|
Olga Liverta Sempio (a cura di), Vygotskij, Piaget, Bruner.
Concezioni dello sviluppo, Milano, Raffaello Cortina Editore, 1998
di Emanuela Castorri |
Il
volume curato da Olga Liverta Sempio illustra i cardini del pensiero di tre grandi teorici
della psicologia cognitiva del nostro secolo, Vygotskij, Piaget e Bruner, delineandone le
affinità e le differenze, alla luce delle peculiarità dei contesti storico-sociali e
culturali nei quali si è inscritta la formazione della loro prospettiva scientifica.
Alla
prefazione di Mario Groppo, tesa a sottolineare come laccostamento e
lintegrazione dei tre sistemi di pensiero abbia permesso alla psicologia
dellOccidente di aprirsi allintegrazione con le altre scienze in una
prospettiva interdisciplinare, segue lintroduzione di Liverta Sempio nella quale
viene offerto un quadro dinsieme delle concezioni di Vygotskij, Piaget e Bruner
attraverso un loro diretto confronto, teso a facilitare il lettore nellapproccio
alle successive parti del testo, ciascuna delle quali tratta separatamente e
individualmente il nucleo centrale del pensiero di ciascuno. I collegamenti e i raffronti
indicati in modo sintetico nella sezione introduttiva possono essere riscontrati e messi a
fuoco, autonomamente dal lettore, nelle sezioni dedicate ad ogni studioso, con
laiuto ulteriore di note di rinvio tra parti del volume e approfonditi grazie a
consistenti apparati bibliografici. La curatrice evidenzia in maniera stringata ma
efficace come pur condividendo una concezione costruttivistica della conoscenza,
lattenzione agli aspetti qualitativi del funzionamento mentale, una visione attiva
della natura delluomo, un interesse per linterazione soggettooggetto,
come del resto un approccio interdisciplinare allo studio del pensiero, Vygotskij, Piaget
e Bruner giungono a teorizzazioni alquanto divergenti sulla natura della mente, sul suo
sviluppo e sugli interventi psico-educativi.
la
curatrice, nella medesima occasione, delinea le diverse immagini del bambino elaborate dai
tre studiosi, immagini che rimandano alle tematiche che ciascuno ha trattato con maggiore
interesse e attenzione. Se Vygotskij si riferisce a un "bambino culturale" in
ragione delle trasformazioni che le sue funzioni psichiche, per il suo essere immerso in
un universo storico-culturale, subiscono nel corso dello sviluppo, piaget concentra la sua
attenzione sul "bambino epistemico" considerando, in tal modo, la conoscenza
come fenomeno mentale-psicologico e indagando le forme che questa assume durante la
crescita. Bruner invece, che considera lo sviluppo come un cambiamento nei modi di
rappresentare la realtà e la narrazione come strumento prettamente umano di
significazione del mondo sociale, fa riferimento a un "bambino
rappresentazionale-narrativo".
Allintroduzione
segue la riproduzione dellintervento di Jerome Bruner tenuto a Ginevra il 15
settembre 1996 in occasione del joint meeting della Growing Mind Conference,
in onore del centenario della nascita di Piaget e la Vygotskij-Piaget Conference del
secondo congresso della Socio-Cultural research, in onore del centenario di Vygotskij e
Piaget.
Le
concezioni di Piaget e di Vygotskij hanno invaso il panorama culturale europeo e mondiale
negli stessi anni e, troppo spesso, per le profonde divergenze che presentano, sono state
considerate esclusivamente in termini oppositivi. Diversa è la posizione di Bruner che
può essere invece considerato lerede di queste due grandi tradizioni di pensiero.
È proprio in questa veste che lautore ritiene necessario, come sottolinea nel
discorso di cui sopra, dover evitare qualsiasi forma di riduzionismo che comporti una
scelta tra le due prospettive. Questi due approcci, secondo Bruner, rispecchiano due modi
di concepire lo sviluppo incomparabili ed irriducibili lun laltro e riflettono
due modalità di pensiero proprie delluomo: uno paradigmatico, teso alla
verificabilità, alla ricerca di leggi generali ed universali, alla spiegazione;
laltro sintagmatico, teso allinterpretazione, alla comprensione alla luce del
contesto e delle particolarità. Una distinzione questa che in termini classici è
riferibile alla differenza tra il metodo nomotetico e idiografico. come fa notare Bruner,
la ricchezza delleredità che ci lasciano queste due grandi figure, sta proprio in
questa diversità che apre la strada alla profondità nella ricerca. La presenza di questo
contributo, dove lautore conferma la veridicità della massima di Bohr che
"Lopposto di due grandi verità può essere vero", oltre a indurci a
riflettere sulle verità, per quanto opposte, formulate da Piaget e da Vygotskij, fornisce
le chiavi di lettura per incontrare il pensiero di tutti e tre i teorici, compreso lo
stesso Bruner, sottolineando limportanza delle differenze da esaltare come fonte di
"eccitazione e di invenzione" che aprono la strada a conoscenze nuove.
