|
La filosofia dell'educazione di John Dewey dalle lezioni del
1899 a Democrazia e Educazione
di Maria Francesca Picella |
3. Filosofia dell'educazione: differenze tra 1899 e 1916
Nonostante
i molti punti di contatto tra le lezioni e Democrazia e educazione, in
questultima opera sono presenti, però, anche altri temi in parte nuovi: si pensi
alla funzione esplicitamente democratica che leducazione viene ad assumere, ed al
ruolo che viene a giocare la scienza intesa come metodo specifico di una
educazione democratica.
Inoltre,
la critica che Dewey aveva rivolto, nelle lezioni, alle teorie herbartiane, in Democrazia
e educazione viene ridotta al minimo. E questo un aspetto che, come vedremo, non
può essere spiegato a prescindere dal contesto storico in cui sinseriscono
rispettivamente le lezioni deweyane e la sua opera fondamentale.
3.1 La funzione democratica delleducazione
Dewey
rappresenta senzaltro lintellettuale più sensibile al ruolo politico
della pedagogia e delleducazione, viste come chiavi di volta di una società
democratica
La
sua opera pedagogica fondamentale, Democrazia e educazione, viene, infatti,
considerata come uno dei classici non solo del suo pensiero educativo, ma addirittura di
tutta la riflessione pedagogica democratica.
Essa
rappresenta, come sottolinea lo stesso Dewey nella prefazione allopera, un
tentativo di scoprire ed esporre le idee implicite in una società democratica e di
applicare queste idee ai problemi del compito educativo.
Già
nelle lezioni Dewey aveva posto laccento sullimportanza delleducazione
ai fini del miglioramento della società tutta, superandone le divisioni interne; ma è
solo nel 1916 che egli perviene ad una vera e propria concezione democratica
delleducazione.
Al
proposito, egli ci ricorda innanzitutto tre teorie educative
elaborate
in tre epoche in cui ebbe particolare rilievo il significato sociale
delleducazione
La
prima è quella di Platone:
Nessuno
formulò meglio di lui il principio che una società è stabilmente organizzata quando
ogni individuo fa ciò a cui è adatto per la sua natura in modo da essere utile agli
altri (
.); e che il compito delleducazione è di scoprire queste attitudini e
allenarle progressivamente per lutilità sociale
Segue
poi lideale individualistico del XVIII secolo, che implica lidea
di una società vasta come lumanità, del cui progresso lindividuo deve essere
lorgano:
la
dottrina dellestremo individualismo non era che la contropartita e il rovescio degli
ideali della perfettibilità indefinita delluomo e di una organizzazione sociale
estesa a tutta lumanità. Lindividuo emancipato doveva diventare lorgano
e lagente di una società vasta e progressiva
Dewey
non manca di ricordarci, infine, le filosofie idealistiche classiche del XIX secolo, che
hanno sostituito lo stato nazionale allumanità:
Lo
stato prese il posto dellumanità; il cosmopolitismo cedette il posto al
nazionalismo. Formare il cittadino, non luomo, divenne lo scopo
delleducazione
Tutte
e tre queste teorie vengono, però, scartate dal filosofo americano.
Platone,
infatti, da parte sua ha fatto un grosso errore, considerando unità sociale la classe
piuttosto che lindividuo. Secondo Dewey, dunque:
Benché
la sua filosofia delleducazione fosse rivoluzionaria, essa era tuttavia dominata da
ideali statici. Egli pensava che il cambiamento o lalterazione fossero testimonianza
di un flusso sregolato; che la vera realtà fosse inalterabile. Perciò, egli avrebbe
voluto cambiare radicalmente lo stato esistente della società, ma solo per costruire uno
stato in cui in seguito non ci fosse posto per i mutamenti
Lindividualismo
illuministico, invece, non fu in grado di indicare alcuna istituzione che assicurasse lo
sviluppo del suo ideale, come è chiaro dal suo ricadere nella natura.
Uneducazione
conforme alla natura era considerata un primo passo verso questa società più sociale
Le
varie proposte di educazione nazionale e sociale, infine, pur rimediando alla mancanza
dellindividualismo illuministico, fecero, però, lerrore di reintrodurre
lidea della subordinazione dellindividuo allistituzione. Il loro sforzo
principale fu, infatti, di combinare le due idee della realizzazione completa della
personalità e della completa subordinazione disciplinare alle istituzioni esistenti
Lideale
per Dewey è, invece, un altro. Per lui:
Una
democrazia è qualcosa di più di una forma di governo. E prima di tutto un tipo di
vita associata, di esperienza comunicata e congiunta. Lestensione nello spazio del
numero di individui che partecipano ad un interesse in modo che ognuno deve riferire la
sua azione a quella degli altri per dare un motivo e una direzione alla sua equivale
allabbattimento di quelle barriere di classe, di razza e di territorio nazionale che
impedivano alluomo di cogliere il pieno significato della loro attività. Questi
punti di contatto più numerosi e più svariati denotano una maggiore diversità di
stimoli ai quali deve rispondere un individuo; per conseguenza danno un valore maggiore
alle variazioni della sua azione. Essi assicurano la liberazione di facoltà che rimangono
soffocate fintanto che gli incitamenti alle azioni sono parziali, come lo sono
necessariamente in un gruppo che, nella sua esclusività, elimina molti interessi
Quanto
qui Dewey viene ad esprimere in poche righe, racchiude in realtà tutta lessenza
della sua intera riflessione politica, centro della sua stessa filosofia
delleducazione.
