La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Il Movimento di Cooperazione Educativa sostenitore e divulgatore dei valori della <<pedagogia popolare>>.
di  Barbara Romeo

2 Le tecniche di vita “vitali” per l’attuazione di una <<pedagogia popolare>>

La pedagogia frenetiana fa capo alla figura di Célestin Freinet[1] maestro elementare di una scuola a Bar-sur-Loup.

Alla base del processo educativo, secondo Freinet, vi deve essere uno stretto rapporto con il mondo circostante, conosciuto dal bambino ; questo rapporto si esplica mediante l’azione e una continua sperimentazione, dove la pratica precede la regola.

Il maestro in Freinet occupa un posto centrale, è lui che fa la scuola, che la migliora suggerendo strategie e tecniche all’insegna della laicità ; il suo compito è quello di abituare il bambino a procedere per tentativi ed errori. Il maestro assume il ruolo di collaboratore e coordinatore che guida il bambino nella utilizzazione di determinati strumenti necessari per la formazione globale dell’alunno.

Nell’ambito della pedagogia frenetiana, adottata dal MCE, la differenziazione tra tecniche e metodi è di vitale importanza ; tale differenziazione viene sottolineata da Bruno Ciari il quale afferma che essendo il metodo una realtà chiusa in se stessa, che non consente quell’apertura dinamica necessaria per l’attuazione di una pedagogia popolare, non risponde alle esigenze di una scuola che deve tenere conto dello stretto rapporto esistente con la società e le sue innumerevoli sfumature; ciò che invece rispetta i sempre diversi bisogni sociali è la tecnica. La tecnica, grazie alla sua flessibilità, ha la caratteristica sia di aderire alla realtà quotidiana del bambino sia di essere funzionale alla realtà sociale ; ma la caratteristica che differenzia in modo totale le tecniche dai metodi è la loro funzione sociale; infatti nelle tecniche usate dal MCE si attuano una serie di valori umani quali l’autonomia , il senso critica e il senso di responsabilità, che il bambino non ha naturalmente, ma che possono essere assimilati mediante la realizzazione di rapporti sociali ; tali tecniche hanno come valore implicito quello della democrazia ; una scuola è democratica nel momento in cui rispetti le individualità (la conoscenza profonda delle potenzialità, dei limiti e dei bisogni del bambino è il punto di partenza della didattica MCE) e liberi l’intelligenza. Quindi una scuola che adotti le <<tecniche di vita>> e che per questo si dice popolare deve, come primo scopo, liberare intellettualmente e socialmente il bambino allontanandolo il più possibile dal conformismo e l’omologazione sociale.

L’approccio pedagogico elaborato da Freinet è caratterizzato dall’attuazione di una serie di strumenti chiamati <<tecniche di vita>> che sono : la tipografia, il testo libero, lo schedario vivente e la corrispondenza interscolastica.

La Tipografia è un vero e proprio complesso tipografico tramite il quale i bambini, con l’aiuto del maestro che in questo ambiente non occupa un ruolo autoritario ma è per lo più un coordinatore di attività didattiche, stampano testi da loro scritti che vengono denominati testi liberi, che a loro volta costituiscono la seconda delle <<tecniche di vita>>. Il testo libero è una sorta di diario scritto dai bambini grazie al quale il maestro può comprendere sia le esigenze di ogni alunno, sia la loro vera natura ; alcuni di questi testi vengono riuniti nel <<giornalino di classe>> che viene in un primo tempo strutturato dalla classe, in un secondo tempo stampato e poi, tramite la Corrispondenza interscolastica, terza tecnica Freinet, viene spedito ad altre scuole per agevolare lo scambio di informazioni tra classi di regioni diverse.

La quarta tecnica è lo schedario vivente ; quest’ultima è creata dai bambini, i quali spinti dai loro interessi riuniscono e schedano nozioni storiche, geografiche e letterarie creando, così, uno strumento estendibile, flessibile e perennemente passibile di aggiornamento.

