La Mediazione PedagogicaLiber Liber

 

La "Escuela Moderna" di Francisco Ferrer y Guardia
di  Maria Assunta Romaniello

3. I movimenti pedagogici nel periodo tra i due secoli

Tra i due secoli, in Spagna, si è avuta una gran fioritura pedagogica che ha costituito il movimento più rilevante nell’ambito della pedagogia spagnola e che ha raggiunto il suo punto di maturità critica nella breve tappa repubblicana. Benché nei primi anni della Restaurazione gli unici impulsi innovatori siano venuti dalla minoranza istituzionista[21], ben presto la convergenza tra alcune impostazioni degli esponenti dell’Istitución Libre de Enseñanza e i governi liberali, alla quale seguì la reazione rigenerazionista, avvicineranno culturalmente la Spagna all’Europa. Saranno di seguito analizzate le principali correnti pedagogiche, attorno alle quali si sono costituite la pedagogia e la modernizzazione della scuola spagnola.

3.1 L’Istitución Libre de Enseñanza

La corrente intellettuale e pedagogica più rivelante dell’epoca è stata certamente L’Istitución Libre de Enseñanza, che ha costituito un movimento istituzionalistico, i cui appartenenti sono stati considerati dagli storiografi come “i riformatori della Spagna contemporanea”. Le idee di questi ultimi influirono in profondità su tutti gli ambiti dell’innovazione culturale, scientifica e pedagogica. Inoltre, la loro azione riformatrice incise non solo a livello intellettuale, ma anche sull’azione sociale e sulla ricostruzione morale del Paese.  Il movimento nacque nel 1876 con Francisco Giner[22] e rappresentò una minaccia per il dominio dei clericali sull’istituzione pubblica. Il clericalismo aveva rappresentato, secondo De Madariaga[23], un momento di caduta della vita religiosa in quanto i clericali trasformarono la Chiesa da organo di salvezza spirituale in strumento di potere e di dominio nella società. L’educazione impartita dalla Chiesa in Spagna, specie dal 1800 in poi, fu negativa ad ogni livello, avendo costituito una scuola d’intolleranza e d’apatia mentale, d’impedimenti allo sviluppo di un pensiero indipendente. La Spagna, bloccata nel suo individualismo, ribelle alla solidarietà e isolata dal resto d’Europa, aveva bisogno, secondo Mazzetti[24], di essere sollecitata con l’educazione per permettere l’evoluzione degli uomini e con lo sviluppo economico per consentire l’evoluzione delle cose. A queste sollecitazioni educative provvidero il Krausismo e, come si è detto, Giner de los Ríos. Quest’ultimo conobbe all’Università di Madrid Sanz del Río, che aveva introdotto in Spagna le dottrine pedagogiche e filosofiche divulgate da Krause in Germania.