La
prima parte del volume è dedicata a Vygotskij e si compone di tre contributi di Maria
Serena Veggetti e un quarto che è opera di Vasilij V. Davydov. La Veggetti affronta in
primo luogo la figura dello psicologo russo ed il contesto di riferimento, per poi passare
ad analizzare la concezione dello sviluppo psichico e approfondire la trasformazione di
specifiche funzioni come la memoria, lattenzione, lastrazione, illustrando
così la metodologia che vygotskij utilizza nei suoi studi su questi meccanismi psichici,
definita "metodo della doppia stimolazione" ed elaborata insieme a
Leontev. nella discussione emerge come Vygotskij che opera nei primi decenni del
Novecento in russia, fa proprie le idee della filosofia marxista ed elabora, a partire da
questa, la sua teoria "storicoculturale" dello sviluppo psichico. Egli
muore molto giovane, nel 1934, alletà di trentotto anni e le sue opere,
alcune pubblicate postume, hanno larga diffusione in europa e in america solo negli anni
Sessanta, a causa dellostilità del regime sovietico. Per Vygotskij, così come
lattività delluomo, se mediata dagli artefatti materiali, assume una forma
superiore sociale e organizzata, anche le funzioni psichiche, nel corso dello sviluppo,
diventano superiori attraverso la funzione mediatrice degli "strumenti di produzione
intellettuale", passando da un piano biologico ad un piano culturale e permettendo il
controllo del comportamento. La Veggetti tratta così in modo molto approfondito il tema
vygotkiano della mediazione semiotica e illustra, in modo altrettanto analitico, come lo
studioso indaghi sia i complessi rapporti tra due funzioni indipendenti ma interconnesse,
il pensiero e il linguaggio, attraverso lanalisi del significato della parola, sia
gli altrettanto complicati legami tra apprendimento e sviluppo, introducendo il concetto
di "zona di sviluppo prossimale", un costrutto dalle interessanti implicazioni
pedagogiche. Riferendosi allopera dellautore di Pensiero e linguaggio,
la veggetti, nella trattazione, da largo spazio alle critiche che vygotskij stesso avanza
verso coloro che a suo parere avevano analizzato in modo inappropriato i nessi tra il
pensiero e il linguaggio e a quelle mosse ai concetti piagettiani di pensiero e linguaggio
egocentrici. Lo psicologo russo oppone a tali concezioni la sua tesi sul significato
evolutivo del linguaggio egocentrico e la sua visione della socialità intrinseca nel
bambino il quale, nel corso dello sviluppo, tramite il processo dinteriorizzazione
dellinterazione sociale, procede verso la propria individualizzazione. Nello stesso
ambito si fa riferimento anche alla metodologia per "unità relazionalmente
semplici" che Vygotkij utilizza per studiare i nessi tra pensiero e linguaggio,
basandosi sullanalisi dellunità più piccola che mantiene le proprietà
dellinsieme, che nel caso specifico di questo tema, è la parola. In modo molto
dettagliato viene trattato anche largomento relativo alla costruzione dei concetti
con unanalisi approfondita di tutte le tappe percorse dal bambino durante lo
sviluppo: la fase del sincretismo, i differenti complessi, lo pseudoconcetto fino ad
arrivare al concetto vero e proprio. Viene inoltre approfondita la tematica della
differenza tra i concetti scientifici e quelli spontanei, i loro rapporti e le
implicazioni con sviluppo e apprendimento. Il quarto e ultimo saggio si differenzia negli
intenti dagli altri in quanto Davydov, dopo aver esplicitato solo brevemente i concetti
fondamentali della teoria storico-culturale e illustrato la teoria dellattività
ripercorrendone i vari sviluppi nel corso del tempo, si pone come obiettivo primario
quello di individuare i punti di contatto tra queste due concezioni che per troppo tempo,
nella psicologia sovietica, si sono sviluppate separatamente, per poi trarre dalla loro
unificazione, interessanti spunti per la ricerca futura, favorendo così ulteriori
sviluppi relativi al concetto di attività alla luce dei legami con la comunicazione, il
dialogo, i sistemi semiotici.
