La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Integrazione scolastica: uno sguardo all’Europa.
di  Enzo Magazzini

2. La definizione di handicap

Prima di poter parlare di integrazione è opportuno soffermarsi sulle varie terminologie che spesso vengono utilizzate in maniera errata per designare il soggetto disabile. Andrea Canevaro sostiene che "l'uso dell'espressione portatore di handicap è sbagliata in quanto denota una nostra confusione mentale dovuta a bontà d'animo (…) handicap vuol dire svantaggio, l'individuo non porta uno svantaggio bensì dei limiti che non saranno rimossi, ma gli handicap, gli svantaggi sono riducibili; una persona in carrozzina che incontra degli scalini trova degli handicap che non ha portato lei; allora "portatore di cosa?" semmai trovatore di un qualcosa (…) l'handicap è relativamente a ciò che vi è attorno, non è quindi il singolo che porta."

Attualmente la terminologia più corretta da utilizzare è disabile o soggetto in situazione di handicap. La Legge Quadro sull’handicap n. 104 del 1992 all’art. 3 afferma: "E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale (…) che causa difficoltà (…) tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione." Altro punto fondamentale concerne l'uso indiscriminato e parificato dei due termini deficit ed handicap; la situazione di handicap, causata da una o più sensibilità, rappresenta l'insieme di tutti gli effetti negativi per la vita di una persona inserita in una comunità. Il deficit invece rappresenta l'elemento comune ad una particolare tipologia. Per esempio i soggetti Down hanno caratteristiche fisionomiche in comune (deficit)ma ogni soggetto Down è diverso da qualsiasi altro affetto dalla stessa malattia genetica (handicap) di conseguenza l'handicap rappresenta una condizione esclusivamente personale e soggettiva.

 

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