Il Campiello

di
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Goldoni Carlo

IL CAMPIELLO

L'AUTORE A CHI LEGGE

Questa è una di quelle Commedia che soglio preparare per gli ultimi giorni di Carnovale, sendo più atte in quel tempo a divertire il popolo che corre affollatamente al Teatro. L'azione di questa Commedia è semplicissima, l'intreccio è di poco impegno, e la peripezia non è interessante; ma ad onta di tutto ciò, ella è stata fortunatissima sulle scene in Venezia non solo, ma con mia sorpresa in Milano fu così bene accolta, che si è replicata tre volte a richiesta quasi comune. La mia maraviglia fu grande, perché ella è scritta coi termini più ricercati del basso rango e colle frasi ordinarissime della plebe, e verte sopra i costumi di cotal gente, onde non mi credeva che fuori delle nostre lagune potesse essere intesa, e così bene goduta. Ma vi è una tal verità di costume, che quantunque travestito con termini particolari di questa Nazione, si conosce comunemente da tutti.

I versi di questa Commedia sono dissimili da tutti gli altri che si leggono ne' miei Tomi e che corrono alla giornata. Questi non sono i soliti Martelliani, ma versi liberi di sette e di undici piedi, rimati e non rimati a piacere, secondo l'uso dei drammi che si chiamano musicali. Una tal maniera di scrivere pare che non convenga all'uso delle Commedie, ma il linguaggio Veneziano ha tali grazie in se stesso, che comparisce in qualunque metro, ed in questo precisamente mi riuscì assai bene.

Il titolo del Campiello riuscirà nuovo a qualche forastiere non pratico della nostra città. Campo da noi si dice ad ogni piazza, fuori della maggiore che chiamasi di San Marco. Campiello dunque è il diminutivo di Campo, che vale a dire è una Piazzetta, di quelle che per lo più sono attorniate da case povere e piene di gente bassa. Usasi nell'estate in queste piazzette un certo gioco che chiamasi il "Lotto della Venturina", con cui si cava la grazia a similitudine del "Birbis", con alcune pallottole, e il più o il meno guadagna, secondo è stato prima deciso, se il più od il meno dee guadagnare. Il premio di questo lotto suol consistere per lo più in pezzi di maiolica di poco prezzo, ed è un divertimento che chiama alle finestre o alla strada la maggior parte del vicinato. Con questo gioco principia la Commedia, la quale poi prosseguisce con quegli strepiti che sono soliti di cotal gente e di tali siti, e termina con quell'allegria che pure è frequente nelle medesime circostanze, e che va bene adattata alla stagione per cui fu la Commedia presente ordinata.

Personaggi

Gasparina, giovine caricata, che parlando usa la lettera Z in luogo dell'S.

Donna Catte Panchiana, vecchia

Lucietta, fia de donna Catte

Donna Pasqua Polegana, vecchia

Gnese, fia de donna Pasqua

Orsola, frittolera

Zorzetto, fio de Orsola

Anzoletto, marzer

Il Cavaliere

Fabrizio, zio di Gasparina

Sansuga, cameriere di locanda

Orbi che sonano

Giovani che ballano

Facchini

Simone zerman di Lucietta

La scena stabile rappresenta un Campiello con varie case, cioè da una parte la casa di Gasperina con poggiuolo, e quella di Lucietta con altana; dall'altra parte la casa di Orsola con terrazza, e quella di Gnese con altanella. In mezzo, al fondo, una locanda con terrazzo lungo, coperto da un pergolato.

 

 

ATTO PRIMO

 

SCENA PRIMA

ZORZETTO con una cesta in terra con dentro piatti, e scodelle, col sacchetto in mano per il gioco detto la Venturina, poi tutte le donne, ad una per volta, dal luogo che sarà accennato.

ZORZETTO Pute, chi mette al lotto?

Xè qua la Venturina.

Son vegnù de mattina.

Semo d'inverno fora de stagion;

Ma za de carneval tutto par bon.

Via, no ve fè pregar.

Pute, chi zoga al lotto?

Chi vien a comandar?

LUCIETTA (sull'altana della sua casa)

Zorzetto, son qua mi; tolè el mio bezzo. (getta il bezzo)

ZORZETTO Brava, siora Lucietta.

Za, che la prima sè, comandè vu.

LUCIETTA Comando per el più.

Se gh'avesse fortuna!

ZORZETTO Vadagnerè senz'altro. Su per una.

Sìe bezzi amanca.

GNESE Zorzi. (dal suo poggiolo)

ZORZETTO Comandè, siora Gnese.

GNESE Tolè el mio bezzo.

ZORZETTO Via; buttèlo zo.

GNESE Se vadagnasse almanco! (getta il bezzo)

ZORZETTO Su per do.

Cinque bezzi amanca.

ORSOLA Oe matto! ti ti xè? (dal suo poggiolo)

ZORZETTO Anca vu, siora mare.

ORSOLA Quel, che ti vol. Tiò el bezzo. (getta il bezzo)

ZORZETTO Su per tre.

Quattro bezzi amanca.

LUCIETTA Sior'Orsola, anca vu?

ORSOLA Sì ben. Dixè, cossa vadagna?

LUCIETTA Al più.

GASPARINA Oe Zorzetto, zenti.

ZORZETTO Son qua da ela, siora Gasparina.

GASPARINA Chiappè. (getta il bezzo)

ZORZETTO La xè ben franca;

Su per quattro. Mo via tre bezzi amanca.

DONNA PASQUA Oe vegnì qua, Zorzetto. (dalla porta della sua casa)

Anca mi vòi rischiar el mio bezzetto.

ZORZETTO Son da vu, donna Pasqua.

GNESE Anca vu, siora mare?

DONNA PASQUA Anca mi vòi ziogar; no se pol gnanca?

LUCIETTA Fè pur quel, che volè.

ZORZETTO Do bezzi amanca.

DONNA CATTE Oe, dalla Venturina. (dalla porta della sua casa)

ZORZETTO (Donna Catte Panchiana).

LUCIETTA Siora mare, anca vu?

DONNA CATTE Anca mi. Tolè el bezzo.

Cossa vadagna?

ZORZETTO El più.

GASPARINA No ze pol comandar?

ZORZETTO Xè comandà, patrona.

GASPARINA Dazzeno? No credeva.

Ze zaveva cuzì, mi no metteva.

LUCIETTA Vardè là, che desgrazia!

GASPARINA (Zempre cuzì. Vol comandar cuztie).

LUCIETTA Animo. (a Zorzetto)

ZORZETTO Su per sìe.

Destrighève, mettè.

GNESE Metterò mi.

LUCIETTA Metterò mi.

GASPARINA Tolè. (getta un altro bezzo)

LUCIETTA Gran cazzada!

GNESE Dei bezzi

Che n'avemo anca nu.

ORSOLA Mo via; cavemio?

ZORZETTO E tutti questi al più.

LUCIETTA Vegnì da mi, Zorzetto.

GASPARINA Trèmelo a mi el zacchetto.

LUCIETTA Vardè, che zentildona!

Mi prima ho comandà. Mi son parona.

GASPARINA Mi ziora gh'ho do bezzi.

DONNA PASQUA Mia fia xè più putela.

Trèghe el sacchetto, che ghe tocca a ela.

ZORZETTO Giustève tra de vu.

ORSOLA Via, tràghelo a to mare.

ZORZETTO E tutti questi al più. (getta il sacchetto ad Orsola)

GASPARINA Quezta zè un'inzolenza.

ORSOLA Chi songio? una massera?

GASPARINA Pezo. Una frittolera.

ORSOLA Vardè! se fazzo frittole?

La xè una profession.

GASPARINA Co la ferzora in ztrada zè par bon.

ZORZETTO Via, cavè, destrighève. (ad Orsola)

ORSOLA Vu, vu, siora, vardève.

GASPARINA Mi zon chi zon, zorela.

LUCIETTA Certo; chi sente ela,

La viverà d'intrada.

GNESE Tutti za la cognosse in sta contrada.

GASPARINA Ve vorezzi, patrone,

Metter con mi, vu altre?

LUCIETTA Cossa femio?

ZORZETTO Cavemio, o no cavemio?

GASPARINA Mio zior pare

Giera un foresto, el giera galantomo;

E credo, che el zia nato zentilomo.

Giera mia ziora mare

Nazzua da un ztrazzariol:

Gneze da un zavatter,

E vu da un fruttariol.

DONNA CATTE El giera un fruttariol, ma de quei boni.

GASPARINA L'ho vizto in Piazza a cuzinar maroni.

DONNA PASQUA Mio mario, poveretto,

El giera un zavatter,

Ma sempre in sto mistier

El s'ha fatto stimar.

No ghe giera un par soo per tacconar.

ZORZETTO E cusì cossa femio?

Cavemio, o no cavemio?

ORSOLA Sentì co le se vanta!

Tiò la bala. (getta il sacchetto colla palla)

ZORZETTO El sessanta.

ORSOLA Xèlo un numero bon?

ZORZETTO No so gnancora.

GASPARINA El zè bazzo, fia mia.

ORSOLA Mo che dottora!

ZORZETTO A vu, sior'Agnesina. (getta il sacchetto)

GASPARINA (Lo zaveva,

Che l'andava da ela.

La zè la zo moroza).

GNESE Oe, la Stela. (getta giù il sacchetto e la palla)

ZORZETTO Brava. A vu, donna Pasqua. (fa cavare a donna Pasqua)

GASPARINA (Che diria de zo nona,

Povero zporco, el va da zo madona).

DONNA PASQUA Vardè, cossa òi cavà?

Coss'ela sta figura?

ZORZETTO La Morte.

DONNA PASQUA Malignazo! gh'ho paura.

DONNA CATTE Avè ben cavà mal .

ZORZETTO Tolè, parona,

Cavè vu. (a donna Catte)

DONNA CATTE Vegnì qua. (a Zorzetto) Coss'è sto piàvolo?

No gh'ho i occhiali. Cossa xèlo?

ZORZETTO El Diavolo.

GNESE Avè ben cavà pezo.

DONNA CATTE N'importa. Òi vadagnà? (a Zorzetto)

ZORZETTO No so; ghe xè de meggio.

LUCIETTA Buttè qua. (a Zorzetto)

ZORZETTO Tolè. (getta il sacchetto a Lucietta)

GASPARINA Mi zarò l'ultima.

ZORZETTO La Stela al più.

GNESE La Stela la xè mia.

DONNA PASQUA Certo, e la grazia l'ha d'aver mia fia.

LUCIETTA Oe, ho cavà la Luna.

DONNA CATTE Brava, brava, mia fia gh'ha più fortuna.

ZORZETTO Presto. La Luna al più.

GASPARINA Toccarà a mi zta volta.

ZORZETTO Son da vu.

GNESE Me darave dei pugni in te la testa.

ZORZETTO Eh, vardève da questa. (getta il sacchetto a Gasparina)

GASPARINA Vardè, cozza òi cavà?

ZORZETTO El trenta.

LUCIETTA La xè mia.

GASPARINA Ma un'altra

bala,

Ziora, mi ho da cavar.

LUCIETTA Ma mi ho da vadagnar;

Nissun no me la tol.

GASPARINA Cozza òi cavà?

ZORZETTO Brava dasseno. El Sol.

GASPARINA Oe, la grazia zè mia.

LUCIETTA Malignaza culìa

Sempre la venze ela.

ZORZETTO Vorla un piattelo?

GASPARINA No; voggio una zquela.

ZORZETTO Ghe la porto.

GASPARINA Aspettè.

Zta mattina ve zbanco.

Zoghemo ancora, e mi comando: al manco.

LUCIETTA No voggio più zogar. (Sento che peno).

GASPARINA No, da zeno, patrona? (entra in casa)

LUCIETTA No da zeno. (entra in casa)

GNESE Xè meggio, che anca mi fazza cusì!

GASPARINA La va via, ziora Gneze?

GNESE Ziora zì. (entra in casa)

ORSOLA Vien su, vien su, fio mio.

El spasso xè fenio.

El tempo se fa scuro.

GASPARINA El zpazzo zè fenio?

ORSOLA Certo zeguro. (entra in casa)

GASPARINA Zte zporche me minchiona, ma per diana

Le gh'ha da far con mi.

ZORZETTO Vorla la squela?

GASPARINA Tiéntela per ti.

No m'importa de zquele,

Ghe n'ho de le più bele.

Zte ziore, che le ingiotta, ze le vol,

Che mi con ele zarò zempre el zol. (parte)

ZORZETTO Puto, dame una man

A portar via sta cesta; sta mattina

No gh'è più Venturina.

Tiò sto bezzo per ti. Sti sìe bezzetti

Voggio andarli a investir in tre zaletti. (parte)

 

SCENA SECONDA

Donna PASQUA POLEGANA e donna CATTE PANCHIANA

DONNA PASQUA Cossa dixeu, comare? Stamattina

Gh'ha toccà la fortuna a Gasparina.

DONNA CATTE Za me l'ho imaginada.

Quela se ghe pol dir la fortunada.

DONNA PASQUA Me recordo so mare,

La vegniva ogni dì

A domandarme a mi

Ora el sal, ora l'oggio, poverazza;

Ela xè morta, e da so fia se sguazza.

DONNA CATTE Quel forestier, credemio,

Ch'el sia so barba?

DONNA PASQUA Oibò.

Da più de diese ho sentio a dir de no.

DONNA CATTE Cossa voleu, che el sia? cossa ve par?

DONNA PASQUA Ah! no vòi mormorar.

Via, via, el sarà so barba, no parlemo.

DONNA CATTE Oe, che el sia quel, ch'el vol, nu no gh'intremo.

Me despiase, che in casa gh'ho una fia,

Che la vede, e la sente.

DONNA PASQUA Per la vostra no gh'è sto gran pericolo,

Che la xè mauretta;

Ma la mia, poveretta,

Che no la gh'ha gnancora sedes'ani.

DONNA CATTE E la mia quanti ani,

Credereu, che la gh'abbia?

DONNA PASQUA Mi no so.

Vinti un, vinti do.

DONNA CATTE Vedeu, fia mia, che v'inganè? deboto

La toccherà i disdoto.

Anca mio chi me vede

I dixe, che son vecchia;

E sì vecchia no son,

Ma son vegnua cusì da le passion.

DONNA PASQUA E a mi, col vostro intender,

Quanti ani me deu?

DONNA CATTE Vu, fia mia, cossa seu?

Tra i sessanta, e i setanta?

DONNA PASQUA Oh che spropositi!

Se cognosse, che poco ghe vedè.

DONNA CATTE Quanti xèli, fia mia?

DONNA PASQUA Quaranta tre.

DONNA CATTE Eh, no gh'è mal. E i mii

Quanti ve par, che i sia?

DONNA PASQUA Sessanta, e va.

DONNA CATTE I xè manco dei vostri in verità.

DONNA PASQUA Se no gh'avè più denti!

DONNA CATTE Cara fia,

Per le flussion i me xè andadi via.

Oh se m'avessi visto in zoventù!