Lo schedario scolastico risponde a tre necessità : 1) completa il materiale scolastico ; 2) consente l’applicazione di un insegnamento individualizzato con l’utilizzo di materiale autocorrettivo per tutto l insegnamento ; 3) permette di non ricorrere, da parte del maestro, alla stampa costosa[2].

Il lavoro dello schedario è il risultato del lavoro cooperativo degli insegnanti che mettendo a disposizione degli alunni, per le loro ricerche, documenti (storici, di attualità, geografici) che possono con il tempo completati e approfonditi ; lo schedario è un vero lavoro cooperativo in quanto nel momento in cui una scheda viene creata nella classe verrà, poi, sottoposta al giudizio di molte altre scuole e solo dopo vari suggerimenti potrà essere pubblicata e diffusa.

L’insegnante per poter sviluppare in maniera adeguata le tecniche Freinet in una scuola del popolo, dovrà evolvere il proprio ruolo ed elevarlo a <<sperimentalista democratico>>[3], il quale essendo portatore di molti contenuti scientifici li inserirà nella realtà scolastica quotidiana ; ciò può essere concretamente attuato con l’utilizzo delle tecniche Freinet, le quali, secondo il pensiero di Aldo Visalberghi[4], essendo aperte alla sperimentazione e alla continua revisione promuoveranno, specialmente nelle scuole rurali, attività espressive, comunicative, manuali ed artistiche liberando, così, gli allievi dalla posizione subalterna nella quale sono stati posti dal <<pedagogismo delle scuole modello>>[5].

Secondo Freinet il maestro riuscirà a conferire valore, personalità e dignità al bambino solo se lo vedrà come realmente esso è cioè figlio del popolo ; la vera pedagogia popolare oltre a venire dal basso deve esprimere la continuità naturale della vita familiare, del paese nel rispetto delle tradizioni e conoscenza profonda dell’ambiente ; il maestro deve offrire tutti quegli strumenti che consentano oltre la soddisfacimento dei bisogni dell’alunno anche di contribuire alla sua istruzione ed elevazione.

La liberazione dell’allievo è agevolata dal suo inserimento nel clima cooperativo che si crea all’interno della classe-comunità , nella quale il lavoro di ognuno si completa con il lavoro degli altri; la cooperazione risulta essere l’elemento portante della didattica Freinet ; infatti la stessa strutturazione delle tecniche esige una serie di rapporti cooperativi che si devono instaurare tra gli alunni, tra l’insegnante e la sua classe-comunità e tra gli insegnanti stessi.

I presupposti della pedagogia popolare di Freinet e le sue <<tecniche di vita>> vengono sperimentati e poi adottati definitivamente nel 1957 dal Movimento di Cooperazione Educativa ; nello statuto legale del MCE, febbraio 1957, viene sottolineato che tale pedagogia frenetiana sarà un modello di riferimento per tutti quei maestri interessati a rinnovare democraticamente la scuola, ma essa dovrà essere adattata alla società italiana  e quindi non adottata in modo assoluto e dogmatico.

E’ importante, per meglio capire la natura della CTS e del MCE, porre in rilievo come la didattica frenetiana venne utilizzata da Tamagnini e dai tanti insegnanti che hanno contribuito all’evoluzione del Movimento.

Molti insegnanti italiani all’inizio della loro nuova esperienza didattica manifestarono un certo scetticismo nato dalla forte difficoltà ad abbandonare i familiari metodi educativi. Per quanto riguarda la Tipografia la paura principale era data dal fatto che si sarebbe potuta creare molta confusione e l’aula si sarebbe potuta tramutare in una sala di ricreazione ; lo scetticismo verteva sulla considerazione che gli alunni di solito più esuberanti degli altri avrebbero potuto sfruttare tale occasione per creare confusione. Invece con la messa in atto della Tipografia si notò che anche gli elementi considerati peggiori esercitavano tale attività con molta serietà ed impegno. I bambini, infatti, sapendo che il loro lavoro, una volta stampato, veniva inviato ad altre scuole cercavano di fare il meglio e si dedicavano totalmente alla buona stesura dei testi. All’interno della classe, con il tempo, si veniva a creare un forte nesso tra libertà e disciplina in quanto il bambino, da solo, arrivava alla consapevolezza del bisogno di ordine che stava alla base del lavoro produttivo.

