La Mediazione PedagogicaLiber Liber

Il medico degli infermi, il professore degli infermieri. Antonio Alberti, ad un anno dalla morte
di  Nicola Siciliani de Cumis

2. Seconda parte

Che stia qui, pertanto, la radice stessa della crisi della professione-infermiere e del conseguente rifiuto "di competenza" e "di attività", che arriva fino a noi e di cui le cronache odierne restituiscono mutatis mutandis le problematiche in atto? E se, ben al di là dello stesso contributo critico ed autocritico di massima ("tecnico + politico") prefigurato da Alberti, spettasse proprio alla pedagogia di mediare sul terreno della riflessione sul "ruolo", della formazione professionale, della produzione e dell’ampliamento delle competenze infermieristiche specifiche? Non conviene pertanto tentare di guardar dentro allo "stato dell’arte" (relativamente alla formazione dell’infermiere), anche dal punto di osservazione dell’"Enciclopedia pedagogica" e delle sue attinenze (altrettanto "tecniche", altrettanto "politiche")?

Di qui allora la terza ragione, forse, dell’ipotizzato, proficuo soffermarsi sulla figura e sull’opera di Alberti, anche nella chiave formativa (educativa, scolastica, didattica ecc.) di cui si diceva più sopra. Basterebbe mettere in relazione alcuni dei testi parlamentari del Senatore calabrese, alcune delle sue riflessioni accademiche e, ancora di più, la effettualità esistenziale del suo essere stato per molti decenni medico in un certo modo, con le più recenti espressioni di esigenze civili in fatto di professionalità infermieristiche, per ritrovare tutta la ricchezza operativa e la forza deontologica del lascito politico-scientifico di Alberti (cfr. quindi id., Importanza delle professioni paramediche per la qualificazione dell’ospedale, in estratto, Catanzaro, La Tipomeccanica, s. d.; e A. Alberti, F. Cavazzuti, F. Ongaro Basaglia, La riforma degli ospedaliera, in La Cellula Ospedaliera. Clinica, Anno XII, 1986, n. 2, pp. 3-7).

Tanto per fare un solo esempio, sono infatti concetti tipici dell’Alberti di trenta-venti anni fa questi, che possono ricavarsi dal testo odierno concernente il Patto con il cittadino malato, approvato il 12 maggio 1999 dall’organizzazione rappresentativa degli infermieri professionali (e messo a stampa, da ultimo, dal su citato numero di Il Salvagente):

"Io infermiere mi impegno nei tuoi confronti a:

  • presentarmi al nostro primo incontro, spiegarti chi sono e cosa posso fare per te;
  • sapere chi sei, riconoscerti, chiamarti per nome e cognome;
  • farmi riconoscere attraverso la divisa e il cartellino di riconoscimento;
  • darti risposte chiare e comprensibili o indirizzarti alle persone e agli organi competenti;
  • fornirti informazioni utili a rendere più agevole il tuo contatto con l’insieme dei servizi sanitari;
  • garantirti le migliori condizioni igieniche e ambientali;
  • favorirti nel mantenere le tue relazioni sociali e familiari;
  • rispettare il tuo tempo e le tue abitudini;
  • aiutarti ad affrontare in modo equilibrato e dignitoso la tua giornata supportandoti nei gesti quotidiani di mangiare, lavarsi, muoversi, dormire, quando non sei in grado di farlo da solo;
  • individuare i tuoi bisogni di assistenza, condividerli con te, proporti le possibili soluzioni, operare insieme per risolvere i problemi;
  • insegnarti quali sono i comportamenti più adeguati per ottimizzare il tuo stato di salute nel rispetto delle tue scelte e stile di vita;
  • garantirti competenza, abilità e umanità nello svolgimento delle tue prestazioni assistenziali;
  • rispettare la tua dignità, le tue insicurezze e garantirti la riservatessa;
  • ascoltarti con attenzione e disponibilità quando hai bisogno;
  • starti vicino quando soffri, quando hai paura, quando la medicina e la tecnica non bastano;
  • promuovere e partecipare a iniziative atte a migliorare le risposte assistenziali infermieristiche all’interno dell’organizzazione;
  • segnalare agli organi e figure competenti le situazioni che ti possono causare danni e disagi."

Varrebbe certo la pena, anche alla luce del suo "buon senso" e del nostro ipotetico "senso comune", di rivisitare un po’ tutta quanta l’opera di questo medico, scienziato, politico; e di rifarne la storia, tra biografia e formazione, educazione ed autoeducazione, pedagogia ed antipedagogia (da non dimenticare, in tale ottica, i limiti del "tecnico" che, ad un certo punto, ricorre alla "politica", per colmare in qualche modo le sproporzioni di cui quotidianamente è testimone: e non sono da tralasciare le difficoltà e le sconfitte che, proprio in quanto politico, hanno segnato l’attività, l’impegno e la lotta dell’Alberti "combattente di trincea", nella sua Calabria e fuori). E servirà probabilmente, per intenderne meglio il messaggio tra formazione e fortuna, riprendere in mano alcuni dei nostri e dei suoi "classici" di riferimento (un certo Gramsci anzitutto, ma pure, come sembra, un certo Dewey, e, forse, un po’ della Montessori, medico e pedagogista).

E, in questa ricognizione, risulterà utile rammentare i tentativi che in campo pedagogico si sono spesso prodotti nella medesima direzione indicata da Alberti in campo medico. Si pensi in particolare al contributo di Aldo Visalberghi, Maria Corda Costa e della Scuola romana (cfr., negli anni, alcuni significativi interventi sulla rivista Professioni infermieristiche, ed il più recente Apprendere ad insegnare per insegnare ad apprendere, a cura di P. Lucisano e E. Lastrucci, Roma, Borla, 1991: con i contributi, tra l’altro, di A. Visalberghi, su "Apprendimento e insegnamento nelle professioni sanitarie", pp. 15-17; di E. Bologna, "Aspetti etici e metodologici della pedagogia medica", pp. 211-34, con Bibliografia; e di A. Vassallo, "Aspetti etici e metodologici della formazione infermieristica", pp. 235-41). Ma in un’ottica più larga (per quanto limitatamente all’Italia), in questa stessa ricerca, bisognerà anche considerare (almeno) gli apporti "milanesi" di Riccardo Massa e Duccio Demetrio, quelli "bolognesi" di Angelo M. Franza, e quelli "cagliaritani" di Rita Fadda…

Tutto un lavoro, d’altro canto, di tipo storico-culturale ed etico-politico-educativo, da costruire nelle sue relazioni e sviluppi. E da impiantare cronologicamente e portare avanti criticamente, nelle sue caratteristiche differenziali: e nel corso del quale, nella prospettiva della sua riuscita, sarà davvero consigliabile tenere nel debito conto, ed a ragion veduta privilegiare, il portato originale e durevole dell’esperienza intelligente ed appassionata di Antonio Alberti. La sua specifica tendenza alla sperimentazione… Di cui varrebbe senza dubbio la pena di accertare la qualità. E magari, tra "qualità" e "quantità", l’eventuale rilievo formativo e pedagogico, anche in senso "sperimentale". Per una ipotizzabile modificazione migliorativa "mirata", organizzata, dell’esistente sanitario. In Calabria e fuori.

 

wpeD.jpg (2693 bytes)