DONNA PASQUA Come!

DONNA CATTE Seu sorda?

DONNA PASQUA Un poco, da sta recchia.

DONNA CATTE Cara fia, no volè, ma sè più vecchia.

DONNA PASQUA Se savessi, anca mi, quel che ho patio.

Basta. El Ciel ghe perdona a mio mario.

DONNA CATTE Certo, che sti marii

I xè i gran desgraziai.

El pan de casa non ghe basta mai.

DONNA PASQUA La xè cusì, sorela.

Anca el mio, sto baron, giera de quei,

E sì el mio pan noi xè de semolei.

DONNA CATTE Mi, no fazzo per dir, ma giera un tòcco!

Fava la mia fegura;

Ma senza denti se se desfegura.

Sentì; qua ghe n'ho do; qua ghe n'ho uno. (prende il dito di donna Pasqua, e se lo mette in bocca)

Sentì ste do raìse,

Sentì sto dente grosso,

E ste zenzive dure co fa un osso.

DONNA PASQUA Magneu ben?

DONNA CATTE Co ghe n'ho.

DONNA PASQUA Cusì anca mi.

DONNA CATTE Ma no se pol magnar ben ogni dì.

DONNA PASQUA Come!

DONNA CATTE Me fè peccà,

Cusì sorda.

DONNA PASQUA Aspettè, vegnì de qua.

DONNA CATTE No; voggio andar dessuso,

Perché gh'ho quella puta

Che me dà da pensar.

DONNA PASQUA La voleu maridar?

DONNA CATTE Oh, se podesse!

DONNA PASQUA Dèghela a quel marzer.

DONNA CATTE Se el la volesse.

E vu la vostra no la maridè?

DONNA PASQUA Eh cara vu, tasè.

Se sto fio de sior'Orsola

Fusse un poco più grando!

DONNA CATTE El crescerà.

DONNA PASQUA E intanto la sta là.

E mi, per confidarve al mio pensier,

Vorave destrigarme;

Perché dopo anca mi vòi maridarme.

DONNA CATTE Oh anca mi certo; co xè via sta puta,

La fazzo, vel protesto.

DONNA PASQUA Destrighemole presto.

Maridemose, Catte.

DONNA CATTE Sì, fia mia.

DONNA PASQUA Catte, bondì sioria.

DONNA CATTE Bondì, sorela.

No son più una putela;

No gh'ho quel, che gh'aveva

Co giera zovenetta

Ma ghe n'ho più de quattro, che me aspetta. (parte)

DONNA PASQUA Mi ghe sento pochetto,

Ma grazie al Cielo son ancora in ton,

E fora de una recchia,

Tutto el resto xè bon. (parte)

 

SCENA TERZA

GASPARINA sul poggiuolo, poi il CAVALIERE

GASPARINA Ancuo zè una zornada cuzì bela,

Che proprio me vien voggia

D'andarme a devertir;

Ma zior barba con mi nol vol vegnir.

Zia malignazo i libri!

Zempre zempre ztudiar!

Ze almanco me vegnizze

Una bona occazion da maridar!

Quel zior, che l'altro zorno

Zè vegnudo a alozar a zta locanda,

Ogni volta, che el pazza, el me zaluda;

Ma no ze za chi el zia. Oh, vèlo qua,

Dazzeno in verità.

CAVALIERE (vien passeggiando con qualche affettazione, e avvicinandosi alla casa di Gasparina, la saluta)

GASPARINA (gli fa una riverenza)

CAVALIERE (cammina un poco, poi torna a salutarla)

GASPARINA (repplica una riverenza)

CAVALIERE (gira un poco, poi le fa un baciamano ridente)

GASPARINA (corrisponde con un baciamano grazioso)

CAVALIERE (s'incammina verso la locanda, poi torna indietro mostrando di volerle parlare; poi si pente, le fa una riverenza e torna verso la locanda. Sulla porta si ferma, e le fa un baciamano, ed entra)

GASPARINA Oh ghe dago in tel genio.

Ze vede, che el zè cotto.

Ze con mi el fa dazzeno;

Zte zporche, che zè qua

Oh quanta invidia, che le gh'averà!

 

SCENA QUARTA

SANSUGA dalla locanda, e la suddetta.

SANSUGA Cossa mai se pol far? co sti foresti,

No se pol dir de no.

Parlerò co la puta, el servirò.

Camerier anca mi son de locanda:

No se pol dir de no, co i ne comanda.

Patrona reverita.

GASPARINA Ve zaludo.

SANSUGA Cognossela quel sior, che xè venudo?

GASPARINA Mi no. Chi zèlo?

SANSUGA Un cavalier.

GASPARINA Dazzeno?

SANSUGA El xè un, ch'ha per ela de la stima,

E col l'ha vista el xè cascà a la prima.

GASPARINA E mi me cognozzeu?

SANSUGA So chi la xè.

GASPARINA Ben co me cognozzè,

Zaverè, che con mi

No ze parla cuzì.

SANSUGA No ghe xè mal. No voggio miga dir...

Ghe basta de poderla reverir.

GASPARINA No m'àlo zaludà?

SANSUGA Xè vero, ma nol sa,

Se la l'abbia aggradido el so saludo.

GASPARINA Via dizèghe a quel zior, che nol reffudo.

SANSUGA Se el vien sulla terazza

Che dirala qualcossa?

GASPARINA Via, zior zì.

SANSUGA Che piàselo quel sior?

GASPARINA Cuzì, e cuzì.

SANSUGA Lo vago a consolar.

GASPARINA Oe, lo zàlo, che zon da maridar?

SANSUGA El lo sa certo.

GASPARINA El zàlo,

Che zon puta da ben, ma poveretta?

SANSUGA Za l'ho informà de tuto.

La staga là un tantin.

GASPARINA Zioria, bel puto. (Sansuga entra nella locanda)

Oh la zè una gran cozza,

Per una da par mio

Non aver dota da trovar mario.

Mio barba zè vegnù

Da caza de colù; el va dizendo:

"Vorave nezza, che ve maridezzi".

Ma gnancora no zo ze el gh'abbia bezzi.

Zior? chiàmelo? El zè elo

Dazzeno, che me chiama; tolè zuzo,

Bizognerà, che vaga;

Qua nol vol, che ghe ztaga.

Come vorlo, che fazza a maridarme?

Dazzeno, che zon ztuffa.

E ze ghe tendo a lu farò la muffa. (parte)

 

SCENA QUINTA

LUCIETTA sull'altana, poi il CAVALLIER sulla loggia.

LUCIETTA Gnancora no se vede

A vegnir Anzoletto.

Tre ore, sto baron, xè che l'aspetto.

L'ora la xè passada,

Che el se sente a passar,

Che el se sente a criar aghi, e cordoni.

Oh sti puti, sti puti, i è pur baroni;

No se se pol fidar.

CAVALIERE (sulla loggia, guardando verso la casa di Gasparina)

LUCIETTA Vàrdelo qua? me vorlo saludar?

CAVALIERE Mi pare, e non mi pare.

LUCIETTA Par, che el me varda mi.

CAVALIERE (si cava il cappello e lo tien a mezz'aria, parendogli che sia e non sia Gasparina)

LUCIETTA Patron caro. (lo saluta)

CAVALIERE (termina di salutarla, e poi con un occhiale l'osserva)

LUCIETTA M'àlo visto cusì?

CAVALIERE Vedo, che non è quella,

Ma tanto e tanto non mi par men bella. (torna coll'occhiale)

LUCIETTA Se el seguita a vardar co sto bel sesto,

Adessadesso mi ghe volto el cesto.

CAVALIERE (la saluta)

LUCIETTA La reverisso in furia:

Maneghi de melon, scorzi d'anguria.

CAVALIERE Non intendo che dica. (la saluta)

LUCIETTA Un'altra volta.

Serva sua.

CAVALIERE Mi perdoni.

 

SCENA SESTA

ANZOLETTO colle scatole da marzer, e detti

ANZOLETTO Aghi de Fiandra, spighetta, cordoni.(gridando ad uso di tal mestiere)

LUCIETTA Anzoletto? (chiamandolo)

ANZOLETTO V'ho visto. (minacciandola)

CAVALIERE Signora, se comanda.

Compri, che pago io.

LUCIETTA Grazie, patron;

De lu no me n'importa.

Aspettème, che vegno sulla porta. (entra)

CAVALIERE Quel giovine.

ANZOLETTO Patron.

CAVALIERE Quel, ch'ella

vuole,

Datele; pago io.

ANZOLETTO (Ah sta cagna sassina m'ha tradio!).

 

SCENA SETTIMA

GNESE sull'altana, e detti

GNESE Oe marzer; vegnì qua.(Anzoletto s'accosta)

CAVALIERE Ecco un'altra beltà.

GNESE Gh'aveu cordoni bei?

CAVALIERE Datele quel, che vuol, pago per lei.

GNESE Dasseno?

CAVALIERE Sì, servitela,

Che tutto io pagherò.

GNESE Vegnì de su, marzer.

ANZOLETTO Ben, vegnirò. (entra in casa d'Agnese)

CAVALIERE Tante bellezze unite! parmi un sogno.

Servitevi, ragazza.

GNESE Me torò el mio bisogno. (entra)

 

SCENA OTTAVA

LUCIETTA sulla porta, il CAVALIERE sulla loggia.

LUCIETTA Invece de aspettarme el va da Gnese?

CAVALIERE Giovinetta cortese,

Aspettate, ora vien.

LUCIETTA Sior sì, l'aspetto.

(Vòi parlar col foresto

A so marzo despetto).

CAVALIERE Come voi vi chiamate?

LUCIETTA Lucietta per servirla.

(Farme sta azion a mi? no vòi soffrirla).

CAVALIERE Lucietta.

LUCIETTA Cossa vorla?

CAVALIERE Siete sposa?

LUCIETTA Sior no.

CAVALIERE Siete fanciulla?

LUCIETTA Certo,

Che qualcossa sarò.

CAVALIERE Voglio venir a basso.

LUCIETTA Chi lo tien? (il Cavaliere entra)

Vòi, che el me senta quel baron col vien. (verso Anzoletto)

Cossa xè sto impiantarme?

 

SCENA NONA

Donna CATTE e LUCIETTA

DONNA CATTE Oe, Lucietta.(di dentro)

LUCIETTA Sì, sì, podè chiamarme.

Fina, che no me sfogo,

No vago, se i me dà, via da sto liogo.

DONNA CATTE Cossa fastu qua in strada? (esce di casa)

LUCIETTA Gnente.

DONNA CATTE Ti è inmusonada

Per cossa, cara fia?

LUCIETTA Quel baron del marzer...

Xè passà...l'ho chiamà...

Noi m'ha gnanca aspettà. (piangendo)

DONNA CATTE E ti pianzi per questo?

LUCIETTA Siora sì.

DONNA CATTE El vegnirà debotto.

 

SCENA DECIMA

IL CAVALIERE e dette

CAVALIERE Eccomi qui.

DONNA CATTE Chi èlo sto sior? (a Lucietta)

LUCIETTA Tasè.(a donna Catte)

CAVALIERE Questa vecchia chi è?

LUCIETTA La xè mia mare.

DONNA CATTE Che el se metta i occhiai; se nol ghe vede;

No son vecchia, patron, come che el crede.

CAVALIERE Compatitemi, cara.

Ah! vostra figlia è una bellezza rara.

DONNA CATTE Lo so anca mi; la xè una bela puta.

E po vardè, la me someggia tuta.

CAVALIERE Ora verrà il merciaio;

Provedetevi pure, ecco il danaio.(mostra la borsa)

 

SCENA UNDICESIMA

GNESE sull'altana, e detti

GNESE Patron, sàla? m'ho tolto

Roba per quattro lire.

CAVALIERE Anche per trenta.

Io faccio ognor così.

GNESE Ma me l'ho tolta, e l'ho pagada mi.

Le pute Veneziane

Le gh'ha pensieri onesti,

E no le tol la roba dai foresti.(parte)

 

SCENA DODICESIMA

ANZOLETTO di casa, e detti

CAVALIERE Questa non fa per me, troppo eroina.

Via, fatevi servire.(a Lucietta)

LUCIETTA No vòi gnente.

No me vegnir da rente,

Tocco de desgrazià, baron, furbazzo. (a Anzoletto)

ANZOLETTO A mi sto bel strapazzo:

A mi, che gh'ho rason de lamentarme?

LUCIETTA Ti gh'ha rason, che qua no vòi sfogarme.

Ti me l'ha da pagar.

ANZOLETTO Chi ha d'aver, ha da dar.

DONNA CATTE Zitto; vegnì con nu. (a Anzoletto)

ANZOLETTO In casa vostra no ghe vegno più. (parte)

CAVALIERE Via, l'amante è partito.

Prendete un anellino;

Tenetelo, ch'è bello.

LUCIETTA La reverisso, e grazie dell'anello.(parte senza prenderlo)

DONNA CATTE La diga, sior foresto.

CAVALIERE Che volete?

DONNA CATTE La me lo daga a mi.

CAVALIERE Brava; prendete.

Datelo alla ragazza in nome mio:

Vecchia da ben, mi raccomando, addio. (parte)

DONNA CATTE Oh, no ghe dago gnente.

No vòi che la se instizza.

El sarà bon, co me farò novizza. (parte)

ATTO SECONDO

 

SCENA PRIMA

Donna PASQUA di casa colla scopa, poi ORSOLA.

DONNA PASQUA Vòi scoar sto campiello;

El xè pien de scoazze.

Sempre ste frasconazze

Le fa pezo dei fioi;

Le magna i garaguoi,

Le magna i biscoteli da Bologna,

E tutto le trà zo, ch'è una vergogna.

Vòi da scoar mi sola.

Lasso, che tutti pensa a casa soa;

E no vòi per nissun fruar la scoa.(va scopando dinanzi la sua porta)

ORSOLA Oe dixè, donna Pasqua; donna Pasqua.

La xè sordetta, grama!

Oe sentì, donna Pasqua.

DONNA PASQUA Chi me chiama?

ORSOLA Za che gh'avè la scoa, fème un servizio,

Dène una nettadina

Qua davanti de nu.

DONNA PASQUA Quelo, che fazzo mi, fèlo anca vu. (spazza sul suo)

ORSOLA No ve faressi mal, cara madona.

DONNA PASQUA (Vardè, che zentildona!).

ORSOLA El xè un pan, che se impresta.

DONNA PASQUA (La vol, che se ghe fazza la massera.

Chi crédela, che sia sta frittolera?).

ORSOLA Slongar la scoa un tantin

Xèla una gran fadiga?

DONNA PASQUA Cossa? (No sento ben quel, che la diga).

ORSOLA Digo cusì, sorela, che a sto mondo

Quel, che servizio fa, servizio aspetta.

DONNA PASQUA Che servizio?

ORSOLA Sè sorda, poveretta.

DONNA PASQUA Mi sorda? Sta mattina

Ghe sentiva pulito.

