PER UN CIELO NUOVO
Introduzione
Il
presente documento è stato redatto per proporre la creazione di un un Centro
Studi per la Difesa della Salute.
L’idea del centro è nata prima dei fatti di Genova e New
York. Ora siamo anche convinti che esso possa essere parte del movimento dei
movimenti che a Genova ha posto le proprie radici, e utile alle prospettive
scaturite dopo l’attacco terroristico alle Twin Towers, che stanno imponendo
alla politica di riprendere il ruolo dirigente per il governo della società.
L’esperienza di Genova ci suggerisce che il centro possa accompagnare la
crescita di un’area dove far confluire i movimenti che si dedicano su un fronte
antiliberista alla lotta per la difesa della salute. Stiamo pensando allo
sviluppo di un Health Social Forum che
attraverso anche la costituzione di un centro studi possa dar corpo a una nuova
originale idea di salute e sanità.
Sappiamo che l’11 settembre 2001 segna il giorno dove la
lotta per un nuovo mondo incontrerà ostacoli ancora più grandi del passato
recente. Il vecchio mondo capitalista globalizzato ha trovato sul suo cammino
un avversario nutrito di una identica pasta violenta: i popoli subiranno le loro guerre e il cammino per la nuova
democrazia sarà ancora più difficile. Sarà guerra tra il medioevo tecnologico
che anima i terroristi e il neo-capitalismo regressivo che governa il mondo. Ai
democratici, ai comunisti il compito di costruire i mattoni del futuro perchè
ai popoli non venga cancellata la speranza che un nuovo mondo è possibile.
Le destre annidate nel governo Berlusconi, sono pronte
all’attacco finale al sistema sanitario pubblico. Con loro sono schierati la
grande borghesia e un largo fronte di ceti e strati sociali. E’ un’alleanza
organizzata con l’obiettivo di annullare l’intero sistema dei diritti costruito
nel secolo scorso attraverso le lotte delle classi subalterne. L’attacco al
diritto alla salute e al sistema sanitario pubblico, è parte essenziale del
loro progetto. La destrutturazione dell’idea di diritto alla salute rappresenta senz’altro uno dei punti più odiosi
del progetto liberista. E’ questa la rappresentazione di quanto il sistema
capitalista, come già è stato osservato, nella sua versione imperiale e
globale, tendi sempre più a diventare non solo un freno al progresso ma diventi
sempre più attore di arretramento dell’idea di civiltà.
Sappiamo che ci aspettano mesi e anni ancora più angosciosi
del recente passato, ma sappiamo anche che possiamo finalmente contare su un
movimento allo stato nascente che può crescere anche sul grande fronte della
lotta per la salute. Dobbiamo disegnare un cielo nuovo dove vengano descritti
nuovi paradgmi e nuovi sogni per la società da costruire.
Lotta per la salute
Si tratta di chiamare a raccolta le idee e le forze. Il
fronte liberista ha lavorato per oltre vent’anni indisturbato frantumendo
progressivamente il grande sogno riformista e rivoluzionario che aveva voluto
in Italia la Riforma Sanitaria.
In vent’anni di controriforma dove ogni operazione
restauratrice, corporativa, o re azionaria è stata e viene chiamata anch’essa riforma, la difesa organica dell’idea
originaria del progetto Riformatore è stata sostenuta da pochi. Sicuramente da
Medicina Democratica e da limitate altre forze organizzate sul fronte sociale e
culturale e da Rifondazione Comunista e da deboli altri gruppi della sinistra e
del mondo cattolico sul fronte politico. In campo sanitario, l’idea
liberista è penetrata non solo a
livello culturale e politico-organizzativo ma è diventata egemone in larghi
strati sociali e popolari e anche tra le forze della sinistra. Nessuno è
rimasto immune perché gli argini sociali, culturali, ideologici a difesa del
diritto alla salute sono risultati sempre più deboli e incapaci di contrapporre
o rappresentare un’idea forte che tenesse anche conto delle grandi
trasformazioni sociali ed economiche della nuova rivoluzione industriale in
corso.
