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Il problema educativo nel contesto dellAIDS pediatrico in
Italia
di Fiorella Albano |
1. Il problema educativo nel contesto dellAIDS pediatrico in Italia
Esiste
un rapporto tra il filosofare sulleducativo e linfezione da HIV nei bambini?
Lo
studio di tale rapporto è osservabile da due punti di vista: nel contesto dellAIDS
pediatrico leducativo rappresenta un problema cruciale e disatteso, e per
leducativo lAIDS pediatrico costituisce un problema poco conosciuto e
praticato, ma con cui è necessario confrontarsi.
Leducativo
si preoccupa delluomo e di sensibilizzarlo al tema dellumano: tra i
compiti della filosofia delleducazione può trovare il suo giusto posto anche
ladeguata sensibilizzazione. Sensibilizzare, ossia render più delicati
nellaccostare e percepire le realtà in questione 1. Tra queste realtà può esservi compresa a giusto diritto
quella dellinfezione da HIV in età pediatrica.
Attuata
questopera di sensibilizzazione diventa necessario percepire lo spessore della
proposta educativa: attivare un processo di umanazione delluomo comporta una
rivoluzione nel rapporto con se stessi, nel rapporto con gli altri e nel rapporto con
lesteriorità, comporta una rivoluzione nella valutazione delle priorità, comporta
una rivoluzione delle esperienze esteriori in esperire interiore.
Ed
ora, forti di queste affermazioni, guardiamo più da vicino il mondo dellAIDS
pediatrico, un mondo così poco incontrato che sembra palpitare di vita propria, una vita
parallela, spesso volutamente relegata a spazi e contatti strettamente suoi, per evitare
contagianti momenti di riflessione che potrebbero disturbare il mondo
fuori, il mondo che non può rallentare i suoi sacri ritmi incalzanti, che non
può mettersi in discussione per umilmente rincamminarsi in direzione
delluomo-soggetto e abbandonare il sottile processo in atto di reificazione
delluomo.
Se
ci avviciniamo alla realtà educativa dei bambini sieropositivi per cercare punti fermi e
formulare affermazioni, ci rendiamo conto di raccogliere molte nuove domande e poche
risposte, molti dubbi e sempre meno certezze. I punti fermi si trasformano in punti
interrogativi che scavano dentro, che da una parte istigano a fuggire, e dallaltra
accrescono il senso umano di responsabilità che impedisce la resa. Ci rendiamo anche
conto che si è sempre più sicuri di ciò che non si vuole, di ciò che non si può più
accettare e che, in modo sempre più evidente, è rilevato nel contesto osservato: la
strumentalizzazione dellaltro, della sua malattia, della sua sofferenza, la
disperazione indotta da una ricerca di senso fallita, la disumanazione dei rapporti tra
persone, linaridirsi del dialogo in un linguaggio che, nel migliore dei casi, può
parlare alla razionalità di un essere pensante e non alla soggettività di un uomo
dialogico.
Tra
le persone che si occupano di AIDS pediatrico, talvolta prende il sopravvento un
atteggiamento di distacco scientifico che probabilmente maschera un meccanismo
di autodifesa, altre volte invece emerge un coinvolgimento emotivo, un desiderio di
essere lì che è difficile contenere. Anche chi semplicemente passa accanto alla
vita di alcuni bambini sieropositivi, non riesce poi più a parlarne senza turbamento,
senza fermarmi al punto di vista oggettivabile.
Il
problema dellAIDS, dopo aver provocato nella nostra società un disorientamento
iniziale, ha ora bisogno di una rilettura più serena e consapevole. Ciò che bisogna
evitare è che tale rilettura, al pari di ogni problema nuovo o antico che assilla
luomo concreto di oggi, avvenga unicamente in chiave scientifica medica,
psicologica, sociologica o addirittura consumistica. Quella che vorremmo proporre
qui è una rilettura in chiave educativa, ossia con quellattenzione alluomo e
alla sua umanazione che riteniamoo prioritaria. Per prioritaria intendiamo che viene
prima, ma non tanto in senso temporale, quanto piuttosto nel senso che conferisce
significato e spessore ad ogni altra rilettura, non permettendo di subordinare il soggetto
a nessuna oggettività.
Una
serie di domande continuano a restare aperte dopo aver accostato un contesto inquietante
come quello dellAIDS pediatrico. È possibile approdare a conclusioni personali, ma
si tratta di conclusioni che comunque sollecitano ad indagare ancora.
Anche
senza essere educatori è possibile percepire quanti e quanto forti siano gli
interrogativi che lAIDS pediatrico solleva per luomo. Eccone solo alcuni
esempi: è giusto favorire la nascita di un bambino sieropositivo? È sempre e comunque un
bene educare un bambino in AIDS pediatrico? Dal momento che spesso le situazioni familiari
dei bambini sieropositivi sono disastrose, è meglio che ad occuparsi della loro
educazione siano altre persone? Si può rivelare ad un bambino che è malato di AIDS,
quando è in età di comprendere la gravità della sua malattia? Come si può introdurre
il discorso sulla sessualità con un adolescente portatore di un virus sessualmente
trasmissibile? Qual è il fine delleducazione di un bambino sieropositivo?
E
dal punto di vista dei sani, perché la percezione che si ha dellAIDS è
così spaventosa? Perché è tanto difficile accettare lidea che un bambino
sieropositivo frequenti regolarmente una scuola? È bene parlare di AIDS ai giovani? Cosa
può insegnare un bambino sieropositivo al nostro vivere quotidiano?
1 Edda Ducci, Approdi dellumano Il
dialogare minore, Roma, Anicia 1992, p. 7 |