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Le "rivelazioni pedagogiche" di Fiorenzo Zaffina,
picchio muraiolo e gazza ladra
di Nicola Siciliani de Cumis |
Sarei
anchio convinto, per il futuro, della positività dellazione formativa e
didattica indicata come essenziale dal Sindaco di Catanzaro Sergio Abramo, nella
conclusione della sua premessa al Catalogo della Mostra su Fiorenzo Zaffina.
Rivelazioni, a cura di Tonino Sicoli, con testi di Paolo Balmas, Renato Barilli,
Roberto Cotroneo, Massimo Di Stefano, Micol Forti, Simonetta Lux, Miriam Mirolla, Giuseppe
Pansini, Gabriele Perretta, Pierre Restany, Amministrazione Comunale di
Catanzaro/Associazione culturale "Luna di sera", 2000, pp. 128, £.
10.000.
A
maggior ragione se si colloca nel quadro di un proposito etico-politico-pedagogico
strategicamente coerente e previdente, il "punto di arrivo" dellimpegno
profuso dai tanti che hanno tecnicamente collaborato allimpianto della Mostra e alla
pubblicazione del Catalogo e del CD-Rom che ne deriva, non potrà non consistere, adesso,
che in un ulteriore "conseguimento di obiettivi". Per quanto a Catanzaro e in
Calabria si sia ancora agli inizi, i "nuovi circuiti" e i "nuovi
modelli" veicolati dallesperienza-Zaffina sembrano inaugurare una procedura
dintervento critico ed autocritico che, nella ventilata prospettiva "nazionale
e transnazionale", potrà essere messo operativamente alla prova anche altrove.
Sta
del resto proprio qui la prima e forse più importante delle "rivelazioni
pedagogiche" dellopera di Zaffina ed il nodo interpretativo più difficile da
sciogliere dellintera sua proposta: nel fatto cioè di voler contribuire a ridurre
un handicap storico (un muro in cancrena, un muro fintamente perbene, un muro di
avarizia e di omertà, un muro-cassaforte dei mali cittadini antichi e recenti), ad effettiva,
innovativa risorsa materiale, mentale, estetica, morale (un muro da
interrogare, un muro cui rispondere, un muro da svaligiare insomma, ma a cui affidare
tranquillamente un tesoro). Perché no? Un muro pedagogico.
Se
daltro canto è vero, come scrive Abramo, che "larte e la cultura non
sono fenomeni secondari ma parte necessaria della qualità della vita del cittadino",
ed è vero che "le Amministrazioni possono agire sul territorio sviluppando azioni
anche a carattere formativo e didattico", e che "la produzione di eventi
artistico-culturali deve generare valore aggiunto reinvestibile", sarà anche vero
che una siffatta "unica strategia vincente per la Calabria e per Catanzaro" non
potrà non proporsi come "promozione della cultura", "valorizzazione"
e "riuso dei beni culturali" per qualsiasi altro contesto. Quasi a dire
paradossalmente, e ben conoscendo i rischi delloperazione, che il corpo-laboratorio,
benché ammalato, intende comunque sperimentare su di sé gli anticorpi di un vaccino che,
se efficace, risulterebbe quindi essere senza limiti di uso e fruizione per tutti.
Fuori
di metafora (ed al di là delle facili visioni edificanti): quando è, però, che il
rapporto arte-cultura/qualità della vita riesce davvero ad essere un fatto non di
secondaria, ma di primaria importanza? A quali condizioni è possibile esercitare sul
serio, unazione didattica e formativa, che non voglia limitarsi ad essere un
semplice abbellimento esterno, ma piuttosto lasse trainante, articolato e complesso,
attorno a cui far ruotare lintero processo della crescita culturale cittadina di
base? E dunque, per incominciare, come tradurre nella lingua corrente dei catanzaresi e
dei calabresi le espressioni pluri-idiomatiche del tipo "valore aggiunto
reinvestibile", "strategia vincente", "promozione della cultura",
"valorizzazione e riuso dei beni culturali"?
Fiorenzo
Zaffina e la sua sperimentazione sulla quotidianità in progress valgono intanto
una risposta, che non è una risposta "qualsiasi"... Ma, nel caso di questo
artista sui generis, quale è il nesso che si stabilisce tra la creatività propria
e nuova dellart director delle copertine di un settimanale come
"LEspresso", che "fa opinione", con le peculiarità poetiche del
cronista di giornali murali ad alto tasso di interattività multimediale? E ci sarebbe qui
un capitolo tutto da scrivere, o quasi, sul giornale, sul computer in classe, a partire
per lappunto dallesperienza à double face di Zaffina, tra creatività
giornalistica del visivo e visioni artistiche della durezza ed, insieme, della
malleabilità del quotidiano.
Quei
suoi colpi ben calibrati da picchio muraiolo, quei suoi voli tecnologici e le rilucenti
ruberie da gazza ladra, confessate, rivelate qui ed ora al Complesso Monumentale del San
Giovanni di Catanzaro, rappresentano certamente unoccasione per avviare localmente e
non solo localmente una riflessione che, ben oltre le contingenze, sarebbe opportuno
coinvolgesse un pubblico, come usa dire, ampio e qualificato: e non solo gli
amministratori, gli esperti, i giornalisti, i visitatori di media cultura, i curiosi di
ogni tipo, ma anche e soprattutto i presidi e i direttori didattici, i professori e gli
studenti (catanzaresi o meno), in grado di organizzarsi tra il settembre e il novembre
prossimi per delle visite di studio "mirate", che si rivelerebbero certo assai
proficue.
E a giovarsene a scuola, sulla pista delle intelligenti osservazioni di
Tonino Sicoli che "apre" il discorso, non sarebbero semplicemente i docenti e i
discenti di discipline relative alle arti plastiche e visive, alla storia dellarte,
ma anche di quelli di altre materie. Mettiamo la Filosofia: visto che per Zaffina sono
già stati chiamati variamente in causa Marcel Duchamp e Rudolf Arnheim, Martin Heidegger
e Thomas Kuhn ecc. (per conto mio cercherei lumi in Arte come esperienza di John
Dewey e in Lautore e leroe di Michail M. Bachtin). Ma perché no la
Storia, la storia del Novecento da un millennio ad un altro, con le sue attinenze con
lEducazione civica. Perché no lItaliano, la letteratura italiana, prendendo
per esempio le mosse dal capitolo sul Futurismo
E
non tralascerei talune Scienze della natura e della cultura, nei loro possibili intrecci
con lAntropologia. Né escluderei la Musica, lEducazione musicale, magari a
partire dai prodigi di quel pianoforte Yamaha, al Salon Privé di Roma nel 1994, di cui
nel Catalogo, con commozione, racconta Roberto Cotroneo: strumento "verticale,
acustico, ma con martelletti collegati a dei sensori elettronici, in grado di essere
suonato, e poi attraverso un dischetto di computer capace di rieseguire esattamente ciò
che era stato suonato".
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