Una flussion se m'ha calà za un poco;

Ma credo che sia causa sto siroco.

ORSOLA Dixè, Pasqua, sentì.

DONNA PASQUA Cossa voleu da mi? (s'accosta)

ORSOLA Me seu amiga?

DONNA PASQUA Sì ben, no fazzo miga

Per no voler scoar la vostra porta;

Per vu no me n'importa;

Ma no vòi, che ste frasche, che sta qua

Le me diga massera

Dela comunità.

ORSOLA Via, via, gh'avè rason; disè, fia mia,

Dove xè vostra fia?

DONNA PASQUA La xè sentada,

Che la laora: oh, no ghe xè pericolo

Che in ozio la se veda in ste zornae.

ORSOLA La xè una puta, che me piase assae.

DONNA PASQUA Dasseno la xè bona. (si mette a spazzare alla casa di Orsola)

ORSOLA No, no v'incomodè.

DONNA PASQUA De quele no la xè...

Se me capì...

ORSOLA La xè una bona puta.

DONNA PASQUA E per dir quel, che xè, non la xè bruta.

ORSOLA Caspita! la xè un fior.

DONNA PASQUA N'è vero, fia? (spazza più forte)

ORSOLA Basta; basta cusì.

DONNA PASQUA Credèlo; la laora tutto el dì.

ORSOLA Quando la marideu?

DONNA PASQUA Grama! magari!

Ma me capiu, fia mia? fala danari.

ORSOLA Qualchedun la torave senza gnente.

DONNA PASQUA Cossa?

ORSOLA No m'intendè? vegnì darente.

DONNA PASQUA Cossa diseu, sorela?

ORSOLA La puta la xè bela,

La xè bona; chi sa?

DONNA PASQUA Magari!

ORSOLA Vegnì qua.

Vegnì de su da mi; vòi, che parlemo.

DONNA PASQUA (Chi sa, che co so fio no se giustemo?).

Vegno subito. Gnese.(chiama)

 

SCENA SECONDA

GNESE, e dette

GNESE Siora, m'aveu chiamà? (in altana)

DONNA PASQUA Sì, fia mia, vago qua

Da sior'Orsola sastu?

Tornerò da qua un poco.

GNESE Sior'Orsola, patrona.

ORSOLA Sioria, fia mia.

DONNA PASQUA (Cossa dixeu, che tòco?). (a Orsola)

(Ma una volta anca mi giera cusì;

Ma chi sa, che no torna quel, che giera.

Lassè pur, che i me diga vecchia matta;

Se me marido, vegno tanto fatta). (entra da Orsola)

ORSOLA Gnese, steu ben?

GNESE Mi sì.

ORSOLA Cossa laoreu, dixè?

GNESE M'inzegno a far dei fiori da topè.

ORSOLA De quei de veludin?

GNESE De queli, e anca de queli de piumin.

ORSOLA Lassè véder.

GNESE Vardè.

ORSOLA Brava dasseno.

Per chi li feu, fia mia?

Per quei de Marzaria?

GNESE Oh, siora no;

I me vien ordenai.

Per Marzaria mi no laoro mai.

Una volta laorava.

Mai no i se contentava.

Lori i me dava vinti soldi al fior,

Ma con fadiga tanta,

E i li vendeva po più de quaranta.

Adesso i fazzo mi con del sparagno,

E gh'ho manco fadiga, e più vadagno.

ORSOLA Saveu far scuffie?

GNESE Siora sì.

ORSOLA Dasseno?

Poderessi anca far la conzateste.

GNESE Ma una puta, la vede...

ORSOLA Maridève.

GNESE Oh cossa, che la dise.

ORSOLA Sentì, care raìse,

Ve voggio ben assae; vorave certo

Véderve ben logada.

Ma le bone occasion oh le xè rare.

Sioria, vago a parlar co vostra mare. (parte)

 

SCENA TERZA

GNESE, poi LUCIETTA in altana

GNESE Mia mare, poverazza,

La me marideria.

E anca mi lo faria, se se trovasse

Un partio de quei boni;

Ma se ne catta tanti de baroni!

LUCIETTA Siora Gnese garbata! (con ironia)

GNESE Cossa gh'aveu con mi?

LUCIETTA Con un'amiga no se fa cusì.

GNESE Cossa v'òi fatto?

LUCIETTA Fève da la vila.

Lo savè, che Anzoleto me vol ben,

E in casa vel tirè quando che el vien?

GNESE Ho comprà de la roba.

LUCIETTA Per comprar,

De chiamarlo de su no gh'è bisogno.

GNESE Mi a vegnir su la porta me vergogno.

LUCIETTA Vardè che casi! no ghe sè mai stada,

Siora spuzzetta, in strada?

GNESE Co gh'è mia siora mare; ma no sola.

LUCIETTA Orsù in t'una parola,

Lassème star quel puto.

GNESE Chi vel tocca?

LUCIETTA O ve dirò quel, che me vien in bocca.

GNESE Mo no, cara Lucietta,

Voggio, che siemo amighe.

LUCIETTA Mi sì, che gh'ho buon cuor.

GNESE E mi no ve vòi ben?

Voggio donarve un fior.

LUCIETTA Magari!

GNESE Mandè a tòrlo.

LUCIETTA Ma da chi?

Se no ghe xè nissun, vegnirò mi.

Oe aspettè. Zorzetto. (chiama)

 

SCENA QUARTA

ZORZETTO di strada, e dette

ZORZETTO Cossa voleu?

LUCIETTA Vorave un servizietto.

ZORZETTO Comandème.

LUCIETTA Andè là.

Gnese ve darà un fior, portèlo qua.

ZORZETTO Volentiera; son qua, buttèlo zo. (a Gnese)

GNESE Oh giusto!

ZORZETTO Vegno suso?

GNESE Missier no:

Calerò zo el cestelo. (cala il fiore nel cestino)

Portèghelo a Lucietta.

ZORZETTO Mo co belo!

El someggia dasseno a chi l'ha fatto.

GNESE Andè via, che sè matto.

LUCIETTA Ti lo sprezzi?

ZORZETTO No me volè più ben?

GNESE Che puttellezzi!

ZORZETTO Ve degnévi una volta de ziogar

Co mi alle bagatele.

GNESE Eh via, che le xè cosse da putele.

LUCIETTA Adesso ti xè granda,

Gnese, oe vàrdeme in ciera,

Zogheravistu in t'un'altra maniera?

GNESE Via, ghe lo deu quel fior? (a Zorzetto, irata)

ZORZETTO Subito siora.

Cossa gh'aveu con mi? Mo che desgrazia!

Cossa mai v'òggio fatto?

GNESE Uh mala grazia! (parte)

 

SCENA QUINTA

LUCIETTA e ZORZETTO

LUCIETTA Zorzi, Zorzi, ghe vedo da lontan.

Culìa la te vol ben.

ZORZETTO Giusto! una volta;

Ma adesso no vedè.

LUCIETTA Anzi più adesso.

Co la giera putela

No la pensava miga a certe cosse,

Adesso la ghe pensa, e el se cognosse.

ZORZETTO Anca mi, se ho da dir la verità

Che vòi ben in t'un modo,

Che mai più l'ho provà. Ma a sti desprezzi,

Cara siora Lucieta, no son uso.

LUCIETTA Pòrteme el fior, Zorzetto, vien desuso.

ZORZETTO Quel che volè; gh'ho voggia,

Che parlemo un tantin.

LUCIETTA No ti è più fantolin; quanti ani gh'àstu?

ZORZETTO Sedese, o disisette.

LUCIETTA Mio zerman

S'ha maridà de quindese.

ZORZETTO Mo adesso

Me fè rabbia anca vu.

LUCIETTA Povero pampalugo, vien de su.

ZORZETTO Vegno. (va per entrare)

 

SCENA SESTA

ANZOLETTO e detti

ANZOLETTO Indrio, sior scartozzetto.(dà una spinta a Zorzetto)

LUCIETTA Che strambazzo!

ZORZETTO Cossa v'òi fatto?

ANZOLETTO Indrio,

Che ve dago uno schiaffazzo.

ZORZETTO Mo per cossa?

LUCIETTA Vardè là, che bel sesto!

ANZOLETTO Senti, sastu? a sta porta

No ghe vegnir mai più.

ZORZETTO Che portava sto fior. Dèghelo vu.(getta il fiore in terra)

ANZOLETTO A Lucietta sto fior?

Tocco de desgrazià.

ZORZETTO Siora mare, i me dà.

 

SCENA SETTIMA

ORSOLA sul pergolo, e detti

ORSOLA Cossa te fai, fio mio?

Oe, lassè star mio fio,

Che per diana de dia se vegno zo,

Qualcossa su la testa ve darò.

LUCIETTA Via, via, manco sussuro.

ANZOLETTO Sto spuzzetta

No voggio, che el ghe parla co Lucietta.

ZORZETTO Cossa m'importa a mi?

ORSOLA Za per culìa

Sempre se fa baruffa.

LUCIETTA Voleu, che ve la diga, che son stuffa?

ORSOLA No se ghe poi più star in sto campielo

Co sta sorte de zente.

LUCIETTA Oe, oe, come parleu?

ORSOLA Vardè là, che lustrissima! Chi seu?

LUCIETTA Frittolera.

ANZOLETTO Tasè. (a Lucietta)

ORSOLA Sporca.

ANZOLETTO Sangue de diana,

Che debotto debotto... (verso Orsola)

ZORZETTO Cossa voressi far? (contro Anzoletto)

ANZOLETTO Via, sior pissotto. (minacciandolo)

ORSOLA Lassèlo star quel puto, e vu patrona

Mio fio no lo vardè.

LUCIETTA Oh, no v'indubitè, che no vel tocco;

Vardè che bel aloco!

Che no ghe sia de meggio in sto paese?

Vardè, che fusto! Che lo lasso a Gnese.

 

SCENA OTTAVA

GNESE in altana, e detti

GNESE Cossa parleu de mi?

LUCIETTA Coss'è, patrona?

Seu vegnua fora, perché gh'è Anzoletto?

GNESE Vardè, che sesti!

ORSOLA Vien de su, Zorzetto.

ZORZETTO Siora no, vòi star qua.

ORSOLA Cusì ti parli?

ZORZETTO Sta volta voggio far a modo mio.

ORSOLA Vien de suso, te digo.

LUCIETTA Oh che gran fio!

ORSOLA Vardève vu, fraschetta.

 

SCENA NONA

Donna CATTE in istrada, e detti

DONNA CATTE Oe, no stè a strapazzar la mia Lucietta.

ORSOLA Mi gh'ho qualche rason, se la strappazzo.

DONNA CATTE In sto campiello se mettemio a mazzo?

L'è una puta da ben;

E no la xè de quele...

GNESE Le altre, cara siora, cossa xèle?

DONNA CATTE Tasi, che ti ha bon tàser.

GNESE Oh no son miga muta.

 

SCENA DECIMA

Donna PASQUA di casa d'Orsola, e detti; poi il CAVALIERE

DONNA PASQUA Cossa voressi dir de la mia puta?

DONNA CATTE Tasè, che la ghe sente.

GNESE Vegnì su, siora mare.

DONNA PASQUA Cossa gh'è? (a Gnese)

CAVALIERE Sento gridar, si può saper perché?

ANZOLETTO Cossa gh'ìntrelo, sior?

CAVALIERE Se non vi spiace,

Vi entro sol per la pace.

ANZOLETTO La diga, mio patron,

Su quela putta gh'àlo pretension? (accenna Lucietta)

CAVALIERE Niente affatto.

LUCIETTA Sentìu, sior Anzoletto?

CAVALIERE Io per tutte le donne ho del rispetto.

Mi piace l'allegria,

Godo la compagnia;

E quel tempo, ch'io sto quivi di stanza

Vorrei quieta mirar la vicinanza.

Donne si può sapere

La causa di un sì grande mormorio?

ORSOLA La diga, sior, che i lassa star mio fio.

CAVALIERE Chi l'oltraggia di voi?

ZORZETTO Quel, che xè là.

Mi no gh'ho fatto gnente, e lu el m'ha dà.

CAVALIERE Per qual ragion? (ad Angiolo)

ANZOLETTO No voggio

Che el varda quella puta,

Che el vaga in casa, e che el ghe porta i fiori.

LUCIETTA Gnese, quel fior me l'àstu donà ti?

GNESE Mi ghe lo ho dà. Sior sì.

CAVALIERE Orsù, che si finisca

Di gridar, buona gente.

Amici come prima, allegramente.

LUCIETTA Vienstu de su, Anzoletto?

ANZOLETTO Sempre la xè cusì.

DONNA CATTE Via, via, sior matto, vegnì via con mi. (prende Anzoletto per la mano, e lo conduce in casa)

CAVALIERE Brava la vecchia; lo tirò con essa.

GNESE So fia la xè promessa

Quello xè el so novizzo.

No gh'è mal, sior foresto.

CAVALIERE Questo si chiama un ragionare onesto.

LUCIETTA E ti, che ti lo sa, làsselo star.

GNESE No, no te indubitar,

Che no lo chiamo più.

LUCIETTA Vegno, vegno, fio mio; caro colù. (entra)

CAVALIERE Siamo di carnevale;

Siamo in luogo a proposito

Per fare un po' di chiasso fra di noi.

Son forastier, mi raccomando a voi.

ORSOLA Zorzi vienstu dessuso?

ZORZETTO Siora sì.

ORSOLA Vien, che t'ho da parlar, vien su, fio mio.

ZORZETTO Sior'Agnese, patrona. (parte)

ORSOLA El m'ha obbedio. (entra)

GNESE Via, vegnìu, siora mare? Siora mare. (forte)

DONNA PASQUA Chiàmistu?

GNESE Vegnìu su?

DONNA PASQUA Vegno, t'ho da parlar.

GNESE Vegnì, che mi me sento a laorar. (vuol ritirarsi)

CAVALIERE Riverisco. (a Gnese)

GNESE Patron.

CAVALIERE Ragazza addio.

GNESE Ghe fazzo un repeton. (entra)

CAVALIERE Ditemi, un repetone

Cosa vuol dir? (A DONNA Pasqua, che s'incammina verso casa e non lo sente)

DONNA PASQUA Patron.

CAVALIERE Ditemi, che vuol dire un repeton?

DONNA PASQUA Vol dir un bel saludo.

Ghe lo fazzo anca mi.

CAVALIERE Quella è la figliuola vostra?

DONNA PASQUA Patron sì.

CAVALIERE È una giovin di garbo.

DONNA PASQUA No se sàlo?

L'ho fatta mi.

CAVALIERE Come le piace il ballo?

DONNA PASQUA Cossa dìselo?

CAVALIERE Dico,

Se le piace ballar.

DONNA PASQUA Caspita! e come!

Co la fa le furlane

La par una saeta:

I ghe dixe la bela furlaneta.

CAVALIERE Vo' che balliamo dunque.

DONNA PASQUA O sì, sì, caro sior,

E anca mi co ghe son, me fazzo onor.

CAVALIERE Ballerete con me?

