Inni sacri - "La risurrezione"

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Manzoni Alessandro

Inni sacri

LA RISURREZIONE

[Aprile-23 giugno 1812]

 

      È risorto: or come a morte

La sua preda fu ritolta?

Come ha vinte l'atre porte,

Come è salvo un'altra volta

Quei che giacque in forza altrui?

Io lo giuro per Colui

Che da' morti il suscitò.

      È risorto: il capo santo

Più non posa nel sudario

È risorto: dall'un canto

Dell'avello solitario

Sta il coperchio rovesciato:

Come un forte inebbriato

Il Signor si risvegliò.

      Come a mezzo del cammino,

Riposato alla foresta,

Si risente il pellegrino,

E si scote dalla testa

Una foglia inaridita,

Che dal ramo dipartita,

Lenta lenta vi risté:

      Tale il marmo inoperoso,

Che premea l'arca scavata,

Gittò via quel Vigoroso,

Quando l'anima tornata

Dalla squallida vallea,

Al Divino che tacea:

Sorgi, disse, io son con Te.

      Che parola si diffuse

Tra i sopiti d'Israele!

Il Signor le porte ha schiuse!

Il Signor, I'Emmanuele!

O sopiti in aspettando,

È finito il vostro bando:

Egli è desso, il Redentor.

      Pria di Lui nel regno eterno

Che mortal sarebbe asceso?

A rapirvi al muto inferno,

Vecchi padri, Egli è disceso;

Il sospir del tempo antico,

Il terror dell'inimico,

Il promesso Vincitor.

      Ai mirabili Veggenti,

Che narrarono il futuro

Come il padre ai figli intenti

Narra i casi che già furo,

Si mostrò quel sommo Sole

Che, parlando in lor parole,

Alla terra Iddio giurò;

      Quando Aggeo, quando Isaia

Mallevaro al mondo intero

Che il Bramato un dì verria,

Quando, assorto in suo pensiero,

Lesse i giorni numerati,

E degli anni ancor non nati

Daniel si ricordò.

      Era l'alba; e molli il viso

Maddalena e l'altre donne

Fean lamento sull'Ucciso;

Ecco tutta di Sionne

Si commosse la pendice,

E la scolta insultatrice

Di spavento tramortì.

      Un estranio giovinetto

Si posò sul monumento:

Era folgore l'aspetto,

Era neve il vestimento:

Alla mesta che 'l richiese

Diè risposta quel cortese:

E risorto; non è qui.

      Via co' palii disadorni

Lo squallor della viola:

L'oro usato a splender torni:

Sacerdote, in bianca stola,

Esci ai grandi ministeri,

Tra la luce de' doppieri,

Il Risorto ad annunziar.

      Dall'altar si mosse un grido:

Godi, o Donna alma del cielo;

Godi; il Dio cui fosti nido

A vestirsi il nostro velo,

È risorto, come il disse:

Per noi prega: Egli prescrisse,

Che sia legge il tuo pregar.

      O fratelli, il santo rito

Sol di gaudio oggi ragiona;

Oggi è giorno di convito;

Oggi esulta ogni persona:

Non è madre che sia schiva

Della spoglia più festiva

I suoi bamboli vestir.

      Sia frugal del ricco il pasto;

Ogni mensa abbia i suoi doni;

E il tesor negato al fasto

Di superbe imbandigioni,

Scorra amico all'umil tetto,

Faccia il desco poveretto

Più ridente oggi apparir.

      Lunge il grido e la tempesta

De' tripudi inverecondi:

L'allegrezza non è questa

Di che i giusti son giocondi;

Ma pacata in suo contegno,

Ma celeste, come segno

Della gioia che verrà.

      Oh beati! a lor più bello

Spunta il sol de' giorni santi;

Ma che fia di chi rubello

Torse, ahi stolto! i passi erranti

Nel sentier che a morte guida?

Nel Signor chi si confida

Col Signor risorgerà.