La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Il Movimento di Cooperazione Educativa sostenitore e divulgatore dei valori della <<pedagogia popolare>>.
di  Barbara Romeo

5 La comunità di amici : una grande famiglia

La fase <<esistenziale>> (1952-1964) attraversata dal Movimento italiano fu segnata da due eventi importanti : la nascita della casa-vacanze a frontale e il sorgere del Movimento di Cooperazione Educativa.

L’aspetto didattico che caratterizza la fase <<esistenziale>> è quello di uno speciale rapporto umano dove sia gli alunni sia l’insegnante <<esistono>>.

Insegnanti e alunni vivono in una classe-comunità che non seleziona e giudica ed utilizzano la cooperazione come strumento per la valorizzazione di maestri, alunni e genitori.

Raffaele Laporta in un articolo del gennaio del 1964[1] cerca di spiegare il vero valore della cooperazione educativa, che, poi, altro non è che la possibilità data al maestro di divenire collaboratore e vivificatore delle idee che applica e non soltanto esecutore. La cooperazione della quale parla Laporta ha, nel rispetto delle necessità scolastiche, tre nuove esigenze : estendere l’azione cooperativa alla comunità scolastica, specificare la sua posizione nella scuola media, ridiscutere la sua funzionalità all’interno del Movimento stesso. Esiste un denominatore comune a queste tre esigenze che è quello di una riflessione approfondita su ciò che è stato fatto finora nelle classi MCE per poter, finalmente, giungere ad una linea educativa centrata sulla pratica globale della tecniche Freinet, infatti non si può più ridurre la cooperazione, la sperimentazione e le tecniche di vita alla sola esperienza del singolo maestro che poi, in alcune occasioni, quali convegni, dibattiti e congressi, esporrà i suoi risultati.

La cooperazione nascendo, dallo sforzo organizzativo di una comunità più ampia della classe, dovrà cercare, tramite una continua autocritica e riflessione su se stessa, di individuare mezzi e strumenti per potere essere funzionale ad una comunità scolastica superiore alla classe ; un primo passo potrà essere, sempre secondo Laporta, rappresentato da una estensione della tipografia di classe a tipografia che stampa il giornale di tutta la comunità, o di una corrispondenza con coetanei lontani analizzata, ora, psicologicamente e sociologicamente sia per la rivelazione di interessi comuni ai ragazzi sia per la conoscenza dei limiti e delle potenzialità intellettuali intrinseche all’alunno.

Questo articolo è interessante non solo per l’esposizione delle tre esigenze che vogliono rendere più globale il discorso sulla cooperazione, ma soprattutto per l’emergere di una sentita necessità di evolvere ed estendere il discorso Freinet verso una realtà più ampia

Vi era da parte degli insegnanti una profonda conoscenza del mondo del bambino e un forte rispetto per la personalità infantile ; da ciò nasceva il primo scopo dell’atto educativo, tipico dei maestri MCE, e cioè quello della liberazione e sviluppo della personalità del bambino. Tale sviluppo era reso possibile dalla creazione di un ambiente autonomo che si distaccava completamente da quello imposto dalla cultura ufficiale. Il nuovo ambiente era elaborato giornalmente con l’utilizzo di elementi conosciuti dal bambino nella sua quotidianità. L’atto educativo era inteso come << “caldo” rapporto umano >>[2]

Questo insieme di elementi caratterizzavano la classe-comunità, voluta dagli insegnanti MCE. Ed è proprio in questa prima fase che si sente l’esigenza, oltre alla sperimentazione, di diffondere e comunicare a più insegnanti possibili le esperienze vissute, all’insegna di uno sviluppo quantitativo oltre che qualitativo.

Giuseppe Tamagnini, per primo, intuì l’importanza di agevolare la nascita di rapporti affettivi tra i maestri ; ciò avrebbe consentito l’evoluzione della CTS da organizzazione di insegnanti che avrebbero, sì, sperimentato le tecniche Freinet, ma in modo isolato ed autonomo, ad una organizzazione di insegnanti che uniti dall’amicizia e dal rispetto reciproco avrebbero conferito a quest’ultima una forza tale da resistere alle difficoltà ed agli ostacoli mossi dall’esterno.

