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Il problema educativo nel contesto dellAIDS pediatrico in
Italia
di Fiorella Albano |
2. AIDS pediatrico: unemergenza educativa
"[...]
sia un medico che un profano potranno parlare ciascuno secondo le sue conoscenze, dicendo
da che cosa essa probabilmente abbia avuto origine e quali siano le cause di un tale
sconvolgimento, cause che potrà considerare sufficienti ad effettuare il mutamento di
salute: io invece dirò in che modo si è manifestata e mostrerò i sintomi, osservando i
quali, caso mai scoppiasse un'altra volta, si sarebbe maggiormente in grado di
riconoscerla, sapendone in precedenza qualche cosa.
Tucidide,
La peste di Atene
Ad
ogni periodo storico appartengono valori che affascinano facilmente la maggioranza delle
persone e disvalori che più o meno consapevolmente intimoriscono o scandalizzano.
In
un inizio secolo abbagliato da un sorprendente progresso scientifico e tecnologico, ogni
fenomeno che sfugga alla logica o al controllo scientifico rappresenta un elemento di
disturbo che infastidisce ed impaurisce. Daltronde ridurre qualsiasi problema ad una
questione impersonale, quantizzabile ed analizzabile, infonde sicurezza e sembra
autorizzaci ad osservare il problema con distacco ed approssimazione.
Le
mani rozze, un indurimento o un irrigidimento negli organi di senso, sono un pericolo
insidioso che sempre si ripresenta quando si tratta delle realtà interiori. 1
Ed
ecco quindi che la soluzione più facile è quella di non confrontarsi con le realtà
interiori, ma solo con quegli aspetti del problema che ne costituiscono la facciata
esterna. Si tende a rimuovere qualsiasi elemento inquietante, come accade per esempio per
il pensiero della miseria, della malattia e della morte. E se proprio non si può fingere
e negare che un problema serio esista, se ne affrontano solo gli aspetti scientifici e
scientificizzabili: il problema vero lo si "ghettizza", o lo si demonizza.
Questo
processo è quello probabilmente applicato all'AIDS, che ha colto di sorpresa la nostra
scienza medica, almeno inizialmente impreparata ad affrontare la sindrome da HIV.
LAIDS
ha colto impreparata anche la coscienza di molte persone, così prese dai propri affari
di polistirolo e così assordate dai canti di sirena degli spot pubblicitari
da non riuscire più a far spazio agli interrogativi fragili e tenui dellumano.
Saper ascoltare la voce scomoda e debole del proprio spirito critico è frutto di una
libertà interiore che fa sempre più fatica a nascere nel frastuono dei mass-media.
Leducativo
con tenacia e coraggio cerca di farci rievocare la dimensione più propriamente umana
presente in ogni uomo, cerca di riattribuire al soggetto quellattenzione di cui
forse egli stesso si è dimenticato di essere degno, cerca di ridar voce ai problemi
esistenziali messi a tacere dallinvadenza di tante altre voci che gradualmente
rubano la parola alluomo. Luomo moderno occidentale può e deve avere solo i
problemi per i quali è possibile, anzi necessario, acquistare una soluzione sicura.
Quando
la pubblicità si sostituisce alleducativo, quando la libertà di avere e di fare
diventa più importante della libertà di essere e di pensare, ci si trova smarriti di
fronte ad un evento emergente ed inatteso come il dilagare del virus HIV, e si è
preoccupati solo di ottenere informazioni sul come evitare il contagio, piuttosto che
cercare di comprendere il fenomeno nella sua complessità ed interezza.
La
sindrome da HIV è stata anche chiamata "peste del XX secolo". E forse, come la
peste, sconvolge alcuni corpi e tante menti. E forse, come la peste, non ci immunizzerà
da altre malattie. E forse, come la peste, ci lascerà con la sensazione che gli strumenti
di cui disponiamo non servano più né per affrontare l'emergenza, né per ricostruire
dopo la tempesta.