DONNA PASQUA L'è tanto belo!

No vòi balar con altri, che con elo. (entra in casa)

 

SCENA UNDICESIMA

Il CAVALIERE, poi GASPARINA

CAVALIERE Oh, son pure obbligato

A chi un sì bell'alloggio mi ha trovato.

Nol cambierei con un palazzo augusto:

Ci ho con gente simil tutto il mio gusto.

GASPARINA Che el diga quel che el vol zto mio zior barba.

Lu coi libri el zavaria,

E mi voggio chiappar un poco de aria.

Anderò da mia zantola,

Che zè poco lontana.

CAVALIERE (Ecco la giovine,

Che ho veduto da prima).

GASPARINA (Oh vèlo qua quel zior).

CAVALIERE (Mi par bellissima).

Servitore di lei.

GASPARINA Zerva umilizzima.

CAVALIERE (Che vezzoso parlar!).

GASPARINA (Voggio in caza tornar). (s'accosta alla casa)

CAVALIERE Rigorosissima

Meco siete così?

GASPARINA Zerva umilizzima.

CAVALIERE Io sono un cavaliere,

Egli è ver, forastiere;

Ma per le donne ho sentimenti onesti.

GASPARINA (Oh, che i me piaze tanto zti foresti).

CAVALIERE Bramo, se fia possibile,

Di servirvi l'onore, e in me vedrete

Esser per voi la servitù onestissima.

Aggraditela almen.

GASPARINA Zerva umilizzima.

CAVALIERE Lasciam le cirimonie, favorite.

Siete zitella?

GASPARINA No lo zo dazzeno.

CAVALIERE Nol sapete? tal cosa io non comprendo.

GASPARINA Zto nome de zitella io non l'intendo.

CAVALIERE Fanciulla voglio dir.

GASPARINA No zo capirla.

Ze zon puta?

CAVALIERE Così.

GASPARINA Per obbedirla.

CAVALIERE Troppo gentile! Avete genitori?

GASPARINA No l'intende n'è vero,

Troppo el noztro parlar?

CAVALIERE Così e così.

GASPARINA Me zaverò zpiegar.

CAVALIERE Avete genitori?

GASPARINA Mio padre zono morto,

E la mia genitrice ancora ezza.

M'intendela?

CAVALIERE Bravissima,

Voi parlate assai ben.

GASPARINA Zerva umilizzima.

CAVALIERE Ma chi avete con voi?

GASPARINA Tengo, zignore,

Un altro genitore.

CAVALIERE Un altro padre?

GASPARINA Oh zior no; cozza dizelo? Gh'ho un barba.

CAVALIERE La barba?

GASPARINA Adezzo, che ghe penza: un zio,

Che zè quel che comanda, e zta con io.

CAVALIERE Ora capisco; brava.

Ma questo zio non vi marita ancora?

GASPARINA Zono un poco a bonora.

CAVALIERE È ver, voi siete

Ancora giovinissima,

Ma graziosa però.

GASPARINA Zerva umilizzima.

CAVALIERE Voi avete, una grazia, che innamora.

GASPARINA Zèlo più ztà a Venezia?

CAVALIERE Questa è la prima volta.

GASPARINA El vederà

Ze ghe zè del bon gusto in zta città.

CAVALIERE Lo capisco da voi.

GASPARINA No fo per dire,

Ma pozzo comparire.

Me capìzzela?

CAVALIERE Sì che vi capisco.

GASPARINA Quando, ch'io voggio, zo parlar toscana,

Che no par, che zia gnanca veneziana.

CAVALIERE Avete una pronuncia, che è dolcissima.

Voi parlate assai bene.

GASPARINA Obbligatizzima.

CAVALIERE E quell'aria!

GASPARINA La diga, m'àlo vizto

A caminar?

CAVALIERE Un poco,

Fatemi la finezza,

Voi passeggiate, che a vedervi io resto.

GASPARINA Vedela, zior forezto?

Una volta ze andava

Cuzzì, cuzzì, cuzzì.

Adesso ze va via

Cuzzì, cuzzì, cuzzì.

CAVALIERE Brava in ogni maniera.

GASPARINA Vago da ziora zantola.

CAVALIERE Vi servo, se degnate

Quella, ch'io vi offro, servitù umilissima.

GASPARINA Li zono obbligatizzima.

No voggio, che el zignor venga con io,

Perché ho paura del zior barba zio.

CAVALIERE Egli qui non vi vede, e non sa nulla.

GASPARINA Una puta fanziulla

Deve ancor non veduta

Aricordarzi, che è fanciulla, e puta.

CAVALIERE Non volete onorarmi?

GASPARINA La prego dizpenzarmi.

CAVALIERE Ritornerete presto?

GASPARINA Ritornerò a diznare.

M'intende?

CAVALIERE Sì, capisco,

Ritornerete a pranzo.

GASPARINA Zì, a pranzare.

CAVALIERE Non mi private della grazia vostra.

GASPARINA Ella è padrone della grazia noztra.

CAVALIERE Andate pur, non vi trattengo più.

GASPARINA Zerva. (s'inchina)

CAVALIERE Madamigella. (s'inchina)

GASPARINA Addio, monzù. (partono da varie parti)

 

ATTO TERZO

SCENA PRIMA

Donna CATTE e ANGIOLETTO escono di casa

DONNA CATTE Vegnì con mi, fio mio.

Parleremo tra mi, e vu,

Che Lucietta no senta.

ANZOLETTO Comandè.

DONNA CATTE Sta puta ve vol ben, vu vegnì qua;

Sè anca vu inamorà;

Tempo avè tiolto de sposarla un ano,

A farlo ancuo no se ve pol sforzar;

Ma mi la guardia no ghe vòi più far.

ANZOLETTO Cossa mo voleu dir?

DONNA CATTE Vòi dir, fio mio,

Che za, che no volè sposarla adesso,

No vegnì cusì spesso.

ANZOLETTO Cara siora,

La sposeria, ma no se pol gnancora.

Se aspetterè, che metta

Suso una botteghetta

Come presto de far me proverò,

Subito vostra fia la sposerò!

DONNA CATTE Mi no digo, che el fè, co no podè;

Ma intanto slontanève.

ANZOLETTO Co sto parlar me fè vegnir la freve.

No voria, che ghe fusse

Sotto qualcossa.

DONNA CATTE No dasseno, fio.

Anca mi mio mario

El me fava aspettar, nol la feniva;

E mia madona mare,

Me la recordo ancora,

La gh'ha dito: sior Boldo, o drento, o fora.

ANZOLETTO Lassè, che ve prometto

De far più presto, che se poderà.

DONNA CATTE Ma intanto mi no vòi, che vegnì qua.

ANZOLETTO Mo perché, cara siora?

DONNA CATTE Ve l'ho dito,

No ghe vòi far la guardia.

ANZOLETTO Xèla stà gran fadiga a star con nu

Tre, o quattro ore al dì?

DONNA CATTE Prima de tutto ve dirò de sì;

E po gh'è un'altra cossa,

Che no la voggio dir.

ANZOLETTO Sì ben, sì ben, me saverò chiarir.

DONNA CATTE Cossa sospettereu?

ANZOLETTO Che gh'abbiè voggia

De darla a qualchedun.

DONNA CATTE No, la mia zoggia.

Ve dirò, per chiarirve; caro fio,

Son vedua, no son vecchia,

Anca a mi de le volte

Me salta i schiribizzi...

No posso far la guardia a do novizzi.

ANZOLETTO Squasi me fè da rider.

DONNA CATTE Mo per cossa rideu?

Perché ho dito cusì me minchioneu?

Povero sporco, se savessi tuto!

Ma no ve voggio dir, perché sè puto.

ANZOLETTO Maridève anca vu.

DONNA CATTE Za ho stabilio;

Co ho destrigà sta puta.

ANZOLETTO V'ho capio.

Presto, presto voressi destrigarve,

Per voggia, che gh'avè de maridarve.

DONNA CATTE O per questa, o per quela

Mi ve la digo schieta,

Qua no vegnì, se no sposè Lucieta.

ANZOLETTO No voria co le scattole

Zirar per la città, quando la sposo.

DONNA CATTE Oe saressi zeloso?

Ca de diana de dia,

Mi ve dago una fia ben arlevada,

Che la podè menar in t'un'armada.

ANZOLETTO Ma quel poco de dota,

Che avè dito de darme?

DONNA CATTE Vederò de inzegnarme,

Ghe darò i so manini, el so cordon,

Un letto belo, e bon coi so ninzioi,

E quattro paneseli per i fioi.

ANZOLETTO Quattro soli? no ghe n'avè de pì?

DONNA CATTE Ghe n'ho, ma i altri i vòi salvar per mi.

ANZOLETTO Oh che cara donetta, che vu sè.

DONNA CATTE Sior sì, cusì la xè.

Ghe darò do vestine, e tre carpette

Una vesta, un zendà, che xè bonetto,

Tutto el so bisognetto;

E po, come xè stadi i nostri pati,

Mi ve darò a la man diexe ducati.

ANZOLETTO I gh'aveu mo sti bezzi?

DONNA CATTE No li gh'ho

Ma presto i troverò.

Se vago co la puta in do, o tre case,

Che ne faremo più de vinti.

ANZOLETTO Piase?

Volè menarla a torzìo?

Questo po no, sorela.

DONNA CATTE Cossa credeu, che i li darà per ela?

Per mi, vedè, per mi, che se savessi,

Gh'ho più de un protetor;

E co i me vede, i me darave el cuor.

ANZOLETTO (Orsù, ghe voggio ben, e co sta vecchia

No la me par segura,

Tòrghela da le man voggio a dretura).

DONNA CATTE Cusì, sior Anzoleto,

Diseu de sì, o de no?

ANZOLETTO Anca ancuo, se volè, la sposerò.

DONNA CATTE Mi ve la dago subito. Lucieta. (chiama)

 

SCENA SECONDA

LUCIETTA di dentro e detti

LUCIETTA Siora. (di dentro)

ANZOLETTO Aspettè un tantin.

No gh'el dixè gnancora.

DONNA CATTE Mo perché?

ANZOLETTO Cara siora, lassè

Che fassa i fatti mii, la 'l saverà.

Vòi comprarghe un anelo.

LUCIETTA Aveu chiamà? (esce di fuori)

DONNA CATTE Lucietta, me consolo.

LUCIETTA De cossa?

ANZOLETTO Mo tasè. (piano a donna Catte)

DONNA CATTE De gnente.

LUCIETTA Dime, cossa gh'è, Anzoletto?

ANZOLETTO Gnente, gnente, fia mia.

DONNA CATTE Vàrdalo in ciera.

LUCIETTA Mo cossa gh'è?

DONNA CATTE Ti el saverà stassera.

ANZOLETTO (No la pol tàser).

LUCIETTA Via, disème tutto.

DONNA CATTE Che ghel diga? (ad Anzoletto)

ANZOLETTO Tasè. (a donna Catte)

DONNA CATTE Mo se no posso,

Se no me lassè dir, me vien el gosso.

LUCIETTA Son curiosa dasseno.

ANZOLETTO Via parlè.

Dixè quel che volè.

Vago a tòr quel servizio.

LUCIETTA Ti va via?

ANZOLETTO Vago, ma tornerò. Cara culìa! (parte)

 

SCENA TERZA

LUCIETTA e donna CATTE

LUCIETTA Siora mare, contème.

DONNA CATTE Oe, sta aliegra, fia mia.

Ancuo, col torna, el vol sposarte.

LUCIETTA Eh via!

DONNA CATTE Ma mi ho fatto pulito. Gh'àstu gusto?

LUCIETTA E la sartora no m'ha fatto el busto.

DONNA CATTE Eh che quel, che ti gh'ha; xè bon, e belo.

LUCIETTA Dov'èlo andà Anzoletto?

DONNA CATTE A tiòr l'anelo.

LUCIETTA Dasseno?

DONNA CATTE Sì te digo.

LUCIETTA Gnese. (chiama)

DONNA CATTE

Tasi;

No ghe lo dir gnancora.

 

SCENA QUARTA

GNESE e dette

GNESE Chiameu? (di dentro)

LUCIETTA Sì, vegnì fuora.

DONNA CATTE Tasi, no ghe lo dir.

LUCIETTA Perché?

DONNA CATTE Chi sa? el se poderia pentir.

LUCIETTA Me fè cascar el cuor.

DONNA CATTE Ma se el gh'ha de l'amor, el lo farà.

GNESE Cossa voleu? son qua. (sull'altana)

DONNA CATTE Cossa mo ghe dirastu? (a Lucietta)

LUCIETTA Gnente, gnente, giustèmola.

Voleu vegnir da basso

A ziogar a la sémola?

GNESE Magari!

Se mia mare volesse.

LUCIETTA Vegnì zo.

GNESE Se la vien anca ela, vegnirò. (entra)

LUCIETTA Tolémio el taolin? (a donna Catte)

DONNA CATTE Quel, che ti vol.

LUCIETTA Se consolémo un pochetin al sol.

DONNA CATTE Mi vardo, che ti gh'abbi

Sta voggia de zogar.

LUCIETTA Per cossa?

DONNA CATTE Perché ancuo ti ha da sposar.

LUCIETTA Giusto per questo stago allegramente. (va in casa)

DONNA CATTE Oh, se cognosse, che la xè inocente! (va in casa)

 

SCENA QUINTA

DONNA PASQUA e GNESE; poi ZORZETTO, poi LUCIETTA E donna CATTE

DONNA PASQUA Dove xèle?

GNESE Lucietta. (chiama forte)

LUCIETTA Vegno, vegno. (di dentro)

GNESE Son qua, se me volè.

DONNA PASQUA Dove xèla la sémola? (forte)

LUCIETTA Aspettè. (di dentro)

ZORZETTO Se se zoga a la sémola,

Vòi zogar anca mi. (di casa)

DONNA PASQUA Sì, sì, fio mio, ti zogherà anca ti.

Fèghe ciera a Zorzetto. (a Gnese)

Ti sa quel, che t'ho dito:

De qua a do anni el sarà to mario.

Mo vien qua, caro fio;

Vien arente de nu.

GNESE Giusto mo adesso no lo vardo più.

ZORZETTO Son qua; dove se zioga?

DONNA PASQUA T'ala dito to mare?

ZORZETTO La m'ha dito,

E la m'ha consolà.

Sioria novizza. (a Gnese)

GNESE Oh matto inspirità! (sorridendo)

(Lucietta e donna Catte portano il tavolino colla sémola)

LUCIETTA Semo qua, semo qua.

DONNA CATTE Vòi contentarla.

LUCIETTA Gh'èla to mare? (a Zorzetto)

ZORZETTO Sì.

LUCIETTA Voggio chiamarla.

Sior'Orsola! (chiama)

 

SCENA SE/STA

ORSOLA di casa, e detti

ORSOLA Chiameu?

LUCIETTA Vegnì anca vu, vegnì a zogar; voleu?

ZORZETTO Sì, cara siora mare.

ORSOLA Perché no?