Secondo Giuseppe Tamagnini è proprio la comunità di amici che costituisce l’essenza vitale del Movimento ; esso esiste grazie al continuo interessamento dei colleghi che contribuiscono alla sua evoluzione con l’attività didattica, sempre e comunque, resa pubblica e soggetta a suggerimenti. Si viene così a creare una ragnatela di relazioni professionali, i colleghi sono comunque insegnanti che hanno studiato precedentemente le tecniche Freinet, e affettive, i colleghi sono anche amici, che estendendosi in Italia e all’estero fanno si che il Movimento possa attuare il suo fine e cioè quello dello sviluppo di una scuola popolare :

<<La nostra non è una delle solite associazioni i cui rapporti restano su un piano più o meno impersonale, ma è una comunità di amici che può reggersi e operare solo sulla base di una effettiva collaborazione in cui tutti si sentano impegnati e responsabili : vi prego pertanto di non considerare queste espressioni come un discorsetto d’occasione per l’inizio dell’anno scolastico, ma come una lettera personale diretta a ognuno di voi - se non fosse per lo spazio farei seguire qui l’elenco di tutti i vostri nomi - in cui chiedo il vostro parere e il vostro consiglio, in cui vi prego di farmi conoscere le vostre prospettive di lavoro, le condizioni in cui esse si svolgono, le difficoltà, i dubbi, le incertezze, ecc. ; in cui vi prego e vi impegno personalmente ad una risposta >>[3].

Fu proprio a Frontale, nella casa di Tamagnini ristrutturata per accogliere gruppi di quindici insegnanti, che con l’organizzazione di stages estivi a carattere didattico gli insegnanti, che ne presero parte, vennero travolti da un clima familiare e amichevole che difficilmente non scatenò, in loro, sia l’entusiasmo per la sperimentazione delle tecniche (questi stages erano organizzati per chiarire punti diversi della pedagogia popolare), sia l’entusiasmo di ognuno che si sentiva parte attiva, integrante e vitale della CTS.

Le giornate vissute a Frontale erano caratterizzate dalla libera discussione e dal rispetto reciproco, ognuno poteva liberamente esporre le sue idee dando vita, così, a dibattiti e discussioni ; coloro che partecipavano agli incontri estivi affermavano che lì si viveva secondo i principi democratici, c’era il rispetto delle regole del vivere comune e, cosa più importante, imparavano a lavorare insieme ; l’ideale democratico costituiva il fine e il mezzo dell’educazione, e solo tramite esso si poteva educare e ci si poteva formare per educare.

Per tutti gli insegnanti che parteciparono alle attività estive Frontale fu la loro occasione per uscire dalla monotonia del lavoro scolastico e poter finalmente, in un ambiente fraterno e sincero, sia confrontarsi con colleghi di più parti d’Italia sia discutere su ciò che era e doveva diventare la scuola.

Il rapporto con Célestin Freinet e il Movimento francese fu anch’esso vitale per il Movimento italiano che, almeno fino al 1965, riteneva importantissimo il legame fraterno con i colleghi francesi.

Freinet, nelle sue innumerevoli lettere spedite a Tamagnini e poi pubblicate sulla rivista <<Cooperazione educativa>>, richiede a tutti i membri MCE uno sforzo continuo sia per una ricerca permanente e sia per un continuo miglioramento degli strumenti e delle tecniche utilizzate quali la tipografia o la corrispondenza interscolastica. Un lavoro che non dovrà mai perdere di vista la quotidianità. Infatti, Freinet afferma che è nella capacità di adattamento e di rigenerazione continua della didattica che si misura la qualità di un movimento pedagogico che ha come scopo quello di liberare la cultura, non solo pedagogica, dai limiti imposti da una cultura essenzialmente classista e chiusa ai nuovi bisogni sociali.