I professori Krausisti che si erano formati sotto l’influenza di Sanz del Río, negli ideali del laicismo, della libertà scientifica e del riformismo morale, furono in seguito accorpati da Giner nell’Insitución Libre de Enseñanza. Il movimento raccoglieva filosofi, economisti, teologi, politici e letterati che avevano in comune il principio della libertà di coscienza. Essi sostenevano l’emancipazione della donna, l’abolizione della schiavitù nelle colonie della Spagna e l’estensione del magistero universitario agli uomini del popolo (operai, artigiani, impiegati). L’Istituzione si rifaceva allo spirito e alle attese della borghesia liberale e progressista del paese e si poneva l’obiettivo di modernizzare e moralizzare la società, modificando gli atteggiamenti e la coscienza degli uomini di fronte alla vita e alla cultura. Il processo che condusse Giner a formare l’Istituzione può essere compreso facendo riferimento alle idee che lui espresse sull’educazione, che assumeva per l’autore un ruolo fondamentale di riforma. La pedagogia era considerata da Giner una disciplina che doveva migliorare tecnicamente e moralmente gli individui e la scuola. L’obiettivo dell’educazione era non istruire, ma formare uomini nel senso più ampio del termine. Tutto ciò comportava attenzione alla dimensione corporale, intellettuale, estetica e morale della formazione stessa. Negli scritti di Giner sono presenti le idee di Rousseau[25], Pestalozzi[26], Fröebel[27], sebbene utilizzate in modo personale e nazionale. Egli rivendicava un’organizzazione educativa promotrice d’umanità, chiedeva una scuola che stimolasse le energie psicofisiche e che fosse maestra universale di libertà, di pace, di tolleranza e di rispetto. Giner non accettava la pratica utilizzata dalla sua nazione ed in molte parti d’Europa, di stabilire scuole particolari secondo le diverse professioni religiose, perché da sempre aveva diviso i fanciulli in caste. Alla scuola si richiedeva perciò neutralità e tolleranza nei confronti di qualsiasi azione religiosa. Essa inoltre, doveva favorire l’iniziativa dei fanciulli, appellandosi alle loro energie e favorendo lo sviluppo di questi nel gioco. Giner difendeva l’intuizione, faceva appello all’adozione di metodi intuitivi nella scuola di primo e di secondo grado, all’introduzione della ginnastica, del disegno, del canto, dei lavori manuali, delle escursioni e della pratica del risparmio. Giner ed i suoi colleghi Krausisti guardavano con simpatia alle organizzazioni educative dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, dove vigeva il principio dell’autonomia e di autocontrollo e dove si dava importanza all’iniziativa dei giovani e dei fanciulli. In Inghilterra inoltre, esisteva il sistema scolastico del mutuo insegnamento e un singolare connubio tra l’esecuzione fisica e sportiva. Nel momento stesso in cui Giner stava coltivando nel suo animo le suddette idee, fu richiamato bruscamente alla realtà. Il marchese di Orovio, lo stesso che aveva sospeso nel 1867 Sanz del Río, aveva emesso un decreto che stabiliva l’obbligo per i professori delle università e delle scuole superiori di utilizzare libri di testo approvati dalle autorità superiori e di sottomettere a censura, da parte dei rettori delle università, un compendio delle loro lezioni, onde evitare discrepanze con il dogma cattolico. Riemerse in questo modo il conflitto tra controllo politico e controllo ecclesiastico della cultura e della scuola e la libertà della scienza. Giner a causa delle sue proteste, fu mandato alle isole Canarie e poi imprigionato a Cadice. Fu qui che gli venne l’idea di costituire l’Istitución Libre de Enseñanza. Se, infatti, non era possibile rinnovare la cultura spagnola attraverso le pubbliche università , si poteva farlo ricorrendo alle università private.

L’Istitución rappresentò in un primo momento un laboratorio di riforme pedagogiche. Giner e i suoi collaboratori sentirono la necessità di organizzare delle classi preparatorie, prima con una scuola elementare, poi con una scuola media e successivamente con l’aggiunta di un giardino d’infanzia. Sebbene alla sua origine l’Istituzione fosse sorta come un centro destinato all’educazione superiore, presto si trasformò in un centro integrato, in cui s’inserivano gli insegnamenti di tutti i livelli. La nuova scuola si configurava come un laboratorio dove verificare i progetti educativi. Essa si manteneva con le quote degli iscritti e non accoglieva né sussidi, né sovvenzioni, per evitare la sua dipendenza dallo Stato e dalla Chiesa. Il tipo di educazione della nuova scuola doveva mirare a liberare il popolo dalla miseria, dall’ignoranza e dall’intolleranza e formare una nuova classe dirigente preparata culturalmente, politicamente ed economicamente. Tutto ciò doveva avvenire mettendo da parte le lezioni cattedratiche, superando il distacco tra maestri e scolari e instaurando un vero e proprio sistema di ricerche culturali. Gli esami annuali erano aboliti e il gioco si aggiungeva al lavoro e allo studio. L’Istitución pubblicò, dal 1877 al 1936 un periodico: El Boletín de la Istitución Libre de Enseñanza, nel quale si seguivano gli orientamenti pedagogici internazionali e si elaboravano i principi della scuola. Il periodico rappresentò un organo di propaganda della fondazione per mezzo del quale si diffusero le idee e le tecniche pedagogiche di Giner e dei suoi collaboratori.

Quando Giner morì, L’istitución Libre si era già da tempo consolidata come l’organizzazione esemplare del rinnovamento educativo spagnolo. A garantire la continuità e lo sviluppo dell’istituzione fu un allievo di Giner cresciuto alla sua scuola. Manuel Bartolomé Cossío[28]. Questi oltre a dirigere l’istituzione divenne direttore del Museo pedagogico nazionale che prestò particolare attenzione alla diffusione dei metodi e materiali di Fröebel. Nel 1908 egli fissava i principi pedagogici cui ci si doveva attenere:

a) lavoro intellettuale e sobrio;

b) intenso gioco corporale all’aria libera;

c) larga e frequente intimità con la natura e con l’arte;

d) assoluta protesta contro il sistema corruttore degli esami e dei premi e dei castighi;

e) vita di relazioni familiari e convivenza tra i maestri e gli alunni.

