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Guido Antonio Marcati. Una vita per la scuola e per i maestri
di Michele Monaco |
5. Capitolo IV. Educatore e organizzatore della classe magistrale.
5.1 Lattività rivendicativa dei maestri fino al 1884.
Quando
il Marcati lanciò il Risveglio Educativo (21 settembre 1884), i maestri italiani
si trovavano in grave stato di sconforto, ma già avevano dietro di sè un lungo ed
interessante periodo di lotte, ben note certo al giovane e ardente pubblicista. Ne diamo,
qui di seguito, un breve cenno.
In
Torino già nel 1853 era stata fondata la Società di istruzione, educazione e mutuo
soccorso fra gli insegnanti. Questa società erogava piccole pensioni, sussidi per
malattia e per esigenze varie. Ma oltre allassistenza materiale, promuoveva il
miglioramento culturale e professionale dei maestri. Con il suo bollettino,
LAmico dei maestri e con le adunanze annuali contribuì ad intessere rapporti di
conoscenza e di amicizia fra i maestri italiani.
Nel
1857 fu fondato in Milano LIstituto di mutuo soccorso fra glIstruttori.
Suo organo di stampa fu lEducatore Lombardo, che poi prese il titolo di Educatore
Italiano. Accolse anche alcuni professori e svolse, sempre su scala nazionale,
unattività simile a quella della Società di Torino, pur non raggiungendo lo stesso
sviluppo.
Nel
1860 fu fondata, anche a Milano, la Società Pedagogica Italiana, che tenne, nel
corso di venti anni, undici congressi nazionali. A questi congressi, tenuti di volta in
volta in una grande città dItalia, parteciparono centinaia, e spesso oltre un
migliaio di maestri, direttori, ispettori, professori e pedagogisti. In tali congressi
furono discusse in prevalenza questioni generali di pedagogia e di politica scolastica. Ma
i maestri e le maestre, che a volte costituirono la maggioranza assoluta dei congressisti,
spinsero la società pedagogica verso interessi più concreti. Organo della Pedagogica fu Patria
e Famiglia.
Nelle
tre associazioni ricordate, che tenevano anche riunioni locali in preparazione di quelle
generali, i maestri mossero i primi passi sul terreno della solidarietà di classe e
dellorganizzazione delle loro forze su scala nazionale. Moltissimi sono, infatti, i
nomi che si incontrano nelle tre associazioni e , contemporaneamente, nelle società
magistrali e nella stampa scolastica.
E
bene ricordare che prima della nascita del Risveglio erano state fondate in varie
parti dItalia, ma con netta prevalenza al Nord, alcune centinaia di società
magistrali di mutuo soccorso, di istruzione e di resistenza. Molte di esse avevano esteso
la loro attività dallambito comunale a quello provinciale; alcune si erano perfino
associate su base regionale; non poche tenevano con sufficiente regolarità i loro
congressi per dibattere i problemi della scuola primaria e della categoria.
Nel
1880 era stata definitivamente costituita in Roma, lAssociazione Nazionale fra i
maestri dItalia. LAssociazione aveva Comitati in varie parti del
regno e aveva tenuto, prima del 1884, quattro congressi nazionali, rispettivamente a Roma
(1880), Milano (1881), Napoli (1882), di nuovo a Roma (1883). A tali congressi
intervennero molte centinaia di maestri, direttori e ispettori di tutta Italia, a titolo
personale o come rappresentanti dei comitati dellAssociazione, di altre società
magistrali e di giornali scolastici e politici. Organo di stampa dellAssociazione fu
LItalia pedagogica.
Insieme
con le attività delle associazioni, si svolgeva, a volte non meno interessante e vivace,
quella degli innumerevoli giornali scolastici, che nascevano, e spesso rapidamente
morivano, in ogni parte dItalia. Per mezzo di tali periodici, i pubblicisti
scolastici, quasi tutti maestri o ex maestri, non solo assicuravano ai loro colleghi un
valido aiuto culturale e didattico, ma facevano conoscere lattività delle società
magistrali e propagandavano lutilità e lurgenza di unirsi in associazioni di
categoria.
Oltre
alle attività delle associazioni i maestri presero frequenti iniziative saltuarie, comuni
o individuali, sulle più disparate questioni, come: riconoscimento della pensione di
riposo, pareggiamento degli stipendi fra maestri e maestre, stabilità del posto dopo tre
anni di lodevole servizio, obbligatorietà dellistruzione primaria in tutto il
paese.
5.2 Il Marcati entra in lotta.
Ma
la vasta attività delle forze magistrali dava ben scarsi risultati sul terreno concreto,
non solo per lobiettiva consistenza delle forze avverse, ma anche perché tale
attività si svolgeva in maniera discontinua e slegata. Per di più, i dirigenti delle
organizzazioni magistrali ed i pubblicisti scolastici, avendo ancora scarsa consapevolezza
dei propri compiti, si limitavano quasi sempre a presentare "voti" più che
rivendicazioni di diritti misconosciuti o conculcati.
Su
questa complessa situazione organizzativa si fermò lo sguardo del giovane Marcati, che ne
trasse insegnamenti e sollecitazioni quanto mai efficaci. I suoi obiettivi di lotta, in
questo specifico campo, erano ben precisi: - dare ai maestri, e indirettamente ai
periodici scolastici, il senso della dignità personale e del valore della loro missione;
- sviluppare nei maestri, nelle associazioni magistrali, nella stampa scolastica, il senso
di solidarietà di classe e una forte volontà di lotta; - creare le premesse per riunire
in una sola irresistibile organizzazione nazionale tutto il personale della scuola e le
società magistrali esistenti; - vincere il disinteresse della pubblica opinione per i
problemi dellistruzione popolare in modo da promuovere nel Paese e nel Parlamento
lorganizzazione di forze decise a sostenere lattività dei maestri.
