2 agosto, domenica



L'alleanza - Dio-con-noi e noi-con-Lui -
per vincere il male e la morte

Lasciamo il Mar Rosso e ci avventuriamo nelle desertica valle bruciata dell'Aravà, per maturare la nostra coscienza di cosa voglia dire vivere in alleanza col Signore, in quella palestra di libertà che è il deserto, dove inaspettatamente si scopre che il faraone da cui liberarci è "dentro di noi", che l'Egitto da stanare e da cui prendere distanza ci assedia dall'interno. Il deserto diventa allora una straordinaria scuola di fiducia (in Dio, origine della nostra esistenza), di amore /misericordia (nei confronti del fratelli, ricchi e poveri come noi) e di speranza (vivendo la "terra" come luogo di ospitalità e di condivisione). Solo in questa fedele relazione d'alleanza possiamo far fiorire quel pezzo di creazione che siamo noi, che Dio ci ha consegnato per far bello il mondo.

Il particolarismo universalistico dell'alleanza. Alla salvezza di Dio - così come Israele l'ha vissuta - appartengono due dimensioni: la salvezza come esperienza di liberazione (il passaggio del mare: uscire dall'Egitto) e la salvezza come stabile rapporto di alleanza col Signore (un legame col Lui, che segna il proprio destino di esistenza). Il Signore desidera che l'esperienza di salvezza gratuitamente sperimentata, una volta per tutte, nell'uscita dall'Egitto, di cui il solo protagonista è stato Dio, diventi relazione stabile di comunione nella libera bilateralità dell'alleanza: Tu-con-me e io-con-Te, dove anche noi siamo chiamati a scegliere con chi stare nella vita, chi seguire nella nostra esistenza, da chi lasciarci condizionare nell'esercizio della nostra libertà.
Nella Bibbia molte volte si parla di alleanza, vale a dire di quella particolare relazione d'amore col Signore, che permette di vivere da figli di Dio, sperimentando quella benedizione che riscatta dal male e dalla morte. L'alleanza è la "strategia" inventata dal Signore per reimmettere nella storia quella corrente di vita - che è propria della sua permanente intenzione sul mondo - guastata e impedita dal peccato. Quella dell'alleanza vuole essere per Dio un'economia "restauratrice" della sua creazione, laddove questa è stata da noi sfigurata e tradita.
Quante sono le alleanze che conosciamo? C'è quella di Noè, di Abramo, Mosè, quella "nuova" di cui parla Ger 31,31ss, quella... di Gesù. Ma ci sono veramente tante alleanze, ogni volta diverse? Probabilmente sarebbe più esatto parlare di una sola alleanza, che conosce delle tappe, dei rinnovamenti, degli approfondimenti, delle riprese. L'alleanza si rinnova, non perché Dio ci ripensa, ma perché siamo noi che veniamo meno al patto e Lui... ci aspetta, riannodando ogni volta il filo tranciato dalla nostra infedeltà. L'alleanza, a differenza della dimensione della creazione, è segnata dal particolarismo della storia: Dio raggiunge tutti cominciando da una specifica realtà umana, contingente nello spazio e nel tempo, facendo appello alla sua libertà. Il Signore comincia un'alleanza scegliendo un singolo uomo, Abramo, e chiamandolo alla risposta della fede; quindi chiama un popolo, Israele, a legarsi a lui, perché in esso altre nazioni, attratte dalla stessa esperienza di salvezza si "aggiungano" al popolo di Dio, giungano cioè alla stessa esperienza di relazione con Lui. Questa alleanza dunque conosce varie tappe, ma come Dio è uno solo, anche l'alleanza è una: essa storicamente arriva fino a noi e noi possiamo farci coinvolgere in essa, se decidiamo di aggregarci nella fede al popolo del Signore. Ebbene Israele come popolo sperimenta l'alleanza col Signore proprio nel deserto, dopo aver conosciuto l'intervento liberatore di Dio. Anche nella chiamata di un uomo c'è sempre un appello all'alleanza: per Noè, per Abramo, per Mosè, per ogni membro del popolo di Dio e per ciascuno di noi. Il problema non è sapere se Dio esiste, ma conoscere se è con me, per me, se è mio alleato nella battaglia della vita, se posso fidarmi di Lui, affidare cioè a Lui la mia vita. Il Signore per Israele è il Liberatore e l'Alleato/Sposo, partner di una relazione libera, di un amicizia intensa e unica. Che nome ha il Dio che abbiamo conosciuto noi?


Il Mar Morto, disperante deserto d'acqua.