Il programma non prevedeva una separazione tra scuola primaria e quella secondaria, ma una loro continuità. Gli alunni dovevano utilizzare i libri, ma non quelli di testo e, tramite l’azione animatrice e coordinatrice dei docenti, dovevano essere sollecitati a redigere studi personali adatti alle varie età. La classe doveva servire non per dare e per prendere lezioni, ma per insegnare ad apprendere a lavorare con sforzo personale e riflessivo. Questi principi non contenevano delle teorie astratte, ma derivavano dalla sperimentazione dell’Istitución Libre, la quale fin dalle sue origini ha dato importanza all’escursione scolastica. Quest’ultima si articolava nelle forme più diverse (studio dell’arte, della pedagogia, dell’industria, ecc.). L’Istituzione dimostrò che l’esame generava un mutamento di tutta la metodologia dello studio; infatti gli esami costringevano l’alunno a studiare non per il gusto d’imparare, ma per mostrare agli altri di sapere.Tenendo presente queste considerazioni la Institución cercò di trasformare l’esame da strumento di eteronomia, di controllo e di pressione in uno strumento di autonomia e di autocontrollo.

Il più valido contributo dato da Cossío alla pedagogia deriva dall’importanza dell’arte dell’educazione da lui promossa, sperimentata e teorizzata. L’autore mirava a rappresentare il gioco e l’attività estetica come base dell’educazione. Secondo Cossío l’uso dell’arte e della prassi a fini educativi equivaleva a colpire il moralismo e l’intellettualismo. Il gioco libero era una prerogativa d’ogni bambino sano, attraverso il quale egli diventava un’artista e un creatore per eccellenza, in quanto in qualsiasi lavoro artistico c’è un elemento di bellezza; Cossío osservò che l’arte popolare (la più vicina al bambino) al pari del linguaggio, incarnava i più profondi elementi e i dati primitivi dell’anima della moltitudine. A suo parere bisognava ricorrere, oltre che alle arti plastiche anche ai poeti come Omero, Platone, Virgilio, Aristotele. Ne derivava l’amore per le belle parole, per il ritmo e l’armonia com’era già avvenuto nell’educazione classica greca. Cossío si chiese come si ponevano le scuole urbane e quelle rurali nei confronti dei principi da lui esposti, constatando che nelle prime si erano avuti molteplici movimenti e beni di cultura che invece mancarono nelle scuole rurali. L’autore però non si addentrò nel dramma economico e sociale dei rapporti tra città e campagna, tra proletariato e borghesia. Nonostante tutto Cossío pose il problema della scuola rurale e indicò nella sua trasformazione il superamento degli elementi negativi. In questo modo egli arricchì ed umanizzò l’ispirazione di Sanz del Río e di Giner, recando un apporto personale allo sviluppo dell’Istituzione, le cui tradizioni furono considerate dalla seconda Repubblica spagnola (1931-1936), strumenti utili per operare un rinnovamento culturale e scolastico. Quest’ultimo aveva previsto la distinzione fra i compiti della Chiesa e quelli dello Stato e lo sviluppo della scuola nazionale come scuola laica.

Su un piano più “a sinistra” di quello dell’Istitución Libre si pose il movimento educativo con ispirazione anarchica, promosso da Francisco Ferrer Y Guardia con la “Escuela Moderna” e gli “Atenei popolari”. Dei principi educativi, che animarono Francisco Ferrer e Anselmo Lorenzo, si ritornerà a parlare alla fine del presente capitolo e in quelli successivi. Prima è necessario analizzare altre correnti pedagogiche presenti nel periodo tra i due secoli.

3.2 Rigenerazionismo e educazione

Il movimento rigenerazionista è da ritenere, secondo Augustin,[29] completamentare dell’istituzionismo. Infatti, molti autori dell’Istituzione si integrarono pienamente nella corrente della rigenerazione nazionale della Spagna tra i due secoli. Pedagogicamente il movimento rigenerazionista si basò su diversi principi riformatori, principalmente su quelli derivanti dal Krausismo e si avvicinò a molte correnti europee, all’interno delle quali l’ethos educativo si strutturò su un’idea fondamentale ossia la rigenerazione.