Per
giungere a tanto il Marcati lottò con decisione e coraggio, e con straordinario senso di
concretezza, fino a quando non riuscì a tradurre il sogno in realtà. Già nel primo
numero del Risveglio Educativo (21 settembre 1884), sintetizzò con queste parole
il programma di lotta della sua rivista: "Raccogliamoci, uniamoci, studiamo e
combattiamo; combattiamo sempre. - La vittoria è femmina e cede ai pertinaci". Nè
si lasciò disarmare dalla "rassegnazione" di alcuni giornali didattici e dal
disinteresse di quelli politici, anzi riaffermò con fede ed energia il suo impegno:
"Lo sappiamo - scrisse sul Risveglio del 18 gennaio 1885 -, è impresa
difficile, e non scevra di noie, la nostra; ma al silenzio rassegnato del certosino, che
accetta e consacra quasi al cospetto del Paese le accuse lanciate alla scuola ed ai
maestri, noi preferiamo il grido di rivolta di Spartaco".
Il
Marcati rimase fedele allimpegno della prima ora, e sempre, accanto alla serena e
intensa attività culturale, fece riecheggiare il grido di rivolta, quel grido che riuscì
a dare ai maestri, nel corso di un ventennio, la consapevolezza dei propri diritti oltre
che dei propri doveri. Per di più la sua attività potè svolgersi sempre lineare e
coerente, perché già con la prima annata del Risveglio fu avviata con tale
chiarezza e perspicacia da non dover mai modificare, in seguito, gli obiettivi
prestabiliti.
5.3 Incitamenti ai maestri.
Ai
maestri parlò sempre il linguaggio della verità, senza adulazioni e senza demagogia, e
sempre li incitò alla lotta e allo studio per la conquista di una maggiore dignità per
sè e per la scuola. La sua azione si svolse capillare e tenace, in ogni numero del
giornale, cogliendo ogni occasione, anche la più insignificante, anche quella che meno
sembrava prestarsi allo scopo, per accendere lanimo dei maestri e conquistarli alla
lotta. Di tanto in tanto, peraltro, levava lo sguardo per abbracciare in una sintesi
feconda lintera situazione e per indicare i punti fermi di una lunga lotta, le
pietre miliari di un aspro cammino ancora tutto da percorrere.
La
sua parola, sempre calda e vivace, dava espressione ai sentimenti dei maestri e spesso li
preveniva. Seguiamolo brevemente nella sua opera di educatore dei maestri e di
organizzatore della classe magistrale. Potremo così vedere che i numerosi filoni della
sua attività concorsero, tutti, a rendere possibili le lotte per la scuola che i maestri
condussero nei primi anni del secolo sotto le insegne dellUnione magistrale
nazionale.
Il
Marcati chiamò i maestri alla lotta con un linguaggio nuovo e animato da uno spirito
aperto e giovanile: concretezza nellazione, massima energia nella legalità,
rivendicazione dei diritti come impegno doveroso dei maestri verso se stessi e verso la
scuola.
E
facilmente gli possiamo perdonare alcune ridondanze stilistiche, perché salivano da un
animo esacerbato da gravissime ingiustizie e violente polemiche; ma ancor più perché
davvero era necessario parlare chiaro e forte per dare coraggio ai maestri e per far
comprendere agli avversari di ogni sorta che la misura era colma e si doveva cambiare
registro.
Quando
uscì il Risveglio, si stava discutendo in Parlamento un disegno di legge sul
miglioramento della condizione degli insegnanti primari. Deputati e Senatori non gli
stavano rendendo una buona accoglienza; anzi non pochi sembravano smaniosi di cogliere
loccasione per lanciare roventi accuse contro i maestri. Il Marcati intervenne con
decisione, centrando perfettamente il problema. Ai maestri raccomandò di reagire con
"serietà, con dignità, senza chiassi, senza rumorosore ostentazioni", e in
pari tempo li esortò a migliorare la loro preparazione, per non più meritare tali accuse
(Il Risveglio del 21 settembre 1884); ai parlamentari e al Governo ricordò che la
loro irresponsabilità poteva aprire la via a violente reazioni e a gravi pericoli:
"Brutto gioco codesto scherno che uccide, brutto davvero, perché se dallanima
avvilita sorgeranno biechi e torbidi fantasmi, e a quelli sorrideremo... chi oserà ancora
gridarci il crucifige, chi oserà condannarci?" (Il Risveglio del 21-28
dicembre 1884).
In
questi brevi brani vediamo già adombrato il metodo di lotta che il Marcati intendeva
suggerire ai maestri e sul quale ritornò spesso coi suoi scritti. Sul Risveglio
dell11 ottobre 1885, ad esempio, con accorato tono di rimprovero ai maestri e con
minaccioso avvertimento ai parlamentari, scrisse: "Dopo venticinque anni ricalchiamo
ancora le orme del passato, vagheggiando idoli lontani, bruciando gran parte del nostro
incenso a idoli bugiardi che ci ricompensano chiamandoci ignoranti, poltroni e affamati.
Badate, o signori, la coda dasino di cui voi ci gratificate potrebbe nascondere la
coda del leone... Il leone è generoso..., ma anche feroce".
Discorso
chiaro, a doppio effetto: di incoraggiamento e di sprone ai maestri; di avvertimento ai
dirigenti politici. Ma in realtà, il Parlamento rimaneva indifferente e i maestri non
mostravano di saper reagire. Il Marcati ne prendeva atto, ma senza avvilirsi.
In
quanto al Parlamento, egli sapeva che non aveva quella che oggi chiamiamo la volontà
politica di risolvere il grave problema dellistruzione popolare. Eppure, solo
nel potere legislativo risiedeva la forza potenziale capace di modificare la situazione.
Per questo il Marcati incitò con perseverante tenacia - per mezzo del giornale, dei
maestri e della pubblica opinione - i deputati e i senatori ad assolvere i loro doveri
verso la scuola.