La
seconda parte del testo, costituita da tre saggi, è dedicata interamente a Piaget. Nel
primo contributo, Paolo Valentini, oltre a parlare della formazione e della collocazione
culturale dello studioso ginevrino, analizza dettagliatamente la sua impostazione
metodologica, con riferimenti alle specifiche ricerche condotte e alle opere che le
contengono. La trattazione continua poi con la descrizione dei principi fondamentali della
mente umana, del suo funzionamento e lanalisi del suo sviluppo. Come sottolinea
valentini, Piaget diversamente da Vygotskij, vive in svizzera in un ambiente abbastanza
distante dai fermenti politici dellepoca, ed occupa la scena mondiale dai primi anni
del Novecento fino agli anni Settanta. Egli ha lasciato in eredità una produzione
cospicua e molto preziosa dal punto di vista euristico, che riflette levoluzione del
suo pensiero caratterizzato da una formazione multidisciplinare spaziando dalla biologia,
allepistemologia, alla matematica, alla fisica e alla psicologia, e che contiene le
rivisitazioni e le rielaborazioni di alcuni aspetti, anche alla luce delle critiche
avanzategli. Piaget definisce lo sviluppo cognitivo una forma specifica di adattamento
dellindividuo alla realtà e lo analizza utilizzando il metodo
dellosservazione guidata nella prima infanzia, il metodo clinico nelle fasi di
sviluppo che seguono la comparsa del linguaggio e quello critico che prevede, accanto al
colloquio, linserimento del bambino in una situazione sperimentale di soluzione di
compiti. La crescita mentale è intesa come un processo nel quale il soggetto,
attraversando diversi stadi di sviluppo, costruisce differenti forme di conoscenza, che
egli chiama strutture o schemi e che descrive in termini logico-matematici. tali
strutture, come illustra dettagliatamente Valentini, emergono come prodotto del
funzionamento di meccanismi invarianti e universali di organizzazione e
assimilazione-accomodamento e sulla base di principi interni, altrettanto generali, come
lequilibrazione maggiorante. La concezione stadiale è trattata ampiamente nel
secondo contributo di questa sezione dallo stesso Valentini insieme a Maria Anna
Tallandini. I due studiosi, dopo aver chiarito i criteri fondamentali che secondo piaget
definiscono il concetto di stadio, approfondiscono ciascuno dei grandi periodi di sviluppo
ipotizzati dallautore : sensomotorio; preoperatorio; operatorio concreto; operatorio
formale. In modo molto esauriente, vengono dunque illustrati, gli schemi, le strategie e
le operazioni che caratterizzano il pensiero del bambino in ogni specifico periodo di
crescita. Valentini e Tallandini, nello stesso ambito, trattano poi laspetto più
criticato della teoria piagettiana, il concetto di décalage. Se dunque, nei
contributi precedenti, lintenzione è stata quella di presentare il modello teorico
di piaget descrivendo i meccanismi mentali e spiegandone il funzionamento,
nellultimo saggio di Gabriele Di Stefano e Antonio Donghi, si cerca invece di
chiarire il modello interpretativo dello sviluppo che piaget propone nelle ultime sue
riflessioni. In particolare viene spiegato il processo di equilibrazione come motore dello
sviluppo, la comparsa di nuove abilità nel soggetto e la genesi delle strutture, alla
luce delle ricerche compiute sulla presa di coscienza, sulla causalità e sulla
contraddizione. Se Vygotskij considera la conoscenza come storica e situata, la direzione
dello sviluppo del pensiero come passaggio dallesterno allinterno, cioè da
una dimensione sociale ad una interiore, piaget, al contrario, sostiene che la conoscenza,
derivando da costruzioni successive ed elaborazioni di nuove strutture, è universale,
acontestuale, logico formale, e che il pensiero del bambino passa dallautismo alla
logica, diventando in tal modo sociale. Partendo da premesse così divergenti, i due
autori, giungono a conclusioni diverse anche relativamente alle strategie pedagogiche
proposte: se Vygotskij ritiene necessarie la collaborazione e linterazione tra il
bambino e ladulto competente, al fine di far emergere quelle capacità che da solo
il discente non dimostra, piaget, sottolineando il carattere individuale
dellapprendimento, ritiene necessario fornire al bambino un contesto ricco di
stimoli dove poter esercitare i suoi schemi.
