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Lamberto Borghi pedagogista laico e democratico
di Giacomo Cives |
Per
una singolare coincidenza subito dopo la pubblicazione a cura di Goffredo Fofi de La
città e la scuola (Milano, Elèuthera, 2000), una succinta ma ben calibrata antologia
di scritti di Lamberto Borghi, Borghi è scomparso, alla fine del 2000. Felice e opportuna
la pubblicazione, che ora assume anche un particolare accento celebrativo, per non
dimenticare un pedagogista che è stato senza dubbio la figura più autorevole delle
scienze delleducazione del dopoguerra in Italia, e non solo di quelle a orientamento
laico, con notevole rilievo anche fuori dItalia.
Nato
a Livorno nel 1907, partito studiando alla Facoltà di Lettere e Filosofia
nellUniversità di Pisa con ricerche di storia della filosofia e della cultura,
particolarmente relative allUmanesimo, come ebreo fu costretto dalle inique leggi
fasciste "per la difesa della razza" del 1938 a trasferirsi in America, ove
conobbe collaborando con loro nelle Università degli Stati Uniti tra gli altri Salvemini,
Lionello Venturi, Cassirer, De Santillana, Kallen. Ebbe modo qui di incontrarsi con Dewey,
allo studio e allo sviluppo delle cui idee restò poi fedele per tutta la vita. Tornato
nellItalia liberata nel 1948, spostò ormai del tutto i suoi interessi sulla
pedagogia e le scienze delleducazione, conseguendo la libera docenza in pedagogia
nel 1949 e insegnando pedagogia per incarico nellUniversità di Pisa, poi a ruolo in
quelle di Palermo, di Torino e di Firenze (qui dal 1954 al 1982).
Succedendo
nellinsegnamento a Ernesto Codignola, Borghi è stato lispiratore e il punto
di riferimento della pedagogia laica e democratica, combattendo ogni tipo di conformismo e
opportunismo e respingendo ogni genere di autoritarismo, di prevaricazione, di fanatismo,
pur sempre con attenzione e rispetto per le varie posizioni, anche se non condivise, se
nutrite di serietà e originalità.
Non
a caso amico di Guido Calogero e Aldo Capitini, e vicino al loro liberalsocialismo e
spirito libero religioso, Borghi è rimasto per tutta la vita legato allinsegnamento
di Dewey, che ha continuato a far conoscere e commentare fino alla morte, per la
promozione attiva della mediazione tra individuo e società, allinsegna della
libertà e della collaborazione. Ma anche in ciò non dimenticava il suo spirito critico
distintivo: e nella sua fedeltà di fondo allispirazione libertaria, per cui era
stato vicino tra gli altri a Armando Borghi e a Andrea Caffi, osservava che qualche volta
anche Dewey aveva messo tra parentesi il valore dellindividuo, che per Lamberto
Borghi era il valore irriducibile e fondamentale, a vantaggio di quello del gruppo, invece
da continuamente mediare con equilibrio con il singolo. Da qui, con Cattaneo, e in realtà
con lo stesso Dewey, lapprezzamento dellautonomia e dellautogoverno
delle piccole comunità, ove la presenza dellindividuo è più identificabile, che
non lesaltazione dei grandi conglomerati (si pensi al limite al proposito dello
Stato etico), in cui la minaccia della spersonalizzazione e del conformismo è più forte.
Borghi
è stato, dopo Ernesto Codignola, il coordinatore della cosiddetta "scuola di
Firenze", quella dei Visalberghi, De Bartolomeis, Laporta, Santoni Rugiu, Tornatore e
altri, direttore della rivista "Scuola e Città" (dal 1965 al 1972) e per vari
anni della storica collana de La Nuova Italia "Educatori antichi e moderni".
Numerose sono state le sue cariche in associazioni italiane e internazionali.
I
suoi scritti numerosi (Borghi è sempre stato di grande operosità) hanno riguardato la
storia della pedagogia, la pedagogia generale e la filosofia delleducazione, la
didattica attivistica, la pedagogia empirica, la psicologia e sociologia
delleducazione. Ma centrale è stata la battaglia per promuovere una visione non
mistificata e antiretorica della storia della nostra società e della nostra scuola, per
sviluppare uneducazione attiva e progressiva che saldi libertà di ciascuno,
cooperazione democratica, difesa e rinnovamento della scuola di tutti, per realizzare
forme di educazione antiautoritaria che combattano fin dalla nascita nellambiente
decisivo della famiglia linculcazione di sordi condizionamenti e pregiudizi e il
dominio di una chiusa e sopraffattrice società di adulti egoisti e senza creatività.