Già
mentre preparava il lancio del Risveglio, si era rivolto al ministro Coppino
"per avere la riconferma delle promesse da lui fatte alla Camera, salendo al
potere", e ne aveva avuto una incoraggiante risposta. Ma "purtroppo - scrisse
sul primo numero del Risveglio - sappiamo rompersi spesso le migliori intenzioni
dei Ministri, contro lirta muraglia che la noncuranza o meglio lavversione di
numerosi deputati ha eretta a Montecitorio". Per sciogliere lindifferenza del
Parlamento, il Marcati lottò a lungo, conseguendo apprezzabili risultati.
In
quanto ai maestri, affermava che solo una lunga e vivace attività della stampa scolastica
e delle società magistrali poteva richiamarli alla lotta e far risorgere in essi il senso
della dignità personale, perduta a causa degli "antichi e recenti sconforti",
delle "lunghe ansie dellattesa non mai soddisfatta".
"Lesercizio dei patimenti chiariva sul Risveglio del 28 settembre
1884 ha come fondato e sopito dentro a ciascun maestro quel primo uomo ch
egli era entrando nella scuola
A questa corrente, che fatalmente tenta
trascinarci, noi dobbiamo opporre, argine incrollabile, la costanza nei propositi e
lunità delle forze".
Da
queste premesse si svolse, coerente e sempre più intensa e incisiva, lattività del
Marcati per svegliare e mobilitare la categoria dei maestri. Egli si andò sempre più
convincendo che occorreva una organizzazione solida e permanente, che riunisse tutte le
forze magistrali e agisse con energia e coraggio: altro che petizioni, voti e preghiere!
Per questo ammirò sempre la capacità organizzativa degli operai ed esortò i maestri,
fin dal 1884, a seguirne lesempio (nelle forme di organizzazione è bene
precisare non nei modi di lotta).
Discutendosi,
nel 1888, il disegno di legge per la riforma del Monte Pensioni, scrisse sul Risveglio
dell 8 aprile: "Amici, non rimanete inoperosi. Per quanto possa essere
piccolissima la parte che spetta a ciascuno di noi, è grande però la responsabilità di
uninerzia della quale non si misurano i danni. Movetevi, parlate,
scrivete". Il 6 maggio incalzò con lucida intelligenza: "Pensino (i colleghi e
le società magistrali) che inutile è il senno di poi, cioè la censura delle leggi,
quando son leggi; ma che utilissima, efficace,è invece lagitazione nel periodo che
precede la discussione di dette leggi".
E
sempre il Marcati voleva che la lotta fosse condotta con concretezza, nelle forme di volta
in volta possibili e più efficaci, con energia e su un piano elevato. Esortando i maestri
a prodigarsi energicamente per mandare alla Camera il maggior numero possibile di deputati
amici della scuola, scrisse sul Risveglio del 12 novembre 1890 : "...agitatevi
come uomini liberi, come cittadini autorevoli, nell esercizio duno fra i più
importanti diritti vostri". In pari tempo, mentre ai maestri delle scuole rurali
raccomandava la massima prudenza, per non "tirarsi addosso le ire dei
superiori", con conseguente licenziamento e miseria; ai maestri tutti ricordava la
necessità di adottare metodi di lotta sempre più vivaci ed energici. "Le teorie
della pazienza e della prudenza, lodevolissime senza dubbio - scrisse sul Risveglio
del 9 aprile 1892 - debbono però essere oggi mutate in unazione legale ed efficace,
per quanto è possibile, pensando che chi saiuta Dio laiuta, e che i
miglioramenti non dobbiamo aspettarli; ma affrettarli - diremmo quasi imporli - per
ragioni di umanità e di giustizia".
Da
ciò si vede chiaramente che il Marcati considerava la lotta organizzata dei maestri come
il mezzo irrinunciabile, abbracciato dai più forti e capaci, per rivendicare i diritti
dellintera categoria e di tutta la scuola popolare. Per questo non si lasciò mai
trascinare da interessi settoriali, anzi fece di più, perché pose come principale
obiettivo di lotta il miglioramento della scuola rurale e della condizione dei colleghi
più bisognosi e più deboli. Si lottava, ad esempio per lavocazione delle scuole
allo Stato, e non pochi denunciavano i danni che ne sarebbero venuti ai maestri delle
grandi città. Il Marcati, sereno e convincente, rispondeva: "Ma dato e non concesso
che qualche svantaggio dovesse ad essi venire dallavocazione, quanti vantaggi per lo
contrario deriverebbero ai poveri maestri di campagna, che sono infinitamente più
numerosi di quelli delle poche grandi città?" (Il Risveglio del 14 ottobre
1888). Era in discussione un disegno di legge per il puntuale pagamento degli stipendi,
che interessava principalmente i comuni minori, ed egli chiamava a raccolta i maestri
delle grandi città, perché scendessero in aiuto dei colleghi rurali (Il Risveglio
del 18 gennaio 1893).
Il
Marcati esercitava una profonda azione educativa sui maestri tutti, perché aveva
unaltra grande virtù, quella di vedere accresciuta la propria volontà di lotta di
fronte agli ostacoli. Le delusioni non disarmavano il suo animo; nè dovevano avvilire i
maestri. E perciò, quanto più la situazione si faceva scoraggiante, tanto più egli si
esaltava e incitava alla lotta, donando ai maestri il calore della sua fede, la forza
della sua volontà. Basti qualche esempio, fra gli innumerevoli che si potrebbero citare.
"Dallindifferenza
della Camera - scrisse sul Risveglio del 21 febbraio 1886 - e dalle stesse
trepidazioni nostre, però, un alto e severo ammonimento e un consiglio vengono a noi... I
maestri elementari poco hanno da aspettare dagli altri, tutto attendere da loro
stessi".
Sul
Risveglio del 23 novembre 1890 scrisse: " Dobbiamo essere forti contro i colpi
dellavversa fortuna... Addormentandoci, ogni più giusta aspirazione, ogni più
legittimo e modesto desiderio rimarrà assopito, poiché - diciamo la cruda verità - non
saranno certo i deputati, ora larghi di promesse, quelli che vorranno rammentarle a
noi".