In Spagna, in particolar modo, il rigenerazionismo ebbe origine dalle critiche che gli intellettuali, precursori del’98, mossero alla società della Restaurazione. Essi denunciavano la prostrazione economica della nazione iberica, il ritardo nella modernizzazione delle sue strutture agrarie ed industriali, le tradizioni oligarchiche e da «cacichi» della società, gli alti tassi d’analfabetismo.

Il discorso dei rigenerazionisti si articolava intorno a due parametri: recuperare le radici nazionali della Spagna e ricostruire su di essa una nuova nazione e l’urgenza di modernizzare le sue strutture economiche, sociali e culturali, al fine di europeizzare il Paese. L’ideologia dei rigenerazionisti, fondata sulla ricostruzione della Spagna, costituì il comune denominatore dei rigenerazionisti indipendenti e della generazione del '98, sotto la quale si enfatizzarono atteggiamenti nazionalisti ed europeizzanti.

Per Unamuno, a parere di Augustin[30], europeizzare la nazione non significava imitare acriticamente la cultura estera, mettendo in discussione completamente la propria, poteva accadere che l’Europa imitasse la Spagna. Ortega y Gasset e Costa, sempre secondo Augustin[31], erano invece, dell’avviso che l’europeizzazione fosse l’unica strada da intraprendere per la rigenerazione nazionale. L’educazione occupava a tal fine un posto centrale e il riformismo pedagogico che seguì alla crisi del '98 fu una conseguenza dei programmi rigenerazionisti a cui si erano ispirati i governi liberali, i conservatori e la Dittatura. I rigenerazionisti diedero un’immagine desolante della scuola e dell’educazione della fine del XIX secolo, quando le scuole elementari erano scarse ed insufficienti a soddisfare le necessità locali e scadente era la loro qualità. Inoltre, l’analfabetismo che colpì i due terzi della popolazione frenò ogni progetto rigenerativo. I maestri erano mal formati, sopportavano una condizione socioeconomica precaria ed erano sottoposti ad innumerevoli condizionamenti da «cacichi».

L’insegnamento secondario rispondeva agli schemi di un tradizionalismo pedagogico premoderno. Le analisi dei rigenerazionisti miravano alla formulazione dei programmi di promozione sociale e pedagogica, necessari per uscire dalla crisi.

Costa riteneva che la rigenerazione della Spagna fosse un problema pedagogico ed economico. Bisognava a suo parere modernizzare l’agricoltura, promuovere la politica idrica, influenzare il commercio estero, ma soprattutto riformare l’educazione e ossigenare la cultura spagnola con aria europea. Nei programmi di Costa si possono riscontrare molte idee innovatrici, alcune delle quali erano di carattere generale, perché si riferivano ad una politica di rigenerazione del sistema. Esse riguardarono ad esempio: la rivendicazione dell’autonomia universitaria, la creazione e il rinnovamento dei “collegi maggiori”, la dotazione di borse di studio all’estero, la creazione di progetti di ricerca. Altre proposte erano di natura più specifica e si riferivano a questioni di tipo metodologico, ad esempio alla difesa dell’intuizione e dell’insegnamento globalizzato, alla soppressione degli esami per discipline, alla riforma pedagogica della formazione dei maestri. Molti progetti riformatori del primo terzo del XX secolo furono influenzati dalle tematiche di Costa. Anche nel periodo della Dittatura e della II Repubblica, infatti, il messaggio rigenerazionista mantenne la sua validità e la sua funzionalità per gruppi politici di varia tendenza.

Molti storici considerano il rigenerazionismo come una rivoluzione dall’alto ad opera di una minoranza piccolo borghese, che influì come intelligencija culturale sulla classe politica. Oltre a Costa vanno annoverati altri pedagogisti rigenerazionisti:Morote, Isern, Azcárate, Altamira, Alvarez Buylla, Posada e Sela, che indicarono interventi pedagogici per guarire la nazione dall’anemia e dall’abulia in cui versava. Arenal compì un lavoro di sensibilizzazione a favore dell’educazione degli operai, dei prigionieri, delle donne, degli emarginati.

Giner e Cossìo s’identificarono anch’essi con le preoccupazioni della rigenerazione nazionale. Molti politici riformatori, nei primi trent’anni del XX secolo, fecero propria l’ideologia e i programmi formulati dai rigenerazionisti.

