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Guido Antonio Marcati. Una vita per la scuola e per i maestri
di  Michele Monaco

7. Capitolo V. I Diritti della Scuola e l’Unione Magistrale Nazionale.

Ma fu brevissima la sosta, tanto più che proprio allora i retrivi e i reazionari di tutta Italia stavano scatenando una nuova e violenta campagna contro la scuola primaria e contro i maestri, accusati di non aver saputo educare le nuove generazioni, anzi di averle diseducate.

In una situazione così grave, il fiero promotore di innumerevoli battaglie magistrali riprese il suo posto accanto ai maestri e ai vecchi commilitoni della stampa scolastica.

Decise infatti di fondare un nuovo giornale, quel tipo di giornale che inutilmente aveva proposto al cav. Massa: e furono I diritti della scuola.

Il Marcati si mise al lavoro con il massimo impegno. Per l’intero anno 1898-99 svolse un’attività accorta, paziente, tenace, capillare. Tutti i deputati e senatori, specie gli ex ministri; tutte le maggiori autorità del mondo filosofico e pedagogico ne furono personalmente informati.

Il 7 ottobre 1899 uscì il primo numero della nuova rivista. Nata da un’esperienza ventennale, sofferta e consapevole, di Guido Antonio Marcati, la nuova rivista si riprometteva innanzitutto di rivendicare i diritti della scuola, cioè i doveri che lo stato e la società avevano verso la scuola e verso i maestri.

Il Marcati ed i suoi forti collaboratori, in primo luogo Federico Di Donato (vice direttore) ed il giovanissimo Annibale Tona (redattore capo) cominciarono fin dal primo numero del giornale a battersi decisamente per il conseguimento dei fini propostisi.

La loro parola veniva rivolta con viva consapevolezza e grande coraggio alle autorità scolastiche, ai Comuni, ai governanti, al ministro in persona. Ma veniva rivolta anche ai maestri. Nel numero 2 del 14 ottobre 1899 si legge: "Che la grande, generosa anima dell’educatore italiano vibri e palpiti sempre in queste libere pagine, immacolate di servo encomio e di venale bassezza". Nel numero del 18 novembre 1899 comparve un interessante articolo del Marcati: La spina dorsale.

A Vienna si erano riuniti a congresso 3000 maestri per esaminare i problemi della categoria e l’Avanti, riportando tale notizia, aveva scritto: "Questo fanno i maestri elementari dell’Austria per migliorare le loro condizioni economiche. Non li imiteranno dunque i maestri italiani?".

Il Marcati, premesso che i maestri "fecero e fanno sforzi erculei perché vengano migliorate le loro condizioni economiche", riconosce che "l’insegnante italiano, forse per la sua condizione economica, piega troppo sovente e troppo facilmente davanti ai superiori la spina dorsale... tutto ciò non è utile, e soprattutto non è dignitoso".

"L’uomo libero, l’educatore particolarmente, non si afferma così: ma con la dignità della vita, compiendo il proprio dovere con scrupolo, e rispettando, per essere rispettato, cose e persone secondo il grado, la qualità del sapere, la misura della bontà. Il groppone lo piegano solo i servi; gli uomini liberi tengono ritta la spina dorsale... Le adulazioni non hanno mai cavato un ragno dal buco. Chi lo caverà, questo ragno, sarà - ed ecco il pensiero dominante del Marcati - l’unione generale dei maestri e la coscienza della loro dignità e del loro sapere...".

Mentre I Diritti della Scuola scrivevano in questi termini, Il Risveglio Educativo, diretto nel momento da Ildebrando Bencivenni, prese l’iniziativa di chiamare a raccolta i maestri per costituire un’Associazione di mutuo soccorso e di propaganda. Ma con scarsissimi risultati: le adesioni non furono che poche centinaia.

Intanto i Diritti correvano sulla strada giusta ed incoraggiavano in ogni modo i maestri. Nel numero del 23 dicembre il Marcati rifà un po' la storia delle speranze e delle delusioni dei maestri italiani. Egli legge vecchi e polverosi giornali e rileva che dieci, venti, trent’anni prima i maestri avanzavano le stesse richieste di allora, come se il tempo si fosse fermato: "Ma il corruccio - scrisse - delle anime oppresse si propaga, ed agita con un tremito gagliardo il mare della vita pubblica. L’umanità cammina; combattiamo e speriamo...".