"Noi
dobbiamo tentare tutto ciò che è lecito ed onesto", scrisse sul Risveglio
del 20 gennaio 1892, e anche se molte sono state le delusioni e molte sono le difficoltà,
"ciò non può essere scusa al non fare. I mali, se rimaniamo immobili, si
aggraveranno, e le delusioni si faranno più frequenti e più dure. Allavversa
fortuna bisogna opporre il virile coraggio delle anime forti". Anche se non
riusciremo a nulla, ci resterà la "sicurezza daver compiuto il nostro
dovere".
E
fu questa la tesi che sostenne nei momenti più tristi per la classe magistrale. Sul Risveglio
del 30 settembre 1896 gridò: "E fiero ed è bello combattere pur senza
speranza di vittoria, quando lideale per cui si combatte e forse si soccombe è un
ideale di giustizia e di fede. In alto dunque i cuori e avanti, avanti sempre!". Ed
il 20 ottobre 1897 scrisse: anche se si lotterà con poco frutto, "non sarà minore
onor nostro laver parlato, ma sarà più grande colpa e vergogna per chi non avrà
voluto ascoltarci". Del resto, aggiunse: "Guai se i nostri avversari
saccorgessero che abbiamo deposto le armi!"
Il
Marcati aveva altresì lestro del grande giornalista, e non vera situazione o
tattica di ministri e deputati che non riuscisse a volgere a favore della sua tesi. Il
ministro Martini, ad esempio, dichiarò in parlamento che non vi era alcuna possibilità
di andare incontro alle esigenze della scuola primaria e dei maestri. Il Marcati elogiò
lOnorevole Martini, "il franco", per la sua onestà, ma ne trasse la
logica convincente conclusione. Discorso "doloroso ma utile scrisse - ,
perché i maestri comprenderanno come sia necessario trarre soltanto da se stessi la forza
e il coraggio per combattere e superare vittoriosamente le difficoltà dogni sorta
che oggi più di ieri ristagnano ed affogano la loro opera di redenzione" (Il Risveglio
del 29 marzo 1893).
Intanto
la sua parola, pur non conseguendo risultati vistosi sul piano organizzativo, conquistava
a mano a mano lanimo dei maestri e preparava la non lontana riscossa della classe
magistrale. E tanto più le sue tesi si affermarono, in quanto il colloquio settimanale
coi lettori si andò facendo sempre più serrato e personale, e venne animato sempre più
da un profondo reciproco affetto. Né il Marcati si limitò ad incitare i maestri alla
lotta, ma li esortò sempre allo studio, al pieno assolvimento dei loro doveri,
allimpegno sociale. Anzi, sua prima preoccupazione fu proprio quella di assicurare
nuova dignità e nuovo prestigio al maestro.
Circa
il compito del maestro fece una chiara precisazione sul Risveglio dell11
gennaio 1885. Il senatore Marescotti aveva affermato in Senato, nella seduta del 3
dicembre 1884, che il maestro " è un tecnico che... deve curare anzitutto
dinsegnare la lettura, il che non fa". "I maestri - aveva aggiunto - si
preoccupano di una quantità di insegnamenti indiretti, di coltura morale e intellettuale,
e tralasciano o trascurano linsegnamento puramente tecnico della lettura". Il
Marcati reagì fieramente, non a titolo personale, ma nel nome di tutti i maestri
dItalia, e la sua voce sembrò la voce stessa della classe magistrale, che parlava
dalle colonne del Risveglio: "Noi non dobbiamo insegnare che a leggere!!...
Formare luomo, formare il cittadino, destargli la coscienza dei suoi doveri, e
quella de suoi diritti, imprimere alle future generazioni il "carattere"
che è ciò che manca allItalia, non è compito nostro... Ma se lopera nostra
è, o si crede sì arida e gretta, onorevole Marescotti, non occorre sciupar denaro a
metter su scuole e a pagar maestri!".
Il
compito del maestro, soleva spesso ripetere, non può ridursi allinsegnamento delle
nozioni, nè deve esaurirsi nellambito delle quattro pareti di unaula. Il
maestro deve andare in mezzo al popolo e divenire "ispiratore, guida, custode di vera
libertà, di civiltà, di progresso" (Il Risveglio del 17 gennaio 1886).
Questi,
precisava, possono sembrare sogni "finché gli ideali debbono affogare nella triste
palude del bisogno. Ma se la fiamma di nobili cose improvvisamente accendendoci, fosse
come il lampo di una volontà virile che sfida il crudo destino , potrebbe questi a lungo
ancora amaramente irriderci e infierir nelloltraggio?".
E
poiché si pensava davvero poco ai maestri, anche sul piano della preparazione
professionale, il Marcati offrì dalle pagine del Risveglio il massimo contributo
culturale possibile ed esortò i suoi lettori allo studio e alloperosità. Solo
così - diceva - i maestri possono incominciare subito a fare ciò che dipende da loro per
innalzare "la nostra infelicissima classe", che attualmente "segna nel
termometro della pubblica opinione un grado che è poco lungi dallo zero" (Risveglio
del 1° febbraio 1885).
Ovviamente,
egli valutava le difficoltà da superare e faceva affidamento su una vasta collaborazione
tra le forze amiche della scuola. Sul Risveglio del 30 maggio 1886, ad esempio,
commentando lelezione di Aristide Gabelli a deputato, scrisse: "Tocca ora a
noi, colleghi carissimi, aiutarlo nellimpresa, facendo un solo fascio delle nostre
forze, e imponendoci al Paese, con lo studio, con la serietà, con lefficacia
dellopera nostra. Coraggio, dunque, costanza, e avanti, avanti sempre".
Agendo
con onestà e realismo, il Marcati, per elevare il prestigio dei maestri, non tentava di
nascondere "gli inevitabili e troppo noti difetti". Insisteva, invece, sulla
necessità di migliorarsi e di considerare in altro modo, più alto e nobile, la loro
opera, che, "consapevole a se stessa di più larghi orizzonti", doveva
"sorgere a dignità affatto nuova" ( Il Risveglio del 17 gennaio 1886).