Al
centro di tutta questopera è il capolavoro di Borghi, una vera e propria antistoria
relativa al nostro paese contemporaneo scritta, comè stato detto, in chiave
salveminiana e contro adulterazioni retoriche, opera che dovrebbero conoscere non solo i
pedagogisti (che invece la stanno già dimenticando), Educazione e autorità
nellItalia moderna, edita nel 1951 sempre da La Nuova Italia. Una continuazione
ideale, costituita dalla raccolta di saggi puntuali, anche se non sempre dello stesso
respiro, è stata Educazione e scuola nellItalia doggi, pure edita da
la Nuova Italia ma nel 1958.
Assiduo
e di grande rilievo lo studio di Dewey, che Borghi ha promosso in Italia con simpatia e
originalità. Si possono ricordare qui soprattutto John Dewey e il pensiero pedagogico
contemporaneo negli Stati Uniti e Lideale educativo di John Dewey,
pubblicati a Firenze da La Nuova Italia nel 1951 e 1955. Sempre per La Nuova Italia nel
1954 Borghi curò con una bella introduzione una riuscita antologia di scritti di Dewey, Il
mio credo pedagogico, che ha molto contribuito alla conoscenza dellautore di Democrazia
e educazione tra gli insegnanti.
Altri
impegnati scritti di Borghi, anche questi editi da La Nuova Italia, furono dedicati alla
diffusione dei metodi attivi nella scuola del dopoguerra: da Il fondamento della scuola
attiva del 1952 a Il metodo dei progetti del 1953. Succinto ma organico quadro
divulgativo delle esigenze del rinnovamento delleducazione odierna è stato il
libretto, molto orientativo per i maestri, Leducazione e i suoi problemi del
1953. Senza soffermarsi sulle tante opere di Borghi, concluderemo ricordando il suo
"canto del cigno" apparso quando aveva 85 anni, cioè nel 1992, Educare alla
libertà. Sono qui raccolti saggi su studiosi e educatori che in tutta la loro vita
hanno manifestato forte impegno per esaltare e realizzare la libertà culturale, civile e
educativa delluomo: da Tolstoj a Kropotkin, da Erasmo a Giordano Bruno, da Rogers a
Marcuse e a Dewey.
Borghi
ha saputo unire la dignità del discorso scientifico e storico-culturale
sulleducare, di alto livello accademico e non provinciale, alla coerente militanza
civile e educativa, come dicevamo, per una formazione autenticamente democratica senza
cedere alle contrastanti ideologie unilaterali, insieme però senza sottrarsi al dialogo.
Basti pensare alle sue analisi simpatetiche e ricche di ammirazione per vari aspetti dello
stesso pensiero di Gramsci, o a certi franchi e insieme sensibili interventi a convegni
interculturali indetti dai Salesiani.
Ma
Borghi, attento alla problematicità, non mancava di aggiungere che lintenzione di
Gramsci di conciliare loriginalità dellindividuale nellorganicità del
sociale era una "risoluzione non completa", e quellassunto era
"unimpresa tragica e disperata", e con Garosci scriveva (in unepoca
di sostanziale egemonia marxista) che Gramsci era "una figura profondamente
contraddittoria", al tempo stesso "totalitaria" e "liberale" (qui
"nella sua vivida concezione delle varietà delle influenze in gioco"). Quanto
alla Chiesa cattolica e alla sua concezione educativa la sua affermazione di voler
tutelare "il principio dellautonomia della coscienza individuale" gli
appariva poi risolta tutta "a beneficio dellautorità della Chiesa, della sua
guida e del suo controllo". Anche qui una contraddizione profonda, rilevata da
Borghi. "Mentre quindi si vede chiaramente lo sforzo della dottrina cattolica di
fondare su stabili assisi la coscienza individuale e la persona umana, laffermazione
che essa non si formi nella sua integrità alla perfezione morale che le compete senza che
vi penetri il sacerdote e con esso lautorità della Chiesa rende vacillante quella
base che prima si era costruita" (cfr. L. Borghi, Educazione e scuola
nellItalia doggi, Firenze, La Nuova Italia, 1958, pp. 238-239 e 220-221).
Dunque
una ricca e complessa problematica quella svolta da Borghi nella sua vita. Di cui era
certo difficile dare unidea appropriata e completa in una antologia di circa 200
pagine di piccolo formato, come quella de La città e la scuola da cui abbiamo
preso le mosse. Ma date per scontate le necessarie scelte e omissioni, il libro come
dicevamo allinizio è felicemente strutturato, includendo pagine sul rapporto per la
concezione del lavoro tra il socialismo utopistico di Fourier e il marxismo di Gramsci,
sulla figura dellanarchico Caffi, di cui si era già occupato in Educazione e
autorità nellItalia moderna, capitolo finale su "La Resistenza",
sullamato Dewey di cui in un felice saggio organico si afferma tra laltro come
in lui sia basilare "il criterio attivo e costruttivo dellapprendere e
dellinsegnare", uno degli "aspetti fondamentali delleducazione
nuova". E ancora - per quanto riguarda "I maestri" - sono inclusi un saggio
su Capitini e uno su Korczak.