3.3 L’educazione cattolica

Alla fine del XIX secolo, nella società spagnola sopravvisse, dopo cento anni di liberalismo, uno stato ufficialmente cattolico. La Chiesa spagnola infatti deteneva nelle sue mani un’importante quota del potere scolastico e aveva la possibilità di modellare le coscienze e la mentalità collettiva della maggior parte della popolazione. Essa insieme alla borghesia conservatrice, all’oligarchia latifondista, agli apparati dello Stato, ai quali si associò, pose sempre un freno ai progressi del liberalismo e condannò la modernità. Le congregazioni religiose furono facilitate dalla politica educativa della Restaurazione che, riconoscendo la libertà d’insegnamento, consentiva loro di operare un controllo su buona parte dell’istruzione elementare e sul settore della secondaria. Quest’ultimo esercitava una forte influenza sulla società, in quanto formò per molti anni, la borghesia e le classi medie. La Chiesa riuscì a contribuire al consolidamento delle tradizioni pedagogiche nelle scuole, negli istituti e nei collegi privati di tutta la nazione. Infatti alla gerarchia ecclesiastica fu riconosciuto il diritto di controllare ed ispezionare l’insegnamento per tutti gli aspetti riguardanti l’ortodossia dottrinale. La Chiesa spagnola era presente a livello formativo in molti ambiti della vita pubblica e privata, tramite ad esempio, i sermoni, la catechesi, l’assistenza spirituale agli individui. Essa poté esercitare una forte influenza sulla società spagnola caratterizzata da forme ancora molto arcaiche. La Chiesa spagnola però non seppe rispondere in modo creativo ai problemi sociali, culturali, educativi che si vennero a creare nell’epoca di transizione, anzi, in molti casi, condannò le iniziative liberali e qualsiasi movimento progressista .

Anche i cattolici dovettero affrontare i problemi derivanti dalla questione sociale, che cominciò a farsi sentire nel momento in cui l’industrialismo iniziò a condizionare le forme di vita e le scelte ideologiche dei lavoratori. La pubblicazione da parte di Leone XIII, dell’enciclica Rerum Novarum, nel 1891, favorì il decollo del cattolicesimo sociale. Quest’ultimo fu un movimento che cercò di dare risposte ai problemi suscitati dalla società industriale, dal punto di vista della Chiesa, nel momento in cui i rivoluzionari liberali chiudevano i rapporti con le corporazioni di categorie. Su di esse, infatti, il cattolicesimo aveva esercitato la sua influenza nella società dell’ancien régime. Il cattolicesimo sociale promuoveva un’educazione di tipo rigenerazionista, attraverso la quale cercava di legittimare le relazioni tra l’ordine religioso-morale e quello di natura economico-sociale. Secondo Augustín[32], i programmi educativi promossi da P. Manjón nelle scuole dell’Ave Maria (sorte nel 1889) si rifacevano a questa mentalità rigenerazionista. Essi cercavano di offrire ai figli degli strati più sfavoriti nuove opportunità di redenzione sociale con un orientamento pedagogico rinnovato. Andrés Manjón fu un nemico dichiarato dell’educazione laica e materialistica sostenuta da Giner de los Riòs. Secondo Volpicelli[33] la pedagogia di Manjón partiva da una critica del sistema sociale esistente perché lo riteneva corrotto, mentre Peretti[34] ha proposto un primo timido accenno ai rapporti fra l’Istitución Libre de Enseñanza e la Escuela del Ave Maria.

Passando ad analizzare il pensiero di Manjón[35] si può affermare che questi considerasse la cultura come frutto di esperienza personale attinta dal laboratorio della vita, piuttosto che da un’introspezione solitaria.

L’autore, criticava il naturalismo che spiegava la natura e l’uomo senza far ricorso a Dio. Per Manjón il mistero centrale del cristianesimo era l’incarnazione e con essa l’opera di Maria.

Pertanto rivendicava la sovranità della Chiesa come un suo diritto irrinunciabile, per mezzo del quale si opponeva all'assolutismo e alla tirannide dello Stato. Inoltre, egli condannava il clericalismo considerandolo un nemico della libertà. Altri aspetti del pensiero di Manjón sono: la polemica contro il laicismo, il liberalismo, lo Stato accentratore e liberticida. Le sue concezioni della scuola in campagna, dell’infanzia come innocenza gioiosa, del gioco come azione dominante nei bambini lo hanno avvicinato a Decroly[36]. Manjón, considerando il fanciullo come il soggetto principale dell’educazione, lo presentava come centro iniziatore di vita, come attiva speranza e preparazione di società e cultura, al quale impartire un’educazione religiosa, finalizzata a perfezionare la società e la natura. Collaborando con la provvidenza divina l’educazione permetteva di raggiungere la santità, quella bontà che nasce dalla buona volontà. Per quanto riguardava la crisi della società spagnola di fine '800, l’autore vedeva nella collaborazione tra maestri, parroci, genitori e nell’unità tra Chiesa e Stato (garantita dal Concordato), delle possibili soluzioni per risanare la nazione.