DONNA PASQUA Semo qua in compagnia.

ORSOLA Ben ziogherò.

LUCIETTA Un soldeto per omo.

DONNA PASQUA Via, salùdela. (a Gnese)

GNESE Patrona.

ORSOLA Bondì, Gnese. Cossa gh'àla? (piano a donna Pasqua)

Gh'aveu dito?

DONNA PASQUA Gh'ho dito.

ORSOLA La vien rossa.

DONNA PASQUA La xè contenta; ma no la se ossa.

LUCIETTA (Oe siora mare, cossa gh'è de niovo

In tra Gnese, e Zorzetto?). (a donna Catte)

DONNA CATTE (Credo, che i sia novizzi).

LUCIETTA (Vara, che stropoletto!).

GNESE Zoghemio?

LUCIETTA Mettè suso; (mette il soldo nella sémola)

Questo xè el mio.

GNESE Anca mi.

ORSOLA Questi qua xè do soldi. Anca per ti.

DONNA PASQUA Gnese, imprèsteme un soldo.

GNESE Oh, oh! varè!

No la gh'ha mai un bezzo. Via, tolè.

LUCIETTA Siora mare, metteu?

DONNA CATTE Metterò, aspetta. (tira fuori uno straccio)

ZORZETTO La gh'ha i bezzi zolai co la pezzetta!

DONNA CATTE Fazzo per no li perder. Tolè el soldo.

LUCIETTA Zoghemo, e no criemo.

ORSOLA Per mi, no parlo mai.

LUCIETTA Presto, missiemo. (mescola ma sémola)

ORSOLA Vòi missiar anca mi.

LUCIETTA Mo za, se sa;

No la xè mai contenta.

ZORZETTO Voggio darghe anca mi una missiadina.

LUCIETTA E missieremo fina domattina.

GNESE Via basta, femo i mucchi. (mette le mani nella sémola)

LUCIETTA I mucchi i vòi far mi. (fa alcuni mucchi colla sémola)

ORSOLA Eh, che no savè far. Se fa cusì.

LUCIETTA Oh, siora no, no voggio,

Che m'insporchè la sémola de oggio.

ORSOLA Gh'ho le man nete più de vu patrona.

DONNA PASQUA Zitto. Li farò mi.

LUCIETTA Via, la più vecchia.

ORSOLA La più vecchia, sì ben.

DONNA PASQUA Povere matte!

Mi la più vecchia? tocca a donna Catte.

DONNA CATTE Vecchia cottecchia!

DONNA PASQUA Cossa?

GNESE Gnente.

DONNA PASQUA No v'ho capio.

ORSOLA A monte, a monte; fali ti, fio mio. (a Zorzetto)

ZORZETTO Ve contenteu? (poi va facendo i monti)

LUCIETTA Provève,

Quelo xè tropo picolo.

Quelo xè tropo grosso.

ZORZETTO No ve contentè mai.

LUCIETTA Fèli più destaccai.

ZORZETTO Tolè, i xè fatti.

LUCIETTA Questo mi.

ORSOLA Lo vòi mi.

DONNA CATTE Via, femo i patti.

LUCIETTA Aspettè, che cusì

Nissun più crierà.

Tolemo suso per rason d'età.

GNESE Ben, ben, mi sarò l'ultima.

LUCIETTA No gh'è gran diferenza tra de nu.

DONNA PASQUA Donna Catte, a zernir ve tocca a vu.

DONNA CATTE Oh, ve cedo, sorela.

DONNA PASQUA Come!

DONNA CATTE Ve cedo de dies'ani, e più.

DONNA PASQUA Povera vecchia fiappa.

LUCIETTA Via, via, femo cusì: chi chiappa, chiappa. (ognuna prende il suo monte, e vi cerca dentro il soldo)

DONNA CATTE Oe mi no trovo gnente.

GNESE Ghe n'è uno.

Un altro. Oe, altri do.

ORSOLA Brava dasseno.

LUCIETTA Quatro da vostra posta?

Sì, sì, sior Zorzi, l'avè fato a posta.

A monte, no ghe stago.

GNESE Se volè i quatro soldi, mi ve i dago.

LUCIETTA, DONNA CATTE Siora sì, siora sì.

DONNA PASQUA, ORSOLA, ZORZETTO Siora no, siora no.

 

SCENA SETTIMA

FABRIZIO con un libro in mano sul poggiolo, e detti.

FABRIZIO Che cos'è questo strepito?

Zito, per carità.

LUCIETTA Oh, oh, in campielo no se pol zogar?

FABRIZIO Giocate, se volete,

Senza metter sossopra la contrada.

LUCIETTA Nu altre semo in strada.

Volemo far quel, che volemo nu.

ORSOLA E volemo zigar anca de più.

FABRIZIO Vi farò mandar via.

LUCIETTA Certo! seguro!

Zoghemo da recao.

ORSOLA Tolè sto palpagnacco.

LUCIETTA Tolè sto canelao.

GNESE Torno a missiar i bezzi.

ORSOLA, DONNA PASQUA, ZORZETTO Siora no, siora no.

FABRIZIO Ma cospetto di bacco!

Questa è troppa insolenza.

Perderò la pazienza come va.

LUCIETTA Volemo zogar, volemo star qua.

Volemo zogar, volemo star qua. (cantando e ballando in faccia a Fabrizio)

FABRIZIO O state zitte, o mi farò stimar.

ORSOLA Volemo star qua, volemo zigar.

Volemo star qua, volemo zigar.

FABRIZIO Voi non mi conoscete.

So io quel, che farò.

TUTTI Oh oh oh oh. (ridendo forte)

FABRIZIO Ad un uomo d'onor così si fa?

TUTTI Ah ah ah. (ridendo forte)

FABRIZIO Tacer non sanno chi le taglia in fette.

TUTTI Ah ah ah ah ah ah. (ridendo forte)

FABRIZIO Che siate maledette. (getta il libro sul tavolino, e fa saltare la sémola, e parte)

TUTTI (gridano; s'infuriano a cercar i soldi; va parte della sémola in terra; cercando se vi è soldi in terra, gridando e prendendosela dalle mani)

 

SCENA OTTAVA

Il CAVALIERE da una parte, ANZOLETTO dall'altra; e detti

CAVALIER FABRIZIO, ANZOLETTO (vanno dicendo: Zitto zitto, e le acchetano)

LUCIETTA Oe, tre ghe n'ho trovà.

ORSOLA E mi do.

ZORZETTO E mi uno.

LUCIETTA Mi son stada valente.

GNESE E mi, gramazza, no m'ha toccà gnente.

CAVALIERE Ma cosa mai è stato?

Che è accaduto di male?

LUCIETTA Gnente affatto.

Se zogava a la sémola.

CAVALIERE Che diavolo di gioco!

Credea, che andasse la contrada a foco.

LUCIETTA Anzoletto, tre soldi.

ANZOLETTO Brava, brava!

Sempre in strada a zogar?

LUCIETTA Oh via per questo me voreu criar?

ANZOLETTO Basta; la xè fenia.

LUCIETTA L'àstu portà?

ANZOLETTO Cossa?

LUCIETTA L'anelo.

ANZOLETTO Oh, donca lo savè.

LUCIETTA Lo so, seguro, che lo so.

ANZOLETTO Vardè.

LUCIETTA Oh belo! Siora mare.

GNESE Cossa gh'àlo portà? (a donna Pasqua)

DONNA PASQUA No ghe vedo.

GNESE Sior'Orsola,

Cossa gh'àlo portà? (piano)

ORSOLA L'anelo.

GNESE Sì?

ORSOLA Tasi, fia mia, ti el gh'averà anca ti.

GNESE Quando?

ORSOLA Co sarà tempo.

GNESE Ma quando?

ORSOLA Co mio fio

Sarà vostro mario.

GNESE (si volta per vergogna)

DONNA PASQUA Cossa gh'àla mia fia? (a Orsola)

ORSOLA La se vergogna.

DONNA PASQUA Via, no te far nasar, che no bisogna. (a Gnese)

LUCIETTA Gnese. (le mostra l'anello)

GNESE Me ne consolo.

CAVALIERE Mi lasciate così negletto, e solo?

ANZOLETTO Cossa gh'ìntrelo elo?

CAVALIERE Galantuomo,

Io sono un onest'uomo;

Non intendo sturbar la vostra pace.

Son buon amico, e l'allegria mi piace.

LUCIETTA (Oe disè, siora mare,

Se Anzoletto el volesse per compare!).

DONNA CATTE Magari! aspetta mi.

Zenero. (a Anzoletto)

ANZOLETTO Me chiameu?

DONNA CATTE El compare el gh'aveu?

ANZOLETTO Mi no, no l'ho trovà.

DONNA CATTE Doveressimo tòr quel, che xè là.

ANZOLETTO Mo, se no so chi el sia.

DONNA CATTE N'importa, za el va via;

Fenio sto carneval,

No lo vedemo più.

ANZOLETTO No disè mal.

Cusì, quando le nozze xè fenie,

No gh'averò el compare per i piè.

DONNA CATTE Che ghel diga?

ANZOLETTO Disèghelo.

DONNA CATTE L'è fatta. (piano a Lucietta)

La senta, sior paron, (al Cavaliere)

Ghe vòi dir do parole in t'un canton.

CAVALIERE Son da voi, buona donna. (s'accosta in disparte con donna Catte)

ANZOLETTO (Una gran tribia, che xè mia madonna!).

ORSOLA Disè, sior Anzoletto,

Quando magnemio sti confetti?

LUCIETTA Presto.

ORSOLA Oh, v'ho visto alla ciera.

LUCIETTA N'è vero fio? (ad Anzoletto)

ORSOLA Quando sposeu?

LUCIETTA Stassera.

DONNA PASQUA (Tolè su; donna Catte

Un de sti dì la se pol maridar;

E mi ancora do anni ho da aspettar?).

DONNA CATTE Puti, sto zentilomo

Sarà vostro compare.

CAVALIERE Sì, signori,

È un onor, ch'io ricevo.

ANZOLETTO Grazie. (Za me consolo, che el va via).

DONNA CATTE El l'ha fatto, n'è vero? in grazia mia.

GNESE Ti xè contenta, che ti gh'ha l'anelo.

LUCIETTA Puti voleu, che femo un garanghelo?

ANZOLETTO Sì ben, un bianco, e un brun,

Tutti se tanserà tanto per un.

CAVALIERE Aspettate, a bel bello.

Ditemi, che vuol dire un garanghello?

ANZOLETTO Ghe lo spiegherò mi. Se fa un disnar;

Uno se tol l'insulto de pagar;

E el se rimborsa dopo de le spese,

A vinti soldi, o trenta soldi al mese.

ZORZETTO E ho sentio a dir da tanti, che i xè avvezzi

Aver oltre el disnar anca dei bezzi.

ORSOLA Ma in sta occasion, sior Anzoletto belo,

Me par, che nol ghe calza el garanghelo.

CAVALIERE Eh che andate pensando?

Che state fra di voi garanghellando?

Il compare son io,

E a tutti il desinar lo vo' far io.

LUCIETTA Bravo.

ORSOLA Bravo dasseno.

DONNA CATTE Vu no gh'intrè, sorela.

ORSOLA Che nol me invida? La saria ben bela!

CAVALIERE Tutti, tutti v'invito.

ORSOLA Grazie, e nu vegniremo.

GNESE Mi no ghe vòi vegnir.

DONNA PASQUA Sì, che anderemo.

CAVALIERE Camerier. (chiama)

 

SCENA NONA

SANSUGA e detti

SANSUGA La comandi.

CAVALIERE Preparate

Un desinar per tutti; e dite al cuoco,

Che onor si faccia.

SANSUGA L'anderò a avisar.

LUCIETTA No, no, aspettè, che mi vòi ordenar.

CAVALIERE Comandate, sposina.

LUCIETTA Volemo i risi co la castradina,

E dei boni capponi, e de la carne,

E un rosto de vedèlo, e del salà,

E del vin dolce bon, e che la vaga;

E fè pulito, che el compare paga.

ORSOLA E mi farò le frittole.

LUCIETTA Se sa.

ORSOLA Ma sior compare me le pagherà.

SANSUGA Xèla contenta de sto bel disnar? (al Cavaliere)

CAVALIERE Io lascio far a loro.

SANSUGA No la xè

Roba da pari soi.

CAVALIERE Se non importa a me, che importa a voi?

DONNA CATTE Che ghe sia del pan tondo.

SANSUGA El ghe sarà.

DONNA PASQUA Fène de la manestra in quantità.

ORSOLA Del figà de vedèlo.

ANZOLETTO Una lengua salada.

ZORZETTO Quattro fette rostìe de sopressada.

DONNA CATTE De le cervele tenere.

ORSOLA Bisogna sodisfarne.

SANSUGA Deboto è più la zonta della carne. (parte)

 

SCENA DECIMA

GASPARINA e detti

GASPARINA Cozza zè zto zuzzuro.

CAVALIERE Oh madamina!

LUCIETTA No savè, Gasparina?

Son novizza, disnemo in compagnia.

CAVALIERE Favorite voi pur per cortesia.

GASPARINA Oh no pozzo dazzeno;

Ella za, zignor mio,

Che ziamo dipendente da mio zio.

LUCIETTA Cossa dìsela?

GASPARINA Zente?

Grame! no le capizze gnente, gnente.

CAVALIERE Verrò, se mi è permesso,

Seco a parlare, e ad invitar lui stesso.

GASPARINA La vol vegnir de zu?

CAVALIERE Si può, madamigella?

GASPARINA Uì, monzù.

LUCIETTA Oh cara!

ORSOLA Oh che te pustu!

CAVALIERE Gradisco assai l'esibizion cortese.

GASPARINA Done, dizè, no l'intendè el franzeze?

ORSOLA Caspita! siora sì.

LUCIETTA Oh, lo so dir uì. (caricato)

GASPARINA La zenta, zior monzù:

(La prego dezpenzarme;

Perché mi con cuztie no vòi zbazzarme).

CAVALIERE Mi spiacerebbe assai.

LUCIETTA (Oe, procuremo

Che la vegna con nu, che rideremo). (a Orsola)

ORSOLA (Sì ben, sì ben). Via, siora Gasparina,

No semo degne de disnar con vu;

Ma fè sta grazia, vegnì via con nu.

GASPARINA Ze potezzi, verrei. Non vengo zola.

LUCIETTA Via, che ve metteremo in cao de tola.

GASPARINA Ve ringrazio dazzeno.

Zerto, che ze vegnizze,

L'ultimo logo no zarave el mio;

Ma no pozzo vegnir zenza el zior zio.

Vol dir barba, zavè.

LUCIETTA Veh! mi credeva,

Che parlessi de un fior, in verità.

GASPARINA (Povere zenza zezto, no le za).

ORSOLA (Anca ti, Gnese dighe, che la vegna). (a Gnese)

GNESE Via, vegnì; andemo tutte.

GASPARINA Zta beno in caza le fanciulle pute.