Mentre le forze politiche cedevano terreno, nel
fondo della società si muovevano comunque fermenti civili, che attraverso le
forme del volontariato e della costituzione di comitati di cittadini o nelle
crepe dell’ideologia dominante hanno mantenuto in vita l’idea di un progetto di
organizzazione sanitaria autonomo dal mercato con al centro la difesa della
salute e la lotta per una migliore della qualità della vita. Comitati per la
difesa ambientale, contro specifici inquinanti, per il riconoscimento di un
danno, per l’affermazione di un cibo sano o per una scienza per l’uomo, sono
l’humus sul quale può ora prosperare il movimento dei movimenti. C’è però bisogno di un disegno aggregante.
C’è bisogno di studiare, capire, progettare e raccogliere la grande ricchezza
di idee e critica che è depositata nel ventre della società. C’è bisogno di
offrire alle nuove forze che avanzano un reticolo di proposte sulle quali esse
possono individuare la strada per la loro crescita.
Un centro studi
C’è bisogno di un centro studi. Le necessità di
approfondimento riguardano aspetti diversi; per ognuno di essi deve essere
previsto uno sforzo di analisi da condurre con le armi della ricerca e del
rigore scientifico. Uno ricerca che cammini a fianco e con il supporto della
critica delle forze reali che si muoveno sul terreno della lotta per la salute
all’interno della società.
Cosa studiare? Due proposte
I
TEMA La storia della lotta per la salute in Italia e il perché della sua
sconfitta.
Dopo anni di lotte operaie e democratiche alla fine degli
anni ’70 il movimento riformatore giunse in Italia ad ottenere la Riforma
Sanitaria. Fu il primo tentativo organico mai prima tentato nel paese per
rendere esigibile il diritto alla salute come indicato nella Costituzione.
La Riforma si richiamava a grandi idee, nate e sviluppate
attraverso la critica al precedente sistema di tipo prevalentemente
mutualistico. Il sistema in vigore era basato su un approccio mutualistico per
la cura (per curarsi bisognava essere iscritti ad una mutua: la perdita del
lavoro poteva costare la perdita del sostegno sanitario; alcuni farmaci e
pratiche sanitarie – anche necessarie - non erano mutuabili ed erano a carico
dei cittadini; alcune mutue applicavano il principio del rimborso parziale
della spesa sostenuta dal proprio assistito non garantendo comunque gli interi
loro bisogni), un reticolo di ospedali pubblici (il piano ospedaliero che ne reggeva
la struttura fu storicamente il passo precedente al riconoscimento
generalizzato del diritto alla salute), un sistema pubblico per il controllo
della diffusione delle malattie (gli uffici comunali di igiene), una sanità
privata per le fasce priviligiate della popolazione concentrata al sud e in
poche città del nord, e un coecervo di enti e strutture (spesso sostenute dallo
Stato, tanta era la confusione che alcune erano finanziate persino dal
Ministero dell’Interno) che facevano attività sanitaria in forza di scelte di
tipo benefico. La Riforma cambiò radicalmente la situazione pre-esistente. Le
modifiche che introdusse risultarono così radicali e innovative da essere
considerate rivoluzionarie. Il processo per la salute venne unificato negli
ambiti della prevenzione, della cura e della riabilitazione. Venne imposto il
primato della prevenzione primaria. La meta divenne contrastare i fattori di
rischio e ridurre il numero dei malati. Il sistema fu pensato come una
organizzazione a carattere locale (l’unità sanitaria locale USL) e minimale (il
distretto) dove fosse possibile un legame diretto tra mondo sanitario e
ambiente sociale circostante. Nelle USL vennero unificate tutte le strutture
che si occupavano di Sanità presenti nell’area di competenza. Vennero promossi
sistemi per il controllo democratico dell’organizzazione sanitaria. La Riforma
fu però attivata in un sistema burocratico, quello italiano, che si muove con
estrema lentezza e che non è in grado di affrontare con rapidità cambiamenti e
modifiche. Le decine di leggi che appartengono al suo impianto generale vennero
attivate solo dopo anni ed alcune non vennero neanche più pensate.