Per Manjón era importante l’obbligatorietà della pratica dell’insegnamento religioso in ogni ordine di scuola.

Le scuole dell’Ave Maria avevano, infatti, come punto di partenza un’ispirazione etico- religiosa di tipo cattolico, che le differenziava da quelle di Giner, che si basavano invece su una coscienza etico-politica. Le scuole dell’ Ave Maria si ponevano i seguenti obiettivi: promuovere l’attitudine ad un lavoro razionale e costante, rispettare la natura del fanciullo, evitando un’educazione artificiale, rimediare al vizio della vanità e del comando. Il gioco e il lavoro, lo studio e la religione assumevano un ruolo centrale in queste scuole. Esse, non potendo da sole riuscire a far rinascere la Spagna, richiedevano la collaborazione dell’opera della Chiesa e del clero. A quest’ultimo andava impartita una formazione che doveva abbinare alla pratica e allo studio religioso, quella del lavoro.

Oltre alle iniziative educative di Manjón il cattolicesimo sociale promosse altre attività: l’apertura di scuole notturne e domenicali e di alcune biblioteche, tenne corsi e conferenze di diffusione culturale. Queste iniziative assunsero un ruolo molto importante, fino a quando le nuove idee del sindacalismo, alimentate dal socialismo e dall’anarchismo, rivelarono le loro insufficienze.

3.4 IL rinnovamento pedagogico anarchico

In Spagna le idee del socialismo utopico e dell’anarchismo libertario sono state introdotte molto tempo prima del 1879, quando nacque il Partito Socialista Operaio spagnolo. Esse però sono state presenti nei dibattiti educativi solo nel XX secolo inoltrato. Le idee di Fourier (1772-1837), filosofo ed economista francese, relative all’educazione armonica, intellettuale e manuale degli operai e al modello pedagogico della scuola laboratorio, si diffusero già nel periodo isabelliano. Dagli anni quaranta del secolo XIX, nelle aree di Madrid, della Catalogna e dell’Andalusia, i circoli e gli atenei si trasformarono in centri in cui tenere dibattiti sulle idee degli operai. Nello stesso periodo sorsero scuole ed istituti di insegnamento in linea con le nuove ideologie. Ne fu un esempio la Scuola del Lavoratore di Antonio Cervera, la quale oltre ad impartire lezioni di lingua, di disegno, di matematica, mirava a far sviluppare una coscienza di classe. Ad essa si aggiungevano altre scuole che si diffusero in molte parti del paese, ad esempio il centro sostegno delle arti di Madrid (1847) e l’Ateneo catalano della classe operaia (1861). Come si è già detto nel precedente capitolo, durante il “sessennio rivoluzionario”, i gruppi anarchici incominciarono ad avere una presenza attiva in tutta la nazione.

Nei congressi operai che si tennero a Barcellona (1876), Saragozza (1872), e Cordova (1872-1873) l’educazione delle classi operaie era considerata uno strumento valido per promuovere nel proletariato la coscienza di classe. Nel congresso di Barcellona si difese il diritto all’«insegnamento integrale», sostenuto da Proudhon[37] , Bakunin[38]che vedevano in esso un modello di formazione del nuovo cittadino, a cui spettava promuovere la rivoluzione e la costruzione della società. I vari raggruppamenti anarchici locali crearono scuole, laboratori, biblioteche, musei per la formazione dei lavoratori. I progetti di questi gruppi erano incentrati maggiormente sul dibattito teorico, politico- pedagogico e sulla denuncia della situazione culturale degli operai, dei bambini e delle donne.

La Federazione Regionale Spagnola dell’Associazione Internazionale, attraverso il Boletín, invitava gli operai ad unirsi, al fine di condurre “un’istruzione rivoluzionaria socialista” per superare l’ignoranza.

All’inizio il movimento operaio, come si sa, subì una forte repressione e fu condannato alla clandestinità. In seguito (dal 1881), la corrente anarchica si presentò in un contesto socialmente diverso. Nel 1901 fu fondata da Francisco Ferrer Y Guardia la Escuela Moderna, che costituisce forse, l’esperienza pedagogica anarchica più conosciuta. Quest’ultima va analizzata da due punti di vista: pedagogico e socio- politico.