In pari tempo si svolgeva una discussione sulla tattica da seguire. Diecimila maestri avevano presentato una petizione al Parlamento chiedendo l’approvazione di numerosissimi provvedimenti intesi a migliorare: 1) la sorte degli insegnanti; 2) la condizione della scuola; 3) la condizione dell’Amministrazione scolastica. Da più parti si diceva che anche questa iniziativa dei maestri sarebbe rimasta un voto platonico, perché si chiedeva troppo. Bisognava chiedere poco, invece, ed insistere sul quel poco fino ad ottenerlo. Il prof. Avv. Pietro Cogliolo, della R. Università di Genova, scrisse: "Bisogna cambiare strada; (basta coi lamenti e realizzare) la unione di tutti i maestri in una associazione potente...". Ed il Marcati aggiunse: "ciò che ha affermato il prof. Cogliolo forma l’essenza e la ragione di essere dei Diritti della Scuola. Cambiamo strada!... uniamoci ed imponiamoci con la serietà delle domande e con la forza del numero. Se ci dà forza Iddio, e se l’aiuto dei colleghi colti e di buona volontà non ci vien meno, noi abbiamo sicura fede di riuscire a qualche cosa".

Come si vede, la discussione aveva investito il metodo di lotta. Chiedere poco - sosteneva il Marcati - e quel poco ottenerlo. E coerente con se stesso, egli aveva promosso una vasta agitazione per ottenere: 1) che fosse assicurato ai maestri una pensione minima di £. 2 al giorno; 2) che venisse distribuito ad ogni maestro iscritto al Monte Pensioni un libretto matricolare, ove annotare tutti gli elementi necessari per far liquidare la pensione entro pochi giorni; 3) che fosse posto subito mano agli studi per una riforma radicale del Monte Pensioni. Per sostenere tale agitazione inviò una lettera autografa a tutti i deputati e senatori con la data del 4 dicembre 1899. I maestri risposero con grande entusiasmo. E il Marcati ne prese atto con vivo compiacimento scrivendo: "Benedetto sia dunque il giorno in cui abbiamo posto mano all’ardua impresa di fondare I Diritti della Scuola se questi hanno potuto far rinascere la speranza nel cuore dei maestri".

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La polemica sulla tattica da seguire continuava su tutti i giornali scolastici, raggiungendo a volte toni quanto mai aspri. Specie in relazione alla discussione sul disegno di legge Baccelli.

Ma a tagliar corto giunsero le decisioni del Parlamento: tanto la proposta massima, quanto quella minima furono respinte. Il ministro Baccelli non si era neppure curato di partecipare alla seduta conclusiva che il Parlamento aveva dedicato ai problemi dei maestri.

La categoria fu pervasa da un profondo senso di amarezza e di indignazione. Si era davvero stanchi delle belle parole degli uomini politici in cerca di voti; delle violente accuse dei reazionari contro la scuola "diseducativa" e contro i maestri "impreparati al loro alto compito"; delle bugiarde promesse dei governanti e dei parlamentari; delle persecuzioni contro i maestri che rivelavano indipendenza di pensiero e idee avanzate; delle infinite prepotenze dei Comuni; della scarsa considerazione umana, morale e sociale in cui si era tenuti.

Dappertutto riunioni, assemblee, voti, proposte, che trovarono larga ospitalità sui giornali scolastici e politici. Dappertutto l’invocazione a porre termine allo stato di polverizzazione delle forze magistrali e a costituire una sola organizzazione, capace di far sentire la voce potente di cinquantamila maestri, decisi ad ottenere un po' di giustizia.

Il Marcati aveva incitato le Società magistrali a muoversi e si era rivolto particolarmente ai giovani, affinché dicessero essi "la parola rigeneratrice". Alla sua voce fecero eco centinaia di lettere e decine di articoli comparsi su oltre cinquanta giornali scolastici e politici. Quasi tutti sollecitavano il Marcati a rompere ogni indugio e porsi egli stesso alla testa dei maestri.

Il Marcati volle riflettere a lungo ed infine, pur capendo che "l’impresa era ardua, costosa e prometteva amarezze", il 21 aprile del 1900 lanciò l’atteso appello ai maestri, intitolandolo proprio "Ai Colleghi".

La sua parola cadde su un terreno ormai pronto e venne accolta con fede ed entusiasmo, perché partiva da un cuore generoso, da un uomo che i maestri avevano imparato ad amare veramente. Il Marcati riversò nell’appello tutta la sua anima. Egli aveva a lungo creduto nella possibilità di costituire una federazione delle società magistrali, ma aveva dovuto convincersi, di fronte ai ripetuti fallimenti, che quella della federazione non era la via giusta per poter unire tutti i maestri. E del resto, era ormai cambiata sensibilmente anche la situazione politica e sociale dell’Italia. Più che unire le società magistrali, si doveva mirare a unire i maestri, costituendo un organismo nuovo e adatto ai nuovi tempi.

Occorre - scrisse infatti nell’appello - una Lega degli Insegnanti d’Italia, "un nuovo organismo, semplice ed agile, che con rapido moto possa, in nome degli interessi collettivi, esercitare là ove è necessaria la sua vigilanza, la sua difesa, la sua propaganda".

