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Remo Fornaca, la politica scolastica della Chiesa e la "sussidiarietà"
di  Giacomo Cives

1. Passato e presente della politica scolastica della Chiesa

La politica scolastica della Chiesa, sempre più ribadita attraverso raduni oceanici, comitati autorevoli, messaggi carismatici ovunque diffusi dai mass-media, è di grande interesse e attualità. Benvenuto allora il testo recente di Remo Fornaca che ne illustra proposte d’oggi e articolazioni storiche La politica scolastica della Chiesa. Dal Risorgimento al dibattito contemporaneo (Roma, Carocci, 2000, pp.257).

Remo Fornaca, finissimo e penetrante storico autorevole della pedagogia e della scuola, specie italiana e contemporanea, nonchè acuto teorico della pedagogia, studioso di onestà ed equilibrio intellettuali straordinari, ha scritto questo libro, densissimo di documentazione presentata sempre con scrupolosa esattezza, come egli chiarisce nella "Introduzione" per tre fondamentali motivi: rilevare le articolazioni della persistente e massiccia pressione della politica scolastica della Chiesa in Italia dall’Unità ad oggi; semplificare, chiarire l’ingente materiale storico raccolto al riguardo da posizioni spesso contrapposte evitando e superando “autodifese” e “critiche” tendenziose e unilaterali; approfondire il punto di vista della Chiesa in rapporto alla politica educativa (un aspetto che si collega dunque al primo punto), ma puntualizzato rispetto all’attuale momento di “svolta” e si potrebbe dire anche di minaccia, per quanto si riferisce agli obiettivi, ai metodi, agli ordinamenti della scuola, sia riguardo il vissuto quotidiano che “l’apertura ad altre culture e civiltà” (p.9).

L’originalità del volume di Fornaca a nostro avviso è allora in due aspetti fondamentali che lo caratterizzano: il primo è la registrazione e analisi specifica delle posizioni della Chiesa (encicliche, messaggi pontifici, dichiarazione della CEI ecc.) e della stampa cattolica, specie ufficiale (come “La Civiltà Cattolica” e “Avvenire”) circa la questione scolastica. Esame specifico delle posizioni e tesi della Chiesa, e non semplicemente ricostruzione del contrasto, del confronto dialettico tra Stato e Chiesa, come realizzata da vari altri autori. Qui l’analisi delle posizioni, dei documenti, dei testi pur così numerosi di ispirazione laica, oltre alla menzione ovviamente indispensabile delle leggi, dei decreti, dei documenti statali e ministeriali principali, ridotta al minimo e all’indispensabile: vengono solo ricordati quei testi laici coi quali vari documenti, prese disposizione cattoliche polemizzano e senza la cui menzione sarebbero dunque poco comprensibili.

Tutto questo come si è detto nella maniera più scrupolosa, senza alterare senso delle posizioni e dei messaggi. Ciò non toglie che l’orientamento di Fornaca, sia pure senza alcuna deformazione del confronto, sia esplicitamente laico e che l’autore non manchi di rilevare (p.12) la “differenza sostanziale” tra scuola e politica scolastica nel senso corrente e le stesse nel senso cattolico. In quest’ultima posizione non ci sono solo i dati sociali, esistenziali, istituzionali, ma “valenze ontologiche, metafisiche” a “carattere fondativo” (p.12). Al di là di ottimisti di maniera (e di comodo), appare dunque agli occhi di Fornaca una diversificazione di fondo, nei concetti e negli obiettivi, che rende le due diverse posizioni ben poco conciliabili.

Inoltre la mancata rinuncia della Chiesa cattolica a premere per “gestire la scuola dall’interno e dall’esterno” e a riconoscere l’ “effettivo senso del ruolo civile, umano, democratico della scuola” statale, istituzione non di  parte ma di unione e di confronto e dialogo per tutti, posizione sostenuta dall’attuale minacciosa “atmosfera di neoliberalismo (...),di libera concorrenza e di destalizzazione”, promette forse,  avverte Fornaca (p.15), di farle guadagnare più potere, “ma sicuramente a farne le spese saranno la scuola, la società civile, la cultura e il vivere educativo”. Ridurre il discorso a quello di una autonomia strumentale, del “sistema scolastico integrato” (una formula altamente mimetica e ambigua ), “della richiesta di aiuti finanziari”  per la scuola cattolica “ai fini di conservare una presenza motivata dall’identità religiosa e dal sostanziale scetticismo nei confronti della scuola pubblica statale” è segno di una visione carente e ristretta, in un mondo in cui si accresce la richiesta di un largo orizzonte di libertà, di democrazia, di dialogo e incontro sempre più estesi tra popoli e culture diverse.