A) Sotto il profilo pedagogico, il pensiero anarchico promosse molte innovazioni. Il <>Boletín pubblicato dalla “Escuela Moderna”, diffuse i suoi metodi, che univano i criteri appartenenti alla tradizione socialista a quelli del movimento funzionalista. La tradizione socialista considerava l’educazione come strumento della classe dirigente per dominare quella subalterna. I funzionalisti invece ritenevano che l’educazione servisse all’ordine sociale.

Didatticamente la scuola proponeva : la coeducazione dei sessi, il contatto con la realtà sociale (frequenti furono le visite degli alunni della scuola presso le fabbriche), i viaggi.

B) Sotto il profilo socio-politico, la “Escuela Moderna” ha rappresentato un’esperienza di laicismo, d’emancipazione, d’opposizione ad un’educazione alienante e manipolatrice.

Ferrer lottava contro l’errore e il pregiudizio, rivendicava la ragione naturale basata sulla spontaneità dei fanciulli. Egli considerava la scienza uno strumento base per l’educazione emancipatrice, liberata dai ricorsi all’autorità, all’irrazionalismo e alla rivelazione.

Dopo le vicende che portarono alla chiusura della scuola e alla fucilazione di Ferrer, accusato di essere un cospiratore anarchico della Semana tràgica di Barcellona , le sue idee si diffusero nella Catalogna, in diversi punti della Spagna e in Europa. Oltre alle scuole di Ferrer, sono da annoverare altre correnti di rinnovamento pedagogico legate ai movimenti operai e che si rifacevano al Partito Socialista Spagnolo. Quest’ultimo, insieme all’Unione Generale dei Lavoratori (UGT), mostrò un marcato interesse per l’educazione, che doveva essere estesa ad entrambi i sessi, superare le disuguaglianze causate dalla divisione del lavoro e doveva servire ad emancipare la classe lavoratrice.

Una nuova tappa del socialismo spagnolo si ebbe con la creazione, nel 1910, della Scuola Nuova fondata da M.Núñaz dé Arenas, che era insieme centro di educazione popolare e scuola di socialismo. La Scuola Nuova rese possibile la comunicazione tra gli ideologi del socialismo e alcuni settori istituzionistici. Faceva parte di questi ultimi Luzuriaga, il quale presentò una relazione che poi costituì la base del programma educativo approvato dal Partito Socialista Operaio Spagnolo nel suo XI Congresso, tenutosi nel 1918. Il programma proponeva: l’insegnamento gratuito e laico, l’obbligatorietà dell’educazione di base, l’uguaglianza dei diritti di fronte alla formazione, il modello di scuola unificata e l’integrazione dell’educazione primaria e secondaria, un’ampia autonomia per l’insegnamento universitario e la creazione di un unico corpo docente.

Nel periodo tra i due secoli si è andata, quindi, strutturando a poco a poco anche in Spagna una sorta di “pedagogia scientifica”, in seguito anche alle tendenze sperimentalistiche generate nei diversi campi delle scienze umane. La Spagna non solo non rimase ai margini di questa corrente che mirava a rinnovare la scuola, ma in alcuni casi l’anticipò promuovendo i metodi attivi. Con questi si cercava di coinvolgere i giovani nel processo di apprendimento e di soddisfare i bisogni concreti sulla base di alcuni progetti operativi. Ferrer, in particolar modo, affermando che gli uomini devono essere capaci di trasformare attivamente la realtà e il contesto in cui vivono, si avvicinò a quest’impostazione pedagogica, anticipando in molti casi le idee di Decroly, Montessori e Dewey.

[21] Istituzionista: Sebbene l’Istituzione Libera d’Insegnamento sia nata come una fondazione svincolata dai partiti politici, la sua azione non si ridusse nell’ambito dei propri istituti, si proiettò oltre attraverso i diversi movimenti socio - pedagogici progressisti dell’epoca. Questa duplice dimensione, interna ed esterna, giustificava la differenziazione tra l’Istituzione centro, una realtà ben definita e delimitata entro le sue mura scolastiche, e l’Istituzione diffusa che era una specie di ecclesia, che accorpò alunni e professori, i quali formarono una comunità influenzando la vita sociale, educativa e politica dell’epoca. La presenza dell’Istituzione nella vita politica del Paese cominciò a farsi sentire con l’arrivo dei liberali al potere nel 1881 che furono quindi presenti nella maggior parete dei movimenti innovatori, per più di mezzo secolo. (AUGUSTIN, cit. p. 55 ).