"Il nuovo organismo che noi proponiamo - aggiunse - non assomiglia a nessun altro ora esistente, e sarebbe un necessario completamento all’opera delle Società presenti e future, occupandosi esclusivamente dei grandi interessi della classe per far pesare sulla bilancia, a vantaggio di questi, la magnifica potenza del numero e l’accordo poderoso delle volontà... Ma come creare questo organismo? Coi soliti mezzi, pubblicando lo schema di statuto, e lo schema di regolamento, aprendo su di essi la discussione, attendendo la costituzione di comitati, e quindi le adesioni?

Sarebbe a mio modo di vedere, un grave errore. Si andrebbe alle calende greche e non si arriverebbe a nessuna conclusione, come s’è visto molte volte, mentre il tempo stringe e i bisogni diventano sempre più acuti.

Dunque? Dunque io dico fraternamente ai colleghi di tutta Italia: Bisogna prendere una risoluzione energica, e, come nei momenti di pericolo facevano gli antichi padri nostri, concentrare nelle mani di un solo, e di pochi per un tempo limitato il potere. Questo metodo è spiccio, e se ha immancabilmente dei difetti, ha, nel caso nostro, il grandissimo vantaggio di creare una organizzazione in brevissimo tempo e di farla funzionare subito.

Se vi saranno dei guasti, e delle ruote che stridono, le cambieremo, ma facciamo intanto che l’organismo si crei e viva - questo è l’importante.

Unisco quindi al numero presente una scheda che spero ognuno dei miei lettori firmerà e farà firmare da tutti i suoi amici".

Con la scheda si dichiarava la propria adesione alla fondazione di una Lega degli Insegnati d’Italia e si dava mandato al Marcati di organizzarla, "autorizzandolo ad aggregassi tutte quelle persone che possano coll’opera facilitargli l’intento".

Da parte sua il Marcati si impegnava a convocare l’Assemblea nazionale nel successivo mese di settembre. In quella sede avrebbe riferito sull’opera svolta assieme al Comitato da lui eletto e avrebbe rimesso il mandato ricevuto nelle mani dei delegati.

A scanso di equivoci e per sottolineare la serietà dell’iniziativa, aggiunse: "Debbo io fare un appello ai colleghi perché si serrino compatti, non già attorno alla mia povera persona, ma all’idea che in questo momento rappresento? Non lo credo necessario. Troppo dure lezioni in questi ultimi quattro mesi hanno dimostrato la necessità di unirsi! Solo questo mi trovo in obbligo di dire:

"Se le sottoscrizioni entro il 30 maggio non supereranno le quindicimila, io mi troverò sciolto dal grave impegno di costituire la Lega - poiché ciò vorrebbe dire che gl’insegnanti d’Italia hanno l’unione sulle labbra ma non nel cuore, quindi ogni tentativo di sciogliere il loro gelo e di scuotere la loro inerzia sarebbe perfettamente inutile.

Ma sono quasi sicuro che ciò non accadrà, e sarà dato a me e ai miei collaboratori quindi il piacere di presentare, fra qualche mese, una Lega giovane sì, ma forte e potente".

Insieme con l’appello, il Marcati inviò una lettera a tutte le associazioni magistrali italiane per precisare gli scopi della Lega e la posizione che le società stesse avrebbero avuto in essa. Innanzitutto la Lega si impegnava a rispettare gli scopi particolari di tutte le Associazioni, le quali con la loro adesione avrebbero di fatto costituito la Federazione Italiana. Inoltre la Lega pur facendo perno principalmente sulle società magistrali mirava a raggiungere anche tutti i maestri non aderenti ad alcuna associazione, in modo da poter difendere anche coloro che, prestando la loro opera in luoghi isolati, mai avrebbero potuto iscriversi ad una società magistrale e quindi sarebbero rimasti soli e indifesi.

Il Marcati aveva informato dei suoi propositi anche i giornali scolastici e li aveva invitati a designare i loro rappresentanti nel Comitato promotore. Ma mentre la maggioranza lasciò cadere l’invito o se ne uscì con generiche parole di compiacimento, il Corriere d’Italia, ufficioso della Minerva ed emanazione della Casa Editrice Dante Alighieri; il Risveglio Educativo dell’editore Massa, e soprattutto il Corriere delle Maestre dell’editore Vallardi, osteggiarono con vivo accanimento l’iniziativa del Marcati, scrivendo, coi loro aspri, falsi e ingenerosi attacchi, una delle più tristi pagine della storia della stampa scolastica italiana.

Il Corriere d’Italia, giornale politico di Roma, molto vicino al ministro Baccelli, il 27 aprile pubblicò un articolo davvero irresponsabile: "Continua la gazzarra", col quale sosteneva nientemeno che l’iniziativa del Marcati era giunta per "scompigliar tutto".

E il Corriere delle maestre tentò addirittura di mettere in ridicolo l’iniziativa.

Emersero in questa occasione, nel modo più insolente e violento, le profonde gelosie di mestiere e i timori per i riflessi della grande iniziativa sulle questioni di cassetta (abbonamenti alle riviste e vendita di libri di testo).