Abbiamo detto della prima chiave che distingue felicemente il volume La politica scolastica della Chiesa: esame della posizione specifica cattolica. Ma una seconda pure importante ci sembra quella di aver collegato il quadro delle posizioni e dei problemi relativi attuali, sviluppato in sostanza negli ultimi due capitoli, con quello dello svilupparsi storico della posizione della Chiesa in Italia rispetto alla scuola, con la perdita dell’egemonia educativa esercitata negli stati assoluti e la restaurazione a iniziare dalla legge Boncompagni del 1848: di fronte dunque all’intervento dello Stato divenuto liberale nel campo dell’istruzione, da cui l’istituzione secondo una apposita legislazione di scuole statali, esami statali, rilascio statale dei titoli di studio, tenendo ben presente la “svolta radicale” (p. 10) della Rivoluzione francese e dei codici napoleonici.

E’ qui una chiara lezione di metodo: non si costruisce il nuovo senza tener presenti e bene intendendo le radici del passato: una lezione, possiamo aggiungere, ormai purtroppo fuori moda, con la banalizzazione semplificante, ahinoi produttrice di pochi frutti, delle questioni da risolvere a presuntuose formule tecnologiche senza vero respiro, o magari semplicemente a slogan. Così sono seguiti con attenzione puntigliosa e penetrante gli alti e bassi delle rivendicazioni cattoliche sulla scuola, con i momenti di particolare successo per la Chiesa del Concordato con Mussolini, con Craxi con la conseguente Intesa, della legge della parità scolastica del 2000 col centro-sinistra, istauratrice di un rapporto fattosi poi ben più grave specie a livello regionale col successivo dominio del centro-destra.

Anche qui però la coordinata di lettura laica di Fornaca è confermata rilevando la continuità della posizione di fondo della Chiesa e dei cattolici dal Risorgimento ad oggi che è stata sostanzialmente antistatalista o quanto meno contro il modello di uno Stato liberale e non più soggetto al condizionamento della Chiesa cattolica. Al riguardo, nota Fornaca (p.12)), “la discriminante è stata costituita dal senso dello Stato, dalla concezione dello Stato, della sua collocazione all’interno di una gerarchia istituzionale; Chiesa e cattolici, salvo poche eccezioni, hanno sempre concepito lo Stato come un’istituzione sussidiaria e non hanno mai messo in dubbio il ruolo preminente della Chiesa specie nel settore dell’educazione”.

Sussidiarietà dello Stato: ecco un concetto cardine di cui bisogna prender nota, mai ripudiato e che spiega moltissimo. Pure chi scrive ne rilevava l’importanza osservando (cfr. Giacomo Cives, L’educazione in Italia. Figure e problemi, Napoli, Liguori, 1984, pp. 125-174; ma cfr. anche Saverio Santamaita, Nel magistero della Chiesa, in Gaetano Bonetta, Giacomo Cives, a cura di, Laicità ieri e domani. La questione educativa, Lecce, Argo, 1996, pp. 388-436) come pur passando dall’asprezza polemica antiattivistica e antinaturalistica della Divini illius Magistri del 1929 alla conciliare più distesa e accattivante Gravissimum educationis del 1965 un punto essenziale per nulla modificato del quadro delle competenze necessarie per l’educazione sia rimasto quello delle tre società: Chiesa sopraeminente e di ordine soprannaturale, famiglia “istituita immediatamente da Dio” con priorità di natura e quindi di diritti, Stato a carattere sussidiario che deve aiutare in primo luogo l’opera della Chiesa e della famiglia.

Continua Fornaca (R. Fornaca, op. cit., pp. 12-13): ecco allora la “forte critica” della Chiesa e dei cattolici allo Stato laico, cioè non subordinato alle Chiese, e alla scuola di Stato. A questo riguardo “non è da tacere l’intento della Chiesa cattolica e di larga parte dello schieramento cattolico di puntare su uno Stato di tipo confessionale o su uno Stato arrendevole (e quindi di parte) rispetto alle richieste cattoliche”. Di fronte a ciò, aggiunge Fornaca, bisogna aggiungere che non sono mancati “equivoci” e cedimenti da parte degli stessi “movimenti laici” preoccupati di garantirsi il potere sia pure attraverso la sua spartizione. E’ così che si è guardato più alla via dell’autonomia che a quella dell’autentico sviluppo della scuola come sede comune d’incontro e di crescita dell’intera società. Torna allora la critica ad uso distorto dell’autonomia che “di fatto risulta più funzionale alla gestione microsociale del potere rispetto ad un macropotere troppo visibile e difficile da giustificare”.

 

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