[22] M.NAVARRO, Vida y obra de Don Francisco Giner de los Ríos, México, D. F, Orion ,1945

[23] SALVADOR DE MADARIAGA, Storia della Spagna, Bologna, Cappelli,1957, p.160

[24] ROBERTO MAZZETTI Società e educazione nella Spagna contemporanea, Firenze, La Nuova Italia,1966, pp. 15 - 21.

[25] Rousseau (1712-1778), filosofo e scrittore svizzero, espresse le sue idee pedagogiche soprattutto nell’Emilio, un romanzo pedagogico che partiva dal presupposto di una natura umana originariamente buona e poi corrotta dalle cattive istituzioni. La formazione di Emilio doveva quindi, sottrarsi ai cattivi influssi della vita sociale e compiersi nella solitudine campestre in un rapporto esclusivo con il suo precettore. L’uomo secondo Rousseau era pronto per affrontare la vita sociale solo dopo essere stato formato e fortificato.

[26] Pestalozzi (1746-1827), pedagogista svizzero. Il pensiero pedagogico di Pestalozzi si basava sulla convinzione che tutte le facoltà umane si trovano in germe nell’animo fin dalla nascita. L’educazione per Pestalozzi doveva pertanto, incominciare fin dalla nascita e aveva come fine lo sviluppo armonico di tali facoltà.

[27] Fröebel (1782-1852), pedagogista tedesco. Il pensiero pedagogico di Fröebel è esposto nella sua opera più conosciuta: Educazione dell’uomo, in cui maggiormente si colgono le influenze di Pestalozzi. Per Fröebel la natura umana si comprende con Dio creatore. Compito dell’educazione era per l’autore quella di assecondare la spontanea attività umana, fornendo ad ogni individuo l’effettiva possibilità di realizzarsi autonomamente. Egli considerava il gioco come la manifestazione della spontanea attività creatrice dell’individuo e non come un divertimento. I “doni”, particolari giocattoli preordinati, dovevano servire a sollecitare le intenzioni dei bambini.

[28]  Cfr. J. XIRAU, Manuel Bartolomé Cossío y la educación en España, México, El Colegio de México, 1945; oppure: L.A.SANTULLANO, El pensamiento vivo de Cossío, Buenos Aires, Losada, 1946.

[29] AUGUSTIN, cit. p.59

[30]  Ivi, cit. p.59

[31] Ivi, cit. p.59

[32]AUGUSTÍN, cit. p. 63

[33] L. DEVAUD, Andrés Manjón, Roma , Armando, 1959

[34] MARCELLO PERETTI, Manjón, Brescia, la Scuola, 1961

[35] ANDRÉS MANJÓN, Le scuole dell ’Ave  Maria, Roma, Avio, 1954, p. 7.

[36] Ovide Decroly (1871-19329, psicologo e pedagogista belga. Si occupò dapprima della rieducazione dei bambini anormali. Dallo studio di questi trasse la convinzione di dover affrontare i problemi pedagogici su base scientifica,. Il programma scolastico doveva basarsi sul «metodo globale»che privilegiava un argomento unico rispondente alle esigenze vitali del fanciullo, ossia «i centri di interesse».

[37] Proudhon (1809-1865), filosofo francese, fu il primo a conferire all’anarchismo una precisa connotazione ideologico politico-sociale. Egli considerava l’educazione come il veicolo primo dell’uguaglianza sociale ed era convinto della necessità di abolire la separazione tra lavoro intellettuale e quello manuale. Proudhon ha dedicato molta attenzione al tema dell’educazione popolare, lo strumento più idoneo a suo avviso per fare acquisire agli strati sociali più umili «capacità politica» reale e non formale. Il suo pensiero è denso di contraddizioni: la più evidente riguarda il ruolo di subordine attribuita alla donna.

[38] Bakunin (1814-1876) ha ripreso da Proudhon il tema dell’educazione popolare, collegandola particolarmente alla situazione italiana, all’esigenza del riscatto della popolazione contadina. Egli fu un assertore dell’educazione “integrale” in grado di abolire la distinzione tra intellettuali e braccianti, negava ogni valore educativo alla famiglia e proponeva una cultura di cui tutti fossero produttori e consumatori.

   

 

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