Questo singolarissimo specchio d'acqua sulle cui rive ci troviamo ha diversi nomi: "Mar morto" (nelle principali lingue moderne), "Mare di sale" in ebraico, "Mare di Lot" in arabo...: ogni designazione racconta una sua caratteristica o accenna a un rimando storico. Siamo nel punto di maggiore depressione della crosta terrestre, a circa 400 sotto il livello del mare. Troviamo sulle sue sponde fabbriche di estrazione mineraria, sia in Israele che in Giordania (in mezzo passa il confine tra i due stati), o recenti insediamenti turistico-alberghieri per curare con le proprietà della sua salatissima acqua e i suoi fanghi diverse malattie della pelle. Noi non saremo interessati a nessuna di queste due realtà economico-turistiche (anche se ci concederemo un bagno, assaggiando "l'effetto galleggiamento", che tiene a galla anche chi non sa nuotare), ma piuttosto a quattro siti, due di memoria biblica - Sodoma e En Ghedi - e due legati a ricordi post-biblici - Masada e Qumran. Questo specchio d'acqua si sta restringendo sempre di più (oggi ci sono due bacini, separati da una striscia ormai asciutta di fronte a Masada), in forza dell'attuale scarso contributo d'acqua del Giordano (che qui termina la sua corsa, ma le sue acque sono state quasi interamente utilizzate per irrigare le sue sponde lungo il suo cammino), sia per l'evaporazione dell'acqua non compensata in questi ultimi anni da piogge abbondanti.


Perché il male? La prima zona che incontriamo, nella parte meridionale del Mar Morto si chiama "Sdom": la Sodoma di cui parla il libro della Genesi, nella storia di Abramo (in Gen 19 si parla della distruzione di questa città). Non si sa esattamente in verità dove fosse situata la Sodoma biblica (probabilmente sulla riva giordana del Mar Morto), ma il racconto non vuole essere una narrazione storica, ma piuttosto "eziologica", cioè vuole rispondere al "perché" oggi questa area sia così "morta". Le montagne che ci circondano in questa parte sud-ovest sono completamente composte da sale e non c'è segno di vita: perché questo? Come mai questo, che poteva essere un giardino (il testo biblico così descrive l'area in Gen 13,10), adesso si presenta come luogo salmastro invivibile?
Pensate al popolo che arriva dal deserto e si imbatte, arso dalle sete, in questa abbondante distesa d'acqua - un enorme lago! - e scopre che... non può bere, non ci sono pesci, non c'è vita... solo sale e morte. È su questo sfondo di shock che nascono i racconti di Abramo e di Lot legati a Sodoma e Gomorra, della moglie di Lot che diventa sale (ci sono dei punti della montagna dove alcuni individuano il volto e il corpo di una donna, la moglie di Lot appunto diventata "statua di sale": leggi Gen 19,26)... Sembra impossibile che Colui che ha creato questo mare sia lo stesso che abbia creato il Mar Rosso, di cui abbiamo apprezzato la bellezza, la ricchezza di vita e di pesci. Chi è dunque il responsabile di questa realtà, se non è riconducibile al Dio vivente? Da dove viene fuori questa morte? Di nuovo il racconto biblico, con la sua modalità narrativa, vuole istruirci sul mistero di una libertà, la nostra, che non accogliendo Dio come l'origine della vita (si deve leggere in parallelo Gen 18, l'accoglienza di Abramo che rende fecondo il grembo sterile di Sara, e Gen 19, l'inospitalità di Sodoma, che rende sterile la terra feconda della valle) fa precipitare su di sé la catastrofe di fuoco e zolfo che tutto distrugge, rendendo impossibile la vita.
Non capita anche a noi di rendere "mortiferi deserti di sale" interi "giardini" della nostra esistenza, laddove la nostra chiusura e autosufficienza onnivora è incapace di ospitare Dio, e la sua offerta di vita, e l'altro come benedizione e non come essere di cui abusare (Abramo trova il Signore ospitando tre uomini!)? Quante volte ci riconosciamo "statue di sale", perché il nostro sguardo è orientato nella direzione sbagliata e diventiamo ciò che guardiamo, cioè esseri di "sale" bruciante, impastati di "zolfo e fuoco"?


Sostiamo per immergerci in quest'acqua e mangiare un boccone. Facciamo il bagno per sperimentare lo strano "effetto galleggiamento" di quest'acqua caldissima, oleosa, salatissima (non si immerga la testa sotto e non si assaggi l'acqua: fa assai male). Attenzione se avete taglietti sulla pelle: brucia! Quando uscite andate a farvi la doccia, per non lasciare indesiderate tracce bianche indelebili sui vostri pregiati indumenti di stoffa. I fanghi che vengono spalmati sul corpo pare siano molto salutari alla pelle, ma non sono capaci... di togliere gli anni!
Dormiamo nell'ostello della gioventù sotto la rocca di Masada, avvolti dal silenzio e dallo spettrale paesaggio "lunare" del secondo deserto della terra d'Israele che incontriamo, il deserto di Giuda.