CAVALIERE Non si conclude nulla.

GASPARINA Dizè, zaveu cozza vol dir fanciulla?

GNESE Mi no lo so, sorela.

GASPARINA Oe, zior monzù, la ghe lo zpiega ela.

 

SCENA UNDICESIMA

FABRIZIO e detti

GASPARINA Ecco zior barba zio.

CAVALIERE Servitore divoto.

FABRIZIO Padron mio.

Cosa si fa qui in strada?

GASPARINA Via, che el taza.

Me faralo nazar?

FABRIZIO Subito in casa. (a Gasparina)

CAVALIERE Fate torto, signore,

Alla nipote vostra, ch'è onestissima.

FABRIZIO Non vel fate più dir. (a Gasparina)

GASPARINA Zerva umilizzima. (al Cavaliere)

FABRIZIO Via. (caricandola)

GASPARINA La zcuzi. (al Cavaliere)

CAVALIERE Mi spiace.

GASPARINA Ghe zon zerva.

FABRIZIO Un po' più. (caricandola)

CAVALIERE Servo, madamigella.

GASPARINA Addio, monzù. (entra in causa)

FABRIZIO Il suo genio bizarro, ora mi è noto.

CAVALIERE Favorite, signor...

FABRIZIO Schiavo divoto.

E voi, donne insolenti...

LUCIETTA Coss'è sto strappazzarne?

ORSOLA Sto dirne villania?

TUTTI Vardè, dixè, sentì.

FABRIZIO No, vado via.

TUTTI (ridono)

CAVALIERE S'ella non può venir, non so, che fare.

Andiamo a desinare;

Io cercherò di rivederla poi;

Andiamo intanto, e mangieremo noi. (entra in locanda)

ORSOLA Vien via, Zorzetto; daghe man a Gnese.

GNESE Anderò da mia posta. (entra in locanda)

ZORZETTO Sempre cusì la fa. (entra in locanda)

ORSOLA Tasi, che un dì la man la te darà. (entra in locanda con Zorzetto)

DONNA PASQUA Vegno anca mi a disnar,

Che magnada de risi, che vòi dar! (entra in locanda)

DONNA CATTE Andemo, puti, andemo.

Quanto più volentiera

Anderave anca mi

Con un novizzo da vesin cusì! (entra in locanda)

ANZOLETTO Andemo pur ancuo, femo a la granda;

Ma no vòi più compari, né locanda. (entra in locanda)

LUCIETTA Aspettème, Anzoletto.

Ah, sento proprio, che el mio cuor s'impizza;

Alliegra magnerò, che son novizza. (entra in locanda)

 

ATTO QUARTO

SCENA PRIMA

Il CAVALIERE esce di locanda senza cappello e senza spada

CAVALIERE Io non ne posso più, confesso il vero,

Non ho goduto mai una giornata

Allegra come questa;

Ma non resisto più, mi duol la testa.

Che gridi! che rumore!

Che brindisi sguaiati;

Credo sian più di mezzi ubbriacati.

Vo' prendere un po' d'aria, e vo' frattanto,

Che il zio di Gasparina

Mi venga a render conto

Del trattamento suo, ch'è un mezzo affronto.

Oggi la testa calda ho anch'io non poco,

Se mi stuzzica niente, io prendo foco.

Oh di casa!

 

SCENA SECONDA

GASPARINA sul poggiuolo, ed il suddetto

GASPARINA (viene sul poggiuolo)

CAVALIERE Signora. (salutandola)

GASPARINA Mo cozza vorlo? el vaga via in bon'ora.

CAVALIERE Domando il signor zio.

GASPARINA Oh ze el zavezze!

CAVALIERE Ditemi, cosa è stato?

GASPARINA No ghe pozzo parlar. Zon zfortunada.

CAVALIERE Dite allo zio, che favorisca in strada.

GASPARINA El m'ha dito cuzzì...

CAVALIERE Non vi esponete

A un insulto novel per causa mia.

Ritiratevi pur.

GASPARINA Oh, vago via. (in atto di ritirarsi, poi torna)

La zenta, voggio dir zta cozza zola.

Zior, el m'ha dito una brutta parola.

CAVALIERE E che cosa vi ha detto?

GASPARINA No vorave,

Che el me zentizze. Vago via. (come sopra)

CAVALIERE Sì, brava.

GASPARINA Oe, la zenta, el m'ha dito: "ziete ziocca".

Cozza vol dir?

CAVALIERE Stolta vuol dire, alocca.

Ma andate via, che non vi trovi qui.

GASPARINA Oh che caro zior barba! alocca a mi?

I dirà, che el zè matto,

Ze a dir zte cozze el ze farà zentir.

Ze de mi tutti no ghe n'ha che dir!

Che el ghe ne trova un'altra

Zovene in zto paeze,

Che capizza el Tozcano, e anca el Franzeze.

Che el ghe ne trova un'altra, co fa mi,

Che ztaga notte, e dì coi libri in man,

E che zappia i romanzi a menadeo.

Co zento una canzon, l'imparo zubito;

Co vago a una commedia,

Zubito che l'ho vizta,

Zo giudicar, ze la zè bona, o trizta;

E quando la me par cattiva a mi,

Bizogna certo, che la zia cuzì!

CAVALIERE Signora, vostro zio.

GASPARINA No zon de quele,

Che troppo gh'abbia piazzo a laorar;

Ma me piaze ztudiar, e ze vien fora

Zotto el Reloggio qualche bella iztoria,

Zubito, in verità, la zo a memoria.

 

SCENA TERZA

FABRIZIO di casa, e detti

FABRIZIO (esce, e saluta il Cavaliere senza parlare)

CAVALIERE Servitor suo. (salutando Fabrizio)

GASPARINA Zerva, zior Cavalier,

Me lazzelo cuzì? (credendo esser ella salutata)

FABRIZIO La riverisco. (a Gasperina, facendosi vedere)

GASPARINA Oh poveretta mi! (parte)

FABRIZIO Signor, parmi l'ardire un po' soverchio.

CAVALIERE Son venuto per voi.

FABRIZIO Che vuol da' fatti miei?

CAVALIERE Non si tratta così coi pari miei.

FABRIZIO Non vi conosco, ma qualunque siate

Saprete bene, che l'onor consiglia

Di custodir con gelosia una figlia.

CAVALIERE Io non l'insulto, e poi

Non è una gran signora.

FABRIZIO Chi ella si sia, voi non sapete ancora.

CAVALIERE Chi è sono informato,

So, che in misero stato è la famiglia,

E che alla fin di un bottegaio è figlia.

FABRIZIO È ver, che mio fratello,

Per ragion d'un duello,

Da Napoli è fuggito,

E in Venezia arrivato,

Con femmina inegual si è maritato;

Misero, fu costretto a far mestiere;

Povero nacque, è ver, ma cavaliere.

CAVALIERE Siete napoletani?

FABRIZIO Sì signore.

FABRIZIO Son di Napoli anch'io;

Noto vi sarà forse il nome mio.

FABRIZIO Dar si potrebbe.

CAVALIERE Io sono

Il cavaliere Astolfi.

FABRIZIO Vi domando perdono

Se il mio dovere non ho fatto in prima;

Ebbi pel padre vostro della stima.

CAVALIERE Lo saprete, ch'è morto.

FABRIZIO Il so pur troppo;

E so, deh compatitemi

Se parlovi sincero,

Che voi vi siete rovinato.

CAVALIERE È vero.

Son tre anni, che giro per il mondo,

Ed è la borsa mia ridotta al fondo.

FABRIZIO Che pensate di far?

CAVALIERE Non so; l'entrate

Son per altri due anni ipotecate.

FABRIZIO Compatite, signore,

Questa non è la via.

CAVALIERE Non mi parlate di malinconia.

Per questi quattro giorni

Di carnevale ho del denar, che basta.

FABRIZIO Quando terminerà?

CAVALIERE Non vo' pensar; quel che sarà, sarà.

Voi come vi chiamate?

FABRIZIO Fabrizio dei Ritorti.

CAVALIERE Oh oh aspettate,

Siete voi quel Fabrizio,

Ch'era in paese in povertà ridotto,

E che ricco si è fatto con il lotto?

FABRIZIO Ricco no; ma son quel che ha guadagnato,

Tanto, che basta a migliorar lo stato.

CAVALIERE Avrete del denaro.

FABRIZIO Ho una nipote,

Che abbisogna di dote.

CAVALIERE Quanto le destinate?

FABRIZIO Se troverà marito,

Darò più, darò men giusta al partito.

CAVALIERE Ella lo sa?

FABRIZIO Non ne sa niente ancora.

Conoscerla ho voluto, esaminarla;

Ma presto, se si può, vuo' maritarla.

CAVALIERE (Se avesse buona dote,

Quasi mi esibirei

Per aggiustare gl'interessi miei).

FABRIZIO (Tre, o quattromila scudi,

E anche più, se conviene,

Io sborserei per colocarla bene).

CAVALIERE A chi vorreste darla?

FABRIZIO Le occasioni

Ancor non son venute.

 

SCENA QUARTA

LUCIETTA, ANZOLETTO, donna CATTE, donna PASQUA, ORSOLA, GNESE, ZORZETTO sulla loggia della locanda, e detti

LUCIETTA Oe, sior compare, alla vostra salute. (beve col bicchiere)

CAVALIERE Evviva.

FABRIZIO Con licenza. (al Cavaliere)

CAVALIERE Dove andate?

FABRIZIO Fuggo da queste donne indiavolate. (parte, e va in casa)

LUCIETTA Mo cossa falo, che nol vien dessù?

DONNA CATTE Ho magnà tanto, che no posso più.

CAVALIERE Animo, buona gente,

Bevete allegramente.

DONNA PASQUA Via bevemo.

LUCIETTA Sior compare, ghe 'l femo. (col bicchiere in mano)

CAVALIERE Bevete pure, compagnia giuliva.

DONNA PASQUA Alla salute di chi paga.

TUTTI E viva.

LUCIETTA Zitto, che voggio far

Un bel prindese in rima.

"Co son in allegria, mi no me instizzo,

Alla salute del mio bel novizzo".

TUTTI E viva, e viva.

ORSOLA Anca mi, presto, presto. (col bicchiere si fa dar da bevere)

ANZOLETTO Via sto poco de resto. (versa col boccale il vino ad Orsola)

ORSOLA "Co sto gotto de vin, ch'è dolce, e bon,

Fazzo un prindese in rima al più minchion".

TUTTI E viva, e viva.

LUCIETTA Oe a chi ghe la dastu?

ORSOLA Oh che gonza! No sastu? (accenna il Cavaliere)

CAVALIERE Via, bravi, che si rida, e che si beva,

Questo brindesi è mio, nessun mel leva.

ANZOLETTO Anca mi, sior compare,

"Un prindese ghe fazzo

Co sto vin che gh'ho in man,

Con patto, che el me staga da lontan".

CAVALIERE "Vi rispondo ancor io, compare, amico:

Di star con voi non me n'importa un fico".

TUTTI E viva, e viva.

DONNA PASQUA Son qua mi; patroni.

Dème da béver. (ad Anzoletto)

ANZOLETTO Tolè pur vecchietta.

DONNA PASQUA No me dir vecchia, razza maledetta.

"E se son vecchia no son el demonio,

Alla salute del bon matrimonio".

TUTTI E viva, e viva.

DONNA CATTE Presto, presto a mi. (si fa dar da bere)

"Senza mario mi no posso star più,

Alla salute della zoventù".

TUTTI E viva, e viva.

ZORZETTO Un prindese anca mi

Vòi far; ve contentèu?

ORSOLA Falo, falo, fio mio.

ZORZETTO Via, me ne deu? (chiede da bevere ad Anzoletto)

"Sto vin xè meggio assae dell'acqua riosa

Alla salute de la mia morosa".

TUTTI E viva, e viva.

DONNA PASQUA Via, Gnese, anca ti,

Che ti xè cusì brava.

ORSOLA Fàte onor!

GNESE Dème da béver. (a Anzoletto)

ORSOLA Fàghelo de cuor.

ZORZETTO Voggio dàrghelo mi. (leva la boccia di mano d'Anzoletto)

ANZOLETTO Olà! debotto!...

ZORZETTO Vardè, che sesti!

LUCIETTA Tasi là, pissotto.

GNESE "Co sto vin, che xè puro, e xè dolcetto

Mi bevo alla salute..."

DONNA PASQUA "De Zorzetto".

GNESE No, de sior Anzoletto.

ZORZETTO Vardè che sesti!

LUCIETTA Senti sa, pettazza

Te darò una schiaffazza.

ORSOLA Oe, oe, patrona?

DONNA PASQUA Schiaffi, a chi scagazzera?

DONNA CATTE Vecchiazza.

ORSOLA Tasè là.

LUCIETTA Via frittolera.

TUTTI Cossa? via, tasè là; farò, dirò;

Lassè star, vegnì qua, zito, sior no. (tutti insieme alternativamente dicono tai parole, e tutti entrano)

CAVALIERE Dai brindesi al gridar passati sono;

Questa è tutta virtù del vino buono.

Un disordine è questo,

Ma se vad'io, li aggiusterò ben presto;

E se non vonno intendere ragione,

Da cavaliere adopero il bastone. (entra in locanda)

 

SCENA QUINTA

GASPERINA sul poggiuolo, poi FABRIZIO di casa

GASPARINA Mo cozza zè zto ztrepito?

Mo la zè una gran cozza in zto campiello;

Me par, che ziemo a caza de colù.

FABRIZIO Per dispetto lo fan, non posso più.

GASPARINA Dove valo, zior barba?

FABRIZIO A ricercare

Una casa lontana, e vuo' trovarla

Innanzi domattina,

Quando fosse ben anche una cantina.

GASPARINA Mo zì dazzeno, che anca mi zon ztuffa.

Zempre zuzzuri; zempre i fa baruffa.

FABRIZIO Mi fa stupire il cavaliere Astolfi,

Che di simile gente è il protettor.

GASPARINA Chi zèlo zto zignor?

FABRIZIO Quel, che ho veduto

Fare a vossignoria più d'un saluto.

GASPARINA Lo cognozzelo?

FABRIZIO Sì, è d'una famiglia

Nobile assai, ma il suo poco giudizio

Ha mandata la casa in precipizio.

GASPARINA La me conta qualcozza.

FABRIZIO In su la strada

Vi parlerò? Si vede ben che avete

Voi pur poca prudenza. Orsù andar voglio

A proveder di casa innanzi sera. (fa qualche passo)

Oh, mandatemi giù la tabacchiera.

GASPARINA Zubito. (entra)

FABRIZIO In questo loco

Parmi d'esser nel foco. Son dei mesi,

Che ogni giorno si sente del fracasso,

Ma non si è fatto mai così gran chiasso.

E poi, e poi, cospetto!

Perdere a me il rispetto?

Meglio è, ch'io vada via di questa casa.

GASPARINA Zon qua. (di casa, colla tabacchiera in mano)

FABRIZIO Ma perché voi? (irato)

GASPARINA Mo via, che

el taza.

