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Il diritto alla privacy e ricerca scientifica
di Renzo Remotti |
1. Alcune considerazioni generali.
Con
lemanazione della legge 31 dicembre 1996, n. 675 il concetto di
privacy è entrato a far parte del nostro ordinamento giuridico .
La nostra Costituzione, infatti, a differenza di altri ordinamenti costituzionali
non prevede esplicitamente un diritto alla vita privata, tanto che la Corte Costituzionale
e la Suprema Corte di Cassazione per colmare questa lacuna hanno dovuto in più occasioni
fare riferimento al diritto internazionale attraverso lart. 10. della costituzione
repubblicana. La Corte Costituzionale, per esempio, con una sentenza del 1973
relativamente agli artt. 10 c.c. e 96 e 97 della legge 22 aprile 1941, n. 633 sul diritto
d'autore posti a tutela dellimmagine ha affermato che le citate norme non
contrastano con le norme costituzionali ed, anzi, mirano a tutelare e a realizzare i fini
dell'art. 2 affermati anche negli artt. 3, secondo comma, e 13, primo comma, che
riconoscono e garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo, fra i quali rientra quello del
proprio decoro, del proprio onore, della propria rispettabilità, riservatezza, intimità
e reputazione, sanciti espressamente negli artt. 8 e 10 della Convenzione europea dei
diritti dell'uomo.
Pertanto
sostenere che il nostro ordinamento non prevede il diritto alla privacy sul piano
costituzionale è solo parzialmente vero. Larticolo 10 della carta costituzionale
permette di introdurre nel nostro sistema giuridico la Convenzione europea dei diritti
delluomo, che prevede il diritto oggetto del presente saggio. Una volta accolta
questa argomentazione, è evidente che ogni dubbio intorno alla tecnica giuridica seguita
dal nostro legislatore è fugato. Infatti la legge 675\96 non è altro che la necessaria
conseguenza di un preciso obbligo costituzionale . Questultima
impostazione fu seguita anche dal penalista Vassalli: la base per il riconoscimento,
già de iure condito, di un diritto allintimità della vita privata e per
leventuale creazione di speciali norme penali volte ad impedire arbitrarie ingerenze
nellintimità stessa.
Dal
1997 i provvedimenti legislativi si sono moltiplicati, emendando e ampliando la legge di
base non sempre, a dire il vero, in modo coerente, mentre lattività
dellAuthority prevista dallart. 30 della citata l. 675\96 è andata crescendo
con una serie di importati provvedimenti nei campi più disparati.
Lapparente
incoerenza può peraltro essere spiegata dal mutamento repentino che la nozione di privacy
ha subito sul piano legislativo. Dalla semplice tutela della vita intima si è passati
alla tutela di una vera e propria sfera individuale inviolabile dai poteri pubblici a
garanzia di unarmoniosa identità personale. Concetti metafisici ed etici quali la
dignità personale fanno ormai parte del nostro ordinamento giuridico positivo e stanno
entrando nelle aule giudiziarie .
Molte
autorevoli voci si sono sollevate contro la legge sulla privacy, rilevando in sintesi che
la legge è troppo indeterminata e poco chiara nel perseguire i propri obiettivi. Secondo
per esempio Jori Quando affermo che la legge 675/96 sulla protezione dei dati
personali è un caso di cattiva legge, ricorro a una espressione di uso normale tra
i giuristi positivi, i quali ritengono comunemente di poter giudicare il valore
tecnico-giuridico di una legislazione, in modo indipendente dalle opinioni che si possa
avere sulle specifiche scelte di sostanza compiute dalla legge stessa. Queste ultime
vengono considerate delle scelte di politica giuridica su cui la giurisprudenza non può
tecnicamente pronunciarsi. Quando si parla di difetti di una cattiva legge non
si intende dunque far riferimento a scelte o valori politici in senso forte, ma a valori
tecnici comuni a ogni possibile legislazione, e indipendenti dalle eventuali opinioni
politiche dellinterprete sul modo in cui la specifica materia regolamentata dalla
legge dovrebbe essere regolata. In questo senso la buona legge è una legge
che persegue in modo efficace o almeno comprensibile i propri obbiettivi,
indipendentemente dallopinione sul valore di tali obbiettivi.
Queste considerazioni sono condivisibili solo se non si tiene conto della natura sui
generis della legge. La privacy è un diritto che, pur non essendo previsto espressamente
dalla nostra costituzione, tuttavia, come subito si chiarirà, esso sia secondo la
dottrina che la giurisprudenza è derivabile dal diritto internazionale, vincolante ai
sensi degli articoli 2 e 10 della Costituzione. Senza dubbio da un punto di vista di
stretta tecnica giuridica si sarebbe dovuto ricorrere almeno ad una legge costituzionale,
se non addirittura a una vera e propria modifica della costituzione. Come ha rilevato
lautore citato: Una fonte di incertezze interpretative di grande rilevanza, è
dunque conseguenza della pretesa di regolare in qualche modo lintero mondo, compreso
il mondo giuridico, con una legge ordinaria e non costituzionale. La 675/96 dispone che le
leggi incompatibili sono da considerarsi abrogate (art. 43). E ovvio che questo
sarebbe comunque una normale conseguenza del principio di successione temporale delle
leggi ordinarie, il principio che ceteris paribus la legge posteriore abroga
lanteriore. Ma, come tutti i giuristi sanno, questo semplice principio non risolve
infiniti problemi riguardanti la abrogazione implicita delle leggi in contrasto. Ancor
meno risolve il problema della derogazione delle leggi speciali, siano esse anteriori o
posteriori. Così le norme di altre leggi anche anteriori potrebbero prevalere dopotutto,
se esse venissero considerate leggi speciali rispetto alla legge sulla protezione dei
dati. Il tutto è lasciato allinterprete e nella più grande incertezza .