Questo
lideale che additò ai maestri e sostenne sempre con profondo entusiasmo. Anche
nelle situazioni più gravi, la sua fiducia non conobbe avvilimenti duraturi e risorse
invincibile da tutte le delusioni.
Come
sottovalutare, ad esempio, il valore educativo del suo intervento in favore
delliniziativa, presa dai maestri italiani, di presentare una petizione al
Parlamento, perché fosse trattenuta sui loro stipendi, una lira allanno, da
devolvere a beneficio del Collegio degli orfani in Assisi? "Noi che scriviamo -
affermò -, ci sentiamo fieramente orgogliosi - come maestri e come italiani - della
dignità di questa petizione. E in essa la coscienza delleducatore che si
risveglia e ritrova la propria forza in quelle nobili parole "provvediamo noi stessi
ai nostri figli" (Il Risveglio dell11 dicembre 1887).
Oltre
che sui problemi particolari, il Marcati fermava spesso il suo sguardo sui problemi
generali delleducazione popolare. Il disinteresse quasi universale lo amareggiava e
preoccupava. E nel suo animo si faceva strada la convinzione che fosse dovere dei maestri,
in primo luogo, creare intorno alla scuola primaria un clima di fervore e di comprensione.
E perciò, col passare degli anni, anziché cedere, affidò ai maestri italiani compiti
sempre più vasti e più ardui; e li esortò alla lotta nelle forme tanto più dignitose,
quanto più violente ed immeritate erano le accuse, quanto più ingiusto era il
trattamento economico e giuridico ad essi riservato.
Appena
qualche mese dopo la nascita del Risveglio, rendendosi conto che
lindifferenza e lostilità del Parlamento potevano essere modificate soltanto
sotto la pressione della pubblica opinione, esortò i maestri a prendere le opportune
iniziative per mandare alla Camera il maggior numero possibile di deputati amici della
scuola e per portare allattenzione del Paese i problemi delleducazione
popolare. "Manca in Parlamento il partito della scuola - scrisse sul Risveglio
del 15-22 febbraio 1885 - come vi è quello dellagitazione agraria, come vi
è quello della protezione delle industrie, come ve ne sono infiniti altri "
ed "ecco il gran passo da compiere", "formare il partito della scuola
in Parlamento".
In
seguito ritornò molto spesso su queste tesi e le chiarì con viva sensibilità. Sul
Risveglio del 15 settembre 1887, ad esempio, scrisse: "Corrono ancora poco propizi i
tempi, e lapatia dissolvitrice per tutto quanto riguarda leducazione nazionale
domina ancora purtroppo gli animi più eletti... Bisogna quindi gagliardamente vincere
questa mortale nemica, e lavorare assiduamente perché si pensi alla scuola ed ai maestri
con serietà e coscienza. - Come educatori e come italiani è imposto a noi tutti più che
agli altri questo dovere". E sul Risveglio del 9 novembre 1890: "Il Paese
nel generale torpore in cui vive, dimentica spesso e facilmente scuole e maestri, e non ha
intorno alle riforme che noi chiediamo idee chiare e precise. Tocca ai maestri con
pazienza e perseveranza rendere queste idee popolari".
In
fondo, il Marcati esortava i maestri a far conoscere i termini della questione
scolastica, così come le classi lavoratrici erano riuscite ad imporre alla pubblica
opinione la questione operaia, perché solo con una larga convergenza delle diverse
forze politiche si poteva risolvere il complesso problema dellistruzione popolare.
Ma
i maestri non rispondevano col dovuto impegno alle sollecitazioni della stampa scolastica
e delle società magistrali: ed il Marcati lamentava che non fossero ancora arrivati
"a persuadersi della necessità di lavorare attivamente, energicamente alla
formazione del partito della scuola". "A noi invece - aggiungeva - sta
fisso in mente che questo lavoro concorde possa dare larghi frutti..., non fosse altro,
ricordando al Paese che cè anche, oltre alla questione operaia, la questione
della scuola, parte integrante essa pure della grande questione sociale".
Circa
gli altri compiti affidati ai maestri, basti ricordare soltanto qualche esempio.
Nel
1896, di fronte al rilassamento morale del Paese, indicò alla stampa scolastica, alla
scuola ed agli educatori, come primo loro compito, quello di "ricercare e difendere,
costantemente ed energicamente, nella scuola e fuori, la giustizia, risuscitando la fede
nellideale e alimentandone il culto" (Il Risveglio del 30 settembre
1896).
Nel
1897, in un periodo particolarmente oscuro per la scuola e per i maestri, mentre esortava
tutti alla lotta più vigorosa (perché - scriveva - lasciarsi vincere dallo
scoraggiamento è "debolezza vile"), raccomandava di agire con dignità e amore:
"Educatori sempre, anche quando non sarebbe colpa scordare nome e missione di fronte
alle intemperanze, al sarcasmo, alle ingiustizie, alle violenze, irradiate intorno a
noi" (Il Risveglio del 16 ottobre 1897). E un mese dopo incalzava e precisava:
"...quanto più infuria la bufera contro di noi, tanto più è necessario
raccoglierci, lavorare, vigilare onde la fama delleducatore italiano, uscendo dalla
fosca caligine presente, rifulga come sole nel tempo avvenire" (Il Risveglio
del 16 novembre 1897).
Ma
se il Marcati mostrava di avere grande fiducia in un futuro miglioramento della scuola
popolare nazionale, non si creava, nè creava nei lettori, facili illusioni. Anzi ripeteva
continuamente che la strada da percorrere era lunga e aspra. Già sul Risveglio del
9 ottobre 1887, infatti, aveva scritto: "...lotta, sacrificio, operosità, costanza,
debbono - come numi tutelari - precedere, accompagnare, seguire lesercito dei
maestri nella loro marcia in avanti, e noi pure che con loro camminiamo". E proprio
nella nobiltà degli ideali perseguiti e nella piena consapevolezza delle enormi
difficoltà da superare, sta il segreto del forte potere educativo dellopera del
Marcati.