Célestin Freinet chiarisce l’importanza della cooperazione sia all’interno del rapporto educativo sia all’interno del rapporto tra gli insegnanti, anche e soprattutto da un punto di vista umano. Il movimento italiano nel suo percorso rimarrà legato al movimento francese da un tipo di legame flessibile che consentirà un reciproco confronto e sostenimento anche nei momenti più difficili. Freinet non sarà solo un punto di riferimento lontano e distaccato ma una guida che sarà sempre pronta al confronto diretto e allo scambio reciproco di informazioni e impressioni

Tra il 1952 e il 1964 gli insegnanti MCE incontrarono molte difficoltà nell’inserire le <<tecniche di vita>> all’interno della scuola tradizionale ; ciò a causa di un malfunzionamento della scuola stessa, la quale basava il proprio sistema educativo su programmi scolastici decisi solo ed esclusivamente da un corpo insegnante non legato da un sentimento cooperativo.

I maestri MCE dovettero lottare ed impegnarsi molto, spinti dall’entusiasmo nato dal fatto che ognuno si sentiva parte attiva ed importante del Movimento, per l’attuazione di una metodologia didattica alternativa a quella tradizionale.

Tutto questo entusiasmo per le attività della Cooperativa della Tipografia a Scuola fece sì che un sempre maggiore numero di insegnanti si unì all’organizzazione che in pochi anni, precisamente dal 1957, si trasformò in Movimento di Cooperazione Educativa ; ora il Movimento aveva un proprio statuto legalmente riconosciuto e un suo Consiglio Direttivo composto in primis da Giuseppe Tamagnini, Aldo Pettini, Bruno Ciari e Anna Fantini.

Con la costituzione legale del MCE (10-11 febbraio 1957 Firenze) Tamagnini sottolinea l’impegno del Movimento per lo sviluppo di una didattica cooperativa che si sviluppi di pari passo con la ricerca pedagogica. Ed è proprio in questo momento che l’educazione acquista valenza esistenziale ; la pedagogia, come disciplina, non è una teoria astratta ma è strettamente legata alla vita dell’alunno e dell’insegnante, cresce e si evolve nel rispetto della natura dell’individuo e dei suoi bisogni.

Fu proprio in questo anno che la rivista <<Cooperazione educativa>> passò alla casa editrice La Nuova Italia ; questo fu un passaggio necessario per poter rispondere alla sempre più crescente richiesta, da parte dei lettori, di copie della rivista.

L’ampliamento quantitativo e qualitativo del MCE consentì a quest’ultimo sia di sperimentare ad ampio raggio le tecniche di vita e di conseguenza riaffermare la loro validità non solo a livello di scuola elementare, ma anche a livello della scuola superiore, sia di misurarsi con le diverse e nuove esigenze di coloro che entrando a far parte del Movimento dopo il 1965 faticarono a instaurare rapporti cooperativi con il Consiglio direttivo.

Se da una parte la nascita effettiva del Movimento di Cooperazione Educativa fu una grande conquista, anche inaspettata, dei pochi <<amici>> che iniziarono questa avventura didattica, d’altra parte numerose furono le difficoltà incontrate in questo ambito. Infatti una grande organizzazione, basata sulla libera discussione e sulla continua analisi di ogni esperienza didattica dovrà, inevitabilmente, fare i conti con perplessità e quesiti posti da chi non riusciva ad attuare pienamente le nuove tecniche ; ciò determinò una serie di fratture interne al movimento, latenti in questo periodo, che portarono successivamente ad uno scollamento di quest’ultimo.

Analizzando gli ultimi anni di questa fase emerge chiaramente che i rapporti affettivi che costituivano la forza vitale della CTS e del MCE erano, in qualche modo, prerogativa del gruppo promotore, che successivamente sarà denominato dei <<vecchi>> ; l’amicizia, l’affetto e il rispetto totale, se era sempre stato presente tra Giuseppe Tamagnini, Aldo Pettini, Anna Fantini, Bruno Ciari e tanti altri, non era invece presente tra i <<nuovi>> aderenti, e ciò fu una delle cause che determinò l’allontanamento radicale dei <<vecchi>> tra il 1968 e il 1969.



[1] Laporta Raffaele Sulla cooperazione educativa, in <<Cooperazione educativa>>, a. XIII, n.1, gennaio 1964, pp. 27-28.

[2] Alfieri Fiorenzo, Il mestiere di maestro, Milano EMME Edizioni, 1974, p.146.

[3] Tamagnini Giuseppe Carissimi amici, in <<Cooperazione educativa>>, a. II, n.12, ottobre 1953, p.1.

 

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