Contro il Marcati si scrissero ingiurie e falsità non soltanto sulla stampa scolastica, ma anche sui giornali politici, carpendo la buona fede dei loro direttori.

Beniamino Rinaldi del Corriere delle maestre, Zucchi e Sichirollo del Risveglio Educativo attaccarono con violenza anche sul Giorno, sull’Avanti, sul Messaggero. Non si seppe più cosa scrivere sul Marcati: si andò a frugare su fatti di dieci, venti anni prima, mettendo tutto sotto cattiva luce e "aizzando i maestri contro" di lui.

Il Marcati aveva però la coscienza tranquilla (1), una memoria di ferro, un coraggio indomito e la penna tagliente e penetrante come una spada. Diede a tutti la risposta che si meritavano, chiarendo e precisando ogni cosa con otto fitte pagine dei Diritti del 5 maggio. E pregò i suoi fedeli abbonati di leggere attentamente fino in fondo, perché egli non aveva scritto per i suoi avversari ma per loro, perché ci teneva alla loro stima e al loro affetto, "Abbiate - disse - almeno, leggendolo, metà della pazienza che noi abbiamo avuto nello scriverlo. E’ nel vostro interesse".

Accanto al Marcati stettero fermi e risoluti, con uno stile non meno incisivo e con una tenacia senza pari, Federico Di Donato e Annibale Tona, il quale ultimo scrisse: "il prof. Marcati, che il magnifico ideale dell’organizzazione della nostra classe vagheggia e persegue da vent’anni, e per il quale soprattutto s’é rimesso all’opera con rinnovata energia, ha creduto giunta l’ora opportuna per rivolgere un appello ai colleghi", abbiano fiducia in lui i maestri d’Italia.

Ma se una parte della stampa scolastica si scagliò così velenosamente contro l’iniziativa, quasi tutta la stampa politica la salutò con vivo plauso. E innanzitutto con entusiasmo l’accolsero i maestri, le Società magistrali, le Sezioni dei maestri aderenti alle Camere del lavoro (2).

Le adesioni, insieme con fiere e ferme parole di incoraggiamento e di incondizionata stima per il Marcati, giunsero presto a centinaia e migliaia (3).

Per tutto il corpo della grande famiglia magistrale corse un fremito di vita nuova. Anche dove l’Associazione Magistrale, come a Roma, non aveva aderito all’iniziativa, i maestri vollero riunirsi e mandare la loro adesione ai Diritti. Il vero clima che si era creato in Italia fu bene espresso da una corrispondenza da Genova, pubblicata sui Diritti del 5 maggio. Eccone uno stralcio: "La bella notizia della Lega, proposta e iniziata dal nostro forte e valente direttore, il quale, invece di godersi il riposo di una vita quieta e comoda, volle ritornare alla vita febbrile e battagliera di chi lotta in pro della scuola e dei maestri, fu qui accolta con vero entusiasmo...".

Da Roma Federico Di Donato scriveva: "Avanti dunque animosamente, con fede e coraggio, per la via che vi siete tracciata" (I Diritti della scuola - 5 maggio 1900).

Da Mazara Francesco Bascone inviava un ordine del giorno col quale i maestri del luogo rivolgevano "un alto plauso al cav. Marcati allo scopo di incoraggiarlo e confortarlo nella difficile e faticosa impresa, che lo renderà sempre più caro a tutti i maestri italiani".

Da Avellino, premesso che la "geniale proposta era stata accolta con fervido entusiasmo" e che "la guerra ingenerosa" aveva suscitato un profondo disgusto (4), scrissero: "Sia dunque la benvenuta la Lega... Coraggio e avanti; l’approvazione dei buoni e degli indipendenti sia di conforto e di sprone allo strenuo difensore dei diritti dei maestri, al geniale propagatore della nobile idea.

Il Marcati, considerato quale agitazione aveva provocato la sua iniziativa, vistosi al centro delle più violente accuse e dei più appassionati elogi, concluse il suo lunghissimo intervento del 5 maggio nel modo più realistico e coerente: "Ad ogni modo, la Lega è nelle mani dei maestri; sono essi che devono giudicare serenamente; sono essi che devono mostrarsi uomini risoluti a volere, volere, fortemente volere.

"Il peggior partito, anche in questo caso, è il non prendere una risoluzione. Se tutti stanno alla finestra a vedere, necessariamente non si concluderà nulla. Muovetevi, maestri, pro o contro la Lega, non importa; basta che portiate il vostro contributo di operosità in questa gravissima questione, che può decidere delle sorti future della nostra classe...".

I maestri si mostrarono molto decisi. Le adesioni che il 3 maggio erano già 4.106, salirono il giorno 10 a 8.062, il 18 a 10.859 ed il 31a 17.833. Fu davvero un risultato meraviglioso, che non aveva nessun precedente cui potesse lontanamente paragonarsi.

Ma la "gazzarra" - è proprio il caso di dirlo questa volta - non accennava a diminuire!

