|
Integrazione scolastica: uno sguardo allEuropa.
di Enzo Magazzini |
5. Linserimento degli alunni disabili in alcuni paesi europei
Il
problema della tutela sociale dei soggetti disabili è ampiamente avvertito a livello dei
Paesi Comunitari. Significativo è il riconoscimento, sancito nella "Carta dei
diritti sociali fondamentali dei lavoratori" (1989), del dovere istituzionale di
tutelare le persone disabili e garantire la loro partecipazione a tutti gli aspetti della
vita sociale e professionale.
In
questo ambito rientra il diritto all'educazione ed all'istruzione che molti Paesi
dell'area comunitaria hanno regolamentato con una normativa specifica fin dagli anni '70 e
che ha avuto il suo sviluppo nel decennio successivo. La risposta, da parte delle
pubbliche istituzioni, alle esigenze dell'alunno disabile è relativa a due variabili: la
concezione dell'handicap ed il sistema scolastico.
In
genere si può notare che quanto più particolare e specialistica è la considerazione
della disabilità, tanto più settoriale e specifico è l'intervento. Inoltre le modalità
d'inserimento e/o integrazione dipendono anche dal decentramento delle competenze in
materia d'istruzione e dal ruolo delle scuole non statali nel contesto del sistema
pubblico. Le minorazioni che danno luogo alle disabilità e al riconoscimento
dell'handicap finalizzato agli interventi di sostegno per l'inserimento scolastico sono
sostanzialmente di cinque categorie: fisiche, psichiche, intellettive, comunicazionali,
sensoriali.
Ciascuna
di esse è articolata in difficoltà specifiche che vanno dall'unica denominazione
utilizzata nel Regno Unito alle nove dei Paesi Bassi.
Il
sistema d'inserimento è molto variegato e spesso soluzioni diverse coesistono, anche a
titolo sperimentale, nello stesso Paese.
Esse
possono essere così raggruppate:
1)
Educazione speciale completamente separata.
2)
Educazione speciale separata ma occasionalmente collegata con scuole comuni
(extrascolastiche).
3)
Classi speciali in scuole comuni.
4)
Inserimento di alunni disabili in classi comuni.
Premesso
che i sistemi non sono assolutamente rigidi, l'educazione speciale separata è
prevalentemente praticata in Belgio, con otto tipi di scuole relative ad altrettante
tipologie di handicap, in Germania con dieci tipi di scuole e Paesi Bassi con quindici
tipi. Comunque sia in Germania la situazione non è la stessa per i diversi Lander; a
Berlino esistono esperienze di alcuni disabili inseriti in classi comuni.
Nel
Regno Unito, Francia, Danimarca il sistema è di tipo misto: accanto a scuole speciali
esistono classi speciali in scuole comuni ed inserimento individuale in classi normali. La
dizione usata in Gran Bretagna per l'individuazione dell'handicap ("special
educational needs") comprende un'ampia casistica ed è indicativa dell'attenzione che
è posta nei confronti della diversità intesa in senso lato non solo come disabilità ma
"espressione di bisogni particolari".
In
essa è implicito il concetto della "individualizzazione" dell'insegnamento
riconosciuto anche dalla normativa scolastica italiana. In Danimarca la gestione è
municipalizzata e, quindi, localmente diversificata. In Spagna in Italia l'educazione
speciale; la è fortemente ridotta; la normativa spagnola più recente "Ley de
integracion social munisvalidos" 1982 prevede, accanto a scuole e classi speciali, il
progressivo inserimento individuale assistito in scuole particolarmente attrezzate.
Particolarmente impegnata in questo settore è la regione Basca che ha istituito numerosi
"centri di risorse".
In
Grecia e Portogallo l'educazione speciale è molto limitata e l'inserimento individuale in
classi comuni, autorizzato dalla normativa, è largamente praticato con una riduzione
anche se non è adeguatamente supportato, infatti, in Grecia non sono previsti docenti di
sostegno.
In
generale si può affermare che l'inserimento dei disabili meno gravi nelle classi comuni
si va progressivamente affermando in tutti i Paesi dell'Unione in parallelo con una
riduzione dell'educazione speciale separata. Quasi tutti i Paesi prevedono la presenza di
insegnanti specializzati e/o équipe multidisciplinari.