Già al suo esordio la Riforma incontrò un quadro politico
non più coerente con le forze che ne avevano fornito la linfa ideale. Il
ministro della sanità allora in carica promosse un contratto separato con i
medici di base che risulterà un freno al progressivo dispiegarsi del processo
riformatore. Negli anni seguenti il sistema nella lentezza della burocrazia
italiana, tese comunque ad affermarsi e a consolidarsi, almeno nella gran parte
del paese. Le USL non verrano praticamente mai realizzate solo in Sicilia e
nella città di Milano. Dopo solo pochi anni, ministro del tesoro Andreatta,
venne però indicata la necessità di una stretto controllo economico sul modo
sanitario. Iniziò così il contrattacco del fronte neocapitalista. Mentre di
fatto la razionalizzazione del sistema promosse la riduzione sistematica dei
livello di spesa sanitaria relativa (rapportata al PIL) e venne saldato il conto del disastro
finanziario ereditato dal sistema mutualistico precedente, iniziò la grande
campagna sulla presunta inefficienza del sistema pubblico. Una campagna
durissima che falserà sistematicamente i dati della realtà, mistificherà i
risultati, e sfocierà successivamente nella campagna sulla malasanità e ci
porterà poi al paradosso attuale.
[La campagna sulla malasanità ha peraltro in sé una caratteristica
contradditorietà: se infatti per esempio si grida allo scandalo se un’autoambulanza
giunge al pronto soccorso in troppo tempo, significa che chi lancia la campagna
di denuncia pensa che l’attesa dei cittadini sia che il soccorso giunga per
tempo, e che quindi vi sia un acquisito diritto generalizzato ad essere
‘curati’. Non è così nei paesi dove vige la medicina mercantile: in essi non
c’è scandalo al ritardo. In quei paesi ci si aspetta che il malcapitato faccia
causa per il danno subito e, se ne avrà la forza. verrà poi risarcito, in forza
di uno scambio mercantile, non di uno riconoscmento di diritti]. L’Italia è il
paese al mondo che ha conosciuto uno dei più grandi progressi nel prolungamento
della speranza di vita alla nascita, ha meglio promosso la diffusione delle più
avanzate terapie e metodi di cura tanto da essere considerata dall’OMS seconda
solo alla Francia nella lotta per il diritto alla salute, e nel contempo è un
paese indirizzato alla distruzione sistematica dell’organizzazione esistente in
nome come dice il presidente della Regione Lombardia Formigoni ‘della ricerca
della qualità (?!)’. In Italia, a fronte di ritardi e inefficienze che
permangono in aree del Paese è possibili ottenere buona sanità: lo sanno quegli
stranieri, europei e no, che vengono di proposito nel nostro paese a trovare
quei rimedi che non trovano nella loro terra. Ma fino a quando? Già ci sono i
primi segni della regressione. Il mercato sta aggredendo la nostra salute e tra
breve incominceremo ad osservare che il tempo del progresso è finito ed è
iniziata la strada del declino.
Ecco perché è ora necessario analizzare la storia di questi
trent’anni e capire come sia stato possibile oscurare i risultati ottenuti
dalla riforma, far credere che ci fosse malasanità mentre la realtà andava in
altra direzione e quali errori sono stati commessi dal fronte riformatore per
dare fiato, con la consapevolezza degli errori e delle qualità del passato, ad
una nuova stagione di lotte per il diritto alla salute .
II
TEMA Sistemi privati e sistemi pubblici: ideologia e realtà. Prevenzione,
cura e futuro immanente.