Bisognava trovare una via d’uscita.

I Diritti della Scuola del 12 maggio preannunciavano qualche cosa. Essi informavano i lettori che il 6 dello stesso mese si era costituita in Parma, per iniziativa del collega Giuseppe Soglia, l’Associazione della stampa scolastica. Presidente del Consiglio direttivo era stato eletto, a voti segreti, l’on. Luigi Credaro, assessore alla pubblica istruzione del Comune di Pavia e professore di pedagogia nell’Università della stessa città, consiglieri i colleghi Soglia e Achille Santilli. Tra l’altro si discusse "della organizzazione dei maestri e di una iniziativa rivolta a sollevare una questione così importante dal dominio dei dibattiti personali, in cui si era voluto trascinarla". I Diritti commentavano: "Non saremo certamente noi che lesineremo la lode a chi questo intento saprà onorevolmente ottenere. Ne riparleremo".

Di fatto erano già in corso delle trattative per assicurare alle forze magistrali un cammino meno burrascoso. L’accordo fu raggiunto e i Diritti della Scuola ne diedero notizia, con grande rilievo tipografico, nel numero del 19 maggio:

"Mercè i buoni uffici del prof. Luigi Credaro (5), deputato al Parlamento, incaricato dall’Assemblea di Parma del 6 maggio di conciliare e coordinare, coll’aiuto dei giornali e delle associazioni esistenti, le energie della scuola, siamo lieti di annunciare che i periodici: I Diritti della Scuola, Il Risveglio Educativo e Il Corriere delle Maestre, da ora in poi concentreranno le loro forze con quelle degli altri giornali scolastici d’Italia per coadiuvare il Comitato che sarà formato e presieduto dall’On. Credaro, al fine di costituire l’Unione degli insegnanti elementari italiani"

Come si vede le prerogative che il Marcati aveva chiesto per sè e che migliaia e migliaia di maestri non avevano esitato a conferirgli, passarono ad un’altra persona. Il Marcati non se ne rammaricò. Ma non poté più dimenticare la guerra accanita che gli avevano fatto taluni colleghi della stampa scolastica per soli motivi di gelosia e di concorrenza. Ai suoi lettori egli volle rivolgersi con queste parole: "Ai miei cari colleghi. Con plebiscito veramente commovente, voi mi avete dato un’altra prova della stima e dell’affetto che da tanti anni nutrite per me.

"Incresciose polemiche hanno messo a scompiglio in questi ultimi giorni il campo scolastico. A farle cessare, desiderando io ad ogni costo l’unione dei maestri, considerando che la mia persona deve assolutamente sparire dinanzi a questo grande ideale, ho accettato i buoni uffici dell’on. Credaro, il quale ha promesso di dedicare tutta la sua intelligente operosità e autorità alla buona riuscita dell’impresa".

I maestri accolsero con un senso di sollievo la notizia dell’accordo, anche se rimasero profondamente amareggiati per gli ingiusti attacchi sferrati contro il Marcati.

Dal canto loro i Diritti continuarono con immutato entusiasmo a raccogliere le adesioni, che alla fine di giugno superarono le ventimila e a marzo del 1901 raggiunsero il numero di 21.194. Gli altri due giornali più volte ricordati non giunsero nemmeno a duemila adesioni.

I Diritti della Scuola furono sempre orgogliosi di aver promosso la costituzione dell’Unione Nazionale. Nel numero del 10 novembre 1900, riferendo su una gradita visita in Direzione di Credaro e Friso, scrissero: "In verità se i Diritti non fossero venuti al mondo che per questo, potrebbero giustificare con orgoglio la loro nascita".

L’on. Credaro si pose al lavoro con la tenacia e l’energia che gli erano da tutti riconosciute. Dopo un accorto lavoro di preparazione, il 23 luglio 1900 nominò il Comitato ordinatore dell’Unione con l’incarico di compilare una Carta Magistrale d’Italia, cioè di reperire tutti i dati statistici sulle società magistrali esistenti e sugli elementi che le componevano. Al suo fianco chiamò elementi valorosi e ricchi di fede, che avevano dedicato già per lunghi anni le loro energie alle associazioni magistrali e alla stampa scolastica.(6)

La Presidenza ed il Comitato presieduto dal Credaro fecero un ottimo lavoro. Il 1° gennaio 1901 pubblicarono un opuscolo dal titolo "L’Unione Nazionale delle maestre e dei maestri Italiani" contenente l’abbozzo di Statuto e la relazione sugli scopi, i metodi e la natura dell’Unione, nonché schede per adesioni. L’opuscolo fu diffuso "a migliaia e migliaia di copie per le città e le campagne" ed ebbe "sei edizioni in tre mesi". Si riprometteva di far conoscere gli scopi che si volevano raggiungere e di svegliare le società ed i 30.000 maestri che non ancora avevano inviato la loro adesione.

In realtà l’attività dei maestri si fece sempre più intensa e vivace.