Non si può non concordare con tale interpretazione, ma si deve proporre qualche
precisazione. Linderogabilità di una più precisa normativa concernente la privacy
nacque, nonostante tutti i dubbi, per due ragioni importanti. Su un piano teorico già
negli anni settanta autorevole dottrina aveva sottolineato lesigenza di rendere più
opachi possibile tutti quei dati, il cui uso arbitrario possa ridurre le legittime
libertà dei cittadini: lesistenza di un profondo processo di revisione dei
criteri di classificazione delle informazioni personali, secondo una scala di valori
rinnovata, in cui il massimo di opacità dovrebbe essere garantito alle informazioni
suscettibili di provocare pratiche discriminatorie e il massimo di trasparenza a quelle
che, inerendo alla sfera economica dei soggetti concorrono a determinare decisioni di
rilevanza collettiva.
Inoltre sul piano più squisitamente legislativo non si deve dimenticare che lItalia
non poteva non adeguarsi a precisi orientamenti dellUnione Europea, in particolare
al principio introdotto dallart. 7 della direttiva 95/46CE secondo cui il
trattamento dei dati personali non è permesso senza il consenso degli interessati. La
direttiva 95/46/CE del Parlamento e del Consiglio dell'Unione Europea appare ispirata ai
principi che molti operatori economici vorrebbero vedere riproposti nelle normative
nazionali. Inoltre lart. 2, lettera h) della medesima direttiva ha sancito che per
consenso della persona interessata si intende qualsiasi manifestazione di volontà
libera, specifica ed informata con la quale la persona interessata accetta che i dati che
la riguardano siano oggetto di trattamento.
La
direttiva citata ai sensi dellart. 26 sancisce:
1)
The data subject has consented to the transfer;
2)
The transfer is necessary for performance of a contract between the data subject and the
transferring entity;
3)
The transfer is necessary for performance of a contract between the transferring entity
and a third party that is in the interest of the data subject;
4)
The transfer is necessary or legally required on important public interest grounds, or
necessary for the exercise or defense of a legal claim;
5)
The transfer is necessary in order to protect the vital interests of the data subject; or
6)
The transfer is made from a register which is intended to provide information to the
public.
E
naturale che un mutamento giuridico così profondo sia su un piano pratico che teorico
implichi allinizio incertezze, incoerenze, dubbi di vario genere. Di fronte a tali
norme per la normativa italiana non derivava solo un obbligo costituzionale indiretto
(artt. 2 e 10 cost.), ma, in quanto Stato membro dellUnione, un pieno vincolo
internazionale.
Anche
il decreto legislativo 30 Luglio 1999, n. 281, con cui vengono apportate
importanti modifiche alla legge, emendamenti che coinvolgono la ricerca scientifica in
genere e in particolare il trattamento di dati personali per finalità statistiche,
storiche e della ricerca scientifica nasce da precise raccomandazioni dellUnione
Europea .
In questo saggio si tratteggerà un aspetto particolare della legge, ossia il rapporto tra
privacy e ricerca scientifica. Il progresso tecnologico, lespandersi della ricerca,
il moltiplicarsi degli enti più o meno indipendenti che operano in questi campi rende
necessaria una riflessione sui riflessi giuridici, che in tema di privacy indubbiamente
vengono sollevati. La dottrina si è molto diffusamente dilungata sui rapporti tra privacy
e attività giornalistica ovvero il trattamento dei dati personali e interventi sanitari.
Minori sono gli studi sui trattamento dei dati personali in rapporto alla ricerca
scientifica. La questione giuridica principale è che si deve contemperare da un lato la
libertà della ricerca scientifica, sancita dallart. 33 della Costituzione,
dallaltra linteresse dei privati a non vedere violata la propria vita
personale nel rispetto della normativa a tutela della privacy. Non vi è dubbio che per
molte ricerche sia necessario utilizzare dati personali, quali le convinzioni religiose,
le tendenze sessuali, le opinioni politiche etc. Quando questi dati violano la privacy? E
quando è necessario ottemperare agli obblighi previsti dalla legge (notifica al Garante
etc.)? Prima di continuare bisogna chiarire quale bene giuridico tutela la legge.
lart. 1 della l. 6751\96 sancisce: La presente legge garantisce che il
trattamento dei dati personali si svolga nel rispetto dei diritti, delle libertà
fondamentali, nonché della dignità delle persone fisiche, con particolare riferimento
alla riservatezza e all'identità personale; garantisce altresì i diritti delle persone
giuridiche e di ogni altro ente o associazione.
Pubblicato sulla G.U. n. 191 del 16/8/1999
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