Una delle più grandi bufale orchestrate dall’ideologia
dominante è che con il muro di Berlino fossere cadute l’ideologie. Si è quindi
sviluppata l’egemonia totalizzante neoliberista, quella così efficacemente
definita del ‘pensiero unico’. Quanto fosse drammaticamente sciocca
l’affermazione che fossimo pervasi dal ‘pensiero unico’ lo hanno dimostrato i
folli assassini che in nome di un’altra ideologia totalizzante si sono lanciati
e hanno cercato il suicidio contro le Twin Towers. Mentre il mondo incomincia a
riconoscere che le ideologie non sono morte, noi abbiamo a che fare con gli
esiti della fase neo-capitalista. La stagione del pensiero unico ha soffocato
infatti anche il mondo della sanità.
L’egemonia ideologica capitalista ha smantellato passo dopo
passo i capisaldi del pensiero riformista determinandone alla fine la sua
incapacità di risposta. Si è prima affermato che il sistema sanitario pubblico
fosse causa del dissesto finanziario e di progressivo incremento della spesa,
poi che avesse una sua intrinseca e strutturale propensione all’inefficienza,
ed infine che esprimesse una propria inguaribile incapacità nel raggiungere
alti livelli di qualità. Il processo revisionistico avviato sotto le spinte
della medicina mercantile (non riformista come è stato surrettiziamente
chiamato) si è anche tradotto in modifiche legislative all’impianto della
Riforma Sanitaria alterando i contenuti e promuovendo quell’organizzazione ora
basata su principi aziendalistici privatistici. L’intero processo revisionistico è stato condotto senza domandarsi e
verificare quale fosse l’esito in termini di salute, numero di morti, o di
malati delle diverse forme organizzative. Il processo controriformatore ha
camminato solo su spinte ideologiche: nessuno ha dimostrato che la medicina
mercantile fosse in grado di offrire risultati migliori in termini di salute
rispetto all’organizzazione determinata dalla Riforma Sanitaria. Altro che fine
dell’ideologie: la controriforma è stata introdotta, sino alla nefasta
organizzazione promossa in Lombardia, senza che ci fosse uno straccio di
evidenza a favore del processo privatistico.
Il problema è che in campo sanitario vi è un aspetto che
rende la medicina privatistica e mercantile strutturalmente perdente. Essa
cresce e si sviluppa con il crescere del numero dei malati e a fronte della
presenza delle malattie. Il profitto in campo sanitario cresce se non si fa
prevenzione. Da un punto di vista pubblico invece è obiettivo della
organizzazione rendere ipoteticamente inutili le proprie strutture di cura. Dal
punto di vista pubblico l’attività sanitaria è sperata essere come quella dei
pompieri: noi tutti speriamo infatti che i pompieri non lavorino, in caso
contrario vorrebbe dire che vi è un rischio incombente. In campo pubblico l’investimento
in una struttura che poi verrà poco utilizzata può essere considerato un
successo. Non è così in un sistema privatistico: è solo con l’aumento della
domanda (cioè con l’aumento del numero dei malati) che si possono giustificare
investimenti di capitali in campo sanitario.
L’intervento mercantile in campo sanitario genera
‘ipoteticamente’ malasanità: vengono eseguiti esami inutili o ripetuti esami
utili (se tra essi vi sono esami di tipo invasivo – es: radiografie – si
potranno provocare danni), vengono proposte attività chirurgiche non
necessarie, vengono suggeriti farmaci inutili e potenziamente dannosi e in
generale l’intera attività può essere completamente ribaltata rispetto al
criterio atteso che consiste nella difesa della salute. Un’analisi rigorosa
delle pratiche cliniche che si sviluppano in diversi sistemi sanitari è ancora
da condurre, ma sarebbe di grande utilità per la compresione non ideologica
delle qualità dei diversi sistemi a confronto.