Perfino la Nuova Antologia ospitò, nel marzo del 1901, un lungo, esauriente ed interessante articolo del prof. Friso, il quale delineò il carattere della nascente istituzione in rapporto al movimento sociale moderno e, in particolare, alla funzione dello Stato Italiano. Inoltre volle allontanare le diffidenze e le ostilità che sempre accompagnano il sorgere di "una nuova corrente di forze", specie quando si tratti di "una classe che tante e tante volte ha sentito l’unghia della malevolenza e della cattiveria degli uomini". E rilevò che il numero stesso delle adesioni costituiva di per sé un fatto di altissimo significato sociale e storico, meritevole della più attenta considerazione.

Infine, illustrate le legittime richieste - ormai fatte antiche - degli educatori del popolo, il prof. Friso concluse: "Per questo oggi si stringono in una gigantesca Associazione, si costituiscono in classe organica e disciplinata, che muove alla conquista dei suoi fini per vie coscienti, ordinate, legali".

Ormai la macchina si era avviata e camminava sicura e decisa.

Il Credaro, superate le ultime e non lievi difficoltà, convocò il Congresso dei Delegati in Roma, per i giorni 4, 5 e 6 aprile 1901, nella sede della Società di Mutuo Soccorso fra gli Insegnanti Elementari di Roma - Piazza dei Caprettari, 70 - col seguente ordine del giorno: 1) Discussione e approvazione dello Statuto dell’Unione; 2) Proclamazione dell’Unione Nazionale; 3) Nomina degli Uffici sociali.

Il Marcati, dal canto suo, era sempre attento e un po' timoroso. Nel numero dei Diritti che giunse ai maestri proprio nei giorni del Congresso, rivolto un vivo ringraziamento all’on. Credaro e al prof. Friso, volle ricordare "ai delegati che una grande responsabilità pesava su di loro e che...l’avvenire della giovane società" era affidata "alla loro prudenza e al loro affetto". Ed aggiunse: "In ogni modo, il nostro compito d’ora innanzi é preciso: difendere l’Unione contro chiunque tenti anche inconsciamente di indebolirla". I Diritti rimasero sempre fedeli a questo impegno.

Il 4 aprile 1901 i rappresentanti di 30.000 maestri italiani erano riuniti nel ridotto dell’Argentina (7). Oltre ai maestri, che gremivano l’ampia sala, si notavano i rappresentanti della stampa scolastica e politica, buon numero di deputati e diverse autorità. I Diritti della Scuola erano rappresentati dallo stesso Marcati, che anche questa volta, come per altri precedenti congressi, si era mosso da Milano; da Federico Di Donato a da Angelo Tortoreto. Il Comune di Roma era rappresentato dall’assessore alla pubblica istruzione, Comm. Cruciani Alibrandi. Era presente anche il Ministro della P.I., Nunzio Nasi. Si notava, invece, l’assenza dei rappresentanti dell’Associazione Nazionale Milanese. Alla presidenza sedeva l’on. Credaro.

Il suo discorso fu chiaro, esauriente, coraggioso, prudente. Giova ascoltarlo, molto brevemente, nelle sue testuali parole.

"Questo Convegno, qui, nell’eterna capitale d’Italia, all’inizio del nuovo secolo, sia denunzia al popolo italiano dell’abbandono in cui sono lasciate troppe scuole dei suoi figli, dell’avarizia con cui troppo spesso sono rimunerate le fatiche dei suoi educatori... Nel cozzo degli interessi moderni non é forza senza unione organica e compatta. E’ tempo di finirla, o maestri d’Italia, colle suppliche, colle agitazioni individuali o per gruppi. Bisogna schierarsi in ordine di battaglia sulle vie incruenti e civili della legalità, della dignità, della convenienza che si addice alla classe degli educatori del popolo; ma bisogna schierarsi e presentarsi ordinati e disciplinati all’Italia intera, la quale guarderà a Voi, dovrà guardare a Voi... L’Unione nostra deve essere nazionale, ma imperniata sul sistema del decentramento, e deve ricordare che per farsi valere bisogna valere. E quindi gli insegnanti devono fare di tutto per migliorare se stessi".

Infine il Credaro concluse: "Il 4 aprile 1901 segna la fine della fase preparatrice di questo fermento di vita nuova e di organizzazione moderna e potente. Da oggi si apre una nuova fase di lavoro, che deve essere metodico, ordinato, prudente, assiduo... Con questi intendimenti proclamo costituita l’Unione nazionale delle maestre e dei maestri italiani". (Interminabile, commovente ovazione).

Si levò poi a parlare il ministro Nasi. Le sue più importanti affermazioni non furono affatto tradotte in provvedimenti di legge; ma furono parole di sprone e di incoraggiamento per tutti i maestri. Parlando della necessità e dei vantaggi dell’organizzazione, affermò: "Organizzarsi non é soltanto esercitare un diritto, né conseguire un’utilità, ma é anche il portato di una necessità sociale, che si scorge in diversi campi della vita pubblica. Si tratta in fondo di rendere effettiva, operosa ed utile la libertà... Chi sa di far parte di una grande Associazione, si sente più forte e più sicuro delle proprie ragioni".