El za pur, che la zerva zè amalada.

FABRIZIO Io non voglio, che voi venghiate in strada.

Dal balcon si poteva buttar giù. (prende la tabacchiera con colera)

GASPARINA No ghe vegnirò più.

FABRIZIO La madre vi ha allevata

Vil com'ella era nata, e il padre vostro

Si è scordato egli pur del sangue nostro.

GASPARINA Zior barba, zemio nobili?

FABRIZIO Partite.

GASPARINA Me zento un no zo che de nobiltà.

FABRIZIO Andate via di qua;

Entrate in quella casa,

E non uscite più.

GASPARINA Mo via, che el taza. (entra)

FABRIZIO Fino che l'ho con me, non sto più bene

Vuo' maritarla al primo che mi viene. (parte)

 

SCENA SESTA

Il CAVALIERE dalla locanda e SANSUGA

CAVALIERE L'abbiamo accomodata.

SANSUGA La xè una baronata;

La ghe doveva metter più spavento.

CAVALIERE Io me la prendo per divertimento.

Or ora scenderanno,

Canteran, balleranno;

E questo è il piacer mio,

Veder ballare; e vuo' ballare anch'io.

SANSUGA Vorla el conto?

CAVALIERE Vediamo.

SANSUGA Eccolo qua. (gli dà il conto)

CAVALIERE Settanta lire! che bestialità!

SANSUGA Ghe ne xè più de trenta

De vin, ghe lo protesto;

Porlo spender de manco in tutto el resto?

CAVALIERE Bastano tre zecchini?

SANSUGA No vòi gnanca,

Che la sia desgustada.

CAVALIERE Eccoli qui.

SANSUGA E po ghe xè la bona man a mi.

CAVALIERE Ecco mezzo ducato.

SANSUGA Obbligatissimo.

CAVALIERE Siete contento ancor?

SANSUGA Son contentissimo.

CAVALIERE Dite che ponno ritornare a basso.

SANSUGA Me par che i vegna; séntela che chiasso? (parte)

 

SCENA SETTIMA

Il CAVALIERE, poi GASPARINA

CAVALIERE Oh, se finisco il carnevale in bene,

È un prodigio davvero.

La borsa va calando; se Fabrizio

Mi facesse il servizio

Di darmi sua nipote,

Oh, mi accomodarebbe un po' di dote!

Finalmente è di sangue

Nobile, e se sua madre

Era d'altra genia,

Una dama non fu né men la mia.

GASPARINA El cavalier Aztolfi.

CAVALIERE Oh mia signora,

Or che so il grado vostro,

Di donarvi il mio cor mi son prefisso.

Nobile siete, il so.

GASPARINA La reverizzo. (sostenuta)

CAVALIERE Lo zio mi ha confidato,

Ch'ambi siam d'una patria, e che ambi siamo

Poco più, poco men...

GASPARINA Già lo zappiamo.

CAVALIERE Egli vuol maritarvi.

GASPARINA Cozzì è.

CAVALIERE Volesse il Ciel, che voi toccaste a me.

GASPARINA La diga: èlo zelenza?

CAVALIERE Me la sogliono dare in qualche loco.

GASPARINA Che i me diga luztrizzima zè poco.

CAVALIERE Titolata sarete.

GASPARINA Zì dazzeno? (si sente strepito nella locanda)

Cozza zè zto fracazzo?

CAVALIERE Ecco la compagnia; ci ho un gusto pazzo.

GASPARINA Ztar qui no ze convien a una par mio.

La reverizzo.

CAVALIERE Vi son servo.

GASPARINA Addio. (parte)

 

SCENA OTTAVA

LUCIETTA, ORSOLA, GNESE, donna CATTE, donna PASQUA, ANZOLETTO, ZORZETTO. - Orbi, che vengono dalla campagna suonando, - Tutti escono dalla locanda; alcuna delle donne suona il zimbano alla veneziana; donna Pasqua cant alla villotta; ballano alcune furlane, ed anco le vecchie. Vengono altri di strada; si uniscono, e ballano con un ballo in tutti; poi come segue.

LUCIETTA No posso più; vien via con mi Anzoletto.

DONNA CATTE Presto, che vaga a collegarme in letto. (parte, ed entra in casa)

ANZOLETTO Seu stracca? v'averè cavà la pizza. (a Lucietta)

LUCIETTA Oe, no volè che balla? son novizza. (parte, ed entra in casa)

ANZOLETTO Eh, co son so mario,

Sangue de diana, che la gh'ha fenio. (parte, ed entra con Lucietta)

DONNA PASQUA Puti, mi no ghe vedo.

GNESE Vegnì via.

DONNA PASQUA Dame man, che no casca, cara fia.

GNESE Andemo, vegnì qua. (dà mano a donna Pasqua)

ZORZETTO Gnanca un saludo?

GNESE Oh matto inspirità!

ORSOLA Tasi, tasi, fio mio; no la xè usa.

Ma da resto de drento la se brusa. (entra in casa)

ZORZETTO So, che la me vol ben,

Per questo no me togo certi affani;

Ma me despiase sto aspettar do ani. (entra in casa)

CAVALIERE Schiavo di lor signori;

Or che ciascuno è sazio,

Non mi han detto nemmeno: vi ringrazio. (entra in locanda)

 

ATTO QUINTO

SCENA PRIMA

FABRIZIO con quattro Facchini, GASPARINA sul poggiuolo

FABRIZIO Sì, sì, venite meco.

Voglio, che ci spicciamo immantinente. (ai facchini)

GASPARINA Oe, zior barba, chi zè mai quela zente?

FABRIZIO Questi sono i facchini.

La casa ho ritrovata,

E di qua innanzi sera andiamo via.

GASPARINA Cuzì presto z'ha da far mazzaria?

FABRIZIO Tant'è. Venite meco. (ai facchini)

GASPARINA Ma, la diga.

Z'ha d'andar via cuzzì?

E ze la caza no me piaze a mi?

FABRIZIO Credo, vi piacerà.

GASPARINA Zèlo un palazzo?

FABRIZIO È una casa civile.

GASPARINA Gh'è riva in caza? tegniremio barca?

FABRIZIO Che ne volete fare?

GASPARINA Almanco a un remo;

O che zemo, zior barba, o che no zemo.

FABRIZIO Son pur sazio di voi, la mia figliuola!

Andiam. (ai facchini)

 

 

SCENA SECONDA

Il CAVALIERE e detti

CAVALIERE Signor Fabrizio, una parola.

FABRIZIO (Ecco un altro disturbo). Che comanda?

CAVALIERE Servitore di lei. (mostra salutare Fabrizio, e saluta Gasparina)

FABRIZIO La riverisco.

GASPARINA Gli zon zerva, zignore.

FABRIZIO Ora capisco.(accorfendosi di Gasparina)

Entrate in quella casa. (ai facchini, quali entrano)

E voi, signora, se vi contentate

A unir le robe vostre principiate.

GASPARINA Zerva zua. (salutando il Cavaliere)

FABRIZIO Mia padrona.

CAVALIERE A voi m'inchino.

FABRIZIO Un'altra volta a me? (al Cavaliere; poi s'avvede che si salutano a motti con gasparina)

Bravi, me ne consolo.

Subito andate via di quel poggiuolo.

GASPARINA (Ze me podezze maridar!). (in atto di partire)

FABRIZIO (Bellissima!).

GASPARINA (Anca me bazterave ezzer luztrizzima). (parte)

 

SCENA TERZA

Il CAVALIERE e FABRIZIO

FABRIZIO Quel, che mi avete a dir sollecitate. (al Cavaliere)

CAVALIERE Dirò, signor; sappiate,

Che mi ha ferito il cor vostra nipote.

FABRIZIO Piacevi Gasperina, o la sua dote?

CAVALIERE Desta il merito suo gli affetti miei.

FABRIZIO (Quasi quasi davver gliela darei).

CAVALIERE Voi sapete chi sono.

FABRIZIO Lo so certo;

So come siete nato,

Ma vi siete un po' troppo rovinato.

CAVALIERE È ver, ma sono stanco

Di menar questa vita.

Vo' moderar le spese;

Vo' tornar con prudenza al mio paese.

FABRIZIO Se sperar si potesse.

CAVALIERE Ve lo giuro

Da cavalier d'onore.

FABRIZIO Ma ditemi, signore,

Come rimedierete

Dei disordini vostri alla rovina?

CAVALIERE Quanto date di dote a Gasperina?

FABRIZIO Ecco quel, ch'i' dicea;

Della dote vi cal per consumarla.

CAVALIERE Su i miei beni potete assicurarla.

FABRIZIO Non sono ipotecati?

CAVALIERE Essere pon da voi ricuperati.

Vi farò una cessione

Di tutto il mio per anni dieci, e più;

Dipenderò da voi,

Se il vostro amor mi regge, e mi consiglia,

Viverò come un figlio di famiglia.

FABRIZIO Basta: vi è da pensar.

CAVALIERE Non mi tenete

Più lungamente a bada.

FABRIZIO Concludere in istrada

Quest'affare vorreste?

CAVALIERE Entriamo in casa.

FABRIZIO Parleremo domani.

CAVALIERE In questo punto

Principiare vorrei

A rinonziarvi gli interessi miei.

FABRIZIO Ma! discorrer convien.

CAVALIERE Ben, discorriamo.

FABRIZIO (Sono fra il sì, ed il no).

CAVALIERE Vi prego.

FABRIZIO Andiamo.

CAVALIERE (Per me strada miglior trovar non so). (entra in casa)

FABRIZIO (S'egli dice davvero, io gliela do). (entra in casa)

 

SCENA QUARTA

LUCIETTA sull'altana, poi GNESE sull'altana, poi ORSOLA sul poggiolo.

LUCIETTA Bravi! I l'ha tirà drento. (vedendo il Cavaliere entrare da Gasperina)

Gnese, Gnese. (forte chiamando)

GNESE Chi chiama?

LUCIETTA Oe, no ti sa?

L'amigo... mio compare...

GNESE Coss'è stà?

LUCIETTA El xè andà dall'amiga. (accenna la casa di Gasperina)

GNESE Eh via.

LUCIETTA Sì anca

Varenta le mie tatare

Orsola.(chiama)

ORSOLA Me chiameu?

LUCIETTA Sentì: el foresto

Xè andà da Gasperina.

La se l'ha tirà in casa.

ORSOLA Oh che mozzina!

LUCIETTA Oe, credeu che ghe sia

Monea d'un tràiro?

ORSOLA E so barba ghe xèlo?

LUCIETTA Vara! se el gh'è? El ghe l'ha menà elo.

ORSOLA Chiama, chiama to mare,

Che ghe la vòi contar. (a Gnese)

GNESE No, no gramazza, no, lassèla star.

LUCIETTA Cossa gh'ala?

GNESE Tasè.

LUCIETTA Dòrmela ancora?

GNESE El vin gh'ha fatto mal, l'ha buttà fuora.

ORSOLA Ghe l'ho dito; sta vecchia

La beve co fa un ludro.

LUCIETTA Anca mia mare

La xè là ben conzada.

Oe quattro volte la me xè cascada.

GNESE Dove xèla?

LUCIETTA Sul letto,

Che la ronchiza.

ORSOLA Dove xè Anzoletto?

LUCIETTA Anca elo xè qua,

In canton del fogher indromenzà

ORSOLA Quando spósistu?

LUCIETTA Aspetto mio zerman,

E po de longo se darà la man.

ORSOLA E el compare?

LUCIETTA El compare xè liogà;

Ma co lo chiameremo, el vegnirà.

ORSOLA Sia con bona fortuna,

Fia mia.

LUCIETTA Cusì anca vu.

ORSOLA Da qua do ani; vero Gnese?

GNESE Cossa?

LUCIETTA Via cossa vienstu rossa?

In verità te toccherà un bon puto.

ORSOLA Oe, vien da mi, che te conterò tutto. (a Lucietta)

GNESE Che bisogno ghe xè,

Che fè pettegolezzi? (ad Orsola)

ORSOLA Oh che gran casi!

No s'àla da saver? Vienstu, Lucietta?

LUCIETTA Sì ben, fina, che i dorme. (entra)

ORSOLA Via, da brava.

 

SCENA QUINTA

ORSOLA, GNESE poi LUCIETTA

GNESE Sior'Orsola, patrona.

ORSOLA Me poderessi dir siora madona.

GNESE Oh giusto!

ORSOLA In verità

Puta cara son stuffa

De sti to stomeghezzi,

GNESE Se me criè, mi no ve parlo più.

ORSOLA Cara fia...

LUCIETTA Vegno, vegno. (esce di casa correndo verso la casa di Orsola)

ORSOLA Vien de su. (entra)

LUCIETTA Altri do ani ghe vorà per ti.

Oe, quanto pagherávistu

A esser in pe de mi? (a Gnese, ed entra in casa di Orsola)

 

SCENA SESTA

GNESE, poi Facchini, poi ANZOLETTO

GNESE Le me fa tanta rabia! Lo tiorave

Zorzetto, se podesse;

Ma no voria, che nissun lo savesse.

FACCHINI (escono di casa di Gasperina, con masserizie, e le portano altrove)

GNESE Oe, fali massaria?

Certo e seguro, che la va a star via.

Se se svoda la casa,

La toressimo nu. Oe, siora mare; (chiama)

In sta casetta no me piase star.

E po, se me marido; ma gh'è tempo.

Cavallo no morir,

Che bell'erba ha da vegnir.

ANZOLETTO Oe disè, siora Gnese, saveu gnente

Dove, che sia Lucietta?

GNESE La xè andada

Da sior'Orsola.

ANZOLETTO Brava, la lo sa:

No vòi, che la ghe vaga, e la ghe va?

Vòi, che la me la paga; e quela vecchia

La ghe tende pulito a sta pettazza.

Co la vien voggio darghe una schiaffazza.

Ma prima co so mare

Vòi dir l'anemo mio. Oe donna Catte,

Desmissiève. (batte forte)

 

SCENA SETTIMA

Donna CATTE e detti.

DONNA CATTE Chi batte?

ANZOLETTO Vegnì da basso, che v'ho da parlar.

GNESE De diana el ghe vol dar

Avanti gnanca, che la sia sposada?

Cossa faralo co l'è maridada?

DONNA CATTE Zenero, me chiameu?

ANZOLETTO Cossa diavolo feu?

Vu dormì co fa un zocco, e vostra fia...

DONNA CATTE Oe dove xèla?

ANZOLETTO La xè andada via.

DONNA CATTE Dove s'àla cazzà sta scagazzera?

ANZOLETTO Là da la frittolera.

DONNA CATTE Via, no gh'è mal lassè, che la ghe staga.

ANZOLETTO No vòi, che la ghe vaga.

DONNA CATTE Oh saressi zeloso de so fio?

De quel cosso scacchìo, malfatto, e bruto?

GNESE Oe, oe, sentì no strappazzè quel puto.

DONNA CATTE Cossa gh'aveu paura?