Giuseppe Tamagnini cerca di aiutare gli insegnanti MCE, nel superamento di tali ostacoli, parlando di <<didattica operativa>>[6]; essa è basata sulla consapevolezza dell’importanza dell’azione che ha un suo valore specifico ; ogni procedimento didattico deve rispettare alcuni principi che sono : individualizzazione, socializzazione, operatività, motivazione, concretezza, unità e organicità.

L’individualizzazione ha un proprio settore che è quello dell’esercitazione ; essa ha una sua motivazione sociale in quanto rappresenta lo sforzo dell’individuo alla conquista di abilità pratiche indispensabili per l’inserimento attivo nella comunità sociale. All’interno di una comunità operante i membri operano in funzione di fini comuni ; il concetto di operatività presuppone il concetto di funzionalità le attività che l’individuo svolge devono tendere al raggiungimento di risultati pratici per il soddisfacimento di un bisogno.

Il principio di motivazione, che poi rappresenta l’elemento più importante della didattica operativa, si snoda su due fronti : quello dell’insegnante che deve agire consapevolmente ed avere consapevolezza del fine e quello dell’alunno che deve, gradualmente, riuscire ad acquisire tale consapevolezza.

Secondo Tamagnini e i suoi collaboratori l’azione educativa deve rispondere a una doppia motivazione : 1) soggettiva : deve partire dalle esigenze reali e concrete del bambino ; 2) oggettiva : la capacità del bambino che deve giungere ad un fine intenzionale precedentemente ipotizzato.

Nelle classi MCE l’organizzazione didattica è basilare, infatti, tutto il materiale didattico è coordinato in modo organico ; perché possa esistere una comunità operante il coordinamento delle attività è funzionale al raggiungimento delle finalità scolastiche ; nella classe la vita degli alunni viene gradualmente pianificata in modo tale che ogni componente contribuisce attivamente all’opera organizzativa.

L’ultimo principio è quello della concretezza che si deve manifestare in ogni momento dell’attività scolastica, infatti, il bambino deve affrontare eventi e problemi conosciuti nella sua realtà sociale

E’ sul rispetto di questi semplici principi che gli insegnanti CTS prima e MCE poi, basano la loro metodologia fornendo un diverso valore educativo alle tecniche Freinet ; partendo sia dall’idea secondo la quale l’educazione è un processo di socializzazione, sia dalla consapevolezza che il punto di partenza dell’educatore è l’educando, si arriva allo scopo dell’educazione che è la formazione della coscienza democratica nell’alunno.



[1] Célestin Freinet (1896-1966). Nel 1957 Célestin Freinet in un Congresso a Nantes del  I.C.E.M. (Institut Cooperatif de l’école Moderne) costituisce, poi nel 1958 a Bruxelles, la  F.I.M.E.M. (Federation Internationale des Mouvements d’école Moderne - pedagogie Freinet). Le notizie sono tratte da <<école>>, a. VIII, n.44, novembre 1996, p. 12.

[2] Freinet élise e Célestin, Nascita di una pedagogia popolare, Firenze, La Nuova Italia, 1955, p.76.

[3] Visalberghi Aldo, Freinet, o della concretezza illuminata, in Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La Nuova Italia, MCE, 1999, p.73.

[4] Aldo Visalberghi. Professore all’Istituto Magistrale di Aosta, frequentò per molti anni la Casa MCE di Frontale, collaborando attivamente alle attività del Movimento, conosciuto tramite Gianna Bonis. Docente universitario e pedagogista è stato anche condirettore di <<Scuola e Città>>.

[5] Cives Giacomo, Educarsi a cooperare. I pedagogisti laico-democratici, la <<scuola di Firenze>> nel MCE (dal 1950 a oggi), in Catarsi Enzo, Freinet e la <<pedagogia popolare>> in Italia, Milano, La Nuova Italia, MCE, 1999, p.73.

[6] Tamagnini Giuseppe, Didattica operativa, Frontale, Edizioni MCE, 1965.

 

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