Infine, prima di abbandonare la sala, il ministro volle stringere la mano al prof. Marcati e rallegrarsi con lui dell’opera fruttuosa compiuta e del concorso dato all’Unione Nazionale.

Fu questo un altro gesto di incoraggiamento per tutti i maestri italiani.

Le idee del Credaro e del ministro Nasi caddero su un terreno ben preparato a riceverle e a farle fruttificare; anzi erano il prodotto di trenta anni di agitazioni. Basta scorrere i nomi dei delegati per vedere quanti di essi erano sulla breccia da dieci, venti e più anni; quanti di essi avevano promosso, diretto e partecipato alle precedenti agitazioni e ai precedenti congressi (8).

I lavori del congresso si svolsero nel più grande entusiasmo. Le discussioni furono sempre elevate, vivaci, appassionate e potettero giungere in porto anche per l’abile e ferma guida del Credaro (9).

Una cosa è certa, che i maestri avevano chiara consapevolezza che stavano costituendo un’associazione di lotta sindacale.

E per questo decisero che vi potevano aderire soltanto maestri e direttori, senza protettori e senza soci onorari.

Eletta la Commissione Direttiva (10), Credaro assunse la presidenza dell’Unione. Ringraziò i membri del Comitato promotore ed ebbe parole di lode per la stampa scolastica ed in particolare per il Marcati. Rivolto, quindi, un vivo ringraziamento anche ai colleghi di Roma per la cordiale e attenta ospitalità, dichiarò chiuso il congresso.

Erano le ore 19.36 del 6 aprile 1901 - Sabato Santo.

I delegati, acclamando entusiasticamente e ripetutamente all’Unione costituita, lasciarono la sala.

Con la nascita dell’Unione Nazionale i maestri italiani si erano finalmente costituiti in classe compatta, consapevole dei propri diritti e dei propri doveri, e decisa a farsi valere (11).

Si chiudeva un quarantennio di sacrifici, di amarezze, di agitazioni e si apriva, per i maestri italiani, un nuovo periodo di lotte e di conquiste.

I Diritti, fedeli all’impegno del Marcati, vegliarono sempre con coraggio e fermezza sulle sorti dell’Unione: la sostennero nelle difficili battaglie; la difesero dai nemici e dai faziosi; l’incitarono a lottare sempre "col popolo e per il popolo, per la civiltà e per il progresso", come scrisse lo stesso Marcati sui Diritti del 5 febbraio 1905.

 

 

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[1] Fortunatamente – scrisse - la mia vita si riassume in una sola parola: "lavoro". Ed era proprio così.

[2] L’Associazione Magistrale Friulana approvò il seguente ordine del giorno, che rimane una chiara espressione dello stato d’animo dei maestri e delle associazioni più consapevoli dell’importanza del momento: "Il Comitato direttivo, esaminata la proposta del Risveglio Educativo perché sia costituita una Associazione di mutuo soccorso e di propaganda educativa fra gli insegnanti italiani, come anche la lettera-circolare del Prof. G. A. Marcati, diretta a promuovere una Lega fra gli insegnanti d’Italia, lodando il fine di ambedue gli iniziatori e giudicando più largo ed elevato lo scopo prefissosi dal Marcati, perché meglio rispondente alle aspirazioni odierne degli educatori, delibera di aderire all’invito fatto dal prof. Marcati".

[3] – Fra le prime e più importanti società magistrali che aderirono alla Lega ricorderemo quelle di Ancona, Genova, Novara, Sondrio, Treviso, Susa-Rivoli, Rieti, Pesaro-Urbino, Molfetta, Catania, Fermo, Aquila, Senigallia, Cagliari, Albenga, Grosseto, Vignale, Monferrato, la Federazione Magistrale Laziale con sede a Velletri, l’Associazione Magistrale Friulana.

[4] – Annibale Tona scrisse a riguardo un nobile e forte articolo intitolato "La nausea".

[5] – Il 14 maggio l’On. Credaro inviò al Marcati, da Milano, la seguente lettera: "Egregio Sig. Direttore, La ringrazio vivamente di avere, con abnegazione, in omaggio alla grande idea di cui si è fatto caldo patrocinatore, accondisceso a prestarmi il suo valido aiuto per costruire l’ Unione degli insegnanti elementari, per la quale Ella aveva raccolto la fiducia di migliaia e migliaia di insegnanti.
Di questa spontanea e generosa adesione che agevolerà il compito del mio arduo mandato, le saranno grati certamente i maestri italiani, e il comune lavoro, diretto ad un unico fine, darà, io spero, i frutti desiderati".