Diversa
però è la concezione dell'handicap e la risposta ai bisogni espressi dai casi più
gravi. La concezione prevalente è quella di offrire risposte diversificate ad esigenze
particolari da parte della medesima istituzione scolastica. Il che presuppone:
- Una
considerazione allargata dell'handicap come "espressione dei bisogni speciali"
- La
generalizzazione del principio dell'individualizzazione per tutti gli alunni
- La
convinzione che l'integrazione, come occasione di conoscenza, di confronto e di rispetto
tra "diversi", costituisce un'opportunità educativa per tutti.
- La
convinzione che l'azione pedagogico-didattica non può limitarsi ad analizzare le
difficoltà ma deve individuare e sviluppare le potenzialità.
Da
un'analisi storica localizzata sui movimenti e sull'avvio dei processi di integrazione, si
nota che essi sono sfociati in modo molto diversificato nei vari Paesi, in Italia
nell'educazione nella scuola ordinaria con lo smantellamento delle scuole speciali e delle
classi differenziali, in Belgio nel mantenimento dell'educazione speciale con
l'organizzazione di sistemi scolastici paralleli, in Francia sotto forma di integrazione
collettiva e classi speciali integrate (CLIS), in Inghilterra con la trasformazione dei
Curriculum e la creazione di un codice di pratica, in Spagna in "centros de
integraziòn" e gli adattamenti dei curriculum.
Nell'ambito
dei programmi d'azione comunitaria, il Consiglio dell'Unione Europea ha varato, nel 1993,
un programma quadriennale volto alla promozione e allo sviluppo dell'integrazione delle
persone disabili denominato Elios II.
Il
programma prevedeva attività di scambio ed informazioni tra i vari Paesi con l'obiettivo
di individuare i modelli di azione più efficaci. I partecipanti al progetto, divisi per
gruppi tematici hanno effettuato numerose visite di studio ed organizzato dei seminari di
sintesi nazionale; i gruppi si sono occupati di quattro aspetti;: riabilitazione
funzionale, istruzione, integrazione economica, integrazione sociale.
Le
conclusioni del Programma hanno portato nel 1996 alla redazione della Carta di Lussemburgo
che costituisce una summa di quanto è stato elaborato e prodotto nel corso del programma
ed al tempo stesso un punto di riferimento per rendere più omogenea, a livello europeo,
la normativa e la prassi in materia di integrazione scolastica.
La
Carta si basa sulle esperienze condotte nei Paesi membri per cogliere quelle più
significative ed efficaci, esplicitare i principi su cui si fondano e le strategie
d'azione. Questa dimostrazione "esperienziale" conferisce concretezza
alla Carta. E' interessante, innanzi tutto, rilevare che il concetto di handicap è inteso
in senso lato, non come una difficoltà conseguente ad una minorazione ma come espressione
di "bisogni speciali" a cui rispondere in maniera individualizzata. Il disabile
è soggetto di diritti in quanto persona ma la peculiarità della sua condizione comporta
particolari strategie per assecondarne lo sviluppo. La Carta insiste su un "approccio
educativo globale", sulla necessità di coinvolgere i genitori e tutti gli operatori,
sollecita il coordinamento delle iniziative. A tale proposito auspica "terminologia
comune", importante per favorire l'intesa e l'l'unitarietà degli interventi, propone
l'istituzione di una figura professionale specifica che funga da coordinatore soprattutto
nelle fasi di passaggio da un grado all'altro dell'istruzione scolastica. Più volte la
Carta sottolinea la necessità di inserire gli alunni che presentano bisogni specifici in
ambienti ordinari, in scuole comuni ed invita i governi dei Paesi che adottano sistemi
educativi speciali separati, a adeguare la legislazione. Ma ciò non basta se non si
rendono disponibili adeguate risorse che ne consentono l'applicazione.
E'
da rilevare, infine, tra le proposte, la sensibilizzazione dell'opinione pubblica per
favorire un cambiamento un cambiamento di mentalità della diversità. Si tratta di un
fattore molto importante per l'abbattimento di tutte le barriere e la creazione di un
contesto migliore per l'inserimento. Qualunque intervento sarebbe inefficiente se permane
un atteggiamento "separatista"; il che non equivale ad ignorare o cancellare la
diversità ma ad accettarla come una variabile di cui bisogna tener conto e che richiede
particolari accorgimenti e provvedimenti. |