Il sistema mercantile viene propagandato come metodo per
favorire e sviluppare la cosìdetta libertà di cura o terapeutica. Anche in
questo caso il mondo sanitario si mostra refrattario a dare razionalità ad una
ipotesi mercantile. La particolare forma del rapporto paziente, malattia e
struttura medica, specie nella fase attuale della medicina altamente
tecnologica, rende il paziente totalmente incapace ad aver possibilità di
scelta sulle pratiche mediche. Il paziente non è mai in grado di disporre delle
informazioni che lo possono rendere capace di scegliere ‘liberamente’. Il
paziente non sa quale sia il suo bisogno e decide per una certa pratica medica
o per un certo presidio sanitario pressochè esclusivamente in forza di elementi
che nulla hanno a che fare con la libertà di scelta (spesso ora conta più la
qualità alberghiera di un presidio che la sua capacità sanitaria). Nella realtà
italiana poi il cosìdetto mercato in campo sanitario è ancora più falsato dalla
cronica difficoltà di ottenere informazioni. La corporazione medica e gli
interessi collegati hanno costruito una barriera impenetrabile, anche quando
l’informazione sarebbe disponibile. Nessuno sa ad esempio quale sia il tasso di
successo di un pronto soccorso o il tasso di mortalità di un reparto
cardiologico: l’informazione di un cittadino è sostanzialmente basata sui
‘sentito dire’.
In un mondo dove l’informazione è carente (un
bollettino che informasse sugli standard raggiunti dalle diverse strutture
ospedaliere forse avrebbe un effetto dirompente) la speranza di cambiamento
risiede nell’avvento di un grande processo democratico. Comitati di cittadini
dovrebbero poter conoscere, controllare e criticare. Cittadini organizzati
potrebbero forse avere più possibilità di conoscenza di quanta sia possibile al
cittadino-paziente. E’ un altro campo che deve essere indagato, allo scopo di
verificare quali sistemi (il pubblico o il privato, il mutualistico o il
generalista) possano offrire un più facile accesso all’informazione e alla
possibilità di un migliore dialogo con gli operatori sanitari e con la sanità.
Il rapporto medico-paziente,
operatoresanitario-paziente può essere diverso nella sanità pubblica e in
quella privata. La scarsa attenzione per i diritti dei lavoratori della sanità
è stato uno dei punti dolenti del processo riformatore. Non pare che il mondo
privato e mercantile possa offrire uno sbocco diverso da quello sperimentato
nella sanità pubblica. In una logica di mercato l’intero rapporto umano che è
richiesto nel momento della malattia viene forzatamente alterato dagli
interessi economici in gioco: ma un’analisi compiuta degli effetti ‘sanitari’
dei diversi modelli deve ancora essere raggiunta.
Il bisogno si salute si allarga con il crescere
della ricchezza e il progredire dello sviluppo tecnologico. Nell’occidente
ricco si parla di salute anche per il soddisfacimento di bisogni prima non
considerati in ambito sanitario come il bisogno estetico, il prolungamento
dell’età fertile, il bisogni di figli, una vecchiaia più attiva: sono elementi
che modificano il concetto di sanità e che necessitano di approfondimenti etici
e filosofici, e che mal si conciliano con un processo che tutto trasforma in
merce. Mentre ancora gran parte del mondo si scontra con la fame, la diarrea,
la mortalità infantile e le grandi epdemie, nell’occidente ci si organizza per
vendere sul mercato geni, cellule ed embrioni e tra breve parti di organismi
riscostruiti.
Bisogna tornare a rimettere i piedi per terra e dimostrare
come il processo di privatizzazione della sanità generi disastri piuttosto che
salute.
Come organizzarsi
Si tratta di
costituire il centro studi, che si
ponga gli obiettivi
·
di attivare la
ricerca scientifica in ambito ‘medico’ attraverso una visione sociale e critica
·
di proporre i
risultati delle ricerche alle forme organizzate delle politica e della società.
Per il primo obiettivo sostanzialmente il centro
·
individua gli elementi di sofferenza e di ritardi nella
conoscenza
·
promuove bandi di ricerca e studio
·
reperisce i fondi per sostenere le ricerche.
Per il secondo obiettivo, il centro
·
promuove la comunicazione dei risultati attraverso
l’accesso a quotidiani e settimanali. a radio e programmi televisivi
·
promuove convegni, attivi, corsi di formazione
·
promuove incontri con forze politiche democratiche,
sindacati e forze sociali
Andrea Micheli
Segrate 30 settembre 01