Innanzitutto
è interessante osservare come qui il filosofo americano non abbia in mente esclusivamente
un ideale etico di democrazia, intesa come suprema norma morale; né tantomeno si
riferisce ad uno scenario democratico in cui, partendo dal principio che tutti i singoli
individui sono uguali, con gli stessi diritti e doveri, si finisce per approdare ad una
situazione di vero e proprio appiattimento.
Fermo
restando che la democrazia è, come norma morale un ideale universale, dalla quale, in
quanto tale, non può che scaturire il principio delluguaglianza di tutti, ci
spostiamo ora, però, su un altro terreno, quello dei sentimenti, in cui ciò che conta
veramente sono i rapporti interumani.
Elemento
questo fondamentale al punto che si potrebbe parlare dellesistenza di una vera e
propria filosofia della democrazia allinterno della deweyana filosofia
delleducazione. Una filosofia che contiene anche una psicologia, una pedagogia, una
cultura, unantropologia, e che, quindi, è da intendersi in senso ampio e profondo.
La
democrazia, nei termini finora esposti, è, per Dewey, strettamente collegata
alleducazione. Per lui, infatti, leducazione (scolastica) deve mirare
principalmente ad allenare allesercizio della democrazia nella democrazia, al fine
di formare non solo un uomo, ma un cittadino.
Parallelamente
è anche vero che non ci può essere vera educazione che esuli da un contesto democratico.
Dal
primo aspetto scaturisce la necessità di uneducazione alla democrazia, che, ormai
è chiaro, non si limiti alla pura sfera della razionalità, ma riguardi i sentimenti e i
vissuti umani.
Per
dirla con Marcella DAbbiero:
.è
la grandezza dellanimo quella che sostiene la democrazia
Ed
ancora, ciò che conta veramente è:
la
capacità di esprimersi in un contesto che ha anche una cornice affettiva
Ecco
allora spiegato il motivo per cui Dewey parla della democrazia nei termini di vita
associata e di esperienza comunicata e congiunta.
Più
che azioni, dunque, sentimenti ed emozioni, che trovano la loro massima espressione
attraverso lelemento dialogico. E fondamentale, infatti, che i singoli
individui, pur liberi di muoversi, riferiscano sempre la loro azione agli altri,
attraverso un costante confronto che si esprime, per lappunto, attraverso il dialogo
con laltro.
Ciò
che qui viene affermato è senzombra di dubbio limportanza, in un contesto
democratico, dellautonomia del singolo, ma parallelamente anche lesistenza
inevitabile dellaltro. E come dire che ciò che conta veramente sono sì i
singoli vissuti umani, ma tutti inseriti allinterno di un discorso più ampio, fatto
di rispetto per gli altri. Viceversa, occorre sempre ricreare un confronto con gli altri,
che, però, non uccida la vitalità dellindividuo.
La
condizione esistenziale del singolo è, dunque, per sua natura fragile, precaria. Egli
può, però, uscire da una tale condizione facendo leva sulle sue potenzialità. Non si
tratta, quindi, di eliminare dalla propria vita il confronto, ma di affrontarlo facendo
ricorso alla propria intelligenza e creatività.
Se
tutto ciò si realizza, si otterrà, dunque, labbattimento di ogni tipo di barriera
(di classe, di razza, etc.) e, quindi, un ampliamento dei propri orizzonti, che metterà
lindividuo nella condizione di rispondere ad una maggiore diversità di
stimoli. E solo dalla diversità e molteplicità di stimoli ed interessi si potrà
ottenere una reale liberazione di facoltà, che sola può portare ad una
concreta evoluzione individuale, a partire dalla quale si realizzi anche una crescita
dell'umanità tutta.
Ricordiamo
che, a partire dal primo elemento, è, comunque, soprattutto questultimo aspetto ad
interessare Dewey e tutto il pragmatismo.
Ecco,
dunque, spiegato anche il secondo punto secondo il quale solo in un contesto democratico
si può realizzare una vera educazione, che, a sua volta, vale la pena ripeterlo ancora
una volta, è lo strumento essenziale attraverso cui si possono affermare e consolidare,
per poi diffondersi, i valori e gli ideali della democrazia.
In
definitiva, la scuola dovrà rendere le persone protagoniste della vita sociale ed in
grado di dialogare con le altre e di collaborare a fini comuni.
A
tal fine è necessario che al centro delleducazione stia il metodo della
scienza.
|