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La filosofia dell'educazione di John Dewey dalle lezioni del 1899 a Democrazia e Educazione
di  Maria Francesca Picella

2. Filosofia dell'educazione: elementi di continuità tra 1899 e 1916

2.2 La visione “biologica” di Dewey

Per Dewey, le prime esperienze di ogni individuo derivano da un vero e proprio rapporto d’interazione tra l’individuo stesso e l’ambiente che lo circonda. Di conseguenza ogni “problema” viene da lui ridotto ad un puro e semplice cattivo accomodamento tra organismo ed ambiente.

E’ qui il modello biologico che Dewey eredita da Darwin (1809-1882), ad emergere con forza.

Per il nostro filosofo, in particolare, ogni organismo viene inizialmente stimolato da una situazione di squilibrio; seguono poi atti (facenti parti del comportamento biologico) che tentano di ristabilire l’armonia fra l’organismo e l’ambiente; infine, eliminato ogni conflitto, si ottiene una situazione di equilibrio ristabilito.

Questo schema d’indagine, che Dewey non abbandonerà mai, rientra nella sua continua ricerca di controllo razionale dell’esperienza e di equilibrio con l’ambiente.

In realtà, non dobbiamo pensare che in questo modo Dewey ci proponga una legge in cui ogni essere umano deve essere incasellato. Al filosofo americano è, anzi, l’aspetto dinamico della vita umana ad interessare.

Per questa ragione, superato ormai Darwin, si può ancora una volta indicare in James il grande predecessore di Dewey. Egli, infatti, già aveva proposto, nei suoi Discorsi ai maestri sulla psicologia, “di sostituire alle aride elencazioni di leggi e casistiche di cui erano ricchi i libri di pedagogia del tempo una concezione “biologica” del bambino, scevra peraltro da riduzionismi di tipo meccanicistico, come nota efficacemente Myers (James, 1983, pp. XIV-XV), sottolineando che il concetto di organismo vivente che aveva in mente James quando così definiva l’uomo era quello di un essere capace di vivere una vita piena di significati, spontaneo, dinamico e creativo”[31].

Anche per Dewey la vita di ogni uomo è ricca d’interessi, di significati e di creatività. Per lui, infatti, l’uomo, a differenza dell’animale che soddisfa i propri bisogni in maniera assolutamente immediata, non ha costituzione esclusivamente biologica, ma ha il grande vantaggio di poter comunicare con i propri simili.

E’, dunque, il linguaggio che consente all’uomo di porsi ad un livello superiore rispetto all’animale; il linguaggio che, in quanto espressione del pensiero, è il mezzo fondamentale per trasmettere idee, conoscenze e quant’altro fa parte del patrimonio culturale grazie al quale si è compiuto, si compie e si compirà sempre il progresso sociale.

Da questa visione “biologica” di Dewey, che fa da sfondo all’intero suo discorso sia nelle lezioni che in Democrazia e educazione, provengono anche i concetti deweyani di crescita, interesse e disciplina.

Nelle lezioni, in particolare, dopo averci parlato dell’educazione come reciproco adattamento dell’individuo e dell’ambiente, Dewey ci presenta, lo abbiamo visto, l’adattamento stesso come un processo dinamico, di crescita (lezioni III-IV).

Più avanti conduce anche un’analisi degli elementi specifici dell’educazione, fra i quali troviamo soprattutto quelli di interesse e disciplina (lezione XI).

L’interesse viene presentato come il punto di partenza del processo educativo. Esso, infatti, “esprime la tendenza naturale di esporsi, l’intrinseca, spontanea attività in ognuno di noi verso l’assimilazione e l’apprendimento attraverso ogni tipo di esperienza”[32].

Segue poi la disciplina, intesa come la capacità di controllare e dirigere la nostra esperienza. Non si tratta, dunque, della disciplina del soldato, che è colui che ha bisogno di qualcuno che gli ordini cosa fare (=“what to do”), ma, afferma Dewey:

“l’uomo disciplinato è l’uomo che sa come e quando e dove fare le cose”[33].

Anche nell’opera del 1916, Dewey ci parla dell’interazione tra individuo e ambiente e dell’educazione come crescita (cap. IV); anche qui si sofferma sul significato dei termini interesse e disciplina (cap. X). Il primo rappresenta l’iniziale inclinazione emotiva personale da cui partire per una vera educazione. Interessarsi vuol dire anche:

“essere attento, vigile, avere a cuore qualcosa”[34].

Chi si interessa a qualcosa è, dunque, “un essere attivo, che non resti avulso dalle conseguenze, ma partecipi di esse” e per il quale “vi è al tempo stesso una risposta personale”[35].

La disciplina è, invece, la capacità controllata a dominare i mezzi necessari per portare avanti la nostra azione. Di conseguenza:

“una persona addestrata a riflettere sulle sue azioni e a intraprenderle deliberatamente, è in questo una persona disciplinata. Aggiungete a questa capacità la facoltà di perdurare in una linea d’azione scelta intelligentemente, malgrado le distrazioni, la confusione e le difficoltà, e avrete l’essenza della disciplina”[36].


[31] F. Pesci, L’attivismo rimosso, Tirrenia Stampatori, Torino, 2000, p.72.

[32] J. Dewey, Lectures in the philosophy of education, 1899, cit., p. 104: “expresses the natural outgoing tendency, the intrinsic, spontaneous activity toward getting hold of and assimilating any kind of experience”.

[33] J. Dewey, Lectures in the philosophy of education, 1899, cit., p. 106: “the disciplined man is the man that knows how and when and where to do things”.

[34] J. Dewey, Democrazia e educazione, cit., p. 162.

[35] J. Dewey, Democrazia e educazione, cit., p. 161.

[36] J. Dewey, Democrazia e educazione, cit., p. 166.

 

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