5.4 La stampa scolastica.
Nei
confronti della stampa scolastica il Marcati esercitò unazione estremamente
efficace, tanto più che ben presto precisò in maniera esemplare i compiti che riteneva
propri dei periodici destinati ai maestri: scendere in campo per una lotta aperta e
coraggiosa a favore della scuola primaria e della classe magistrale, anziché limitarsi,
come spesso accadeva, alla parte culturale o semplicemente didattica; spingere la stampa
politica e dinformazione a dibattere i problemi connessi con leducazione
popolare, in modo da creare una pubblica opinione favorevole al miglioramento della scuola
elementare.
Nei
primi decenni seguiti alla proclamazione del regno dItalia, il vasto agitarsi della
stampa scolastica sembrò, ai più, quasi senza senso, una sicura perdita di tempo. I
massimi problemi della scuola, infatti, restavano insoluti, e ciò appariva chiaramente
agli occhi di tutti; mentre sfuggivano alla generalità degli osservatori le nuove energie
spirituali e le più moderne convinzioni che si andavano affermando, principalmente per
merito dei giornali scolastici, nei maestri, negli uomini politici e nella pubblica
opinione.
Il
Marcati comprese, al di là dellapparenza, la complessità della situazione e quali
fossero le esigenze del momento, per cui sollecitò sempre la collaborazione della stampa
scolastica e favorì le discussioni chiarificatrici e costruttive. Nè esitò a mettere a
nudo il vecchiume e il servilismo che si annidavano in alcuni giornali didattici: e ciò
nel solo intento di dare nuovo vigore e più concrete possibilità di lotta a codesto
formidabile strumento che i maestri, soli fra tutte le categorie di lavoratori, si
trovavano fra le mani.
Già
sul Risveglio del 18 gennaio 1885, soffermandosi sullaccoglienza negativa
fatta dal Senato al disegno di legge Coppino, pose in risalto sia la scarsa vitalità
della stampa scolastica e il disinteresse di quella politica, sia il piano di attività
che, a suo parere, doveva essere realizzato. "Io speravo - scrisse che la
discussione del progetto di legge per il miglioramento delle condizioni nostre, in senato,
avesse a suscitare nel campo della stampa pedagogica un qualche fermento o almeno
unampia e gagliarda discussione
ma la mia ingenua speranza venne
crudelmente delusa".
Ma
anche quando i giornali scolastici scendevano in campo, le loro richieste restavano quasi
sempre lettera morta. Non per questo il Marcati si scoraggiava, anzi moltiplicava gli
sforzi e si teneva pronto ad esaltare, più che altro con lintento di spronare
sempre alla lotta, anche la più modesta conquista promossa dalla stampa scolastica. Sul Risveglio
del 20 dicembre 1885, ad esempio, scrisse: "Il veder quindi accettate le nostre idee
ci conforta, nel pensiero che anche la voce del maestro elementare comincia ad essere
ascoltata, e non tarderà ad avere limportanza che i tempi le danno il diritto di
pretendere". E sul Risveglio del 15 gennaio 1888: "sia benedetto Iddio
che... la voce della stampa scolastica non rimane sempre e del tutto inascoltata!".
E a
questo mirava il Marcati, che la voce dei periodici scolastici riuscisse a superare il
chiuso orto dei maestri e dei pedagogisti, e si imponesse allattenzione della grande
stampa e dellintera nazione. Ma non si poteva giungere a tanto - egli sosteneva - se
non impegnandosi, tutti uniti, con obiettività e coraggio, sui fondamentali problemi
delleducazione popolare. Il suo insegnamento ed il suo esempio furono, in questo
campo, decisivi e valsero a conferire nobiltà e forza alla lotta dei maestri e dei
pubblicisti scolastici.
Innanzitutto,
egli raccomandò di evitare le astiose polemiche personali, perché fanno perdere del
tempo prezioso e non conseguono altro frutto che quello, amarissimo, di dividere i maestri
e degradare il valore della stampa pedagogica.
Il
giornale scolastico che si compiace delle polemiche - scrisse sul Risveglio del 18
marzo 1888 - "acquista una vaga tinta di leggerezza, di superficialità, di vacuità,
tuttaltro che efficace per farlo stimare ed apprezzare, non solo dai maestri,
ma - e ciò importa molto - dagli altri nostri confratelli politici, grandi e
piccini".
Una
parola chiarificatrice disse anche sulla proposta di costituire lAssociazione
nazionale della stampa scolastica, proposta che di tanto in tanto veniva rilanciata, come
già nel Congresso nazionale dei maestri del 1883. Rispondendo a Ignazio Cerasoli,
direttore del Gran Sasso, esaltò "il dolce spettacolo di una famiglia che
cresce lieta sotto limpero della concordia, della tolleranza, dellaffetto
reciproco", ma richiamò tutti al senso della realtà. E impossibile - scrisse
sul Risveglio del 9 febbraio 1890 - che si possa costituire la federazione della
stampa scolastica sulla base di "un programma comune intorno alle questioni
fondamentali che toccano da vicino la Scuola Elementare e i Maestri Primari",
perché i vari giornali scolastici sollecitano soluzioni ben diverse per i vari problemi,
si tratti, ad esempio, della Guida, "la rispettabile norma, conservatrice
della più bellacqua", o del "giovane e ardente Avvenire Educativo".
Daltra parte, aggiungeva, non potendosi neppure immaginare di porre un limite alla
"libertà di opinione e di parola, che sempre e per chiunque deve essere rispettata
come una delle più care e più costose conquiste della scuola", occorre accordarsi
su un programma di lavoro ben delimitato, e proprio per questo fecondo di bene. "Il
nucleo che desideriamo formare - scrisse sul Risveglio del 9 febbraio 1890 - dovrà
a mio credere, bandito, per ora almeno, ogni altro scopo, tendere a questi due: 1°. La
difesa dei diritti e degli interessi della stampa scolastica; 2°. La propagazione per
mezzo della stampa politica delle idee sostenute dalla stampa scolastica, qualunque esse
siano".
