13 agosto, giovedì



La "discesa" in Italia:
«Se mi dimentico di te, Gerusalemme,
mi si paralizzi la destra,
mi si attacchi la lingua al palato» (Sal 137,5-6)

Discendiamo da Gerusalemme verso l'aeroporto, verso la nostra terra. Ci fermiamo in una località che porta il nome di Amwas (nome arabo che rimanda ad Emmaus) e la nostra memoria va a Lc 24,13-35. Pensiamo ai due fuggitivi di duemila anni fa, col volto triste, dopo la crocifissione del loro maestro e amico Gesù di Nazareth. Un viandante si mise al loro fianco...
Sentiamo che questo viandante accompagna i nostri passi verso casa, delicata presenza quotidiana che stana tutte le nostre tristezze per riempirle di speranza.

Qui leggiamo una pagina di Francesco Rossi de Gasperis, gesuita che vede proprio nel Gesù risorto che spiega a Cleopa - e all'altro con lui (manca il nome: possiamo metterci il nostro!) - il mistero della sua vita, alla luce di tutte le Scritture d'Israele, il nucleo del Nuovo Testamento. Questa scheda ci aiuta inoltre a capire cosa si celava sotto il nome di Emmaus, realtà che forse a noi sfugge:

Giunti alla basilica crociata (a una navata) di 'Amwas (= Emmaus; conosciuta come "Nicopoli" in epoca bizantina), costruita dentro un'altra, a tre navate, più antica e più grande, si può leggere il racconto lucano della cristofania post-pasquale sulla direttrice Gerusalemme-Emmaus-Gerusalemme (Lc 24,13-35).
Ci troviamo nella Emmaus, dove al tempo dei Maccabei (165 a.C) si accampò il grande esercito seleucide del re Antioco IV e del governatore Lisia, agli ordini di Tolomeo, Nicanore e Gorgia (1Mac 3,40-41). La Giudea era desolata di fronte alla minaccia di ellenizzazione e di distruzione totale del popolo ebraico (cf. 1Mac 1). Giuda e i suoi fratelli, allora, convocarono tutti a Masfa (= Mitzpa, Nebi-Samwil?), luogo tradizionale delle assemblee di Israele (Gdc 20,1-3; 21,1-8; 1Sam 7,2-17; 10,17-24), per una liturgia in cui invitarono tutti a combattere i pagani coalizzatisi contro Israele, e a far risorgere (= anastêsômen) il popolo dalla sua rovina (1Mac 3,42-60; 2Mac 8,9-21).
Il nome santo e glorioso del Signore fu invocato sui giudei (2Mac 8,15), e fu quello un giorno di salvezza grande per Israele (sôtêria megalê tô Israêl). «Di ritorno cantavano e innalzavano benedizioni al cielo perché egli è buono e la sua grazia dura sempre» (1Mac 4,24-25; cf. Sal 118,1-4). La battaglia e la vittoria maccabaica a Emmaus (1Mac 4,1-27; 2Mac 8,21-29) rimase un simbolo di risurrezione e della vittoria del giudaismo sul paganesimo (cf. 2Mac 8,36), e aprì la strada per la purificazione e la ri-dedicazione del tempio di Gerusalemme (1Mac 4,36-61; 2Mac 10,1-8).
Dicendo, perciò, che Cleopa e l'altro discepolo «erano in cammino per un villaggio... di nome Emmaus» (Lc 24,13), Luca sembra voler indicare, con la mèta topografica del cammino, anche, e ancor più, la mèta di un'estrema ripresa della speranza dei due discepoli in una liberazione messianica di tipo maccabaico, dopo la cocente delusione dei tre giorni che hanno fatto seguito alla morte di Gesù a Gerusalemme (Lc 24,21). Come se in Italia, dopo una sconfitta bruciante, ci si andasse a consolare sul Monte Grappa o sul Piave, o a Vittorio Veneto.
Più che disputare sui 60 o sui 160 stadi (11 o 30 km) di distanza da Gerusalemme, ci sembra importante osservare che qui ci troviamo a poca distanza da Modi'im, la città di Mattatia e dei suoi figli (1Mac 2; 13,25-30). L'Emmaus lucano sembra evocare immancabilmente l'ombra dei Maccabei. Una speranza popolare messianico-maccabaica, del resto, aveva incalzato Gesù Messia lungo tutto il suo ministero (cf. Mt 20,20-28; Mc 10,35-45; Lc 9,52-56; 13,1-5; Gv 7,2-4; ecc.).
Il racconto di Emmaus, con il grido di fede della prima Chiesa: «Davvero il Signore è risorto» (Lc 24,34), annuncia la conversione della speranza messianico-maccabaica dei discepoli in speranza messianica (= cristiana) che sposa il messianismo pasquale di Gesù - da Emmaus si fa dietrofront fino a Gerusalemme -, e forma inclusione con il canto di liberazione di Zaccaria in Lc 1,68-79. Una simile liberazione messianica diventa evidente nel segno della «frazione del pane», e di ciò che questa rifà presente ai discepoli, facendo memoria della Cena del Signore (Lc 24,30.35; cf. pure il discorso programmatico di Gesù a Nazaret, in Lc 4,16-30).