[6] – Ecco come risultò composto il Comitato.
Presidente – on. Prof. Luigi Credaro (Pavia);
Consiglieri:
Filippo Antonio Rho (Torino), che già al V Comgresso Nazionale di Torino del 1885 fu relatore sul tema "Federazione Generale";
Giovanni Battista Curami (Milano), che già nell’ 85 era presidente dell’Associazione Magistrale Milanese;
On. Prof. Antonio Fradeletto (Venezia), da anni il più attivo e preparato organizzatore del movimento magistrale veneto;
Avv. Cav. Enrico Sandoni (Bologna); Antonio Clerici (Genova);
Giuseppe Baldasseroni (Firenze);
Cav. Uff. Siro Corti (Roma), che già nell’ 85 era presidente della Società fra gli insegnanti di Roma;
Cesare Casali (Ancona);
Dott. Alberto Baratti (Napoli);
Segretario – Prof. Cav. Luigi Friso (Pavia).
Con qualche giorno di ritardo fu nominato il Prof. A. Tumminelli per la Sicilia; la Sardegna non vi era rappresentata.

[7] – Dai Diritti della Scuola del 13 aprile 1901.

[8] - I nomi di Filippo Antonio Rho, Giovan Battista Curami, Siro Corti, Sotero Ferri, Mariano Mariani, Sebastiano Battaglia, Pietro Cavazzuti, Federico Di Donato, Nicola Filipponi, Giuseppe Frittelli, Guido Antonio Marcati, Enrico Mattioli, Pietro Montalti, Giuseppe Neri, Vincenzo Padalino, Pietro Pasquali, Gregorio Pirani, Achille Santilli, Giacomo Veniali, non si leggono senza commozione, pensando a ciò che avevano fatto per i maestri fino alla Pasqua del 1901. Parlando una volta con Annibale Tona, gli chiesi un giudizio su codesti nostri colleghi. Mi disse che erano "uomini di fede". Ed a me che insistevo nella domanda per avere una risposta più esauriente, ripeté che erano "uomini di fede". Naturalmente era questa la virtù prima ed indispensabile per poter durare sì a lungo nella lotta, pur tra continue delusioni, incomprensioni, amarezze, ingratitudini e persecuzioni.

[9] – Nelle sue "Impressioni e note" sul Congresso di Roma il Marcati così scriveva: "I Delegati erano poco più di cento (in realtà nel corso del congresso superarono i 160), ma venuti anche da lontane regioni, e alcuni con gravi sacrifici pecuniari. Ecco, accorso a sue spese, l’Elia di Palermo, un asceta della scuola, alto magro, cogli occhi divorati dal desiderio della giustizia che i suoi colleghi di laggiù implorano da tanto tempo; il Benassi, giovane, forte, bello, che la dolcezza musicale della parlata veneziana adoperava per esprimere virili pensieri; il mite e gentile Baldasseroni di Firenze, il Sichirollo di Milano, cui freme sotto la folta e ricciuta chioma e nel pallido viso il turbine dell’era presente; lo Squadroni di Forlì, a cui le primavere brizzolarono i capelli, ma non spensero gli ardori del cuore sempre turgido di vita, né i fiammeggianti ideali politici; il Montalti di Bari, corretto e rigido come un diplomatico; il Santilli di Aquila, modesto, colto, assennato…. Vecchi gloriosi e instancabili difensori della scuola e dei maestri, provati alle più dure battaglie, accesi sempre d’inestinguibile fuoco di vita e di lotta………. E quanti discorsi eloquenti, sereni, densi d’idee, dalle umili bocche dei dispregiati maestri dell’alfabeto! Il Faudella di Napoli muoversi in altura come il fuoco di Dante…. Il Garassini di Udine attende, acciuffa e s’apre, irrequieto e audace, ogni passaggio coll’impeto dei suoi trent’anni; il Maniago di Vicenza, dalla dolce, innamorata anima d’apostolo, manda scintille comunicando altrui il fuoco ond’è arso; il Ferri, assetato di "vasto impero e di superba altezza", ha la parola precisa, ornata, fluida come la magnifica trionfante barba; il Bardazzi, forte, selvaggio, odiatore della greppia e del branco, corre senza morso…"

[10] - Risultarono eletti:

On. Prof. Luigi Credaro, presidente (Pavia) voti 175

Sotero Ferri, vice presidente (maestro-Roma) voti 132

Siro Corti " " (direttore-Roma) " 99

Pietro Faudella, consigliere (maestro-Napoli) " 152

On. Prof. Antonio Fradeletto " (Venezia) " 149

Vitt. Emanuele Mariani " (maestro-Milano) " 140

Prof. Luigi Friso cav. " (Pavia) " 133

Ermengarda Caramelli " (maestro-Firenze) " 120

Pio Squadrani " (direttore-Forlì) " 120

[11] - Fu la seconda associazione nazionale di lavoratori a costituirsi in Italia, dopo quella dei ferrovieri e prima di quella dei postelegrafonici.

 

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