Che la ghe voggia ben?

Vèla qua che la vien.

 

SCENA OTTAVA

LUCIETTA e detti

LUCIETTA Seu desmissiai?

Coss'è? ti me fa el muso?

Xèstu in colera fio? (a Anzoletto)

ANZOLETTO Frasca. Tiò suso. (gli dà uno schiaffo)

LUCIETTA Mo per cossa me dastu? (piangendo)

DONNA CATTE Sior strambazzo,

Alla mia putta se ghe dà un schiaffazzo?

No ti è degno d'averla,

No te la vogio dar.

ANZOLETTO No me n'importa.

DONNA CATTE Vien, vien, le mie raìse,

Che no ghe xè pericolo,

Che te manca mario. (piangendo)

ANZOLETTO Dème l'anelo indrio. (a Lucietta)

LUCIETTA Questo po no. (piangendo)

DONNA CATTE Volè l'anelo indrio? Ve lo darò. (va per levar l'anello a Lucietta)

LUCIETTA Lassème star, siora. (piangendo)

DONNA CATTE Furbazza!

Dàmelo quel anelo.

LUCIETTA No vel dago

Gnanca se me coppè.

DONNA CATTE El te tratta cusì

E ti el tioressi ancora?

LUCIETTA El voggio, siora sì. (piangendo)

DONNA CATTE Oh ti meriteressi,

Che el te copasse.

ANZOLETTO Senti, t'ho dà, perché te voggio ben. (singhiozzando)

LUCIETTA Nol soggio?

DONNA CATTE El xè un baron.

LUCIETTA No me n'importa, el voggio.

DONNA CATTE Tocco de desgrazià.

ANZOLETTO Via, se sè dona,

Cara siora madona,

Compatìme anca mi.

GNESE (Mi nol torave.

Gh'averave paura).

DONNA CATTE Cusì se tratta co la mia creatura?

ANZOLETTO Via, andemo. No ti vien? (a Lucietta)

LUCIETTA Baron, me vustu ben?

DONNA CATTE No stemo qua, che la xè una vergogna.

ANZOLETTO Causa quela carogna de Zorzetto.

GNESE Oe, oe, come parleu, sior Anzoletto?

ANZOLETTO Parlo cusì, e disèghelo.

LUCIETTA Via strambo.

DONNA CATTE Via, no parlè cusì.

ANZOLETTO Sanguenazzo de diana!

DONNA CATTE Tasè.

LUCIETTA Vien via con mi.

DONNA CATTE Andemo in casa, vegnì via con nu.

LUCIETTA Oe, Anzoletto, me darastu più?

ANZOLETTO Se me darè occasion.

LUCIETTA Mi no ve fazzo gnente, sior baron. (entra in casa)

DONNA CATTE Poverazza! a bonora

El me l'ha pettuffada! (entra in casa)

 

SCENA NONA

GNESE, poi ORSOLA e ZORZETTO

GNESE Bon pro te fazza. Povera negada!

Sior'Orsola. (chiama)

ORSOLA Chiameu? (sul poggiuolo)

ZORZETTO (sulla porta)

GNESE Aveu sentio, che scena?

ORSOLA Mi no. Cossa xè stà?

GNESE Ve conterò.

Perché Lucietta xè vegnua da vu

Un pocchettin de suso,

Anzoletto ha crià,

E po dopo el gh'ha dà

Una man in tel muso.

ORSOLA Oh tocco de baron! Chi songio mi?

Cossa gh'àlo paura?

Che in casa mia se fazza

Urzi burzi?

GNESE Bisogna.

E po a Zorzetto el gh'ha dito carogna.

ZORZETTO Carogna a mi?

ORSOLA Via tasi.

ZORZETTO Vòi dir l'anemo mio;

Che no son un pandolo.

GNESE No, no ve n'impazzè

Con quel scavezzacolo.

ORSOLA Via, vien drento, fio mio.

ZORZETTO Sì, sì (me vòi reffar). (entra)

ORSOLA Anca vu de contarmelo

Podevi lassar star.

Cossa voleu? Che nassa un precepizio?

GNESE Ve l'ho volesto dir.

ORSOLA Senza giudizio. (entra)

GNESE Me despiase dasseno...

Siora mare, chiameu? Vegno son qua.

Ghel dirò a ela la la giusterà. (entra)

 

SCENA DECIMA

ZORZETTO, poi donna CATTE, poi ORSOLA

ZORZETTO A mi carogna? Desgrazià, baron. (con dei sassi)

Vòi trarghe in tel balcon de le pierae.(tira dei sassi nella finestra di Lucietta)

DONNA CATTE Coss'è ste baronae? (sull'altana)

ZORZETTO Tocco de vecchia matta, chiappa questa. (le tira un sasso)

DONNA CATTE Aggiuto; una pierada in te la testa. (entra)

ORSOLA Coss'è stà? cossa fastu?

ZORZETTO Gnente, siora.

ORSOLA Via, vien dessuso. No ti vien gnancora?

 

SCENA UNDICESIMA

ANZOLETTO di casa, col palosso, poi LUCIETTA, poi GNESE, poi ZORZETTO

ANZOLETTO Via, sior cagadonao.

ORSOLA Zorzi! fio mio! (gridando forte sul poggiuolo)

ZORZETTO (fugge in casa)

ANZOLETTO Vien de fuora, baron.

LUCIETTA Anzoletto, fio mio. (sull'altana)

GNESE Zente, custion. (sull'altana)

ANZOLETTO Baroni, mare, e fio.

ORSOLA Tiò, desgrazià. (dal poggiuolo gli tira un vaso)

LUCIETTA, GNESE Aggiuto!

ANZOLETTO Vien de fuora, se ti è bon. (ritirandosi)

ZORZETTO No gh'ho paura. (con un bastone)

LUCIETTA Indrio con quel baston.

 

SCENA DODICESIMA

SANSUGA dalla locanda, con arma alla mano, poi il CAVALIERE, poi ORSOLA e detti.

SANSUGA Coss'è sta baronada?

LUCIETTA Aggiuto! (entra)

GNESE Aggiuto!

CAVALIERE Coss'è questo fraccasso?

GNESE Sior foresto, che la vaga da basso. (entra)

ANZOLETTO El vòi mazzar. (contro Zorzetto)

ZORZETTO Sta' indrio.

SANSUGA Fermève, sanguenon.

ORSOLA Mio fio, mio fio. (di casa , con una padella)

 

SCENA TREDICESIMA

LUCIETTA, poi ANZOLETTO e detti

LUCIETTA Mo vien via. (tirando Anzoletto)

ORSOLA Vien in casa. (tirando Zorzetto)

Lassème sto baston. (gli leva il legno)

LUCIETTA Vien, se ti me vol ben. (tirando Anzoletto)

ANZOLETTO Ti gh'ha rason. (verso Zorzetto, ed entra con Lucietta)

ORSOLA Andè via con quell'arma. (a Sansuga)

SANSUGA Sempre cusì. Vergogna. (entra in locanda)

ORSOLA Va' in casa, desgrazià. (a Zorzetto)

ZORZETTO Dirme carogna? (entra in casa)

ORSOLA Nol temerave el diavolo, e so pare

Sto giandussa; el xè fio de bona mare. (entra)

 

SCENA QUATTORDICESIMA

Donna PASQUA di casa, poi donna CATTE

DONNA PASQUA Se lo saveva avanti,

Ca de diana de dia,

Ghe ne voleva dir quattro a culìa!

A quel puto carogna?

DONNA CATTE E a mi, furbazzo,

Romperme i veri, e trarme una pierada?

A mi sta baronada?

DONNA PASQUA Oe, seu qua, vecchia matta?

DONNA CATTE Coss'è? Toleu le parte de colù?

Se non andè via, me refferò con vu.

DONNA PASQUA Vardè là, che fegura!

Gnanca per questo no me fè paura.

DONNA CATTE Anca sì, che debotto

Ve chiappo per la petta.

DONNA PASQUA Mi no farò cusì,

Perché caveli non ghe n'avè pì.

DONNA CATTE Va' via, sorda.

DONNA PASQUA Sdentada.

DONNA CATTE Vecchiazza.

DONNA PASQUA Magagnada.

DONNA CATTE Vustu zogar?

DONNA PASQUA Vien via. (s'attaccano)

DONNA CATTE Ah! Lucietta. (chiama)

DONNA PASQUA Fia mia. (chiama)

 

SCENA QUINDICESIMA

LUCIETTA, GNESE, ORSOLA, tutte in strada; poi ANZOLETTO e ZORZETTO

LUCIETTA Siora mare.

GNESE Fermève.

ORSOLA Desmettè.

ANZOLETTO Lassè star mia madona. (col palosso)

ZORZETTO Cossa gh'è? (col legno)

LUCIETTA Aggiuto!

GNESE Aggiuto!

ORSOLA Aggiuto!

 

SCENA SEDICESIMA

Il CAVALIERE e detti

CAVALIERE Oh l'istoria va lunga.

Non si finisce mai? Se non tacete,

Meno giù col bastone a quanti siete.

LUCIETTA I vol dar a mia mare.

DONNA PASQUA La xè ela,

Che xè una baruffante.

ORSOLA Mi son qua per spartir.

CAVALIERE State zitte dich'io. S'ha da finir.

Come! in giorno di nozze

Dopo tanta allegria,

Si strepita così? che villania!

Giù quell'arma, vi dico. (a Anzoletto)

LUCIETTA Da' qua dàmela a mi. (leva il palosso a Anzoletto)

(Nol lo gh'ha più). (lo porta in casa, poi torna)

CAVALIERE Giù quel baston. (a Zorzetto)

ORSOLA Sior sì. (leva il bastone a Zorzetto)

CAVALIERE Che diavol di vergogna!

Sempre sempre gridar con questo, e quello?

Maledetto campiello!

LUCIETTA Mi no crio co nissun.

ORSOLA No parlo mai.

DONNA CATTE No la se sente gnanca la mia puta.

DONNA PASQUA I ghe dise la muta.

LUCIETTA Mo vu...

GNESE Mo vu, patrone...

LUCIETTA Cossa voressi dir?

CAVALIERE Ma siate buone.

Domani io vado via.

E se la compagnia torna serena,

Meco verrete a divertirvi a cena.

DONNA CATTE Per mi no son in colera.

DONNA PASQUA Pute, coss'àlo dito?

ORSOLA No sentì?

El n'ha dito cussì,

Che se tornemo in pase

Ceneremo con elo.

DONNA PASQUA Sì, fia mia;

Mi no desgusto mai la compagnia.

CAVALIERE Bravissime le vecchie.

ORSOLA Oe, Lucietta,

Gh'àstu gnente con mi?

LUCIETTA Semio amighe?

ORSOLA Tiò un baso.

LUCIETTA Tiò anca ti.

Gnese, ti cossa distu?

GNESE Per mi taso.

DONNA PASQUA Oe donna Catte.

DONNA CATTE Donna Pasqua.

DONNA PASQUA, DONNA CATTE Un baso. (si baciano)

CAVALIERE E voi altri ragazzi

Non vi baciate ancor? (A Zorzetto ed Anzoletto)

ORSOLA Va là, Zorzetto,

Dàghe un baso a Anzoletto.

ANZOLETTO Che bisogno ghe xè?

LUCIETTA Via, se ti me vol ben. (a Anzoletto)

ANZOLETTO Sì ben. (si baciano con Zorzetto)

ZORZETTO Tolè. (si baciano con Anzoletto)

CAVALIERE Or, che la pace è fatta,

La cena si farà.

E voglio dirvi un'altra novità.

Sono lo sposo anch'io. Sposo stassera,

E parto domattina.

LUCIETTA La novizza chi xèla?

CAVALIERE Gasperina.

 

SCENA DICIASSETTESIMA

GASPARINA sul poggiuolo, e detti

GASPARINA Ze podeva anca dir,

Caro zior Cavalier,

Che ziora Gazparina è zo muggier.

LUCIETTA Brava.

ORSOLA Me ne consolo.

GNESE Come xèlo sto caso?

LUCIETTA Vegnì da basso, che ve daga un baso.

CAVALIERE Via, venite, signora,

Ora più non comanda vostro zio.

GASPARINA Vengo, zignor mario. (entra)

 

SCENA DICIOTTESIMA

FABRIZIO di casa, e detti; poi SIMONE

FABRIZIO E ver che mia nipote è vostra moglie,

Ma nel vostro contratto

Èvvi, signore, il patto

Di dipender da me per anni dieci.

Non vo, che seguitiate

A gettar il danaro allegramente;

E non si ha da cenar con questa gente.

CAVALIERE La cena è preparata;

L'ho ordinata, e pagata.

Lasciatemi godere,

Per cortesia, quest'ultimo piacere.

FABRIZIO Pur, che l'ultimo sia, ve lo concedo.

Ma io non ci verrò con questa gente

Indiscreta, incivil, senza creanza.

LUCIETTA Via, sior, ghe domandemo perdonanza.

Quando semo in borrezzo

Gh'avemo sto defetto,

Ma savemo anca nu portar respetto

Oh xè qua, sior Simon. (viene Simone)

Questo xè mio zerman

Podemo dar la man,

Quando che se contenta sior compare.

CAVALIERE Fate quel, che vi pare.

LUCIETTA Cossa distu, Anzoletto?

ANZOLETTO Fazzo quel, che volè.

DONNA CATTE Anemo via sposé.

ANZOLETTO Questa xè mia muggier.

LUCIETTA Questo xè mio mario.

DONNA CATTE Séntime un de sti dì te vegno drio. (a Lucietta)

DONNA PASQUA Uh! me viene l'acqua in bocca.

GNESE Sia malignazo! e mi?

ORSOLA Da qua do ani a ti.

DONNA PASQUA Do anni s'ha da star?

GNESE Vardè, che sesto!

ORSOLA Eh, no t'indubitar, che i passa presto.

 

SCENA DICIANNOVESIMA

GAPARINA e detti.

GASPARINA No voleva vegnir con tanta zente.

CAVALIERE Venite allegramente;

Siamo di carnevale,

È lecito di far qualche allegria;

Già domani mattina andiamo via.

LUCIETTA Dove andeu, Gasparina?

GASPARINA Ignorantizzima,

Me poderezzi dar de la luztrizzima.

Vado con mio conzorte,

E col zior barba zio,

Dove più conozziuta zarò io.

LUCIETTA Me ne conzolo.

ORSOLA Tanto zì dazzeno.

CAVALIERE Animo allegramente,

Andiam tutti in locanda,

Che si passi la notte in festa in brio;

Poi diremo diman: Venezia addio.

GASPARINA Cara la mia Venezia,

Me dezpiazerà certo de lazzarla;

Ma prima de andar via vòi zaludarla.

Bondì Venezia cara

Bondì Venezia mia,

Venezziani zioria.

Bondì, caro Campielo,

No dirò, che ti zii bruto, né belo.

Ze bruto ti zè ztà, mi me dezpiaze:

No zè bel quel, ch'è bel, ma quel che piaze.