dei minori. Inoltre, l’età degli iscritti si aggirava dai tre ai sette anni e l’orario era lo stesso delle scuole elementari. Il governo ordinò nel 1882 che questo tipo di ente fosse diretto da donne.

A Madrid nel 1876, fu aperta una scuola modello per infanti e nella Normale Centrale fu istituita una cattedra di pedagogia sul metodo Froebel, che si trasformò nel 1882 in un corso teorico pratico per maestre dell’infanzia. Sull’andamento dei livelli medio e superiore del sistema educativo incisero condizionamenti socioculturali e politici, diversi rispetto a quelli che si ebbero sulle scuole d’infanzia. I conservatori e i liberali, che si alternarono al governo in quel periodo, consideravano la scuola primaria un binario morto, in quanto una volta compiuta la sua funzione d’alfabetizzazione, si distaccava dal resto del sistema, facendo sì che i suoi diplomati si riversassero, come manodopera, nell’industria e nell’agricoltura. La carriera scolastica, che iniziava con la maturità e culminava con l’Università, spettava solo agli appartenenti alla classe media e alta della società. Questo spiega l’aumento degli alunni dell’insegnamento secondario (che si triplicò tra il 1863 e il 1932), mentre la scolarizzazione delle scuole elementari pubbliche aumentò solo del 50%, tra il 1880 e il 1931. Tutto ciò corrispondeva all’esigenza di una società sottoposta a processi di crisi e cambiamento. Lo sviluppo quantitativo dei due settori educativi (superiore ed universitario) non costituì, comunque, un fattore di sostegno nei processi di modernizzazione del Paese. I rigenerazionisti sottolinearono la crisi del sistema universitario a causa del suo arcaismo ed alcuni di loro sostennero l’ipotesi di una soppressione di esso. Negli ultimi anni del XIX secolo le iscrizioni agli studi delle facoltà universitarie crebbero in modo straordinario, mentre quelle relative alle scuole tecniche diminuirono drasticamente. Tutto questo fu causato da un forte corporativismo, che caratterizzò le carriere d’ingegneria per il ruolo debole giocato dall’educazione superiore nella modernizzazione economica e culturale del paese, rivelando la persistenza di una forte inerzia tradizionale nella struttura accademica e socioeconomica. Relativamente all’educazione secondaria c’è da sottolineare il forte peso assunto dall’insegnamento privato, specialmente quello dipendente dalle congregazioni religiose. Queste ultime curavano particolarmente gli studi medi, che erano i più discriminati. La Restaurazione promosse, infatti, la gratuità nel settore pubblico di questo livello e rinunciò ai suoi doveri nei confronti delle elementari e dei Comuni. In ultima analisi vanno considerate le Scuole Normali, finalizzate alla formazione dei maestri. Dopo i primi tentativi di istituire le nuove scuole in tutte le province del Paese e dopo la loro crisi, precedente il “sessennio rivoluzionario”, esse entrarono in un sistema d’apatia e di decadenza, le cui denunce da parte dei progressisti culminarono nelle riforme delle prime decadi del secolo XX.

In modo particolare, gli istituzionisti e i rigenerazionisti criticarono la situazione in cui versavano queste scuole e proposero delle alternative, ad esempio, la riforma della Normale Centrale per Maestri del 1882, che s’ispirava alle proposte dei pedagoghi Krausisti.   

13 Razionalismo è una denominazione generica delle dottrine che affermano la razionalità del reale. La filosofia moderna anteriore a Kant si divise in due correnti: il razionalismo e l’empirismo. Su questa base si assegnano al razionalismo quei pensatori da Cartesio a Leibniz che attribuiscono al sapere umano i caratteri dell’universalità e delle necessità fondamentali sul patrimonio originale delle idee innate.

14 Il Rigenerazionismo prese l’avvio in seguito alla depressione causata dalla perdita di Cuba. Durante gli anni che vanno dal 1828 al 1929, si cercò di rimuovere il sistema parlamentare lasciato in eredità da Canovás facendo di esso uno strumento adatto alla rigenerazione della Spagna.

15 Cacique: personaggio che, in Spagna, è l’emminenza grigia della politica locale perciò il significato più appropriato è quello di Ras (Boss), che perpetua una politica arbitraria di soprusi.

16 ESCOLANO BENITO AUGUSTIN, Educazione in Spagna. Un secolo e mezzo di prospettiva storica .MI : Mursia 1992,  pp. 41-69.

17 LORENZO LUZURIAGA, El analfabetismo en España, Madrid, J. Cosano, 1926,  pp. 44-45

[18] Il Krausismo era un movimento che si rifaceva alle idee di Krause (1781-1832) , filosofo e pedagoga tedesco, che sosteneva ,dal punto di vista pedagogico, i principi di Pestalozzi e di Comenio e che ha ispirato Fröebel . Secondo Krause , Comenio e Pestalozzi hanno dimostrato che per migliorare l’educazione bisognava favorire lo sviluppo e l’esercizio di tutte le facoltà del fanciullo. L’educazione doveva servire come espressione e promozione del perfezionamento dell’umanità . Allo Stato spettava un compito prima svolto dalla Chiesa: rendere obbligatoria l’istruzione primaria, lasciando libero ciascuno di istruirsi a suo piacimento. La libertà d’insegnamento doveva seguire un cammino pluralistico e l’università doveva essere l’organo eminente della ricerca scientifica.

Le idee di Krause furono considerate da Sanz del Río corrispondenti ai suoi problemi di uomo e a quelli della situazione morale del suo paese. Nel nome del Krausismo egli iniziò la sua missione filosofica pubblica e riformatrice, difese il potere autonomo della scienza e dell’arte, progettò un nuovo umanesimo in grado di connettere creativamente le lettere con la filosofia, la scienza e la tecnica ai bisogni e ai fini della società da trasformare.

[19] AGUSTIN,  Educazione in Spagna  cit. p.48

[20] MANUEL BARTOLOMÉ COSSÍO, La enseñanza primaria en España, Madrid, Rojas, 1915.

   

 

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