Ma
lAssociazione della stampa scolastica non fu costituita, neppure sulla base di un
programma così limitato e realistico.
Nellultimo
decennio del secolo il Marcati rinvigorì ancor più - ad ogni livello e in ogni direzione
- la lotta per il rinnovamento della stampa pedagogica. Egli voleva che i periodici
scolastici fossero assolutamente indipendenti sia dalle forze politiche, sia dalle
società editoriali e commerciali; voleva che lottassero con ardimento, al servizio della
verità e della giustizia, per il progresso della scuola e per il bene dei maestri, senza
mai lasciarsi intimidire da chicchessia; voleva che assumessero, dalle profonde
trasformazioni sociali in atto, la consapevolezza che si rendeva ormai indispensabile,
anche per i maestri e la stampa scolastica, adottare nuovi e più vivaci metodi di lotta.
Intanto,
egli stesso porgeva, con la sua attività e col suo giornale, un valido esempio di ciò
che poteva e doveva fare un periodico scolastico.
Di
fronte alle accuse che rappresentanti del Governo e del Ministero della pubblica
istruzione lanciavano contro alcuni pubblicisti scolastici, il Marcati rispondeva, a nome
di tutti, con grande fierezza : "Siamo intemperanti, dite voi. Ma chi può
frenare lo sdegno dinanzi a mille promesse mancate, dinanzi alla miseria dei maestri che
non sono pagati, dinanzi alle leggi fatte apposta per non essere eseguite?!...
No, no, chiamateci pure intemperanti! La intemperanza che voi ci attribuite è il grido di
mille coscienze oneste che si ribellano, è indipendenza di giudizi, amore di verità e di
giustizia. - Quando queste Dee avranno trovato templi e sacerdoti, il crucifige si
cambierà in Osanna! - Fosse domani!" (Risveglio del 9 novembre 1890).
"Qualche
vecchio e stonato organo scolastico" si lagnava dei continui eccitamenti rivolti dal Risveglio
ai maestri, ed il Marcati commentava ironicamente: "Quel giornale ha ragione... E non
vede egli, legregio collega, che nel rapido movimento ascendente dogni classe
sociale, verso un relativo benessere, i soli miti e pazienti maestri furono dimenticati, e
lo saranno sempre, quando non alzino la voce per rammentare a chi non dovrebbe scordarlo
che bisogna pure pensare anche ad essi?" (Il Risveglio del 9 aprile 1892).
Di
fronte ad una delle tante agitazioni per il mancato pagamento degli stipendi, un giornale
scolastico aveva affermato che i maestri esageravano nella protesta. Il Marcati reagì con
sdegno, e le tinte un po' marcate nulla tolgono alla forza e allacutezza della
risposta: "Digerite in pace, flemmatici pallidi poeti dun idealismo sfiaccolato
e bolso. - Noi rivoluzionari e nevrotici tribuni preferiamo ai silenzi quieti e ombrosi
ove ripara il vostro bronzeo egoismo, la lotta in faccia al sole per la verità e per la
giustizia, a conforto della nostra coscienza, a beneficio di coloro che abbiamo
lobbligo di difendere e di proteggere" (Il Risveglio del 1° febbraio
1893).
Col
passare degli anni la stampa scolastica cominciò a segnare al proprio attivo molte
battaglie e non poche vittorie, anche nel campo pedagogico e didattico. Il Marcati ne
prendeva atto con soddisfazione e riconfermava il suo impegno di lotta, esortando in pari
tempo, i maestri a sostenere i giornali didattici. "Ormai - scisse sul Risveglio
del 12 ottobre 1895 - il pregiudizio, ripetuto inconsciamente anche da qualche collega,
che la stampa pedagogica non abbia come suol dirsi voce in capitolo, è stato distrutto
dal fatto. La stampa pedagogica tiene onorevolmente il suo posto, è ascoltata
spessissimo, ha combattuto e vinto non poche battaglie a vantaggio della scuola e dei
maestri - di quegli stessi maestri che o la miseria, o lapatia, o la presunzione,
tiene lontani dai nostri giornali, dai quali avrebbero pure conforto, aiuto, consiglio, e
qualche volta almeno efficace ammaestramento. - Il Risveglio Educativo a queste
battaglie ha - come era suo dovere - partecipato, e ne ingaggerà di nuove e di fiere,
poiché molto - ahimé! - molto ancora cè da fare in Italia per lIstruzione
pubblica, e forse non sarebbe esagerazione il dire che cè da fare ancora
tutto!".
E
proprio perché cera ancora tanto da fare, ribadiva continuamente la necessità di
osare con forza, e rimproverava alla maggioranza dei giornali didattici - che pullulavano
come funghi -, le loro "pagine melanconiche e sonnacchiose", il loro servilismo
verso il Ministro della Pubblica Istruzione, la mancanza di coraggio e
linsincerità.
"Lufficio
di direttore di giornale scolastico - scrisse sul Risveglio dell8 febbraio
1896 - pare ormai limitato a due unici scopi: lodare il Ministro per quello che fa; e
soprattutto per quanto non fa; chiedere insistentemente per sè, per gli amici, e per gli
amici degli amici, onorificenze, favori, diplomi". E subito dopo, innalzandosi a un
livello morale non comune, rivolgeva un accorato rimprovero e un vivace incitamento ai
maestri: "Ma di questi fenomeni, certamente dannosi al paese ed alla intera classe
dei maestri, i maestri stessi sono in gran parte colpevoli. La cattiva e la men sincera
stampa scolastica, quella che porta la catena ai piedi e il bavaglio alla bocca, tenendo
solo libera la mano destra, pronta alle lodi al divo e al divetto (erano i tempi del
"divo Baccelli"), non esisterebbe, se gli insegnanti, consci dei doveri
della stampa stessa, negassero a quei giornali che non li compiono, il loro appoggio
materiale e morale. Non esisterebbe, se avessero il coraggio di insorgere contro di essa,
protestando e cacciando i mercanti dal tempio a colpi di scudiscio. Abbiamo bisogno
anche noi di purificarci; abbiamo bisogno di selezione. Anche la stampa è
un sacerdozio, e non merita di appartenervi chi indossa la veste talare del giornalista
soltanto per gettarla alle ortiche non appena abbia raggiunto gli obliqui suoi
scopi".