La
scienza sembrava impotente di fronte ad un nemico che avanzava e che avanza: arginarlo è
diventato un problema non solo della scienza medica, ma dell'opinione pubblica,
debitamente "informata" dai mass media.
Il
dovere di informazione, ormai scollegato dal dovere di conoscenza, ha contribuito a far
dilagare paure e diffidenze.
La
disabitudine a riflettere su quanto va ad incidere sull'umano e su ciò che può portare
alla comprensione degli eventi, non ci ha fatto afferrare né il perché dei nostri
timori, né la reale dimensione della sofferenza di coloro che sono colpiti dal virus.
Sono
stati studiati a fondo gli aspetti economici ed epidemiologici, gli aspetti medici e
sanitari, forse anche gli aspetti sociali e psicologici del problema AIDS. Ma poco si è
cercato di indagare sugli aspetti affettivi, educativi ed umani peculiari dei malati di
AIDS.
E
questo scarso approfondimento riguarda soprattutto i bambini sieropositivi o con AIDS
conclamato: ci è più facile provare pena per loro che non reale comprensione. Se ci si
accosta a questo contesto è possibile riconoscere la vera peste non certo nei bambini
ammalati di AIDS, ma nei sintomi che la sindrome da HIV ha scatenato in molti di noi
"sani".
Ogni
tempo ha le sue cause di indurimento, ogni generazione deve trovare i suoi motivi e i suoi
metodi per rimuoverlo. Il pericolo non è piccolo: va avvertito, denunciato e affrontato.
È un servizio modesto ma utile. 2
Avere
il coraggio di affrontare il tema delleducativo allinterno del contesto
dellAIDS pediatrico esprime la necessità di un discorso diverso da quello
prettamente scientifico in cui di solito viene confinata la questione, e denunciare
unassenza di attenzione allumano che, seppur diffusa in ogni contesto, in
questo caso emerge ancora più chiaramente.
La
disattenzione allumano nel contesto dellAIDS pediatrico è irresponsabile e
colpevole per leducatore, perché è quanto mai attuabile e
indispensabile una umanazione del soggetto quando le situazioni scarnificano
la vita di una persona fino a ridurla allessenziale, e quando lessenziale
diventa tutto.
Lumanazione
del soggetto è quanto mai attuabile perché trova un terreno già arato,
anche se per questo reso scivoloso, dallazione graffiante della sofferenza. La
sofferenza in effetti mette allo scoperto le enormi potenzialità delluomo, lo
trascina davanti ad un bivio: luomo può scegliere di proteggersi, di difendersi
barricandosi dietro una muraglia cinese di indifferenza, di rottura di
rapporti, di insensibilità, che prima o poi diventeranno la prigione del suo solipsismo.
Oppure può scegliere di saltare senza rete da fuori a dentro di sé, può decidere di
rischiarsi nellapertura ad un tu, può volersi creatore della propria
soggettività. Leducativo può e deve far trasparire la bellezza di questa seconda
scelta attraverso la concreta bellezza interiore di un educatore e di un rapporto umano ed
umanante con lui.
Ogni
tempo ha le sue cause di indurimento, ma se avremo il coraggio di affrontare i problemi di
carta vetrata, senza aspettare vanamente che la scienza o la tecnologia ce li
predigeriscano in problemi di velluto, potremo sperare di trasformare le esperienze, per
quanto dolorose e disperanti, in esperire, esperire interiore, ossia quella
modalità di conoscenza così propria al movimento verso la persona e verso quanto
costituisce lumano, e così impropria per la realtà misurabile e repetibile. Esso
ha una logica difforme dalla logica oggettiva ma non in contrasto; è estraneo al
relativismo; tra la serietà e il rigore opta per la prima senza disprezzare il secondo, e
si situa di diritto nellintegralità del vivere, dove la stessa razionalità ha il
suo posto assegnato. 3
1 Edda Ducci, Approdi dellumano
Il dialogare minore, Roma, Anicia 1992, p. 7
2 ivi, p. 7
3 ivi, p. 9 |