La
teoria bruneriana dello sviluppo cognitivo è presentata nella terza parte del volume
tramite le elaborazioni di diversi studiosi che, partendo da prospettive di indagine
differenti, centrano diversi aspetti del pensiero dello studioso statunitense. Tuttavia i
tre contributi sono profondamente legati, in quanto ciascuno, rifacendosi alla metafora
del viaggio verso la mente e allerranza dellautore che lui stesso si
attribuisce, ripercorre una delle tappe che caratterizzano tale percorso. Mario Groppo,
Giuseppe Scaratti e Veronica Ornaghi, nel primo saggio, come sottolineato nel titolo
stesso, esaminano la formazione, le influenze culturali, le opere del primo Bruner,
approfondendo, in particolare, tre nuclei tematici: la percezione, il pensiero, la
cultura. Bruner, che ha sempre vissuto negli Stati Uniti, ha iniziato a scrivere dopo la
seconda guerra mondiale, nel periodo in cui la psicologia ufficiale americana era dominata
dal comportamentismo. Tuttavia la sua iniziale formazione universitaria di stampo
behaviorista sarà destinata a modificarsi negli anni a seguito delle influenze della
psicologia della Gestalt e del movimento del new look prima, e dai nuovi
interessi emergenti per i processi di pensiero e lincontro delle teorie di piaget e
di vygotskij in seguito. Questi nuovi fermenti intellettuali spingeranno Bruner verso una
reinterpretazione dei processi percettivi come mediati dai valori e dalle credenze del
soggetto e verso un crescente interesse per i processi cognitivi: lopera del 1956, Il
pensiero. Strategie e categorie, imperniata sullo sviluppo dei concetti, è la
testimonianza della svolta verso il pensiero. Nel volume curato da Olga Liverta Sempio
viene dato inoltre largo spazio anche alla presentazione dei due scritti del 66, Lo
sviluppo cognitivo e Verso una teoria dellistruzione, dove Bruner,
profondamente influenzato da Vygotskij, espone rispettivamente la prima teoria sui sistemi
di rappresentazione delle conoscenze e le prime concezioni pedagogiche, basate sul
concetto che ogni conoscenza può essere assimilata a qualsiasi età, purché impartita in
forma adeguata. Il nascente interesse, in questo periodo, per la cultura e per
lacquisizione del linguaggio, determineranno dunque il definitivo approdo alla
dimensione narrativa e culturale che caratterizza lultima teorizzazione bruneriana.
Il secondo contributo, di luigi anolli, tratta, in modo specifico, le considerazioni di
bruner relative allo sviluppo del linguaggio, tema che, dopo il viaggio dellautore
ad oxford nel 72, diventa centrale nelle sue opere. Anolli presenta in modo
esaustivo lapproccio interazionista di bruner sottolineando come questo consideri lo
sviluppo linguistico come fenomeno sociale e culturale, frutto dellinterazione del
bambino con la madre, allinterno dei format. Vengono analizzate
dettagliatamente sia la continuità che lautore ipotizza tra comunicazione
prelinguistica e prime manifestazioni linguistiche sia la comunicazione narrativa. Il
terzo ed ultimo contributo, di Giuseppe scaratti e Ilaria grazzani gavazzi, tratta gli
aspetti più recenti della riflessione bruneriana. Gli autori delineano i nuclei
fondamentali della sua psicologia culturale: la ricerca del significato, la narrazione
come modalità di accesso ad esso e le transazioni come tessuto in cui tutto ciò avviene;
viene sottolineata limportanza della formazione multidisciplinare dellautore,
individuando le influenze delle diverse discipline a cui si egli si è avvicinato. Da
questo saggio il lettore può ben comprendere come per Bruner lo sviluppo dei processi
mentali consista in cambiamenti nel modo di rappresentare ed interpretare il mondo, gli
altri e se stessi; come lo psicologo statunitense insista sul rapporto circolare tra mente
e cultura (la prima crea la seconda e nello stesso tempo è modellata da essa), oltre che
sul ruolo determinante del contesto e delle transazioni nello sviluppo. È una
caratteristica peculiare delluomo essere immerso in un universo simbolico i cui
significati sono continuamente negoziati nei processi interattivi. Laccesso al
significato è possibile grazie a modalità di pensiero, come la narrazione, volte ad
interpretare più che a spiegare le azioni e le intenzioni umane. Nel saggio non mancano
neanche cenni alla metodologia dindagine bruneriana caratterizzata dalluso di
autobiografie, narrazioni, racconti, strumenti dunque, che permettono di individuare,
nella specificità dei contesti culturali, le costruzioni e interpretazioni che il
soggetto da di sé e del mondo. Vengono in ultimo trattate le considerazioni di Bruner
relativamente al processo educativo, con riferimento al rapporto tra psicologia e
pedagogia popolari, alle ripercussioni di queste ultime sui processi di
insegnamento-apprendimento e ai possibili interventi da effettuare. |