La
seconda parte dei testi di Borghi inclusi in La città e la scuola, dal titolo
"La città", riguarda problemi distintivi dello studioso: il valore
dellautonomia con forte riferimento a Cattaneo e a Dewey; il rapporto tra scuola e
società, con una importante e storica discussione con Salvemini sulla possibilità di
educare a una società libera futura, mentre conterebbe promuovere personalità critiche
al presente; il carattere e il senso delleducazione laica, strettamente collegata
alleducazione attiva, alle iniziative dal basso, alla liberazione
dellindividuo e alla promozione della democrazia; i danni del pregiudizio, dalla
denuncia di Voltaire a quella di Allport e della scuola di Francoforte circa la
"personalità autoritaria" prodotta fin dallinfanzia da certi rapporti di
famiglia, e le forme della sua possibile prevenzione e terapia nelleducazione;
lesigenza delleducazione ebraica di coltivare la tradizione e insieme di
aprirsi al mondo e alla pluralità; le spinte emancipatrici verso la democrazia
universitaria e quella sociale del movimento del 1968; il carattere delleducazione
integrale libertaria secondo Tolstoj, particolarmente realizzabile nelle piccole
comunità.
Come
si vede i temi sono importanti e significativi e danno il senso di vari sviluppi del
pensiero di Borghi. Circa il quale il curatore Goffredo Fofi, noto critico cinematografico
e letterario, che ha così ben raccolti questi scritti, si sofferma nella
"Prefazione" su un indirizzo pedagogico degli insegnanti che ha battuto più
positivamente sul metodo educativo, dietro cui "era una visione del mondo
antiautoritaria e decentrata" portato avanti dai gruppi raccolti intorno a
"Scuola e Città" di Borghi e "Cooperazione educativa", su un altro
che ha insistito sui contenuti, di cui una ripresa vi è stata con la
Contestazione, e di un altro ancora attuale che batte sulle tecniche, ma di tipo
appunto tecnologico e impersonale e non del genere di quelle artigianali di Freinet.
Mentre nelle due prime posizioni vi era variamente passione e tensione culturale e civile,
in quella dominante oggi vi è appiattimento, mero efficientismo e gerarchizzazione.
Questo
panorama è forse un po semplificato (basti pensare allarticolazione del
dibattito che vi è stato circa il rapporto metodi - contenuti) ma è sostanzialmente
giusto. Anche se certo molte altre riflessioni possono essere stimolate dalla lettura
pedagogica di Borghi.
Sulla
ricca articolazione del suo pensiero è ben consapevole del resto anche Fofi quando scrive
(pp.14-15): "Si avvertono nel pensiero di Borghi molte componenti: lorigine
ebraica e le conseguenti persecuzioni e fughe, le simpatie anarchiche e lamicizia di
Caffi e Chiaromonte, il magistero teorico di Dewey pensatore della politica quanto della
pedagogia e le due strettamente connesse, lamicizia (e talora il conflitto) con il
laico Salvemini, lamicizia piena con il nonviolento Capitini, il rapporto quotidiano
e diretto con i maestri di scuola di base di 'Scuola e Città' o del CEIS di Rimini o del
MCE, lattività di insegnante universitario formatore di nuovi maestri e nuovi
educatori nella temperie del dopoguerra, lassoluta serietà dello storico che si fa
forte del rispetto per le idee altrui studiate e presentate con il massimo di attenzione e
dellassenza altrettanto assoluta di enfasi propagandistica sulle proprie idee e per
la propria parte".
E
Fofi molto giustamente aggiunge a conclusione (p.15): "Con Borghi e con i suoi
scritti bisogna tornare a fare i conti e da essi bisogna ripartire, allargandosi e
aprendosi agli stimoli di cui essi si sono nutriti e al pensiero di altri maestri e
educatori del suo stampo, quelli stessi da cui egli ha imparato o con i quali ha saputo
incontrarsi".
Ecco,
sorge qui lauspicio che anche per merito de La città e la scuola
linteresse per Borghi venga allargato, e nel caso più ampie antologie dei suoi
scritti vengano aggiunte, magari distintamente per lo storico della pedagogia e il teorico
delleducazione e delle scuole, e che venga preparata anche una monografia sulla sua
opera e la sua riflessione. Chi scrive crede che ne valga veramente la pena. E ciò
sostiene non solo per lantica reverenza nutrita nei riguardi di Borghi e per il
reciproco affetto che lha unito a lui. Studiare, comprendere, approfondire il
pensiero di Borghi significa in realtà acquistare il senso della viva proposta educativa
laica, attivistica, liberatrice, democratica della metà di questo secolo e
particolarmente degli anni 50-60 in Italia e confrontarsi con un modello
formativo di grande livello e di forte tensione civile, che potrà forse giovare a
svegliarci (e qui ha ragione Fofi) dallattuale stato di intorpidimento e disimpegno,
e non solo in rapporto alleducazione. |