Intanto,
buona parte della stampa scolastica riprese la lotta con particolare vigore ed il Marcati,
nel darne atto, volle ricordare la passione con cui la maggior parte dei pubblicisti
scolastici si erano battuti per la scuola e per la classe magistrale.
E sul Risveglio del 30 settembre 1897 scrisse: la stampa
scolastica "tante volte ha parlato con la voce stessa degli associati, ha palpitato
con loro, ne ha rese pubbliche le ansie, i bisogni, le aspirazioni, i dolori".
5.5 La stampa politica e dinformazione
Anche
nei confronti della stampa politica il Marcati svolse una costante azione chiarificatrice
e dimpulso. Egli comprendeva che se Parlamento, Governo e Comuni facevano ben poco
per la scuola e per i maestri, lo si doveva in gran parte al disinteresse della pubblica
opinione per i problemi dellistruzione e delleducazione. Si rendeva quindi
indispensabile giungere allorigine del movente politico, allelettore, e ciò
poteva essere realizzato soltanto con la collaborazione della stampa politica e di
informazione. Per questo, fin dal primo momento attribuì grandissima importanza a tale
aspetto della lotta per la scuola e inviò il Risveglio a tutti i quotidiani,
tentando, già sul secondo numero del 28 settembre 1884, di aprire un colloquio con la
stampa politica. "Militando egli scrisse in un campo diverso dal loro,
ne mezzi, ma tendendo al fine comune, la grandezza della patria, il nostro periodico
sarà pago, se potrà rammentare qualche volta ai maggiori confratelli che, accanto alle
ardue e spinose e noiose questioni politiche vha pure unaltra grossa questione
a torto spesso dimenticata quella della Scuola, collegata intimamente
a quella de maestri, e nella soluzione della quale troveranno la loro soluzione le
altre questioni, grosse o piccine esse paiano o siano".
Ma
i giornali politici poco si curavano della scuola, e nei loro rari interventi rivelavano,
per lo più, profonda incompetenza e aspro spirito di avversione per i maestri.
Il
Marcati, che era un attento lettore di giornali, reagiva con fermezza, portando, in pari
tempo, un rilevante contributo di chiarificazione. "Se la stampa politica
dItalia, che concede tante colonne agli scandali e ai pettegolezzi delle città -
scrisse già sul Risveglio del 4 ottobre 1885 -, ne concedesse una agli interessi
santissimi della Scuola e dei Maestri, certe questioni che sono per il pubblico grosso, e
anche pel fine, altrettante incognite, sarebbero già belle e risolte". Non che il
Marcati ritenesse di facile superamento le difficoltà esistenti. Egli non ignorava
affatto che la grande stampa trascurava le questioni scolastiche perché il lettore medio
non mostrava di volersene interessare; ma comprendeva con altrettanta chiarezza che
occorreva spezzare da qualche parte il muro della noncuranza. E per questo affermò
ripetutamente che primo dovere della stampa quotidiana e di informazione doveva essere
quello di creare una pubblica opinione anche sui problemi della scuola e dei maestri,
così come laveva formata, con speciali e continui articoli, su "cose non degne
quanto listruzione". "Missione principale" della stampa politica -
scrisse sul Risveglio del 28 aprile 1889 - sarebbe quella di lottare a vantaggio
dellistruzione, nè "vha cosa più rispettabile, più degna, più santa,
più importante di questa, nella vita di un popolo libero, degno di
libertà". Ma purtroppo, aggiunse, la stampa politica non si interessa ancora, come
dovrebbe, dellistruzione; infatti "mentre anche il meno influente giornale
politico si vergognerebbe di non avere uno speciale critico teatrale, nessuno - senza
eccezione - ha un redattore per listruzione pubblica e nemmeno lo cerca, e lo
respinge anche se si offre gratis".
In
ogni modo, il Marcati non perdette mai occasione per lanciare la sua parola al di là del
ristretto ambito della stampa scolastica e conquistare, così, ai problemi della scuola
"la opinione pubblica, la grande ausiliaria delle riforme piccole e grandi"
(Lettera ad Aristide Gabelli del 2 luglio 1886). Anche i suoi violenti scritti in difesa
di Italia Donati, ad esempio, miravano a "richiamare lattenzione del pubblico,
del gran pubblico, che di scuole e di maestri ancora poco si interessa", in modo da
spingere il Governo ed il Parlamento ad attuare lavocazione delle scuole allo Stato
e liberare i maestri dalle influenze dissolvitrici dei Comuni.
Col
passar del tempo e specie negli ultimissimi anni del secolo la stampa
politica prese a trattare con qualche frequenza le questioni scolastiche, ma più per
attaccare ingiustamente la scuola primaria e i maestri che per sostenerli e difenderli. Fu
unamara delusione: ciò che si era tanto a lungo desiderato e sollecitato,
finalmente si realizzava, ma a danno dei maestri, ed il Marcati reagì con forza: "Se
non volete aiutarci a rialzare noi e le scuole scrisse sul Risveglio del 22
febbraio 1896 non negateci almeno il viatico di una buona parola: se non volete
darci il pane, dateci almeno un po di rispetto
. Per Dio, ne abbiamo
diritto".
In
pari tempo, però, andava assumendo via via con maggiore chiarezza, nel Marcati,
lidea che solo una stretta collaborazione tra classe magistrale e classi popolari
poteva modificare la situazione e segnare linizio di un avvenire di progresso per la
scuola primaria e per i maestri. E in tal senso si sviluppò, in seguito, la sua azione,
sia per mezzo dei Diritti della Scuola, sia nei rapporti con l Unione
Magistrale Nazionale. |